BILANCIA
(VII, p. 4; App. II, I, p. 402; III, I, p. 236; IV, I, p. 273)
La bilancia dei pagamenti in Italia. − Nel corso degli anni Settanta e Ottanta, la b. dei pagamenti di parte corrente dell'Italia è andata incontro a fasi prolungate di squilibrio, in parte determinate dagli effetti delle avverse vicende internazionali e in parte da fattori economici e finanziari interni.
La prima crisi petrolifera generò cospicui disavanzi correnti nel biennio 1973-74. L'anno successivo, la caduta della domanda interna favorì il parziale riequilibrio della b. corrente. Permanevano, tuttavia, fattori interni ed esterni di squilibrio. Durante il 1975, la politica economica esercitò impulsi espansivi, sull'onda delle preoccupazioni suscitate dalla grave recessione in corso. L'economia reagì con prontezza allo stimolo, ma il saldo delle partite correnti, in presenza di una domanda dall'estero ancora fiacca, prese a deteriorarsi rapidamente nella parte finale dell'anno. A ciò si aggiunsero deflussi netti di capitali, resi ingenti dall'abbondanza di liquidità interna. Nel corso del mese di gennaio del 1976, la pressione esercitata dalla domanda di valuta estera sul mercato dei cambi della lira divenne insostenibile per l'autorità valutaria italiana: il mercato fu chiuso per oltre un mese; alla riapertura, il tasso di cambio effettivo della lira risultò svalutato del 10%. Il grado di restrittività dell'apparato di controllo dei deflussi di capitali raggiunse l'apice.
Questa crisi di cambio, la più grave del dopoguerra, rese manifesta l'esigenza di un aggiustamento dello squilibrio esterno mediante politiche eco nomiche (soprattutto quella fiscale) adeguatamente restrittive. L'aggiustamento − reso urgente dalla presenza di un elevato debito con l'estero e dall'affievolimento del merito di credito dell'Italia sui mercati finanziari in ternazionali − fu realizzato nel triennio 1977-79. Esso valse a determinare ampi avanzi correnti, con il concorso della ripresa della domanda mondiale, consentendo di ricostruire le riserve ufficiali e abbattere il debito estero, trasformandolo in un credito netto.
Il processo di riequilibrio dell'economia fu però sconvolto, fra il 1979 e il 1980, dal sopravvenire di una nuova ondata di rincari del petrolio e delle materie prime; alla crescita delle loro quotazioni in dollari (quella del petrolio greggio raddoppiò nell'arco di un anno) si aggiunse l'avvio della fase di ascesa del dollaro, che non sarebbe cessata fino ai primi mesi del 1985. Mentre la domanda mondiale rallentava bruscamente a seguito del nuovo shock, quella interna seguitava a svilupparsi a ritmi incompatibili con l'equilibrio esterno (7% nel 1980, a fronte di una sostanziale stagnazione negli altri paesi industriali): la caduta della ragione di scambio, unita alla forbice fra domanda interna ed estera, portava nel 1980 il disavanzo commerciale a quasi il 4% del PIL e quello corrente a oltre il 2%.
In queste circostanze, la politica monetaria e di cambio ebbe una parte decisiva nel far sì che un nuovo e non effimero processo di aggiustamento potesse avviarsi. In presenza di disavanzi pubblici ampi e crescenti, le condizioni monetarie e creditizie furono rese più restrittive, con finalità di contenimento della domanda interna. Beneficiando dell'inversione del ciclo relativo (cioè di una crescita della domanda tornata meno rapida all'interno che all'estero), il saldo delle partite correnti ridivenne attivo già nel 1983. Nei due anni successivi tornò in passivo, ma per importi inferiori all'1% del PIL. Nel corso del 1986, la caduta dei prezzi internazionali del petrolio e il concomitante deprezzamento del dollaro determinarono un notevolissimo ricupero della ragione di scambio dei paesi industriali. In Italia il ricupero consentì di annullare la perdita subita in occasione della seconda crisi petrolifera. I benefici sulla bilancia commerciale e, di riflesso, su quella corrente furono evidenti: entrambe registrarono ampi avanzi; quella commerciale, per la prima volta dal 1978. Nel 1987, l'interscambio mercantile si è chiuso in equilibrio; le partite correnti hanno dato luogo a un modesto disavanzo, riflettendo uscite nette per trasferimenti unilaterali. Nel biennio 1988-89, si sono nuovamente formati crescenti disavanzi correnti, peraltro contenuti entro l'1,5% del PIL. A un perdurante, sostanziale equilibrio negli scambi di merci si è contrapposto un deterioramento negli scambi di servizi e nei trasferimenti unilaterali.
Dall'inizio degli anni Settanta alla metà del decennio successivo, l'evoluzione delle attività e delle passività finanziarie dell'Italia verso l'estero ha riflesso il pesante condizionamento di restrizioni amministrative al deflusso di capitale italiano e di incentivi all'afflusso di capitale estero. Questi ultimi hanno stimolato la concessione di prestiti, ma gli investimenti, diretti e di portafoglio, sono rimasti contenuti. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, le ragioni che giustificavano l'esistenza di un apparato permanente di controlli valutari sono sostanzialmente venute meno. Quell'apparato è stato in effetti progressivamente smantellato e i movimenti di capitale per investimenti hanno preso a crescere in entrambe le direzioni. Si è peraltro mantenuto l'occasionale ricorso a restrizioni temporanee in momenti di tensione sul mercato dei cambi (fine 1985, estate 1987).
Bibl.: F. Masera, L'Italia e l'economia internazionale, Torino 1979; M. Roccas, C. Santini, La bilancia dei pagamenti, in F. Cotula, P. de' Stefani, La politica monetaria in Italia: obiettivi e strumenti, Bologna 1979; S. Micossi, S. Rossi, Controlli sui movimenti di capitale: il caso italiano, in Giornale degli economisti e annali di economia, gennaio-febbraio 1986; P. Caselli, F. Signorini, Interscambio con l'estero e struttura produttiva: elementi per un'analisi integrata, in Rivista di Politica Economica, 6, 1987; S. Rossi, La bilancia dei pagamenti, in F. Cotula, La politica monetaria in Italia, Bologna 1989.