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bighino

di Luigi Vanossi - Enciclopedia Dantesca (1970)
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bighino

Luigi Vanossi

Variante di ‛ beghino ' (secondo la tendenza del fiorentino antico a mutare la e protonica in I); appare una volta nel Fiore, dove designa una delle forme assunte da Falsembiante nelle . sue metamorfosi sociali: Ancor mi fo romito e pellegrino, / cherico e avvocato e giustiziere, / e monaco / e calonaco e bighino (CI 11). I b. erano uomini devoti, votati a umiltà e astinenza, riuniti in associazioni non conventuali, la cui fondazione si fa risalire a un frate di Liegi, Lamberto il Balbuziente (1170 circa). Il termine non compare nella corrispondente rassegna del Roman de la Rose (11189 ss.), ma sempre nel discorso di Faus Semblanz ricorre una dura polemica contro i beguins (11938 ss.), da cui risalta il rancore del borghese Jean de Meun contro il potere raggiunto da queste confraternite in Francia, dove divennero strumento dell'assolutismo monarchico, in funzione antifeudale e antiborghese. Fedeli esecutori di interessi clericali, che alla predicazione della povertà congiungevano un notevole potere politico, i b., come più tardi i Gaudenti, venivano a trovarsi naturalmente esposti alla critica di D., il quale peraltro mai allude ad essi nella Commedia o altrove.

A b. corrisponde il termine ‛ pinzochera ' (CII 9), nella parallela descrizione delle forme sociali di Costretta-Astinenza.

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