Famiglia di musicisti nati a Turi, in provincia di Bari (XVI –XVII secc.) composta da Giovanni Maria e da tre suoi nipoti, Antonino, Francesco e Giuseppe. Ricerche svolte tra il 2005 e il 2011 hanno dimostrato che non esistono legami parentali tra i Sabino di Lanciano e quelli di Turi in quanto i loro avi risultano presenti in questa cittadina fin dal XV secolo (Giacomo Sabino di Turi testimone in atto notarile del 4 maggio 1479, cfr. Beltrani 1884, p. 697, doc. CCX) e che nessun Sabino risulta pervenuto a Turi da Lanciano nel XVI secolo.
GIOVANNI MARIA, nacque a Turi. Fu battezzato il 30 giugno 1588 (Archivio della Chiesa Matrice di Turi, Registro dei battesimi, vol. I) come settimo di dieci figli di Francesco e Caterina Cecire, appartenente a una famiglia di agricoltori benestanti. Il 6 settembre 1602 ricevette la prima tonsura nella chiesa collegiata della Madonna di Terra Rossa di Turi (Archivio Diocesano di Conversano, Turi, Capitolo e clero, carteggio 3, fasc. 1) e poco dopo si trasferì a Napoli per studiare musica con il canonico don Prospero Testa (ipotesi di Prota-Giurleo 1928, p. 86, Prota-Giurleo 1955, p. 277, non documentata), quasi certamente grazie all’interessamento dei Moles, baroni spagnoli, signori del feudo di Turi, che lo introdussero nel contesto nobiliare napoletano. È probabile una sua appartenenza o vicinanza ai musici della cerchia di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, in quanto lo troviamo presente con una gagliarda nel ms. 4.6.3 (olim Mus. Str. 55/1-4) della Biblioteca del Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, e nella raccolta a stampa Salmi delle Compiete de diversi musici Napolitani a quattro voci Raccolti per Margello Magnetta Napolitano, (Napoli, O. Beltrano, 1620), antologie che contengono composizioni del principe-madrigalista e dei musicisti a lui collegati.
I suoi legami con Turi rimasero sempre vivi: nel 1610, ancora diacono, venne nominato cappellano, col titolo di abate, del beneficio di S. Giacomo Apostolo, istituito da un suo avo nella chiesa collegiata di Turi nel 1485, il cui diritto di patronato era di pertinenza della sua famiglia.
Nel 1612 venne ordinato sacerdote nella chiesa collegiata di Turi ove rimase fino al gennaio del 1614 (Archivio della Chiesa Matrice di Turi, Registro dei battesimi, vol. I). Pur ritornando a Napoli per riprendere la sua carriera di musicista e didatta, egli restò membro per tutta la vita del capitolo della collegiata. Inoltre nel 1631 ricevette la nomina a canonico della Reale chiesa di S. Nicola di Bari dal Consiglio collaterale di Napoli (Pilone 2000, pp. 35, 383), organo che rappresentava la Corona di Spagna nel Regno di Napoli.
Già dal 1620 era maestro di cappella, e quindi direttore musicale del conservatorio della Pietà dei Turchini (cfr. Salmi delle Compiete…, a cura di M. Magnetta, Napoli, O. Beltrano, 1620), incarico che svolse fino al 1626, e che ricoprì anche nel primo semestre del 1645 (Di Giacomo 1924, p. 299). Nel 1626 era maestro di cappella della chiesa di S. Barbara in Castelnuovo con l’onorificenza di ‘cavaliere’, così come risulta dal frontespizio del suo Secondo libro di mottetti a 2 e 4 voci (Napoli, A. Magnetta, 1626), utilizzato anche didatticamente nel conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo insieme alle sue disperse Sonate a quattro, et cinque de Don Gio. Maria Sabino (D’Alessandro, in corso di stampa). Dal 1630 al 1634 fu organista e maestro di cappella dei padri della Congregazione dell’Oratorio, conosciuti a Napoli come Girolamini. Il 1° dicembre del 1634, a seguito della morte del suo predecessore Camillo Lambardi, fu nominato maestro di cappella della Santa Casa dell’Annunziata di Napoli dove operò fino alla sua morte. Pur conservando un rapporto stabile con queste istituzioni, per le sue riconosciute e apprezzate doti musicali, spesso gli venivano commissionate da altri ordini religiosi o da nobili facoltosi composizioni di musica sacra da eseguire in occasione di prestigiose cerimonie religiose ricorrendo ai più quotati cantanti e strumentisti del momento (vedi per es. S. Domenico Maggiore e Teatini in D’Alessandro, in corso di stampa). Nel 1640 e almeno fino al 1647 fu insegnante di canto figurato nel conservatorio di S. Maria di Costantinopoli e responsabile della musica nell’omonima chiesa annessa al conservatorio. Nel 1645 svolgeva il medesimo incarico presso il Pio Monte della Misericordia, tra i cui associati nel 1603 figurava Carlo Gesualdo principe di Venosa (D’Alessandro, in corso di stampa). Morì a Napoli agli inizi di aprile del 1649 visto che il suo sostituto, il nipote Antonino, fu nominato il giorno 10 dello stesso mese (ibid.).
Tra i suoi allievi troviamo, tra gli altri: Giovanni Salvatore, Gregorio Strozzi, Filippo Coppola, Tommaso Pagano e forse Francesco Provenzale (Prota-Giurleo 1928, p. 86; Id. 1955, p. 277).
Giovanni Maria aderì subito al nuovo stile musicale ‘recitativo’, che si stava diffondendo in Italia nei primi decenni del Seicento, adesione testimoniata dalla pubblicazione nel 1624 del mottetto concertato Paratum cor meum nell’antologia veneziana di don Stefano Coradini. Ma l’avvenimento più eclatante, di portata storica, rimane la pubblicazione nella Ghirlanda sacra […] libro primo, opera seconda per Leonardo Simonetti… (Venezia, Gardano, 1625) dei suoi quattro mottetti a voce sola. In questa raccolta sono presenti con lo stesso numero di mottetti, oltre a Giovanni Maria, solo Claudio Monteverdi e Alessandro Grandi, mentre agli altri musicisti era stata data meno visibilità. Al musicista di Turi, dunque, era stato concesso un posto di privilegio al fianco del grande compositore cremonese, e questo evento costituiva una novità in quanto per la prima volta un musicista ‘napoletano’ appariva in una raccolta comprendente solo musicisti appartenenti alla Serenissima Repubblica di Venezia. I mottetti di Giovanni Maria Sabino avevano suscitato l’interesse di Monteverdi, sia perché si trattava di mottetti a voce sola, che costituivano uno degli elementi di novità del Seicento, sia perché contenevano linee melodiche molto originali e coinvolgenti con ricchezza di ornamentazioni presenti esplicitamente nel libro-parte ad uso del cantore.
Certamente fu l’incontro con la musica di Monteverdi, con le sue tante novità, a spingere Giovanni Maria a far suo questo nuovo stile e a divulgarlo a Napoli attraverso le sue composizioni e quelle dei suoi numerosi allievi. Oltre al primo libro di mottetti a due voci non più reperibile, anche il secondo (Secondo libro delli mottetti a due, tre et quatro voci…, Napoli, A. Magnetta, 1626) permette di constatare l’adesione alla nuova estetica musicale secentesca. Emblematico è l’unico mottetto a quattro voci di questo libro, Ecce panis angelorum, in cui è presente un’indicazione del Sabino che avverte: «tutte le parti che cantano sole s’haveranno da cantare senza battuta in stile recitativo», facendo così esplicito riferimento al recitar cantando che anche a Napoli trovava fertile ed originale diffusione. Nei Psalmi de Vespere a quattro voci (Napoli, A. Magnetta, 1627) egli probabilmente fece inserire anche il salmo a 4 voci e organo Confitebor tibi Domine di Monteverdi, con l’intento di ricambiare la considerazione dimostrata nel permettere la pubblicazione dei suoi mottetti nella Ghirlanda sacra, ma soprattutto per ‘referenziare’ la sua opera mostrando ai napoletani, in primis, che lo stile da lui adottato e diffuso aveva dei precedenti di tutto riguardo, riconoscendosi anche tributario verso il collega veneziano; al suo nome potrebbe legarsi così «un capitolo sulla fortuna della musica monteverdiana a Napoli, in epoca ancora ben lontana dalla rappresentazione postuma dell’Incoronazione di Poppea (1651)» (W. Osthoff cit. in Fabbri 1985).
In una lista allegata alla lettera di Heinrich Schütz a Philipp Hainhoffer, datata Dresda 23 aprile 1632, sono elencate edizioni musicali di «buoni compositori» napoletani a cui era interessato il compositore tedesco, che chiedeva, tra l’altro, anche l’acquisto nelle librerie di Napoli di «[…] D. Giovanni Maria Sabino, primo, secondo, terzo e quarto libro di mottetti […]».
Nella prima raccolta di mottetti di Benedetto Pace, custodita in versione incompleta presso la British Library di Londra di cui non si conosce la data di edizione (la seconda fu pubblicata a Roma nel 1646), troviamo un mottetto (l’unico della corposa raccolta) concertato con violini intercalato da tre sinfonie di Giovanni Maria; in questo caso tutti i musici sono di provenienza romana con la sola eccezione di Sabino.
Che le sue musiche di fossero ancora eseguite nella seconda metà del Seicento a Napoli nella chiesa dei Girolamini, lo testimonia la presenza di un suo Pange lingua in una raccolta manoscritta di musiche di Antonio Nola conservata nell’archivio degli Oratoriani (Archivio Musicale della Congregazione dell’Oratorio 49/10) e risalente agli ultimi anni del Seicento (i manoscritti musicali di questo autore arrivano al 1715); inoltre, nella Biblioteca del Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli si trova il ms. 33.4.4/35 che contiene un’altra sua cantata per soprano e b.c. (L’aspettar m’è pur dolce): si tratta della composizione più antica tra quelle contenute in questa raccolta di arie, cantate, canzonette e serenate della seconda metà del Seicento. Questi fatti dimostrano come Giovanni Maria Sabino sia stato un compositore ancora stimato a Napoli parecchi anni dopo la sua morte e un precursore di un genere, come quello della cantata, che nel secolo successivo sarebbe stato uno dei più frequentati dell’Europa musicale.
Il nipote ANTONINO nacque a Turi in data non nota da Giovanni Domenico Sabino (fratello di Giovanni Maria) e Domenica Attolino. Fu battezzato il 13 novembre 1609 con il nome di Vito Antonio e non come si è creduto finora come Donato Antonio, il fratello minore di Giovanni Maria, battezzato il 13 febbraio 1591 (Fabris 1987, p. 428). Dall’atto di battesimo (Archivio della Chiesa Matrice di Turi, Registro dei battesimi, vol. I) risulta che gli fece da padrino Antonio Moles, membro della famiglia dei baroni di Turi, notizia che conferma gli stretti legami di stima esistenti tra le due famiglie (anche i Sabino battezzarono dei Moles) e di conseguenza rafforza l’ipotesi avanzata poc’anzi a proposito di Giovanni Maria circa l’importante ruolo avuto dai Moles in occasione del suo trasferimento a Napoli nel 1602. Nel 1621 Antonino era chierico del capitolo della chiesa collegiata di Turi (Archivio di Stato di Bari, notai di Turi) prima di partire alla volta di Napoli per studiare musica con lo zio.
Nel 1635 fu scelto come organista ordinario della Santa Casa dell’Annunziata di Napoli e, come Giovanni Maria, anche Antonino, tra il 1642 e il 1643, fu il maestro di cappella di un conservatorio e precisamente quello dei Poveri di Gesù Cristo, situato di fronte alla chiesa dei Girolamini. Oltre a succedergli come maestro di cappella all’Annunziata di Napoli, fu nominato dai suoi parenti successore di don Giovanni Maria nel beneficio di S. Giacomo Apostolo in quanto era anche sacerdote membro del capitolo della collegiata di Turi, senza riuscire però a prenderne possesso in quanto morì a Napoli appena tre mesi dopo lo zio, il 20 luglio 1649, e fu sepolto nella chiesa della Trinità dei Pellegrini (D’Alessandro, in corso di stampa).
Nell’archivio dell’oratorio dei Girolamini di Napoli si conservano alcune sue composizioni che comprendono mottetti a due, tre e quattro voci, di cui alcuni concertati con violini, un vespro breve a cinque voci, un Salve Regina a otto con violini ed una messa ad otto sempre con violini.
FRANCESCO, nacque a Turi l’8 maggio 1616 da Giovanni Pietro (un altro fratello di Giovanni Maria) e Margherita Lucente. Nel 1625 perse prematuramente il padre. Per garantirgli un futuro più florido, la madre lo avviò alla carriera ecclesiastica costituendo con i beni di famiglia il suo sacro patrimonio. Nel fascicolo che racchiude gli atti di costituzione della dote sacerdotale (Archivio Diocesano di Conversano, Turi, Sacre ordinazioni, 36, Francesco Sabino), troviamo un attestato dal quale risulta che il giovane Francesco nel 1630 studiava presso il conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo. Nel corso del 1645 prestò dei servizi musicali per conto della Congregazione dei Nobili della Natività della Beata Vergine legata alla Casa Professa dei Gesuiti (D’Alessandro, in corso di stampa), non disdegnando in quegli anni anche l’insegnamento privato «de cantare, di contrapunti, et di sonare» (Prota-Giurleo 1955, p. 277). Nel 1649 sostituì lo zio Giovanni Maria e suo cugino Antonino, deceduti in quell’anno, nei loro incarichi presso la Santa Casa e il conservatorio di Santa Maria di Costantinopoli fino al 1659 (ibid.). Fu uno dei governatori nel 1655 della principale confraternita di musici di Napoli, istituita in S. Giorgio Maggiore nel 1649 (Fabris 1983, pp. 83-84, 99 e Fabris 1994, pp. 784-785). Dopo la devastante peste del 1656, concorse senza successo al posto di organista della cappella reale ― i cui musicisti erano stati decimati dal contagio ― assegnato poi a Filippo Coppola futuro maestro di cappella regio, nonostante Francesco fosse stato giudicato un organista «muy bueno» (Maione 2005, p. 328). Ricoprì il ruolo di insegnante di canto presso il conservatorio di S. Maria del Rifugio almeno nel 1684 e nel 1685 (D’Alessandro, in corso di stampa). Non divenne mai sacerdote; il 23 dicembre 1647 sposò Anna Rosa, sorella del tenore regio Nicola e suo amico, da cui ebbe quattro figli (copiosa documentazione biografica e socio-economica su famigliari e congiunti del musicista in ibid.). Morta la moglie a causa della peste del 1656, dopo tre anni di concubinato regolarizzò la sua unione con Giulia Calamazzo celebrando il suo secondo matrimonio nel luglio del 1660. Da questa seconda unione ebbe altri otto figli tra cui Nicola, quartogenito, nato il 16 gennaio del 1665, che divenne anch’egli un affermato compositore e il mastro di cappella del conservatorio di Sant’Onofrio a Capuana dal 1699 al 1702. Francesco morì tra l’ottobre del 1685 e la fine del 1686, in quanto le ultime tracce della sua vita terrena sono costituite da due pagamenti di banco dell’ottobre 1685 in qualità di maestro di cappella del citato conservatorio del Rifugio (ibid.), mentre al processetto matrimoniale per sposare Antonia Barberio (o Barberi), il figlio Nicola Gennaro, nella sua deposizione resa il 7 gennaio 1687 nella curia arcivescovile napoletana, dichiarò di essere figlio del «quondam» Francesco (cfr. Archivio Storico della Diocesi di Napoli, Processetti matrimoniali, 1687, lettera G, fascio 9).
Suoi sono due mottetti conservati nell’archivio della Cattedrale di Mdina, a Malta, insieme a quello di Giovanni Maria, entrambi con splendide sinfonie iniziali a due violini e successivo accompagnamento. Altri quattro mottetti sono presenti nelle raccolte manoscritte dei Girolamini insieme a quelli dei due suoi parenti musicisti.
GIUSEPPE, figlio di Vito (fratello maggiore di Giovanni Maria) e di Rosa Lezze nacque a Turi in data non nota e fu battezzato il 20 ottobre del 1624. Fu anch’egli musicista sotto la guida dello zio che lo aveva accolto a Napoli come aveva fatto in precedenza con i suoi cugini, Antonino e Francesco. Lo troviamo coinvolto in alcuni eventi musicali con i suoi parenti a Napoli in quanto gli vengono girati, da questi, nel 1640 dei pagamenti per la musica del conservatorio di S. Maria di Costantinopoli e nel 1646 per la musica di S. Maria a Cellaro (D’Alessandro, in corso di stampa).
Archivio della Chiesa Matrice di Turi, Registro dei battesimi, vol. I; Archivio Diocesano di Conversano, Turi, Capitolo e clero, carteggio 3, fasc. 1; Ivi, Turi, Sacre ordinazioni, 36, Francesco Sabino; Archivio di Stato di Bari, Protocolli notarili, notai di Turi; G. Beltrani, Cesare Lambertini e la società famigliare in Puglia durante i secoli XV e XVI, I, parte I (documenti), Trani 1884; S. Di Giacomo, Catalogo generale delle opere musicali […] Città di Napoli. Archivio dell’Oratorio dei Filippini, Parma 1918; Id., Il Conservatorio di S. Onofrio a Capuana e di S. Maria della Pietà dei Turchini, s.l. [ma Palermo] 1924, pp. 188, 299; Id., Il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e quello di S. Maria di Loreto, s.l. [ma Palermo] 1928, p. 145; U. Prota-Giurleo, La musica a Napoli nel Seicento (dal Gesualdo allo Scarlatti), in Samnium, I (1928), n. 4, pp. 67-90; R. Casimiri, Enrico Sagittario (Heinrich Schütz) alla scuola di Giovanni Gabrieli, in Note d’archivio per la storia musicale, XV (1938), pp. 88-92; F. Strazzullo, Inediti per la storia della musica a Napoli, in Il Fuidoro, II (1955), nn. 3-4, pp. 106-108 (in partic. p. 107); U. Prota-Giurleo, Aggiunte ai “Documenti per la storia dell’arte a Napoli”, in Il Fuidoro, II (1955), nn. 7-10, pp. 273-279 (in partic. p. 277); D. Fabris, Strumenti di corde, musici e Congregazioni a Napoli alla metà del Seicento, in Note d’archivio per la storia musicale, n.s., I (1983), pp. 63-110; P. Fabbri, Monteverdi, Torino 1985, p. 261; D. Fabris, Generi e fonti della musica sacra a Napoli nel Seicento, in La musica a Napoli durante il Seicento, Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli… 1985, a cura di D. A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, pp. 415-454; Id., Istituzioni assistenziali e congregazioni di musici a Napoli e nell’Italia meridionale durante il viceregno spagnolo, in Confraternite, chiesa e società. Aspetti e problemi dell’associazionismo laicale europeo in età moderna e contemporanea, Fasano 1994, pp. 779-800; R. Pilone, Guida alla serie «Beneficiorum», Napoli 2000; P. Maione, Il mondo musicale seicentesco e le sue istituzioni: la Cappella Reale di Napoli (1650-1700), in Francesco Cavalli. La circolazione dell’opera veneziana nel Seicento, Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli… 2002, a cura di D. Fabris, Napoli 2005, pp. 309-341; D. Fabris, Music in Seventeenth-Century Naples. Francesco Provenzale (1624-1704), Aldershot 2007, pp. 52-55; P. Valerio, Giovanni Maria Sabino e la Scuola musicale napoletana, in Atti del Congresso Internazionale di Musica Sacra, Roma… 2011, a cura di A. Addamiano - F. Luisi, Città del Vaticano 2013, pp. 779-790; D. A. D’Alessandro, Mecenati e mecenatismo nella vita musicale napoletana del Seicento e condizione sociale del musicista. I casi di Giovanni Maria Trabaci e Francesco Provenzale, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, Napoli, in corso di stampa.