BIGA (lat. bigae da bis iuga "due gioghi"; fr., sp., ingl. biga; ted. Zweigespann)
La biga fu usata in Egitto come mezzo di trasporto e in guerra almeno dalla V dinastia; essa era già allora del tipo riprodotto dall'esemplare del Museo di Firenze, ed espresso frequentemente sui bassorilievi, dalla XVIII dinastia in poi. Era in legno, di struttura assai leggiera; di rado l'alto mantegno-parapetto, che dal fronte gira lateralmente sui fianchi, era sostituito o completato da pareti di legno e rivestimento di metallo. Portava una sola persona, oltre l'auriga; appositi astucci, applicati obliquamente sui fianchi, servivano a contenere uno l'ascia o la mazza, l'altro l'arco e le frecce. L'uso bellico di grandi masse montate su bighe appare solo con la XVIII dinastia: a fornirle provvedevano facocchi locali in botteghe, una delle quali, raffigurata in un bassorilievo riprodotto dal Wilkinson (Manners and Customs of ancient Egyptians, vol. II), mostra la lavorazione dei singoli pezzi e il loro consecutivo aggiustamento. La fornitura era completata da imposizioni tributarie, soprattutto ai Libî e ai Siri, e dalle prede di guerra.
L'uso della biga in Caldea è provato dalla "stele degli avvoltoi" (III millennio a. C.), in cui è raffigurato il re Eannatum in atto di combattere da un cocchio; non è probabile però che le bighe fossero ivi adoperate largamente, poiché ne rendeva poco pratico l'uso la fitta rete di canali che intersecava tutta la bassa Mesopotamia; esse sono invece molto più largamente adoperate nel consecutivo Impero assiro. La biga assira differisce dall'egizia per i fianchi, che sono sempre a parete con margine superiore rettilineo più alto alle estremità che sul davanti; ossatura e ruote sono assai più robuste di quelle della biga egizia, e sempre cerchiate. Normalmente vi sono attaccati due cavalli; caratteristico è un piano verticale ellittico, forse di stoffa su ossatura di legno, che dal parapetto va all'estremità del timone e sembra destinato a impedire il contatto fra i due cavalli aggiogati. Essa portava di solito una sola persona, oltre l'auriga; sulle porte di Balawat ne sono figurate alcune che ne portano tre, ma hanno un terzo cavallo di riserva. L'impiego bellico in masse appare col sec. VIII a. C.; l'Assiria si riforniva di veicoli e di cavalli all'estero.
Le rappresentazioni delle guerre egizie contro gli Hittiti mostrano diffuso anche tra questi l'impiego della biga, almeno dalla XVIII dinastia. La biga hittita si distingue per un parapetto ad arco obliquo, con fianchi di legno, forse ornati di metallo; il parapetto è provvisto di due caratteristici fori sul davanti; ai cavalli aggiogati ne è aggiunto talora un terzo di riserva; è montata normalmente da due persone e dall'auriga. Del tutto simile a questa doveva essere la biga dei Kefa o Fenici. Intorno al 1000 a. C. l'uso di masse di bighe in guerra era esteso anche ai piccoli reami della Siria, a quello di Damasco ad esempio; gli Ebrei stessi debbono averlo adottato ai tempi di David.
Nel mondo omerico la biga è riservata ai capi; il Helbig tentò di ricostruirla con la scorta di quei passi dei poemi che vi si riferiscono. La civiltà micenea dovette largamente adoperare tal genere di veicolo, poiché se ne conoscono rappresentazioni contemporanee scolpite e dipinte in stele, in gemme e in vasi. Ciò nonostante, prescindendo dai pochi resti di un modellino, trovato ad Enkomi, non sono pervenuti avanzi di bighe micenee: si deve quindi ritenere che esse fossero esclusivamente in legno, marcito col tempo. Modelli e rappresentazioni della biga nel periodo geometrico del Dipylon provano che in Grecia erano allora in uso bighe dei due tipi, egizio e hittita (v. sopra). Negli stessi vasi del Dipylon le bighe dei due tipi mostrano una corda tesa dal parapetto all'estremità del timone, che corrisponde alla parete divisoria dei cocchi assiri. Le bighe sono frequentemente menzionate nei tragici greci, e figurate sui vasi corinzî ed attici del sec. V e IV a. C. Fino dal sec. V ne era però decaduto l'uso in guerra.
In Italia non sono state finora ritrovate bighe anteriori alla prima età del ferro. Nell'Italia meridionale sembra che esse siano state introdotte dai coloni greci; una biga signorile, rivestita di bronzo e cerchiata di ferro, fu trovata in un sepolcro presso S. Maria di Capua. Un modellino di bronzo, di età veramente non arcaica, trovato nel Tevere, è del tipo greco leggiero col parapetto ad arco; del noto tipo egizio-miceneo è quella riccamente ornata di applicazioni metalliche, trovata nella tenuta di Roma Vecchia sulla Via Latina. Le bighe più semplici dovevano essere di legno; una sola tomba dell'Esquilino ha dato avanzi della cerchiatura di ferro delle ruote; altri esemplari sono raffigurati su terrecotte ornamentali di Roma e di Velletri. Le tombe del territorio falisco e dell'Etruria, specie quelle di Vetulonia e di Cere, hanno restituito con notevole frequenza avanzi di cocchi, o meglio delle loro cerchiature di ferro. Le rappresentazioni sugli avorî e sui piatti d'argento, rinvenuti in queste tombe, confermano la somiglianza delle bighe etrusche con quelle egizio-greche.
La biga si sviluppa in modo particolare nell'Umbria. Il celebre "occhio di Monteleone, ora nel Metropolitan Museum di New York, ha l'apparenza di un cocchio comune, protetto da un grande scudo sul davanti e da due scudi minori lateralmente. Secondo le osservazioni del Bellucci, ai fianchi di un'altra biga simile avrebbero appartenuto anche le lamine con le quali il Petersen ricostruì il seggio centrale del carro di Perugia. Lo stile delle figure sbalzate sulle lamine, e più il materiale raccolto nella tomba di Monteleone, provano che questi capolavori appartengono forse al sec. V a. C. La necropoli di Este ha pure restituiti dei modellini di bighe; quella di Golasecca resti delle cerchiature di ferro delle ruote; altre cerchiature di ferro si hanno in necropoli picene, ed un magnifico carro ben conservato di una tomba di Fabriano è nel museo di Ancona.
Dalle rappresentazioni etrusche appare l'uso locale del cocchio durante tutto il sec. V, e forse anche nel IV a. C.; in Roma l'ultima memoria dell'uso della biga in guerra è nella leggenda dell'albano Mezio Fufezio; ma allora la biga doveva essere stata già sostituita in guerra dal cavallo; persistette invece l'uso della biga nelle corse del circo; su di un cocchio saliva più tardi il trionfatore al tempio di Giove Capitolino.
La biga fu introdotta anche in Francia ed in Inghilterra. I tumuli francesi, soprattutto nelle Côtes-du-Nord e nel Finistère, ed i barrows inglesi, riferibili alla prima età del ferro, ivi molto più tarda di quella italica, contengono frequentemente resti di cerchiature di ferro e morsi da cavallo simili a quelli tirreni. L'area di diffusione prova che la biga fu introdotta dai commerci marittimi mediterranei su ambo le sponde della Manica. L'uso di combattere su carri, detti esseda, era in vigore fra i Britanni ancora ai tempi di Cesare.
Dalla descrizione di Omero e da un passo di Esichio appare che la biga si trasformava spesso in triga con l'aggiunta di un cavallo di riserva legato all'asse e trattenuto a posto dalle redini passate per l'anello del timone (v. tavv. CCXXXI e CCXXXII).
Bibl.: Daremberg e Saglio, Dictionn. des Antiquités, s. v. Currus e Triga; O. Nuoffer, Die Rennenwagen in Altertum, Lipsia 1904; W. Helbig, Das homerische Epos, Lipsia 1884, p. 96 seg. - Per l'Egitto: I. Rosellini, Monumenti dell'Egitto e della Nubia, II, Pisa 1832, tav. CXXII; Textor de Ravisi, Étude sur le char de guerre égyptien, in Congrès provincial français des orientalistes. Égyptologie, Bulletin, I, ii, p. 464. - Per la Caldea: De Sarzec, Découvertes en Chaldée. - Per l'Assiria: G. Perrot et Ch. Chipiez, Hist. de l'art, II, pp. 284, 491, 624. - Per la Siria e Cipro: F. Studniczka, Der Rennenwagen in syrisch-phönikischen Gebiet, in Jahrbuch d. deutsch. archäol. Instit., 1907, p. 153. - Per la Grecia: W. Helbig, op. cit.; A. von Merklin, Der Rennenwagen in Griechenland, Lipsia 1909; W. Reichel, Ûber homerischen Waffen, 1901, p. 141. - Per l'Italia: I. Falchi, Vetulonia e la sua necropoli antichissima, Firenze 1892, e in Not. degli scavi, 1892, p. 381 segg.; 1893, p. 496 segg., ecc.; A. Minto, Marsiliana d'Albegna, Firenze 1921; E. Petersen, Die Bronzen von Perugia, in Röm. Mitth., 1894, p. 253 seg.; H. Brunn - F. Bruckmann, Denkm. der griechischen und römischen Skulptur, tavv. DLXXVI e DLXXXVII, nelle quali è riprodotto il carro di Monteleone di Spoleto; W. Helbig e W. Amelung, Führer durch die Sammlungen in Rom, 3ª ed., Lipsia 1912, I, p. 374 (cocchio di Roma Vecchia). - Per i resti di un altro cocchio della tomba XVIII dell'Esquilino, vedi Monum. dei Lincei, XV, col. 144; H. Nachod, Der Rennwagen bei den Italikern und ihren Nachbarn, Lipsia 1909, pl. LXIII. - Per la Francia: J. Déchelette, Manuel d'archéol. préhist., II, Parigi 1908.
Scienze navali. - Nella nomenclatura navale s'intende per biga un apparecchio di sollevamento, fissato su pontoni galleggianti, di forma e di dimensioni svariate. In generale le bighe sono formate da robusti alberi di legno o di acciaio, impiantati e inclinati all'estremità di poppa di grossi pontoni. Dal vertice cui convergono i due o più alberi, pende un robusto paranco che scende a perpendicolo sul mare a una distanza di 5010 metri dal pontone, secondo la grandezza. Il paranco viene manovrato da argani e verricelli sistemati a bordo del pontone e azionati a mano o da apposite macchine a vapore. Le bighe si usano negli arsenali per manovrare grossi pesi (macchinarî, artiglierie, ecc.) e sono fisse, oscillanti, a braccia girevoli, a mensola, ecc.