biglietto di banca (o banconota)
biglietto di banca (o banconota) Buono emesso da una banca a ciò autorizzata e che questa si obbliga a pagare a vista e al portatore. In economia politica viene definito come «la promessa fatta da un banchiere di pagare una somma determinata al portatore e a vista» (P.P. Leroy-Beaulieu).
Incerti sono il luogo e l’epoca cui risalgono i più antichi esempi di b. di b.; alcuni studiosi fanno riferimento a società bancarie cinesi del 9° e 10° sec., altri collocano l’origine del b. di b. in epoche assai meno remote, attribuendone l’invenzione a J. Palmstruch, fondatore della Banca di Svezia, nel 1658.
Nella sua fisionomia economica e giuridica attuale, il b. è il risultato di una spontanea evoluzione di data relativamente moderna. Procede, per un verso, dalla trasformazione di fedi o ricevute di depositi rilasciate da banchieri e circolanti dapprima per girata fra i loro clienti; per un altro, dall’uso dei banchieri di offrire sul mercato le cambiali a loro firma, in cambio di quelle scontate, in attesa della loro scadenza. Entrambi gli effetti furono, nel tempo, emessi per somme fisse e tonde; si cessò dallo scrivere su di essi il nome del depositante o creditore, e la banca rinunciò a qualsiasi compensazione con eventuali altri debiti del portatore dei medesimi, dandogli anzi un diritto di preferenza su tutti gli altri creditori. La figura del b. risultò cosi compiuta e perfetta. Furono necessari, tuttavia, secoli di esperienze e di discussioni perché si raggiungesse un quasi universale accordo circa la convenienza del regime legale da applicarsi al nuovo strumento di credito. Nelle prime forme, la sua emissione fu completamente libera, rientrando nelle operazioni normali delle banche che la praticavano. In Inghilterra, fino al 1844, essa rimase di diritto comune. Dal 1850 in poi, nella maggior parte dei Paesi occidentali, i principi del regime legale dei b. si precisarono, dettando norme per la loro sicurezza e garanzia.
Si parla di b. di b. a corso fiduciario, quando il b. viene accettato dal pubblico nei pagamenti per la semplice fiducia ispirata dalla banca emittente e per la possibilità di convertirlo in qualsiasi momento in moneta legale. Se invece lo Stato ne impone per legge l’accettazione, si ha il b. di b. a corso legale. Nel primo e nel secondo caso le banche di emissione, per fronteggiare le possibili richieste di conversione, devono avere sempre a disposizione un’adeguata riserva in monete, metallo in verghe, divise estere, a seconda del sistema monetario del Paese. Se poi lo Stato interviene a sospendere la libertà di conversione, si ha il b. di b. inconvertibile o a corso forzoso. Si sostituisce cioè al sistema monetario, a base aurea o argentea, un sistema di circolazione di ‘carta moneta’ disancorata dal metallo (questo è il regime prevalente nelle economie moderne).