BILANCIA (VII, p. 4; App. II, 1, p. 402; III, 1, p. 236)
La bilancia dei pagamenti dell'italia. - Nel periodo che corre dal 1960 al 1974, si sono manifestati importanti eventi che hanno condotto a profonde modifiche di struttura nei rapporti economici con l'estero dell'Italia. Il punto di svolta si può far risalire al 1963, quando si sono affermate nuove tendenze di fondo nelle modalità di produzione e di distribuzione del reddito nazionale italiano. Invero gli scambi di merci e servizi con l'estero sono strettamente collegati all'andamento di questi aggregati, che condizionano l'entità dei consumi e degl'investimenti interni, mentre i movimenti di capitali sono influenzati, oltre che dal livello dei profitti e dei tassi d'interesse, anche dai provvedimenti interni che mutano gli oneri fiscali sui redditi da capitale comparativamente all'estero. Al modello guidato dalle esportazioni, che operava nel dopoguerra fino all'inizio degli anni sessanta, subentrava uno schema che promoveva l'espansione attraverso la domanda interna e l'azione del settore pubblico e quindi trovava un vincolo nell'andamento della b. dei pagamenti e in particolare nel deflusso netto di capitali verso l'estero, pari in media a circa 1500 milioni di dollari annui tra il 1963 e il 1974.
All'evoluzione della struttura produttiva e della b. dei pagamenti dell'Italia concorreva anche notevolmente la partecipazione alla Comunità economica europea. Questa istituzione influiva sull'economia italiana sia allargando le dimensioni degli scambi in rapporto all'incremento del reddito, sia accentuando lo spostamento dell'attività produttiva dall'agricoltura all'industria.
Il quadro d'insieme, ora presentato, ha posto in luce le tonalità dominanti dell'evoluzione economica italiana nel periodo in esame, ma non ha ancora dato rilievo alle varie e contrastanti componenti di breve e di lungo periodo. Le risultanze che si desumono dall'analisi puntuale dell'esperienza italiana pongono in evidenza una complessa commistione di effetti della politica monetaria, fiscale e salariale sugli scambi di merci e servizi, sui movimenti di capitali e sui prezzi all'interno del periodo considerato.
Come parametro di riferimento per la suddivisione del periodo in esame si ritiene di assumere l'andamento del ciclo economico in Italia e pertanto considerare le fasi di fluttuazione cicliche caratterizzate dai punti di minimo verificatisi nel terzo trimestre 1958, terzo trimestre 1964, terzo trimestre 1971, nonché dai punti di massima verificatisi nel quarto trimestre 1963, secondo trimestre 1969, primo trimestre 1974.
Il primo ciclo in esame che va dal terzo trimestre 1958 al quarto trimestre 1963, era contrassegnato da un'eccedenza globale di b. dei pagamenti fino a tutto il primo trimestre del 1962, dovuta prevalentemente a un apporto netto di capitali, nonché a un incremento delle esportazioni tale da neutralizzare il vivace ritmo di aumento delle importazioni.
L'avanzo delle partite correnti pari, in milioni di dollari, a 745 nel 1959, a 248 nel 1960, e a 409 nel 1961 presentava un andamento collegato: nel 1959 a un forte aumento della domanda estera e a un miglioramento della ragione di scambio, nel 1960 a una politica d'intenso e accelerato sviluppo interno che determinava uno straordinario incremento delle importazioni assai superiore a quello, pure notevole, delle esportazioni, nonché a un ulteriore miglioramento della ragione di scambio, nel 1961 a una forte espansione delle esportazioni di merci e servizi e a un maggior apporto dei trasferimenti unilaterali. I movimenti di capitali, a loro volta, risultavano attivi, sempre in milioni di dollari, per 294 nel 1959, per 190 nel 1960 e per 165 milioni nel 1961, e ponevano in evidenza una ridotta espansione degli aflussi di capitali esteri in rapporto al deflusso di capitali italiani.
Nella fase congiunturale ora in esame le banche erano dapprima autorizzate a costituire una propria tesoreria in valute, mediante l'acquisto di dollari dall'Ufficio italiano dei cambi a fermo o con facoltà di riscatto, e successivamente invitate a procedere alla eliminazione dei propri saldi passivi in valuta nei confronti dell'estero. Ne derivava un forte aumento delle attività sull'estero e una modesta riduzione delle passività che avevano come principale contropartita un aumento della posizione passiva in dollari delle aziende di credito verso l'Ufficio italiano cambi.
Durante il 1961 tuttavia l'apporto di liquidità della componente estera non era più sufficiente a impedire che il rapporto liquidità-depositi presentasse un sensibile declino, in seguito a un incremento degl'impieghi in misura pari a circa il 20 per cento a fronte di un incremento dei depositi del 17%. L'effettuazione di operazioni di cessione di dollari contro lire fra le banche e l'Ufficio italiano cambi mostrava quindi tendenza a stabilizzarsi, mentre il fabbisogno di liquidità di lire si faceva più acuto. In presenza di questa situazione le autorità monetarie provvedevano a effettuare presso le grandi banche che più accusavano scarsità di mezzi liquidi, depositi in dollari tratti dalle disponibilità dell'Ufficio italiano cambi. I depositi fruttanti l'interesse del 3,50%, pari al tasso ufficiale di sconto, erano aperti a decorrere dal mese di luglio 1961 sia con appositi versamenti, sia mediante chiusura di una parte delle operazioni a riscatto in essere con le banche e quindi con riacquisto dei dollari ceduti contro lire a cambio fisso e con contemporanea costituzione in deposito dei dollari.
L'alimentazione della liquidità bancaria aveva luogo nel corso del 1962 con numerose misure di politica monetaria, nonché con il ripristino, avvenuto nel mese di ottobre, della facoltà per le banche di assumere una posizione debitoria netta in valuta verso l'estero. Questo provvedimento dava immediatamente origine a un ricorso ai finanziamenti in valuta in misura tale da compensare i pur rilevanti disavanzi della b. dei pagamenti che intanto si venivano formando, in dipendenza di una situazione interna di costi che stimolava in misura crescente la domanda anziché l'offerta di prodotti.
L'utilizzo dei fondi esteri forniva un ulteriore stimolo alla domanda interna e concorreva ad ampliare il disavanzo corrente della b. dei pagamenti che raggiungeva dimensioni allarmanti.
A partire dal luglio 1963 aveva però inizio un rallentamento nel tasso di sviluppo degl'impieghi bancari, dovuto alla condotta più riflessiva delle aziende di credito sotto l'azione di contenimento della creazione di mezzi liquidi esercitata dalle autorità monetarie per ostacolare l'ulteriore incremento dei prezzi interni e impedire la modifica della parità della lira.
L'azione più rilevante al riguardo aveva luogo nel settembre 1963, quando le banche erano invitate a non aumentare e possibilmente a ridurre la posizione d'indebitamento verso l'estero raggiunta alla fine del mese precedente. Questa misura, sia attraverso il congelamento delle attività a vista detenute all'estero (573 milioni di dollari), sia mediante l'annullamento dei margini di credito disponibili presso le banche straniere, conduceva a un razionamento dei finanziamenti in valuta e a una forte tensione dei tassi d'interesse che accentuava quelle già in atto, dovute al generale rincaro sull'euromercato e alle particolari maggiorazioni sui tassi applicati nei confronti delle banche italiane. Il mercato stesso, in presenza di questa situazione, affievoliva la sua domanda d'impieghi a breve all'interno e si preoccupava di consolidare la sua posizione d'indebitamento. Ne seguiva da un lato una flessione della posizione d'indebitamento a breve delle aziende di credito verso l'estero, dall'altro un più ampio ricorso ai finanziamenti dell'estero a medio e a lungo termine.
La b. dei pagamenti dell'Italia, che aveva presentato cospicui saldi attivi nel periodo 1958-1961, si deteriorava sia nelle partite correnti sia nei movimenti di capitali, così da chiudersi, nel 1962, pressocché in pareggio e, nel 1963, con un disavanzo di 1252 milioni di dollari. Sulla base dei dati depurati dalla stagionalità, risulta che l'evoluzione negativa delle partite correnti si delineava a partire dal primo trimestre del 1962 e continuava fino al terzo trimestre del 1963. Nel 1962 il peggioramento della situazione si traduceva in un graduale assorbimento dell'avanzo che scendeva per l'intero anno a 161 milioni di dollari, mentre nel 1963 dava origine a un disavanzo crescente fino al quarto trimestre, così da presentare un saldo negativo per l'intero anno di 866 milioni di dollari.
Nei movimenti di capitali il saldo negativo, soprattutto connesso alle operazioni di esportazione non autorizzate di capitali effettuate tramite l'invio all'estero di biglietti di banca italiani, ammontava a 110 milioni nel 1962 e a 386 milioni di dollari nel 1963.
Alla fase ora descritta, di anormale sviluppo produttivo, sorretta da una pressione inflatoria, da una domanda eccedente l'offerta reale e da una larga domanda di beni di consumo dovuta a un incremento dei costi del lavoro superiore a quello della produttività e dei prezzi, faceva così seguito una fase (quarto trimestre 1963 - quarto trimestre 1964) di contenimento dell'inflazione, ma anche di recessione dell'attività produttiva, particolarmente intensa nel settore dei beni d'investimento. L'azione frenante sull'inflazione e sulla produzione era tanto più vigorosa in quanto intervenivano pure, in un secondo tempo, accanto alle misure di ordine monetario, quelle di carattere fiscale, destinate in particolare a restringere la domanda di beni di consumo e ad allargare l'offerta globale.
Le misure di politica monetaria e fiscale trovavano riflesso immediato nei pagamenti valutari per importazioni e in particolare in quelli anticipati. La graduale riduzione dell'indebitamento delle banche italiane verso l'estero veniva nel corso del 1964 resa irreversibile mediante istruzioni formali alle banche: così nel mese di gennaio si stabiliva che la posizione debitoria verso l'estero non potesse superare l'importo minore fra quelli di fine novembre e di fine dicembre 1963, e nel mese di luglio si disponeva che l'indebitamento netto dovesse essere contenuto entro l'importo minore fra quelli in essere al 15 e al 30 giugno 1964.
La situazione ora descritta trovava espressione: dal lato monetario, in un incremento dei depositi più elevato di quello degli impieghi e in un'espansione della liquidità del pubblico e della banche; dal lato reale, in una flessione della produzione industriale, dell'occupazione e dell'utilizzo della capacità produttiva. Tuttavia il rallentato sviluppo della domanda non operava che parzialmente sull'offerta, in quanto gli scambi di merci e servizi con l'estero segnavano un brusco rovesciamento di tendenza, con un crescente incremento delle esportazioni e una riduzione delle importazioni.
Il saldo delle partite correnti poteva così ritornare attivo per un importo di 494 milioni di dollari congiuntamente a quello per movimenti di capitali per un ammontare di 280 milioni.
Il ritorno verso una posizione di eccedenza nei confronti dell'estero e la depressa attività produttiva inducevano la banca centrale a svolgere una politica intesa ad assorbire solo parzialmente l'eccessiva liquidità che veniva formandosi nel sistema e le autorità governative ad adottare una serie di misure intese soprattutto a promuovere gl'investimenti privati e pubblici e a stimolare l'attività edilizia.
Di fatto l'avvio verso questa nuova fase del ciclo economico, delineatosi all'inizio del 1965, proseguiva con lentezza e difficoltà, sia per le modifiche di struttura che accompagnavano la recessione precedente, sia perché non si realizzava una ripresa dell'attività edilizia privata.
Le esportazioni, così come avevano concorso ad attenuare il peso della recessione, continuavano a operare come il fattore di sostegno più importante della congiuntura. Il 1965 presentava invero un modesto incremento dei consumi reali e una riduzione degl'investimenti, tanto che il volume delle risorse per usi interni rimaneva pressocché inalterato rispetto all'anno precedente; la maggiore produzione (3,4%) era assorbita dall'accresciuta domanda estera; ne derivava un'eccedenza nelle partite correnti di 2089 milioni di dollari connessa a uno sviluppo delle vendite all'estero del 20% e degli acquisti del 2%. I deflussi netti di capitali concorrevano a ridurre tale avanzo, ma lasciavano ancora un saldo netto attivo globale di 1594 milioni di dollari, destinato all'incremento delle riserve (960 milioni) e al miglioramento della posizione delle banche sull'estero (634 milioni).
Nel triennio 1966-68 i saldi globali di b. dei pagamenti furono positivi per 549 milioni di dollari, come risultato, da un lato, di forti cambiamenti nelle componenti relative agli scambi di merci e servizi, dall'altro, di una lievitazione di fondo nel deflusso di capitali. Mentre i valori delle importazioni mostravano tendenza a crescere a un tasso intorno al 15% nei primi due anni, per scendere nel terzo al 4%, quelli delle esportazioni aumentavano del 12% nel 1966, dell'8% nel 1967 per risalire al 17% nel 1968.
I movimenti di capitali dal canto loro si risolvevano in deflussi netti di notevole entità, raggiungendo nel 1968 il livello di 1848 milioni di dollari, ai quali occorre aggiungere 688 milioni da parte del settore bancario. I fattori che determinavano questo andamento erano prevalentemente di ordine strutturale e istituzionale, ma avevano anche rilievo quelli di carattere congiunturale, nella misura in cui traevano origine dal differenziale nei tassi d'interesse.
Quanto alla politica monetaria è da porre in evidenza che, nel triennio in esame, la base monetaria era regolata per conseguire l'obiettivo del soddisfacimento della domanda di credito e di liquidità del mercato, mantenendo stabili i tassi d'interesse a lungo termine, pur in presenza di un aumento dei tassi su tutti i mercati esteri.
Questa finalità di ordine ciclico interno si traduceva così in una crescente espansione del deflusso di capitali da parte non solo degli operatori privati ma anche del settore bancario, che non era ostacolato dalle autorità monetarie fino a che poteva conciliarsi con l'equilibrio globale della b. dei pagamenti, ossia fino all'inizio del 1969. I primi provvedimenti limitativi riguardarono le aziende di credito; in febbraio erano dapprima decisi rialzi, fino al 5%, del premio da corrispondere all'Ufficio italiano cambi, da parte delle banche, per ottenere dollari contro lire a cambio garantito; in marzo, veniva poi imposto alle aziende di credito, con posizione attiva, di ridurre l'eccedenza fino a raggiungere, entro il 30 giugno, l'equilibrio dei rispettivi conti con l'estero. Le valute che in tal modo riaffluivano al paese, potevano essere cedute all'Ufficio italiano cambi per la conversione in lire o impiegati direttamente in finanziamenti in valuta alla clientela residente. Questi provvedimenti, pur avendo determinato un rimpatrio di fondi per circa 700 milioni di dollari, non erano però ancora sufficienti a neutralizzare la pressione crescente derivante dai crescenti tassi sul mercato dell'eurodollaro. Era pertanto giocoforza abbandonare nella seconda metà del 1969 la politica di stabilità dei tassi d'interesse interni perseguita dalla banca centrale fin dal 1966. Questo nuovo indirizzo, pur avendo dato origine a un rapido aumento dei tassi d'interesse interni, non era tuttavia inizialmente molto efficace, perché neutralizzato dal contemporaneo aumento dei tassi sul mercato dell'eurodollaro.
In definitiva i deflussi netti di capitali (inclusi gli errori e omissioni) raggiungevano nel 1969 il livello di ben 3534 milioni. Ad aggravare il disavanzo globale concorrevano anche la riduzione del saldo attivo delle partite correnti, risultato peraltro sempre elevato, essendo stato pari a 2073 milioni di dollari.
L'anno 1970 risultava caratterizzato, da un lato, da un saldo attivo degli scambi per merci e servizi, d'importo inferiore a quello del 1969, come conseguenza dell'accresciuta domanda interna per consumi e delle diminuite esportazioni, dall'altro, da un deflusso di capitali dimezzato rispetto all'anno precedente, in relazione alla combinazione di due fattori: il rovesciamento nel differenziale dei tassi d'interesse e l'accentramento delle operazioni di accreditamento delle banconote presso la Banca d'Italia, reso operante a metà febbraio. Il primo fattore operava in dipendenza d'un incremento dei tassi d'interesse interni e d'una contemporanea flessione dei tassi sul mercato dell'eurodollaro, il secondo attraverso una maggiorazione dei costi per gli operatori derivante dai più lunghi tempi necessari per l'accreditamento e quindi per il maggiore sconto della lira biglietti.
In un quadro più ampio di azione, volta a contenere l'effetto restrittivo esercitato dal disavanzo globale di carattere autonomo della b. dei pagamenti, le autorità monetarie, nel mese di aprile, autorizzavano le aziende di credito a detenere un saldo passivo verso l'estero, in deroga all'obbligo del pareggio, d'importo pari all'incremento dei crediti concessi a esportatori residenti e, nello atesso tempo promovevano l'assunzione di prestiti all'estero, per 1500 milioni di dollari, da parte d'imprese pubbliche e d'istituti di credito mobiliare.
Con il 1971, la b. dei pagamenti italiana presentava un notevole miglioramento, tanto che si trasformava in attivo per 1083 milioni di dollari il saldo globale passivo per 854 milioni registrato nell'anno precedente. Alla variazione del saldo concorrevano sia le partite correnti sia i movimenti di capitali autonomi: le prime accrescendo il saldo attivo da 951 a 1620 milioni di dollari; i secondi riducendo il deflusso netto da 1805 a 537 milioni di dollari.
Il miglioramento delle partite correnti si riconnetteva a un'accelerazione dello sviluppo delle esportazioni di merci, il cui tasso di aumento era del 13,4%, e a una forte caduta del tasso d'incremento delle importazioni, sceso al 5,7%. La caduta delle importazioni appare ancora rilevante, tanto da tradursi in una riduzione quantitativa del 2,0%, se si considera che l'aumento dei prezzi delle importazioni si era ragguagliato all'8,2%. Le esportazioni, i cui prezzi aumentavano del 6,1%, presentavano, invece, un incremento in termini reali del 6,9%, uguale a quello del 1970. Il miglioramento del saldo mercantile si collegava alla recessione economica interna e quindi a un fenomeno di elasticità di reddito piuttosto che di prezzo. La riduzione della domanda interna dipendeva anzitutto dalla flessione degl'investimenti lordi (−3,5 a prezzi correnti, −10,3 a prezzi costanti) e in secondo luogo dall'andamento dei consumi privati che segnavano l'aumento più basso (10,1 a prezzi correnti, 2,8 a prezzi costanti) dal 1954.
Relativamente ai movimenti di capitali autonomi, la forte contrazione dei deflussi netti tra il 1970 e il 1971 è dipesa in larga misura dal mutato incentivo derivante dal differenziale dei tassi d'interesse e dei tassi di profitto; l'incidenza restrittiva di queste causali ha concorso a neutralizzare i crescenti deflussi connessi con i finanziamenti delle esportazioni, promossi anche al fine di sostenere la congiuntura interna.
Circa l'esperienza italiana relativamente alle variazioni di cambio concordate a Washington nel dicembre 1971 con gli accordi c.d. "Smithsoniani", è da rammentare che veniva allora fissata una svalutazione dell'1% della lira rispetto alla parità aurea, corrispondente a una svalutazione effettiva nei confronti della generalità dei paesi pari allo 0,47%, ove la variazione di cambio della lira fosse ponderata in base alla ripartizione geografica delle esportazioni, e allo 0,60%, ove la predetta variazione fosse ponderata in base alla ripartizione delle importazioni.
Un'azione non dissimile da quella esercitata nel corso del 1971 dal depresso andamento della domanda interna sugli scambi con l'estero si verificava anche nel 1972. A questa influenza di fondo si cumulavano, soprattutto dal mese di giugno, le aspettative di svalutazione della lira che agivano in particolare sui movimenti di capitali. Nel complesso, la bilancia dei pagamenti italiana segnava un disavanzo di 1894 milioni di dollari risultante da un'eccedenza corrente di 1860 milioni di dollari e da deflussi netti di capitali autonomi, compresi gli errori e omissioni, per un importo che raggiungeva l'alto livello di 3754 milioni di dollari.
Le difficoltà incontrate nel quadro della b. dei pagamenti in una delicata fase congiunturale richiedevano l'attuazione di una politica valutaria intesa a evitare che l'evoluzione negativa dei conti con l'estero ostacolasse il raggiungimento dell'obiettivo primario della ripresa economica interna. Nel giugno 1972 si vietava così l'accreditamento delle banconote nei conti capitale e si accordava alle banche la facoltà di assumere una posizione debitoria netta sull'estero, ribadendo il divieto di costituirsi in posizione creditoria. All'inizio del 1973, continuando il largo deflusso di capitali verso l'estero, si riteneva necessario anche disporre: a) l'introduzione del doppio mercato dei cambi per le partite correnti e per i trasferimenti finanziari; b) la sospensione del regime dei cambi fissi dapprima solo per i movimenti di capitali, poi anche per le partite correnti; c) l'applicazione severa dei controlli amministrativi sui movimenti di capitali. Il sistema dei cambi fluttuanti, in presenza di un'accelerata inflazione e di una domanda interna in rapido sviluppo, sfociava in una svalutazione della lira nonostante gli elevati interventi a sostegno dei cambi effettuati dalle autorità monetarie facendo ricorso a prestiti dell'estero. Nel periodo iniziale febbraio-luglio 1973 la lira subiva infatti un deprezzamento di circa il 15% che successivamente si riduceva per stabilizzarsi intorno al 10%.
La domanda globale interna intanto presentava una forte espansione, mentre i prezzi delle materie prime e certi generi alimentari salivano notevolmente sul mercato internazionale. Tutti questi fattori, associati all'effetto perverso della svalutazione del tasso di cambio della lira, concorrevano nel 1973 a trasformare in passivo per 2688 milioni di dollari il saldo delle partite correnti, attivo da un decennio.
Quanto ai movimenti di capitali è da rammentare che l'obbligo introdotto a fine luglio di un deposito infruttifero pari al 50% delle somme esportate, ha operato come freno alle uscite autorizzate, ma anche concorso ad alimentare il mercato parallelo, nel quale le operazioni "nascoste" sono state probabilmente di ampiezza elevata. Sui movimenti di capitali a breve termine hanno inoltre influito in senso restrittivo provvedimenti sui termini di regolamento dei crediti commerciali. Nel complesso i deflussi netti di capitali autonomi, inclusi gli errori ed omissioni, ammontavano a 1934 milioni di dollari. Sommando al disavanzo delle partite correnti i deflussi netti di capitali autonomi si registrava per l'anno 1973 un disavanzo globale di b. dei pagamenti di 4622 milioni di dollari. Le riserve ufficiali si mantenevano tuttavia a un livello immutato, in quanto i prestiti compensativi a medio e a lungo termine erano stati pressoché di pari importo.
A fine 1973 e nel primo quadrimestre del 1974 nuovi fattori intervenivano ad aggravare il deprezzamento della lira nonostante la crescente ampiezza degl'interventi a sostegno. L'aumento del prezzo del petrolio concorreva ad aumentare di circa 6 miliardi di dollari il costo delle importazioni del 1974 e ad elevare al 18% circa il tasso di svalutazione della lira. Al fine di evitare la perdita di controllo del mercato dei cambi e del potere di acquisto della lira venivano allora conclusi accordi: con il Sistema della riserva federale, per elevare da 2 a 3 miliardi di dollari la linea di credito reciproco; con la Banca centrale del Canada, per un'apertura di credito di 250 milioni di dollari e infine con la Bundesbank per uno swap di 2 miliardi di dollari contro oro delle riserve italiane a garanzia. Nel quadro degli accordi di finanziamento con organizzazioni internazionali venivano inoltre conclusi: a) presititi con il Fondo monetario per 1250 milioni di dollari a valere sui diritti normali di prelievo e per 850 milioni a valere sulla oil facility; b) il finanziamento della CEE di 1885 milioni di dollari.
In presenza di una crescente evoluzione negativa della b. dei pagamenti venivano adottati provvedimenti di politica monetaria e fiscale limitativi della domanda e in particolare si faceva ricorso allo strumento del deposito obbligatorio infruttifero per la durata di 6 mesi di somme uguali al 50% del controvalore delle importazioni di varie categorie di merci, rappresentanti all'incirca il 25% del valore delle importazioni non petrolifere. Questo indirizzo restrittivo della politica economica ha consentito di limitare la maggiorazione del disavanzo di parte corrente nel 1974 alla variazione nei costi delle importazioni di petrolio. I deflussi di capitali autonomi dal canto loro si riducevano a 724 milioni di dollari, mentre i prestiti compensativi svolgevano una funzione equilibratrice, nel quadro del disavanzo globale, per 1950 milioni di dollari. Nonostante interventi in vendita sul mercato dei cambi per circa 6300 milioni di dollari, lo squilibrio dei conti con l'estero si rifletteva anche in un ulteriore deprezzamento della lira: alla fine dell'anno, il tasso medio ponderato di svalutazione, rispetto al febbraio 1973, quando cioè venne introdotto il cambio fluttuante della lira, aveva raggiunto il 22%.
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