biocarburante
s. m. – Carburante ottenuto da (v.), cioè da fonti energetiche rinnovabili, a differenza dei carburanti tradizionali che provengono invece da combustibili fossili, e prodotto in una (v.). I principali b. sono ancora il bioetanolo e il biodiesel, detti di prima generazione per esser stati i primi interessati alla produzione su larga scala. Il bioetanolo è alcol etilico ricavato dalla fermentazione di amido di mais oppure di zucchero (principalmente zucchero di canna), mentre il biodiesel si ottiene dagli oli vegetali e dai grassi animali per transesterificazione con metanolo. Il vantaggio dei b. risiede nel fatto che possono essere impiegati direttamente nei trasporti, senza modifiche essenziali della tecnologia dei motori endotermici. Inoltre, rispetto ai carburanti di origine fossile per unità di energia equivalente, i b. comportano benefici nella riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera (maggiori il biodiesel rispetto al bioetanolo da mais) e sono promossi dalle politiche per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Economia e industria. – Il mercato dei b. è ancora di nicchia, e copre su scala mondiale circa il 3% dei consumi del settore dei trasporti su strada, salvo in alcuni Paesi come il Brasile (23% dei carburanti per autotrazione). Poiché i costi industriali di produzione non rendono i b. competitivi rispetto ai corrispondenti derivati di petroliferi di origine fossile, sono stati adottati piani per incentivarne l’uso tramite agevolazioni fiscali: sulla base di questi piani, per es., l’Unione Europea prevedeva di passare al 5,75% nel 2010 e al 10% nel 2020, e gli Stati Uniti al 20% nel 2030. Tali previsioni si stanno però dimostrando ottimistiche: nell’Unione Europea, per es., nel 2010 la penetrazione dei b. non ha superato il 4,7%. Il bioetanolo, che ha caratteristiche affini a quelle della benzina, copre circa il 3% del mercato di quest’ultima, ed è prodotto essenzialmente in Brasile (partendo da zuccheri) e negli Stati Uniti (partendo da amidi di mais). Nell’impiego del bioetanolo, puro o miscelato con la benzina, è critica la conservazione, per la tendenza di questa sostanza ad assorbire acqua, con conseguenti riflessi negativi sulle prestazioni dei motori. Tali problemi non sono presenti nel biodiesel, che è commercializzato soprattutto in Europa. La produzione di biodiesel è perseguita tramite una reazione di conduzione relativamente semplice (transesterificazione degli oli vegetali ottenuti per spremitura di semi oleosi). La reazione presenta il problema della gestione di un suo sottoprodotto, la glicerina, che dev’essere raffinata e purificata prima di poterla destinare ai settori cosmetico e farmaceutico; tuttavia, con l’incremento dei volumi di produzione del biodiesel, questi settori non sono più in grado di assorbirne la quantità generata, tanto che si pensa a una sua utilizzazione quale combustibile povero. Per risolvere questa difficoltà sono stati introdotti processi di idrogenazione degli oli vegetali che non producono glicerina quale sottoprodotto. Oltre all’aspetto dei costi industriali, il problema principale dei b. consiste nella limitata disponibilità di materie prime, che non consente gli aumenti di produzione auspicati, a meno di non intaccare le aree agricole destinate alle produzioni alimentari.
Concorrenza con i prodotti alimentari e prospettive di sviluppo. – L’impiego massiccio dei b. può avere gravi controindicazioni di carattere ambientale e sociale. Oltre all'uso riIevante di fertilizzanti e pesticidi (in quantità maggiori per le coltivazioni di mais rispetto alla soia utilizzata per la produzione di biodiesel), nella produzione di b. un aspetto critico è il consumo di materie prime che costituiscono una parte importante dell’alimentazione umana: i cereali e i grassi. Da alcuni anni il valore dei prodotti agricoli è influenzato più dal mercato dell’energia che da quello dell’alimentazione o mangimistico. Per es., la domanda di mais per cibo e mangimi cresce mediamente dell’1% annuo (proporzionalmente all’aumento della popolazione mondiale), mentre quella per il bioetanolo cresce del 20% annuo. La conseguenza è un’impennata del costo del mais che si riflette anche sui prezzi dei prodotti alimentari. Il rilievo della questione ha fatto emergere a più riprese, e in varie sedi istituzionali internazionali, l'opportunità di una moratoria pluriennale sulla produzione di b., per valutare meglio il loro impatto economico e ambientale e favorire gli investimenti in tecnologie di seconda generazione. Soluzioni in merito si possono trovare pianificando la produzione di b. da materiali di scarto e incentivando la coltivazione di specie a elevata resa che siano in grado di crescere in condizioni ambientali sfavorevoli (climi semiaridi) e che siano resistenti agli agenti patogeni (tra le più promettenti, la Jatropha curcas). Le nuove tendenze prevedono anche il ricorso a oli vegetali (nel caso del biodiesel) o ad amidi (nel caso del bioetanolo) ricavati da alghe marine o lacustri, che presentino alte velocità di crescita e che siano notevolmente ricche nel costituente d’interesse (b. di terza generazione). Solitamente si tratta di microalghe superficiali trasparenti alla luce, che consentono di aumentare la produttività anche di 50 volte rispetto alle materie prime tradizionali. La limitazione attuale all’utilizzo delle microalghe è data dal costo elevato della loro coltivazione. La soluzione ai problemi connessi all’utilizzo di materie prime costose e legate all’alimentazione si intravede soprattutto attraverso la messa a punto di tecnologie in grado di utilizzare la cellulosa. Un contributo rilevante può giungere dall'uso di biomasse con un’origine umile: per es., i rifiuti solidi urbani di natura organica, i residui delle lavorazioni agricole, aberi a rapida crescita come anche l’erba per il foraggio, la paglia, il fieno e le erbe infestanti. Oltre a essere a basso costo, queste biomasse presentano un vantaggioso comportamento ambientale. In prospettiva, il settore dei b. potrà trovare giovamento dalle ricerche in corso nell’ingegneria genetica, dove sono allo studio microrganismi geneticamente modificati per migliorare i processi di fermentazione o biomasse arricchite nel costituente d’interesse.