Rossi, Francesco. – Nacque probabilmente a Milano intorno al 1630. Non sono noti i nomi dei genitori.
La data di nascita, su cui non è possibile essere più precisi, si ipotizza a partire dall’identificazione di Rossi con un omonimo autore di musiche per il teatro che comparve per la prima volta associato a Carlo Torre, canonico della basilica collegiata di S. Nazaro a Milano e autore di drammi sacri e profani eseguiti in area milanese tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Settanta del Seicento (su Carlo Torre si veda Picinelli, 1670, pp. 130-132). Rossi compose le musiche per La ricchezza schernita (1658) e L’Arianna (Pavia, 1660), la qual cosa induce a ipotizzare appunto che fosse nato intorno al 1630.
Sciolti i rapporti con Torre, Rossi iniziò a collaborare con il Teatro di corte presso il palazzo ducale di Milano. Nel 1662 (e nel giugno del 1663) fornì musica per la versione milanese dell’Artemisia su libretto di Nicolò Minato (a Venezia nel 1656 l’opera era stata musicata da Cavalli). Nel Carnevale 1664, Rossi collaborò con l’impresario e cantante comico Carlo Righenzi per due nuove opere: Il Crispo e La farsa musicale (nel libretto di quest’ultima vennero esplicitamente dichiarate le fatiche precedenti di Rossi: «la soavità della musica del Sig. Francesco Rossi copre ogni difetto, [come] egli mostrò nei tempi andati nella Ricchezza schernita, nell’Arianna, poi nell’Artemisia, nel Crispo, et hora in questa»; La farsa musicale, Milano 1664, pp. 9 s.). Probabilmente la collaborazione con Righenzi continuò anche l’anno successivo per le riprese (con modifiche) dell’Orontea di Cicognini e del Xerse di Minato (cfr. Lanfossi, 2011, p. 60). La farsa musicale pose forse le basi per la collaborazione con Carlo Maria Maggi (autore presunto del prologo in lingua milanese; cfr. Isella, 2005, pp. 210 s.). Di certo, Rossi compose le musiche per il nuovo libretto di Maggi La Bianca di Castiglia, un dramma di cappa e spada di ispirazione spagnola messo in scena presso il teatrino delle commedie del conte Vitaliano Borromeo VI (Isola Bella 1669), poi ripreso al Teatro di corte di palazzo ducale nel 1674 e 1676 (cfr. Carpani, 1998, pp. 99-112; Badolato, 2010, pp. 12-41). Nel carnevale 1670, sempre al Teatro di corte, Francesco Rossi compose il primo atto del dramma La regina Floridea, su libretto del conte Teodoro Barbò desunto da una comedia spagnola (Antonio Coello, La mas lastymosa tragedia del Conde de Sex): l’opera, i cui atti secondo e terzo furono composti dal monaco cassinense Ludovico Busca e da Pietro Simone Agostini, fu una delle pièces di teatro musicale meneghino più fortunate del Seicento e oltre, con riprese in svariate città d’Italia sino al 1722 (cfr. Lanfossi, 2009, pp. 61-90).
Rossi fu organista e maestro di cappella nel santuario di S. Maria presso S. Celso a Milano. Fu assunto su concorso il 13 marzo 1667, ricoprendo la carica ininterrottamente fino alla morte nel 1697 (cfr. Borroni, 1985, pp. 100-107; Chiavarone, 1996, pp. 45-48). I documenti dell’archivio della chiesa (oggi nell’Archivio Diocesano, Milano) gli attribuiscono un salario di 660 lire annuali; negli stessi registri, Rossi risulta sposato con Marta Nizolina e avere un figlio di nome Domenico (cfr. Chiavarone 1996, pp. 60-66). Sono sopravvissute due copie a stampa delle Cantate a gloria del santissimo sacramento (Milano 1689 e 1693), un genere tra la cantata e l’oratorio sacro posto in musica da Rossi, sui cui frontespizi il compositore viene indicato come «maestro di cappella del detto Tempio [S. Celso], e de’ RR. PP., di san Giovanni in Conca» (cfr. Sances, in corso di stampa, appendice, n.1). Rossi, dunque, quantomeno dalla fine dagli anni Ottanta, lavorò anche presso la chiesa di S. Giovanni in Conca, sebbene non vi siano altre tracce documentarie della sua attività, se non la menzione nel frontespizio de I trionfi del Carmelo (Milano 1696), cinque brevi oratori sacri per i mercoledì di quaresima.
Morì a Milano intorno al 13-14 settembre 1697, se è da prendersi alla lettera la dicitura presente nei libri mastri dell’archivio di S. Celso «Rossi Francesco […] defonto de mesi tre e giorni ventinove finiti al 12 gennaio corrente mese» (Borroni, 1985, p. 130).
Le uniche testimonianze musicali dell’attività di Rossi sopravvissute sono costitute dalla copia manoscritta de La regina Floridea (Como, Biblioteca comunale; cfr. Lanfossi, 2009, pp. 201-204) e il mottetto Flammae bellae nella raccolta Sacre armonie a voce sola (Milano 1692; riprodotto in Schnoebelen, 1987, pp. 40-56).
Almeno altri due omonimi furono presenti in Italia nello stesso periodo, con non poca confusione degli storici. Un don [Nicolò] Francesco [de] Rossi fu attivo prima a Bari come maestro di cappella del duomo (eletto il 16 febbraio 1677, ruolo svolto in coppia con Alonzo Ramirez; Fabris, 1993, p. 67), poi nel 1686 – stando ai registri del duomo di Bari che lo dicono «trasferitosi a Venezia» (Fabris, 1993, p. 73) – si spostò a Venezia come compositore di opere (Il Sejano moderno della Tracia, 1686; Corilda, 1688; La pena degl’occhi, 1688; Selfridge-Field, 1985, ad ind.). Già Bonlini nel 1730 lo chiamò «abate di Puglia» (Bonlini, 1730, ad ind.). La sua presenza a Venezia continuò come maestro di coro presso l’Ospedale dei Mendicanti dal 22 luglio 1689 all’8 gennaio 1699 (le rubriche dell’archivio dell’Istituto di Ricovero ed Educazione lo chiamano «reverendo don Francesco Rossi pugliese»; cfr. Arte e musica all’ospedaletto, 1978, p. 163; Baldau-Berdes, 1993, pp. 193 s.). È probabile che il Rossi pugliese fosse lo stesso che fu maestro di cappella del conservatorio S. Onofrio di Napoli dal novembre 1669 al febbraio 1672 (cfr. Di Giacomo, 1928, p. 270).
È inoltre attestato a Venezia un Francesco Rossi «maestro di violone» nella basilica di S. Marco tra il 1665 e i primi del Settecento (cfr. Selfridge-Field, 1980, p. 281). Un Francesco Rossi «dottore veneziano» (Allacci, 1755, ad ind.) fu autore dei libretti di alcuni drammi per musica dati in laguna tra 1699 e il 1719 (cfr. Bianconi - Saunders, 1992, p. 52), mentre un altro omonimo fu cantante romano attivo a Genova verso la fine degli anni Settanta del Seicento (cfr. Gianturco, 1994, pp. 142, 286), iscritto alla congregazione dei musici di S. Cecilia a Roma negli anni Ottanta (Casimiri, 1924, p. 128). Bonlini attribuisce (forse erroneamente) a «D. Francesco Rossi» la musica per La ninfa Apollo (Murano 1726), una versione alterata dell’originale libretto di Francesco De Lemene.
Sicuramente di nessuno dei Rossi citati è l’aria Ah, rendimi quel core tradizionalmente attribuitagli; François-Joseph Fétis sostenne che provenisse da una presunta opera Mitrane del 1689. In realtà – per ragioni stilistiche – non può che essere un’aria tardo-settecentesca, forse dal dramma La morte di Semiramide (Verona 1794) nel quale il cantante Francesco Rossi (attivo a Venezia tra il 1752 e il 1797) interpretò la parte di Mitrane (cfr. Chiavarone, 1996, pp. 51-59; Bianconi - Williams Brown, 2001).
F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, pp. 130-132; G. C. Bonlini, Le glorie della poesia e della musica, Venezia (1730), ad ind.; L. Allacci, Drammaturgia di Lione Allacci accresciuta e continuata fino all’anno 1755, Venezia 1755, ad ind.; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique. Deuxième édition, VII, Paris 1870, p. 317; R. Casimiri, L’antica congregazione di S. Cecilia fra i musici di Roma nel secolo XVII, in Note d’archivio per la Storia musicale, I (1924), p. 128; S. Di Giacomo, I quattro antichi conservatorii di musica a Napoli, II, Palermo 1928, p. 270; Arte e musica all’Ospedaletto: schede d’archivio sull’attività musical degli ospedali dei derelitti e dei mendicanti di Venezia (sec. XVII-XVIII) (catal.), Venezia 1978, pp. 157 s., 163, 168 s., 171; E. Selfridge-Field, La musica strumentale a Venezia da Gabrieli a Vivaldi, Torino 1980, p. 281; D. Borroni, L’archivio musicale della chiesa di Santa Maria presso San Celso in Milano, tesi di laurea, Milano 1985, pp. 100-107; E. Selfridge-Field, Pallade veneta: writings on music in Venetian society 1650-1750, Venezia 1985, ad ind.; Solo motets from the Seventeenth Century. Northern Italy 2, a cura di A. Schnoebelen, New York - London 1987, pp. 40-56; L. Bianconi - H. S. Saunders, R. F., in The New Grove Dictionary of Opera, IV, London 1992, p. 52; J. Baldauf-Berdes, Women musicians of Venice: musical foundations 1525-1855, Oxford 1993, pp. 193 s.; D. Fabris, Vita musicale a Bari dal Medioevo al Settecento, in La musica a Bari, a cura di D. Fabris - M. Renzi, Bari 1993, pp. 67-73, 91, 94, 106 n.; C. Gianturco, Alessandro Stradella 1639-1682, Oxford 1994, pp. 142, 286, 288; L. Chiavarone, F. R. I-II-III… Quanti?, in La musica a Milano, in Lombardia e oltre, a cura di S. Martinotti, Milano 1996, pp. 45-75; R. Carpani, Drammaturgia del comico: i libretti per musica di Carlo Maria Maggi nei «theatri di Lombardia», Milano 1998; L. Bianconi - J. Wiliams Brown, R. F., in The new Grove’s dictionary of music and musicians, XXI, London 2001, pp. 718 s.; R. Carpani, Materiali e tecniche da una cantiere drammaturgico del secondo Seicento: «La Bianca di Castiglia» di Carlo Maria Maggi, in Musica e storia, XII (2004), pp. 147-187; D. Isella, «L’è pur la mala cossa ess servitor». Un prologo milanese del Seicento, in Id., Lombardia stravagante. Testi e studi dal Quattrocento al Seicento tra lettere e arti, Torino 2005, pp. 207-218 ; C. Lanfossi, Un’opera per Elisabetta d’Inghilterra: La regina Floridea (Milano 1670), Milano 2009, pp. 61-110; N. Badolato, «Favole fredde e verità fumanti»: due drammi per musica di Carlo Maria Maggi, Pisa 2010, pp. 12-41; C. Lanfossi, Il teatro d’opera a Milano nella seconda metà del XVII secolo. Alcuni esempi di drammaturgia musicale tra storiografia e analisi, tesi di dottorato, Università di Pavia 2011, pp. 53, 55, 122; G. Sances, Cantate a gloria del Santissimo Sacramento. La tradizione musicale durante gli esercizi spirituali presso San Celso in Milano: libretti a stampa e fonti d’archivio, in La cantata da camera e lo stile galante. Sviluppi e diffusione della “nuova musica” tra il 1720 e il 1760, a cura di G. Giovani-S. Aresi, Amsterdam 2017, pp. 143-168.