BIFRONTE (fr. à deux faces; sp. bifronte; ted. zweistirnig; ingl. doublefaced)
Attributo di cosa o persona che ha due fronti, due facce e particolarmente, in latino (bifrons), soprannome di Giano, che si rappresentava con due volti per significare la sua sapienza e la sua cognizione del passato e del futuro.
Come soggetto enimmistico (v. enimmistlca) si dice bifronte una parola che letta a rovescio riproduce sé stessa o forma una parola di diverso significato. Esempî: anilina (è la stessa parola letta da un verso o dall'altro) e così ossesso; romor; ingegni, ecc. Hanno invece una doppia lettura le parole: organo - onagro; egida - Adige; erede - edere, ecc. Se da una parola, con la lettura inversa, si ottiene una frase, il gioco vien detto "bifronte a frase", es.: animale - è la mina; attorniare - era in rotta, ecc. E se è una frase che letta a rovescio dà luogo alla stessa o a un'altra frase, si ha la "frase bifronte". Es.: eran i modi dî dominare; ove regnai piangere vo', che sono frasi che si leggono identicamente da destra a sinistra; mentre aedi di Roma si legge, a rovescio, amori di Dea; inamidare so - oserà dimani, ecc. Se nel rovesciare una parola o una frase si procede sillaba per sillaba, anziché lettera per lettera, si hanno i "bifronti sillabici". Così co-mi-co (stessa lettura) e ca-ni-co-la = la-co-ni-ca (lettura diversa) sono bifronti sillabici; e cedi meco - come dice; remoti asili = li si à timore sono frasi bifronti sillabiche.
I bifronti (detti anche palindromi, dal gr. πάλιν "all'indietro" e δρόμος "corsa") sono di origine antichissima: i Greci e i Romani ne lasciarono esempî. I versi bifronti si chiamarono anche cancrini (appunto perché corrono anche all'indietro, come il gambero, lat. cancer) oppure versi somdici, dal nome del poeta greco Sotade (v.) il quale pare fosse il primo a farne in gran copia. È famoso il palindromo latino, riportato da Sidonio Apollinare, il quale lo dice ispirato dalle falene che il poeta compositore di quel verso vedeva andarsi a bruciare alla fiamma della sua lucerna: In girum imus nocte, ecce et consumimur igni (Andiamo in giro la notte ed ecco ci consumiamo nel fuoco), ma non meno noto è questo esempio greco: Νίϕον ἀνομήματα, μὴ μόναν όϕιν (Lava i peccati, non soltanto la faccia). Altri esempî latini: Mitis ero, retine leniter ore sitim; Si bene te tua laus taxat, sua laute ienebis; Signa te, signa, temere me tangis et angis.
In italiano sono notevoli quelli di Arrigo Boito: egli condensò bizzarramente il suo pensiero sui protagonisti dei due capolavori teatrali di Shakespeare così: Ebro è Otel, ma Amleto è orbe! e, regalando un anello a un'illustre attrice vi fece incidere il breve distico cancrino: E fedel, non lede fé - E Madonna annod'a me. Citiamo anche un esempio francese: L'âme des uns jamais n'use de mal. Uno inglese, messo in bocca a Napoleone: Able was I ere I saw Elba (Potente io fui prima che vedessi l'Elba). Uno tedesco: Ein Esel lese nie (Un asino non deve leggere). Ed uno spagnolo: Dabale arroz a la zorra el abad (Dava del riso alla volpe l'abate).