CHIURLO, Bindo
Nato a Cassacco (Udine) il 13 ottobre del 1886 da Giovanni e da Teresa Monassi, frequentò il ginnasio dei salesiani a Mogliano e a Este e il liceo classico a Udine, quindi l'úniversità a Padova ove si laureò in lettere nel 1909. Professore negli istituti medi superiori, insegnò a Macerata, Caltanissetta, Chieti, Iesi, Udine. Qui lo colse l'invasione austriaca del 1917-18, durante la quale fu vicesindaco della città, compiendo nelle drammatiche circostanze opera che gli valse alla liberazione un riconoscimento ufficiale dello Stato italiano. Nel 1919 fondò a Gorizia, insieme con Ugo Pellis e con altri, la Società filologica friuliana "Graziadio I. Ascoli", e nell'anno successivo iniziò con Olinto Marinelli la raccolta sistematica del materiale toponomastico in Italia. Insegnò poi a Modena e nel 1922 si recò a Praga, dove fu lettore d'italiano, e quindi - conseguita la libera docenza - professore, presso l'università ceca fino al 1930. Quivi fondò l'Istituto di cultura italiana (1923), pubblicando il Bollettino e, con Jan B. Novak, la Rivista italiana di Praga, con il fine di raccogliere una cerchia di italianisti e di far conoscere gli influssi reciproci tra la cultura italiana e quella della repubblica centroeuropea. L'Istituto di cultura fu il primo a essere creato nel mondo, e servì da modello a quelli successivamente sorti a Vienna, Budapest, Varsavia, Bucarest, ecc. Da Praga il C. inviò varie corrispondenze al Corriere della sera.
Richiamato in Italia per iniziativa di un funzionario del ministero degli Esteri. sollecito nel rilevare nel C. un dinamismo per lui eccessivo, tenne la cattedra di letteratura italiana e straniera all'Accademia Albertina di belle arti a Torino dal 1930 in poi, fu supplente di Vittorio Cian per la letteratura italiana alla facoltà di lettere della università della stessa città dal 1931 al 1935, e incaricato alla facoltà di magistero dal 1940 alla morte, sopravvenuta a Torino il 24 dic. 1943.
Più che alla creazione poetica, per altro non trascurabile, il nome del C. è affidato agli studi di critica letteraria, nel duplice campo della produzione d'autore e della produzione popolare. 1 suoi interessi furono singolarmente molteplici: l'esame diretto delle opere di poesia e quello delle esegesi dovute agli studiosi riguardano il Petrarca e il Boccaccio, il Goldoni e l'Alfieri, Caterina Percoto e il Nievo. Se si aggiunge che il duplice campo toccò, oltre che la letteratura italiana, quella friulana, si comprende quanto fervida e varia fosse l'opera del C., che non fu uno specialista in senso assoluto nell'uno o nell'altro settore. La sua produzione è raccolta in pochi volumi e volumetti, soprattutto è sparsa in una infaità di opuscoli, atti accademici, riviste, giornali.
Formatosi al metodo della scuola storico-filologica, continuata da Vittorio Rossi, e successivamente approdato a quella estetica del Croce (pur man enendo tini costituzionale indipendenza di giudizio), il C. accompagnò in tutta la sua produzione critica una estrema accuratezza se non puntigliosità d'informazione a una felice e originale sintesi valutativa. Insieme con un Corso di stilistica (Ascoli Piceno 1915), un saggio su Petrarca-Boccaccio (Praga 1925), un'Antologia di scrittori italiani. (Udine 1929), Primo fiore (altra antologia, Udine 1944, in collaborazione con Maria A. Marchesi), redasse voci per la Enciclopedia italiana tra il 1929 e il 1937 e per il Dizionario letterario Bompiani (in quest'ultima opera uscite postume). Qualificante fu il contributo riguardante personaggi e momenti di vita italiana in qualche modo legati al Friuli. Il Friuli nelle memorie di Carlo Goldoni (Udine 1907), steso seguendo i Mémoires, rievoca il clima settecentesco della "Patria" e illustra la scena regionale del tempo, quale appariva a un osservatore acutissimo come il grande commediografo veneziano. Ippolito Nievo e il Friuli (Udine 1931), ricco di dati, di annotazioni, di interpretazioni, ricostruisceil formarsi dello scrittore, che proprio nella terra della madre scoprì la vocazione alla poesia, in contatto con il paesaggio irripetibile di una provincia "esemplare".
Più intensa l'opera riguardante la letteratura del Friuli. "Egli ha due meriti non trascurabili: di avere esteso i suoi studi a tutto il campo della letteratura fiorita nel Friuli, così in lingua come in dialetto, così d'arte come popolare; e di avere conferito a tali studi tutto il rigore acquistato nelle ricerche in campo nazionale" (Vidossi, p. 222). Al maggiore poeta regionale il C. dedicò una monografia. Pietro Zorutti, studio (Udine 1912, plu tardi rifatto da cima a fondo nel centocinquantenario della nascita: Pietro Zorutti, poeta del Friuli, Padova 1942), che Ferdinando Neri definì (e H Vidossi lo ripeté) "mirabile".
La ricchezza della erudizione, il sicuro fintraccio delle fonti d'ispirazione, l'inserimento del tutto riuscito del personaggio nell'ambiente e nel tempo, la comparazione con altri poeti regionali e soprattutto la rivelatrice e dettagliata analisi estetica fknno sì che sull'autore ottocentesco sia stato difficile dire in seguito qualcosa di concretamente nuovo. Di Caterina Percoto raccolse gli Scritti friulani (Udine 1928), sino allora sparsi e difficilmente rintracciabili, premettendo a essi uno studio, breve ma singolarmente succoso e pienamente valido nel giudizio, da allora accolto, si può dire, come definitivo.
A rivelare il patrimonio letterario del Friuli all'Italia fa La letteratura ladina dei Friuli (pubblicata in prima edizione nella Nuova Antologia del 1° sett. 1915, pp. 47 ss., cui seguirono la seconda edizione, Roma, stesso anno; la terza, Roma 1918, e la quarta, aggiornata, Udine 1922).
Tale patrimonio, linguisticamente individuato e descritto dall'Ascoli nei celebri Saggiladini (Torino 1873), e letterariamente ma frammentariamente proposto da Vincenzo Joppi nei Testi inediti friulani (Torino 1878). è presentato al largo pubblico con impostazione nuova, che rivendica al Friuli - di cui si premette un profilo storico, etnico, linguistico - una posizione nettamente propria, nell'ambito di una cultura nazionale. Pur contemperando alcune asserzioni ("Posto tra Italia e `Slavia', fra Venezia e 'Germania', sulla via maestra delle incursioni barbariche, [il Friuli] ebbe per lungo tempo una storia a sé, ha una lingua e una letteratura sue e, con esse, una sua intima vita, diversa da quella delle genti che lo premettero e lo corsero da ogni lato, e contro le quali resistette, aperto a ogni influsso e pur tenace nella sua individualità") con pronte dichiarazioni di secolare romanità, il C. individua in definitiva per primo, nel profilo di storia letteraria e nei caratteri dei singoli autori, una individualità precisa, e suscita nel lettore, specie corregionale, una coscienza, prima di allora, se non certo mesistente, sopita e latente, e oggi del tutto raggiunta (Pier Paolo Pasolini). A questo fine, di utilità ancor maggiore è la Antologia della letteratura friulana (Udine 1927). Minutamente informata, sorretta da gusto esemplare, l'antologia va dai primi scritti d'arte del Trecento ai contemporanei, offrendo un quadro compiuto della poesia d'autore e popolare, e tracciando per ciascun periodo e per ciascun personaggio notizie biografiche, sovente di prima mano, e giudizi critici sempre approfonditi e persuasivi.
Alla letteratuxa orale segnatamente friulana il C. dedicò particolare attenzione, fornendoci tra l'altro, a parte la silloge citata (comprendente ninne-nanne, leggende, proverbi), la Bibliografia della poesia popolare friulana (Udine 1920-23), Miniziosamente ragionata, nella quale il criterio estetico gli impedì di occuparsi di componimenti artisticamente non pregevoli. Tale limitazione, dettata dal mai abbandonato criterio di "poesia e non poesia", è anche alla base dell'ampio saggio Valutazione psicologica e artistica dei canti popolari friulani (pubblicato nel 1934 sulla Rivista di sintesi letteraria, dal C. in quell'anno fondata e diretta a Torino).
In esso delinea i caratteri del canto lirico nella forma principale della villotta in ottonari (completamente diversa dal restante canto lirico italiano in endecasillabi), la sua diffusione, l'ufficio sociale, le influenze siovene e tedesche, il contenuto di controllata letizia e di fatalismo rassegnato, la espressione sobria e contratta, il sentimento vigoroso e insieme pudico, la scarsezza di passionalità violenta e di sentimento della natura (a meno che la descrizione del paesaggio non sia la traduzione esteriore, metaforica, di atteggiamenti psicologici), i motivi della sua graduale rarefazione. In questo studio il discorso propriamente etnografico non è compiuto, puntando il lavoro sulla illustrazione dei caratteri psicologici e artistici - come del resto espresso nel titolo - di un canto estremamente suggestivo, mentre il testo melodico qui non e trattato se non di riflesso.
Il C. fu anche, come sì è accennato, poeta. I versi italiani, raccolti in Piccoli voli (Udine 1906), Strofi (Firenze 1922), Nove poesie (Udine 1931), squisiti per fattura, risentono influenze del Carducci, del Pascoli, del Gozzano, per altro ben assimilati, ma soprattutto rivelano il tenace gusto del letterato, quasi mai abbastanza libero di tradurre l'ispirazione senza intermediari. "Lo sentì anche Diego Valeri, scrivendo che in questi versi qualcosa manca, o qualcosa è di troppo, a raggiungere la parola semplice, tutta viva e tutta vera, che è pura poesia" (Vidossi, p. 199). I Versi friulani (Tolmezzo 1908, Udine 1921), di vario e abile metro, sono invece personali, anche se raffinati e sorvegliati, nel sapiente e aderente filtrare che vi si fa dell'anima popolare. Tipici per politezza formale, hanno avuto. parte notevole nel creare i prodromi della nuova fioritura poetica che, superate vecchie forme di dialettismo, si espanderà, in misura mai vista per il passato, dopo il 1945
Bibl.: F. Neri, Ricordo di B. C., in Ce fastu?, XX 1944), pp. 156 s.; L. Pilosio, La vita e l'opera, ibid., pp. 162s.; P. M. Perosino, Il critico e l'artista, ibid., pp. 169-173;G. B. Gorgnali, Scritti di B. C., ibid., pp. 331-343;G. Vidossi, B. C., in Atti dell'Accad. di scienze, lettere e arti di Udine, s. 6, XI (1948-51). pp. 191-222;G. Marchetti, B. C.. in Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1959, pp. 728-734.