SPADONI, Angelo.– Nacque il 3 ottobre 1880 a Borzano di Albinea, in provincia di Reggio Emilia, in una famiglia della piccola borghesia. Non sono noti i nomi dei genitori.
Assecondando la vocazione al sacerdozio maturata già da bambino, frequentò le ultime classi elementari e il ginnasio presso il seminario di Marola (Reggio Emilia), dove completò anche la sua formazione teologica. Il 31 marzo 1903 venne ordinato sacerdote e, nel 1906, dopo aver iniziato a prestare il proprio servizio pastorale in alcune parrocchie urbane gli venne affidato l’insegnamento di Teologia dogmatica in seminario; qui iniziò a ricoprire anche la carica di prefetto degli studi. Spadoni divenne un docente particolarmente apprezzato dagli studenti e si distinse per il suo interesse verso gli autori mistici; divenne anche un punto di riferimento quale confessore e direttore spirituale di una vasta porzione del clero e dei religiosi reggiani. Collocandosi all’interno di una situazione che negli anni Venti vide la fondazione di nuovi sodalizi religiosi nella diocesi reggiana, nel 1926 Spadoni decise di dare vita ad una propria famiglia religiosa: l’Opera del Divin Amore, costituita da «figliuole» che desideravano condurre una vita comune come «creature conviventi fra loro e consacrate ed offerte per la santificazione dei sacerdoti» (A. Spadoni, L’opera e la Famiglia del Divin Amore, I, Dalle origini alla soppressione, s.l. s.d., p. 25). In un memoriale steso dietro sollecitazione del vescovo l’anno successivo, Spadoni illustrò le ragioni che lo avevano indotto alla costituzione della nuova famiglia religiosa, ribadendo che essa avrebbe dovuto dedicarsi principalmente all’assistenza del clero diocesano: tanto per gli aspetti materiali, quanto attraverso una incessante azione di preghiera. Spadoni insistette anche in modo particolare sulla necessità di dare maggiore spazio alla dimensione mistica, che a suo dire non era stata sufficientemente curata dalle altre famiglie religiose sorte nel contesto reggiano. Ma fu proprio l’insistenza su questa dimensione a destare inizialmente le perplessità del vescovo di Reggio Emilia, che giudicò «irrealizzabile una Congregazione religiosa che non accetti se non soggetti in istato mistico» (ibid., p. 70). Nel giugno del 1928 Brettoni decise comunque di acconsentire alla fondazione della nuova famiglia e, contestualmente a ciò, a ulteriore conferma della stima di cui godeva, dispose la nomina di Spadoni a vicario generale della diocesi di Reggio Emilia.
Il sodalizio fondato da Spadoni diversificò gradualmente le proprie funzioni, impegnandosi anche in attività oratoriali e di apostolato; venne particolarmente apprezzata l’iniziativa dell’adorazione eucaristica quotidiana nell’oratorio cittadino di S. Filippo. Nel 1935 il vescovo acconsentì anche che le aderenti alla famiglia vestissero un proprio abito. Ma sin dalle sue origini, proprio per le sue peculiarità, l’Opera del Divin Amore conobbe forti tensioni interne che divennero presto di dominio pubblico. Spadoni, personaggio sino a quel momento oggetto di una stima diffusa, fu presto fatto oggetto di critiche per l’incapacità dimostrata nel governo dell’Opera, rispetto alla quale si diffusero voci conturbanti che indussero il vescovo di Reggio Emilia ad interessare la congregazione dei Religiosi; questa dispose l’avvio di due visite apostoliche, affidate rispettivamente al gesuita Ambrogio Fiocchi e al benedettino Emanuele Caronti. Fu anche a seguito di queste ispezioni che nel dicembre del 1935 la congregazione romana si pronunciò per lo scioglimento del sodalizio, che il vescovo di Reggio Emilia dispose con un proprio decreto nell’agosto del 1936 (Comunicazioni, in Bollettino della Diocesi di Reggio Emilia, XXV (1936), 12, p. 192). Pochi mesi dopo questi avvenimenti, nel dicembre del 1936, Spadoni fu anche rimosso dall’ufficio di vicario generale e dall’incarico di insegnamento in seminario: decisioni che sortirono un forte disagio in vasta parte del clero urbano. Se infatti da un lato la curia reggiana sostenne informalmente che le più recenti decisioni che avevano riguardato Spadoni non erano in alcun modo legate alla sua condotta morale o a quella delle aderenti all’Opera del Divin Amore, d’altro canto non produsse alcun atto ufficiale che togliesse definitivamente questo dubbio. Le decisioni del vescovo sancirono anche la fine della Pia Società dei Figli del Divino Amore, costituita nel 1930 con l’aiuto di Spadoni all’interno del grande oratorio cittadino di S. Rocco e che, con modalità che anticipavano gli istituti secolari che sarebbero stati riconosciuti solo alcuni anni più tardi, coinvolgeva sacerdoti e laici che facevano voto di oblazione, tra i quali il futuro cardinale Sergio Pignedoli e don Dino Torreggiani, più tardi fondatore di un proprio istituto secolare.
Per Spadoni, che conservò l’incarico di canonico, si aprì una fase molto difficile, segnata da un pesante isolamento personale, alleggerito solo dalla fedeltà che gli dimostrarono alcuni sacerdoti e alcune appartenenti all’Opera del Divin Amore ormai disciolta: alcune di esse, infatti, continuarono a Reggio Emilia la vita comune sotto la direzione di Spadoni. Gli interessi per il misticismo di Spadoni ricevettero un nuovo e più problematico impulso dal rapporto simbiotico che egli stabilì all’inizio degli anni Quaranta con Zaira Valli, già appartenente all’Opera del Divin Amore, che con il nome di Teresa di Dio divenne il tramite della diffusione di una serie di messaggi di sedicente carattere profetico, rilasciati in stato di semincoscienza, rivolti ad annunciare l’«Ora di Dio». L’attività di divulgazione di questi messaggi, che nei loro riflessi politici evidenziavano un deciso allentamento della linea anticomunista intrapresa dalla gerarchia cattolica, misero Spadoni nuovamente in diretto contrasto con la curia di Reggio Emilia e con il nuovo vescovo Beniamino Socche, entrato in sede nel 1946. Spadoni tentò nell’agosto del 1948 un contatto diretto con la S. Sede, ma i colloqui che ebbe con i responsabili del sant’Uffizio confermarono la linea intransigente assunta nei suoi confronti dall’ordinario di Reggio Emilia, che lo pose di fronte all’alternativa tra il ritiro dalla vita pubblica e la cessazione dell’attività di diffusione delle ‘profezie’ o la sospensione a divinis. Il rifiuto della prima opzione e l’insistenza sulla diffusione dei messaggi dell’«Ora di Dio», per la quale Spadoni ricorse anche all’aiuto della stampa socialcomunista, condussero il vescovo di Reggio Emilia ad emanare nell’estate del 1949 un decreto di scomunica nei suoi confronti: si trattò, a tutti gli effetti, di una delle prime dirette applicazioni del decreto del sant’Uffizio appena pubblicato.
L’uscita definitiva di Spadoni dalla comunione cattolica lo indusse negli anni successivi a cercare altre sponde a cui appoggiarsi per proseguire l’azione di divulgazione del suo messaggio ‘profetico’, diffuso negli Opuscoli su La Divina Riforma e firmati con il suffisso «Prete di Dio». Furono principalmente le formazioni politiche di sinistra, che avevano tutto l’interesse a utilizzare a fini elettorali gli interventi dell’ex vicario generale di Reggio Emilia, ad offrire a Spadoni le sedi in cui intervenire pubblicamente; Spadoni, in questo senso, cercò e trovò aiuto anche negli ambienti anarchici. Tutto ciò rese comprensibilmente sempre più remota la
possibilità di una riconciliazione tra Spadoni e l’autorità ecclesiastica: tanto più per una diocesi retta da un vescovo come Socche che aveva fatto dell’intransigentismo anticomunista una linea distintiva del proprio episcopato. Ma è anche vero che dopo il clamore iniziale gli interventi di Spadoni – tutti sostanzialmente rivolti ad annunciare un’imminente apocatastasi che avrebbe finalmente ripristinato la purezza originaria del messaggio cristiano – non sortirono più, anche per la loro ripetitività, l’effetto dirompente che avevano avuto all’inizio. Anche quegli interlocutori politici che avevano inizialmente dato spazio a Spadoni iniziarono a dileguarsi e a rifiutare di dargli ulteriore credito e sostegno; Spadoni continuò tuttavia imperterrito a cercare qualcuno che potesse aiutarlo nella diffusione del proprio messaggio, comunicando anche l’intima convinzione di «quante lezioni, quante esperienze di Dio danno queste creature fuori della Chiesa e contro la Chiesa» (Regio Emilia, Biblioteca Panizzi, Fondo Angelo Spadoni, Lettera a Teresa Valli, 3 febbraio 1952). Nel 1952 la morte di Teresa Valli, che Spadoni aveva preannunciato come un momento decisivo per la conferma della veridicità dei messaggi dell’«Opera di Dio», segnò di fatto un ulteriore declino nella vicenda di Spadoni, ormai sempre più isolato. In una lettera scritta pochi mesi prima della morte, riferendo dei tentativi di ristabilire un legame con Roma, lamentò ancora di non aver potuto allacciare contatti con questa «Babilonia e coi capi della Babilonia» (Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Fondo Angelo Spadoni, Lettera a Angela [del Divino Amore], 8 luglio 1957). Spadoni posticipò ancora al 1958 l’anno in cui sarebbe avvenuta la nuova «Rivelazione»: fu però l’anno in cui morì, a Reggio Emilia, il 4 ottobre, senza essersi riconciliato con la Chiesa e avendo al suo fianco solo l’ex sacerdote Giovanni Campani, anche lui sospeso a divinis, che lo aveva assistito e accompagnato fedelmente nell’ultimo quindicennio e che continuò ancora dopo la sua morte a difenderne pubblicamente la memoria.
La maggior parte della documentazione relativa a Spadoni è distribuita in tre distinti fondi archivistici: l’Archivio della Curia di Reggio Emilia conserva la documentazione relativa al suo periodo di attività quale vicario generale, mentre il Bollettino Diocesano, per le annate 1928-1936, riporta gli atti ufficiali che recano la sua firma; presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia è stato costituito nel 2002 un Fondo Angelo Spadoni che contiene prevalentemente epistolari intercorsi tra Spadoni e le aderenti al suo istituto religioso; presso l’Archivio della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna è invece depositato un ricco fondo di epistolari e opuscoli a stampa raccolti e custoditi sino alla sua morte da Giovanni Campani.
Su Spadoni non esiste ancora un vero e proprio studio biografico complessivo, ma alcune informazioni di base si possono desumere da La vicenda del Prete di Dio A. S. e particolari suoi scritti inediti, a cura di G. Campani, Reggio Emilia 1972; ulteriori elementi informativi sono reperibili in W. Pignagnoli, L’ultimo vescovo-principe di Reggio Emilia. L’episcopato reggiano di Mons. Beniamino Socche (1946-1975), Roma 1975, pp. 246-247, S. Spreafico, I cattolici reggiani dallo Stato totalitario alla democrazia: la Resistenza come problema, III, Dal collateralismo conflittuale al riscatto cruento: quale sacerdozio?, Reggio Emilia 2001, pp. 468-469, Id., Il calice di legno. Dino Torreggiani e la sua Chiesa, Bologna 2014.