Nulla si sa delle origini, dell’infanzia o dell’educazione di Vanneschi. Si ritiene che sia nato a Firenze tra la fine del XVII e i primi del XVIII secolo, e che fosse un uomo piuttosto istruito. È a Firenze che il suo nome compare per la prima volta: viene citato come il librettista di due opere composte da Giovanni Chinzer e rappresentate nell’autunno del 1731 al teatro del Cocomero, ossia La commedia in commedia (adattamento dell’omonimo testo di Cosimo Antonio Pelli) e La vanità delusa. Gli allestimenti di Chinzer non ebbero seguito, ma nel 1738 La commedia in commedia venne messa in scena a Roma con musica di Rinaldo di Capua, con varie riproposizioni negli anni successivi. In seguito, opere con libretti attribuiti a Vanneschi furono rappresentate per la prima volta a Londra, Lucca, Roma e Venezia.
Alla fine degli anni Trenta del XVII secolo, Vanneschi incontrò Charles Sackville, secondo conte di Middlesex, che lo portò a Londra, sebbene in circostanze poco propizie: «Voi avete sentito di come [Vanneschi] abbia truffato Lord Middle[sex] e [Lord] Raymond nel loro trionfo consolare e, in seguito, nella loro opera a Lucca» (Horace Walpole’s Correspondence, XVII, 1954, p. 216). Il «trionfo consolare» potrebbe essere la masque superbe tenuta a Firenze da Middlesex, Raymond e William, secondo visconte di Barrington, durante la quale, stando alla descrizione fornita da William Bristow il 10 marzo 1737, un console romano era arrivato in trionfo a dorso di cavallo. La «loro opera a Lucca» è probabilmente un riferimento all’Alessandro in Persia, rappresentato per la prima volta a Lucca nel 1738, con libretto di Vanneschi e musica di Pier Domenico Paradies (o Paradisi).
Nel 1741, Vanneschi fece la sua comparsa a Londra, apparentemente allo scopo di dirigere il King’s Theatre, che per gran parte degli anni Quaranta fu sotto il patrocinio di Middlesex (Taylor, 1987). Vanneschi era senz’altro attivo: Horace Walpole afferma di averlo incontrato di ritorno dal suo «viaggio in Italia per raccogliere ballerini e artisti» nel 1741. Incontrandolo a Calais, accompagnato dai cantanti Angelo Amorevoli e Angelo Monticelli, dalla cantante Caterina Visconti, detta la Viscontina, e dalla ballerina Barbara Campanini, detta la Barberina, Walpole esclamò esasperato: «Che buffone!». Il modo di fare di Vanneschi divertì Charles Burney, che lo vide passare «dal ruolo di primo ministro, dopo l’abdicazione di Sua Signoria», a quello di «sovrano dello Stato dell’opera», dando conferma del suo carattere esigente e dispotico (The Memoirs of Dr Burney 1726-1769, 1988, p. 446). Walpole (come anche altri) si riferì a lui come ‘l’abate Vanneschi’ nel 1741: questo titolo, riservato a un uomo che non era affatto un ecclesiastico, riflette quello che si reputava essere il suo stile da prelato (Horace Walpole’s Correspondence, XVII, 1954, pp. 190-191; Deutsch, 1955, pp. 520-521). Horace Mann, scrivendo a Walpole, osservò: «Mi dispiace sentire un tale resoconto dell’opera... ma non mi sarei aspettato nulla di diverso con Vanneschi come direttore» (Horace Walpole’s Correspondence, XVII, 1954, p. 216). Quando l’anno dopo Vanneschi fu (falsamente) dato per morto, Mann ne tracciò un quadro impietoso: «A proposito di gente morta, abbiamo sentito che Vanneschi è tra questi. Bonducci ha sentito che ha avuto successo in Inghilterra, ha fatto delle opere, ha truffato Lord Middle[sex], [e] ha cambiato religione» (ibid., p. 198).
Ma Walpole aveva notato anche un’altra cosa: Vanneschi, con cui Walpole «avrebbe voluto parlare [...] dell’opera […], preferiva la politica» (ibid., pp. 140-141). Possiamo solo fare delle ipotesi sulle idee politiche di Vanneschi, ma potrebbero essere state giacobite, poiché, a quanto pare, egli appoggiò i francesi durante la ribellione del 1745: mentre le ostilità volgevano al termine, il King’s Theatre riaprì e un ballerino francese che era anche una spia, Jean-Baptiste Froment, fu arrestato a novembre durante una prova (London Evening Post, 6-8 novembre 1746). Froment, che aveva cercato rifugio presso il King’s Theatre dopo essere fuggito da Edimburgo in seguito alla battaglia di Culloden, notò in seguito che Vanneschi era l’unica persona che si era comportata con integrità nei suoi confronti. Questi eventi macchiarono ulteriormente la già dubbia reputazione di Vanneschi e quando, alla fine della stagione 1754-55, si sparse la voce di un complotto per far saltare in aria il King’s Theatre alla presenza del re Giorgio II, Vanneschi e suo figlio divennero ovvi bersagli per un arresto immediato (Lockman, 1755). Forse era proprio questa ambiguità politica che Mann aveva in mente quando, nel 1743, fece riferimento al fatto che Vanneschi avesse «cambiato religione».
Sappiamo che Vanneschi «sposò una vile donna inglese», «mantenuta» da Amorevoli (Horace Walpole’s Correspondence, XVIII, 1954, p. 210). Il matrimonio deve aver avuto luogo nel 1742, poiché Vanneschi e la moglie sono menzionati tra i partecipanti a una festa organizzata nel dicembre dello stesso anno da Robert Darcy, quarto conte di Holderness e un patito dell’opera. La lista degli invitati comprendeva non solo Amorevoli e Monticelli, ma anche le cantanti Caterina Visconti, Caterina Galli e ‘l’oboe’ Weedemans, oltre al suggeritore del teatro. I gusti di Darcy lasciavano Walpole perplesso: «come si può amare al contempo la magnificenza e la meschina compagnia?» (ibid., p. 131). Più tardi si ha menzione del fatto che Vanneschi avesse un figlio, nato forse da questo matrimonio (ibid., XXXV, 1973, pp. 228-229). Non si hanno notizie della moglie dopo il 1743, né del figlio dopo il 1755, né di altre circostanze familiari.
In questa prima parte della sua carriera londinese Vanneschi sembra aver avuto un discreto successo. Il suo repertorio consisteva in un susseguirsi costante di opere serie, generalmente nuove, o nuovamente adattate per il pubblico londinese, a cura di direttori musicali e compositori residenti. Ad esempio, le stagioni tra il 1741-42 e il 1747-48 presentavano testi di Pietro Metastasio, Paolo Rolli, Silvio Stampiglia, Vanneschi e Apostolo Zeno, con Rolli e Vanneschi impegnati in adattamenti di testi preesistenti. I direttori musicali erano Baldassare Galuppi (1741-42, 1742-43), Giovanni Lampugnani (1743-44) e Christoph Willibald Gluck (1745-46). Non ce ne furono per la stagione 1744-45, durante la quale la ribellione del 1745 portò alla chiusura dei teatri. Vanneschi sembra aver avuto un discreto successo, ed è chiaro che fu lui a inserire Gluck nel cartellone (Howard, 1995, p. 15).
Middlesex si ritirò dal King’s Theatre verso la fine del 1740 e Vanneschi prese il suo posto come impresario. La sua prima stagione in questa veste, quella del 1746-47, si rivelò creativa e innovativa. Ci furono solo cinque opere, quattro delle quali nuove: il pasticcio Annibale in Capua (attribuito a Domènec Terradellas), il Mitridate di Terradellas, il Fetonte di Paradies e il Bellerofonte di Terradellas. La paternità di ogni libretto è stata attribuita a Vanneschi. I testi del Fetonte e del Bellerofonte mostrano un alto livello di integrazione di tutti gli aspetti del dramma, e i libretti della stagione furono i primi a citare il coreografo, Pierre Aloar, e lo scenografo, Antonio Jolli, responsabile per l’allestimento complessivo, e non solo per quello di una o due scene (Burden, 2011). Nella stagione 1747-48 la compagnia era diretta da Jolli, mentre Vanneschi pare si trovasse in Europa alla ricerca di artisti per la stagione seguente, 1748-49. Nello svolgere questa mansione, istituì un nuovo modello organizzativo, introducendo la compagnia d’opera comica di Giovanni Francesco Crosa, la quale si esibì nelle stagioni 1749-50 e 1750-51, presentando il suo repertorio di burlette, ossia intermezzi comici, che non ebbero un grande successo di pubblico. La compagnia di Crosa fallì alla fine della seconda stagione e i suoi membri furono costretti a tenere un concerto di beneficenza per raccogliere i fondi necessari al loro ritorno in patria. Il fallimento fu causato anche da una grave scorrettezza da parte di Vanneschi, che con un colpo di mano scaricò su Crosa l’intero onere finanziario della stagione, compresi i costi delle ballerine (General Advertiser, 16 maggio 1749). Con il tracollo della compagnia di Crosa crollò anche il King’s Theatre, che chiuse i battenti.
Una delle ragioni di contrasto tra i due uomini riguardava i pagamenti a Vanneschi, che a quanto pare stava cercando di arrogarsi un ulteriore guadagno, richiedendo una royalty del 3% a serata, in aggiunta al pagamento che riceveva come ‘poeta’ per il nuovo libretto. Questo approccio mercenario mette in discussione il ruolo di librettista rivendicato da Vanneschi. La maggior parte dei libretti che gli vengono attribuiti sembrano essere adattamenti di opere altrui: ad esempio, il Fetonte è un testo apparentemente originale, ma si tratta in realtà di un adattamento del Fetonte di Philippe Quinault. Non vi è nulla di insolito in tutto questo: molti librettisti usavano gli stessi procedimenti. Tuttavia, non sembra esserci niente di originale nella produzione di Vanneschi e le sue modifiche erano espedienti, non il risultato di convinte nozioni estetiche, il che rende impossibile accogliere l’opinione di Robert Weaver, secondo cui esse costituiscono un ponte tra «i libretti classici toscani del XVII secolo [...] e i più sentimentali [libretti] leopoldini» (Weaver, 1992, p. 897).
Nel 1753, Vanneschi riuscì a riaprire il King’s Theatre con una nuova lista di abbonati. Le pressioni, sia finanziarie sia organizzative, per l’avvio di una stagione operistica italiana completamente nuova erano grandi e, sebbene i risultati dei suoi sforzi furono reputati mediocri, il fatto che a livello finanziario Vanneschi abbia concluso la stagione la dice lunga sulla sua determinazione. Poco dopo la fine di maggio del 1754 partì quindi alla volta del Continente, per cercare nuovi artisti. Nonostante questi sforzi, la sua seconda compagnia fu ritenuta poco migliore della prima, con l’eccezione del soprano Regina Mingotti, la cui eccellenza faceva risaltare le carenze degli altri. Fu reclutato anche il violinista Felice Giardini, che migliorò la qualità dell’orchestra del King’s Theatre grazie alla sua abilità, ma si dimostrò una personalità difficile. Burney osservò che sebbene Giardini avesse «il miglior intelletto e idee chiarissime sugli affari, il suo carattere rende talmente impossibile che qualsiasi impresa possa prosperare sotto la sua direzione, che gli inizi più favorevoli e propizi volgono sempre in inimicizia e sfortuna» (The Memoirs of Dr Burney 1726-1769, 1988, p. 63). Giardini, la cui tattica era simile a quella di Vanneschi, si alleò con la Mingotti e i due fecero pressioni di ogni tipo sull’impresario. La cantante lo denunciò in due opuscoli, accusandolo di incompetenza, stupidità, mancanza di abilità con i libretti, sovvertimento delle consuetudini dei teatri d’opera e molto altro (Mingotti, 1756a, 1756b). Vanneschi rispose che «lui era il Direttore e Maestro» e che lei avrebbe «cantato ciò che voleva lui e nient’altro». I rapporti tra il librettista e la cantante non migliorarono nella stagione 1755-56: Vanneschi fu estromesso da quest’ultima e da Giardini per la stagione 1756-57, e poi imprigionato per debiti. Ma Mingotti e Giardini non riuscirono a far fruttare il King’s Theatre e Vanneschi ne riprese il controllo per le tre stagioni successive. Dopo il suo rilascio dal carcere, Vanneschi deve aver usato sia l’astuzia sia la tenacia per riconquistare la gestione del teatro. Ciò fa pensare che le somme dovute fossero esigue e che la sua detenzione servisse a garantirne il pagamento, oppure che Vanneschi avesse un mecenate disposto a saldare i suoi debiti.
Le tre stagioni di Vanneschi presentavano un repertorio operistico convenzionale, senza nulla di particolarmente interessante, e si hanno poche notizie riguardo ad esse. Ben diversa è la questione della gestione di Vanneschi, che rimase sempre sospetta. La critica riteneva che il suo operato fosse caratterizzato da irregolarità finanziarie, che Vanneschi garantisse profitti per sé stesso, ma non per gli artisti o i nobili sostenitori (A fair inquiry [1759], pp. 4-5). L’ultima traccia di Vanneschi è la presenza del suo nome nella copia su licenza dell’Antigona: «Sig.r Vanneschi, ye Manager. Londra 1760» (Antigona, 1760). Non si sa se morì poco dopo o se decise di sparire per evitare imbarazzi finanziari; in ogni caso, la sua assenza fece precipitare la Compagnia in un tracollo finanziario, perché già il 29 aprile 1760 la cantante Laura Rosa, avendo subito la perdita del suo stipendio a causa dell’ultimo fallimento del King’s Theatre, dava un’opera di beneficenza per raccogliere fondi (Public Advertiser, 26 aprile 1760), e i nuovi impresari Colomba Mattei e il Signor Trombetta pubblicizzavano gli abbonamenti per la stagione 1760-61.
Libretti d’opera attribuiti a Vanneschi, con i loro compositori: La vanità delusa (G. Chinzer, 1731); La commedia in commedia (G. Chinzer, 1731; R. di Capua, 1738, rimaneggiato come L’ambizione delusa, 1745; G. Latilla, 1747, come Il vecchio amante); L’Enrico (Anonimo, 1731; B. Galuppi, 1743); La serva padrona (L. Predieri, 1732); La moglie accorta (pasticcio, 1735); Pimpinone (G. Chinzer, 1735); Alessandro in Persia (D. Paradies, 1738; pasticcio, 1741); Scipione in Cartagine (B. Galuppi, 1742); Fetonte (D. Paradies, 1747). Di dubbia attribuzione: L’inconstanza delusa (pasticcio, 1745); Artamene (C.W. Gluck, 1746); La caduta de’ giganti (C.W. Gluck, 1746); Bellerofonte (D. Terradellas, 1747).
G. Roccaforte (adattamento), Antigona, 1760, San Marino (California), Huntington Library, Larpent Collection, La MS 176; J. Lockman, A faithful narrative of the late pretended gunpowder plot, London 1755; R. Mingotti, An appeal to the public, London [1756a]; A second appeal to the public, London [1756b]; [Anonimo], A fair inquiry into the state of operas in England, London [1759]; F. Sbigoli, Tommaso Crudeli e i primi frammassoni in Firenza, Milano 1784; Horace Walpole’s Correspondence, a cura di W. Lewis et al., 48 voll., New Haven (Connecticut), 1954-1971; O. Deutsch, Handel, a documentary biography, New York 1955; P. Highfill et al., Biographical Dictionary of actors, actresses, musicians, dancers, managers and other stage personnel in London, 1660-1800, 16 voll., Carbondale (Illinois) 1973-1993; C. Taylor, From losses to lawsuit: Patronage of the Italian Opera in London by Lord Middlesex, 1739-1745, in Music and Letters, LXVIII (1987), 1, pp. 1-25; The Memoirs of Dr Burney 1726-1769, a cura di S. Kilma et al., Lincoln (Nebraska), 1988; R. Weaver, Vanneschi, in The New Grove Dictionary of Opera, a cura di S. Sadie, 4 voll., London 1992, IV, p. 897; R. King-S. Willaert, Giovanni Francesco Crosa and the first Italian comic operas in London, Brussels, and Amsterdam, 1748-50, in Journal of the Royal Musical Association, CXVIII (1993), 2, pp. 246-275; P. Howard, Gluck, an Eighteenth-Century portrait in letters and documents, Oxford 1995; M. Burden, Stage and costume designers working at the Italian Opera in London: The Evidence of the librettos 1710-1801, in Theatre Notebook, LXV (2011), 3, pp. 126-151; Id., Regina Mingotti: Diva and impresario at the King’s Theatre, London, Ashgate 2013.