BIELLA
(Bugella nei documenti medievali)
Città del Piemonte e capoluogo di provincia, si estende ai margini delle prealpi omonime, sull'area alluvionale di alcuni corsi d'acqua che ivi confluiscono dalle vallate alpine. L'abitato attuale è il risultato dell'aggregazione di più nuclei di origine medievale: B. Piano, B. Chiavazza, B. Piazzo, alle pendici dell'anfiteatro morenico delimitato dal torrente Oropa e dal Cervo, e infine il Vernato, a mezza costa fra il Piazzo e il Piano.La scoperta di una ricca necropoli del sec. 1°-2°, appena sotto il declivio del Piazzo, ha documentato l'esistenza di una fiorente urbanizzazione già in epoca romana (Carducci, 1950-1951); una lapide del sec. 6°, ritrovata nei pressi della primitiva pieve di S. Stefano, è invece la prima testimonianza della cristianizzazione del luogo. La più remota attestazione del nome risale a un diploma dell'826 di Ludovico il Pio e Lotario I, che riconoscono al conte Bosone il possesso e la giurisdizione della curtis nella "villa quae dicitur Bugella" (Gabotto, 1896, p. 282). Non si hanno documenti diretti anteriori al sec. 11° riguardanti la pieve di S. Stefano, costituita, si presume, molto prima. La dipendenza sia religiosa sia politica dall'episcopato eusebiano non impedì il crescere di istanze di autonomia, tanto nel Capitolo di S. Stefano quanto nella vicinia di uomini liberi da cui trasse origine l'istituzione comunale, di formazione in parte popolare e in parte signorile.Per arginare queste forze centrifughe e riaffermare il proprio potere temporale, il vescovo di Vercelli, Uguccione, verso il 1160, promosse la costruzione di un insediamento fortificato nella zona alta, il Piazzo, concedendo franchigie agli abitanti dei villaggi vicini per favorirne il rapido popolamento. Là si trasferì, nel corso del sec. 13°, il centro civile; a partire dal 1235 vi si riunì il consiglio di Credenza del comune, che emanò nel 1245 i suoi primi statuti e nel 1298 vi fece costruire la propria sede.Potere comunale e signoria vescovile coesistettero fino al 1377, quando il comune si ribellò al vescovo Giovanni Fieschi, dandosi, due anni dopo, in signoria ai Savoia. Al Piano era invece rimasto il centro ecclesiastico e religioso, raccolto intorno alla chiesa di S. Stefano e al battistero, fra i quali era interposta una zona cimiteriale, costituito altresì dagli edifici canonicali e probabilmente da una struttura castrense di cui rimangono resti su un fianco del campanile. Fra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento le prerogative plebane passarono alla contigua chiesa di S. Maria Maggiore, eretta sui resti di una più antica fondazione di ugual dedica e consacrata nel 1402.Lo sviluppo urbanistico, particolarmente intenso nei secc. 15°, 17° e 19°, ha cancellato radicalmente i segni della città medievale. S. Stefano venne demolita nel 1872 e si può ora conoscere solo da una foto d'epoca, da alcune piante settecentesche (Sciolla, 1980) e da alcune sculture architettoniche rimaste in una coll. privata e al Mus. Civico. Si sono invece conservati integralmente il battistero, che si trovava a S-E della matrice, e il campanile, che le era incardinato in testa alla navata laterale nord.Il battistero, uno dei più interessanti dell'Italia settentrionale, è a pianta quadrata, con quattro nicchie circolari estroflesse; presenta in elevazione un tamburo esternamente ottagonale e internamente ottenuto raccordando l'impianto quadrilatero alla volta mediante pennacchi circolari. Monofore a doppio strombo si aprono con regolarità nelle nicchie inferiori e in ciascun lato del tamburo, che presenta un coronamento a galleria nana, con nicchie cieche, cigliate, ed è coperto da lastre di pietra direttamente appoggiate sull'estradosso della volta. Un lanternino a pianta quadrata con quattro bifore corona il vertice. L'ingresso originale, a O, è architravato, con arco centinato e timpano sovrastante, in cui è applicato un rilievo romano di reimpiego.La rozza muratura è composta quasi uniformemente da mattoni di recupero e ciottoli legati da abbondante malta. Le più recenti datazioni oscillano dalla fine del 10° al secondo quarto dell'11° secolo. All'interno sono stati riportati in luce affreschi frammentari appartenenti ad almeno tre campagne decorative: una Madonna del latte e un santo martire del tardo sec. 13°, figure di santi della prima metà del sec. 14° e numerose sinopie del pieno Trecento (Sciolla, 1980).Il campanile di S. Stefano, a pianta quadrata, è a nove piani, divisi da cornici di archetti pensili e filari di mattoni disposti a dente di sega. In ciascun piano le facce risultano rientrate per l'aggetto degli spigoli della canna e di una piatta lesena longitudinale che spartisce la superficie in specchiature in cui si aprono progressivamente, verso l'alto, feritoie, monofore a sguancio retto, bifore cigliate su colonnine e capitelli a stampella. Nonostante le diverse caratteristiche della tecnica muraria e la disomogenea qualità del materiale abbiano fatto ipotizzare tre fasi costruttive, la chiara unità di concezione ha indotto a contenere entro l'arco del sec. 11° la datazione complessiva (De Bernardi Ferrero, 1959).Perduta ogni traccia delle chiese di B. ricordate nella bolla di Innocenzo III del 1207 in favore del Capitolo di S. Stefano, sopravvivono solo modesti segni di muratura originale in alcune chiese dei nuclei aggregati, come a S. Biagio al Vernato e a S. Maurizio di Chiavazza, sulla strada per Candelo. È stata invece radicalmente ricostruita la chiesa di S. Agata al Vernato, dal 1265 sede di una comunità cistercense femminile.Al Piazzo, di contro, la struttura e la rete viaria mostrano pressoché intatto l'impianto originario, allungato ai fianchi della strada che dal Piano si dirige verso il santuario di Oropa; tuttavia gli apparati architettonici a vista, risalenti in larga misura al Quattrocento e anche oltre, lasciano appena intuire la disposizione dei palazzi che vi sono testimoniati fra Due e Trecento, come per es. il palazzo del Comune, rimaneggiato nel sec. 16°, posto a O della porticata piazza Cisterna, già sede del mercato. Sono invece ancora in forme gotiche la facciata e il campanile con bifore archiacute della chiesa di S. Giacomo, consacrata nel 1227. Dell'ampia cerchia di mura erette dai vescovi vercellesi nei primi decenni del sec. 14° rimangono tracce nella porta della Ghiara e in quella di Andorno, che tuttora presenta un fregio di mattoni scalati.Reperti decontestualizzati si conservano in varie sedi cittadine. Alcuni capitelli compositi con foglie e protomi umane, databili al sec. 13°, si trovano nell'atrio secondario di S. Maria Maggiore. Nella chiesa di S. Sebastiano diciotto medaglioni di Limoges, in rame sbalzato e cesellato e smalto champlevé (alcuni dei quali rubati qualche anno fa), furono rimontati nel Cinquecento negli stalli del coro ligneo. Datati al 1230-1240 (Mallé, 1950-1951), essi offrono un elegante repertorio di temi e forme gotiche francesi e richiamano la cultura internazionale del vescovo Guala Bicchieri (inizi sec. 13°). Nel Mus. Civ. sono esposti gli affreschi del sec. 11° - con immagini di apostoli, racemi e velari animati - strappati nel 1931 da S. Maria di Castelvecchio a Mongrando (Gabrielli, 1944).È - ed è sempre stato - strettamente legato alla città il santuario di S. Maria di Oropa, in cui si conserva la statua lignea della Madonna nera, opera di cultura transalpina degli ultimi anni del 13° secolo. Il santuario tuttora ingloba il sacello originale, eseguito forse su commissione di Lombardino della Torre, vescovo di Vercelli, residente a B. fra il 1330 e il 1340 (Astrua, 1987); è decorato da affreschi attribuiti al Maestro d'Oropa.
Bibl.:
Fonti. - A. Coda, Ristretto del sito e qualità della città di Biella e sua provincia, Torino 1657; G.T. Mullatera, Memorie cronologiche e corografiche della città di Biella, Biella 1778.
Letteratura critica. - F. Gabotto, Biella e i vescovi di Vercelli, ASI, s. V, 17, 1896, pp. 279-340; A. Rosazza, Il battistero di Biella, Biella 1936; N. Gabrielli, Pitture romaniche (Repertorio delle cose d'arte del Piemonte, 1), Torino 1944, pp. 22-23; C. Carducci, La necropoli romana di Biella, Bollettino della Società Piemontese di Belle Arti, n.s., 4-5, 1950-1951, pp. 23-39; L. Mallé, Antichi smalti cloisonnés e champlevés dei sec. XI-XIII in raccolte e musei del Piemonte, II, Champlevés limosini e italiani del secolo XIII, ivi, pp. 54-136; D. De Bernardi Ferrero, L'architettura romanica nella diocesi di Biella, Torino 1959, pp. 3-47; D. Lebole, La chiesa biellese nella storia e nell'arte, 2 voll., Torino 1962; V. Bracco, Biella Baptistère, CAF 129, 1971, pp. 202-206; N. Gabrielli, Pitture medioevali piemontesi, in Civiltà del Piemonte. Studi in onore di Renzo Gandolfo, Torino 1975, pp. 97-108; A. S. Bessone, M. Vercellotti, M. Vercellotti, Il Piazzo di Biella, Biella 1976; P. Astrua, G. Romano, Vercelli, in Guida breve al patrimonio artistico delle provincie piemontesi (Strumenti per la didattica e la ricerca, 1), Torino 1979, pp. 93-112; C. Gavazzi, P. Merlo, L'architettura gotica nella diocesi di Biella, Biella 1980; G. C. Sciolla, Il Biellese dal medioevo all'Ottocento. Artisti, committenti, cantieri, Torino 1980; C. Caselli, E. Pozzato, Bugella Civitas. Storia di vita urbana, Biella 1981; D. Lebole, La pieve di Biella, 5 voll., Biella 1984-1989; P. Astrua, La rettoria di Santa Maria Assunta di Netro. Vicende storiche, committenze e documenti figurativi, in La chiesa di Santa Maria di Netro. Storia e restauro, a cura di P. Astrua, D. Biancolini, Torino 1987, pp. 35-70; A Quazza, Schede per l'arte biellese: ipotesi di lavoro sul medioevo, in Museo del territorio biellese. Ricerche e proposte, I, a cura di G. Romano, Biella 1990, pp. 83-86.M.L. Gavazzoli Tomea