bioingegneria
La tecnologia al servizio della medicina
Negli ultimi decenni gli scienziati hanno imparato a utilizzare matematica, informatica e altre tecnologie per intervenire sulla macchina più delicata che esista al mondo: l'organismo vivente, da quello dei batteri a quello dell'uomo. La bioingegneria è quindi l'insieme delle discipline nate dall'incontro tra scienze matematiche e scienze della vita e ha diverse applicazioni. Si occupa di progettare e costruire sistemi artificiali che imitino in parte l'organismo umano (anche al solo fine di studiarlo), o che siano in grado di raccogliere dati e di analizzarli, per lo più per scopi medici
Un settore fondamentale di applicazione della bioingegneria è la costruzione di protesi meccaniche dell'organismo umano, per sostituire o aiutare organi che non funzionano più bene a causa di una malattia. I primi esperimenti in questo campo iniziarono negli anni Venti e riguardavano i reni. Soltanto nel 1960 però ci fu il primo successo significativo, quando il rene artificiale messo a punto a Seattle dall'americano Belding Scribner permise a un paziente di rimanere in vita ancora per undici anni. Oggi il rene artificiale è in grado di sostituire le funzioni dell'organo umano e consente a molti pazienti con gravi malattie di mantenere una discreta qualità di vita.
Molto più complesso è il caso del cuore artificiale. Le ricerche, avviate durante gli anni Sessanta dall'olandese Willem Kolff, sono ancora oggi in evoluzione. Nel 1982 un paziente visse per centododici giorni con un cuore artificiale. In un altro caso, nel 1984, un uomo di cinquantadue anni poté sopravvivere per due anni interi. Oggi il cuore artificiale è considerato una soluzione ponte per pazienti in gravi condizioni in attesa di trapianto.
Un aiuto per battere con regolarità. Quando il cuore non deve essere sostituito, ma ha bisogno solo di essere aiutato a battere regolarmente, si utilizza invece il pacemaker, un piccolo dispositivo che invia uno stimolo elettrico al tessuto cardiaco attraverso fili che passano per una vena. I primi pacemaker, costruiti e sperimentati a metà degli anni Cinquanta, erano grandi più o meno come un libro e i pazienti dovevano portarseli dietro come una borsa. Venivano utilizzati da coloro che avevano subito un'operazione cardiaca per accelerare il recupero nei giorni immediatamente successivi. Poi negli anni Sessanta la miniaturizzazione dei componenti permise di costruire pacemaker abbastanza piccoli da essere impiantati nell'organismo del paziente ed essere usati da chi soffre di malattie cardiache croniche.
Oggi sono molti i malati di cuore che vivono meglio grazie a uno di questi dispositivi. Le versioni moderne sono grandi non più di un paio di centimetri e sono in grado di monitorare l'attività cardiaca ed entrare in funzione solo quando è necessario. Sono alimentati da batterie che devono essere sostituite ogni dieci anni circa.
Un aiuto a chi non sente. La bioingegneria ha ottenuto ottimi risultati anche nell'aiutare persone che hanno subito danni gravi all'apparato uditivo. In questo caso si usano gli apparecchi acustici, piccoli amplificatori fissati a un orecchio che fanno arrivare all'interno dell'organo vibrazioni molto più forti di quanto non avvenga normalmente, permettendo anche a chi ha un udito seriamente compromesso di comprendere il linguaggio e di distinguere i principali suoni ambientali.
La TAC. Un altro importante settore di applicazione della bioingegneria è quello della diagnostica. Se fino a non molti anni fa l'unico mezzo per vedere all'interno del corpo umano erano i raggi X, che però permettono di ottenere solo immagini bidimensionali oggi negli ospedali sono a disposizione tecniche d'indagine come la TAC (Tomografia assiale computerizzata) e la risonanza magnetica.
La TAC è in realtà una radiografia tridimensionale, che ha lo scopo di ottenere un'immagine dettagliata di un organo o parte del corpo o anche di tutto il corpo. Il paziente deve sdraiarsi su un lettino che viene fatto scorrere, mentre la fonte dei raggi X ruota attorno all'area da esaminare e raccoglie le immagini da più angolazioni, che successivamente vengono rielaborate da un computer. L'analisi delle immagini consente di distinguere i tessuti sani da quelli patologici. In alcuni casi è richiesta la somministrazione di mezzi di contrasto, cioè sostanze chimiche in grado di attivare particolari reazioni ed evidenziare le caratteristiche dei tessuti da studiare. Il paziente è sottoposto però all'assorbimento di una quantità di radiazioni superiore a quella della radiografia tradizionale. La TAC viene utilizzata soprattutto per la diagnosi dei tumori, ma anche per altre patologie, come quelle del sistema nervoso, degli organi addominali, dell'apparato muscoloscheletrico.
La risonanza magnetica. Da alcuni anni è diventata importantissima la risonanza magnetica, che prevede l'applicazione di un forte campo magnetico al corpo del paziente. Il campo magnetico 'mette in movimento' le molecole d'acqua di cui, per buona parte, qualunque nostro organo è costituito; applicando poi un segnale radio è possibile osservare questo movimento e ottenere immagini dell'organo più precise di quelle create dalle radiografie. Inoltre, questo sistema non è pericoloso per l'organismo, mentre ‒ come già detto ‒ i raggi X possono causare danni e vanno pertanto utilizzati con molta cautela.
La risonanza magnetica è molto usata per la diagnosi di disturbi della colonna vertebrale, del fegato, delle articolazioni e dei disturbi cerebrali. Non solo, ma è sempre più utilizzata per studiare il funzionamento del cervello, anche nelle persone sane, perché permette di osservare come si attivano le varie parti del cervello (evidenziando l'afflusso di sangue nelle diverse regioni) durante l'esecuzione di diversi compiti.
Uno dei campi di studio fondamentali per la bioingegneria è naturalmente la ricerca di materiali biocompatibili, cioè materiali di sintesi (ossia ottenuti in laboratorio) che siano però tollerati dall'organismo umano senza scatenare reazioni immunitarie di rigetto. Fino a non molti anni fa si trattava semplicemente di materiali 'inerti', privi di interazioni con il tessuto biologico, come il titanio o altri metalli usati per le protesi anatomiche. Oggi l'obiettivo dei bioingegneri è quello di fare in modo che il biomateriale subisca un vero e proprio processo di integrazione con il resto del corpo, che sia invaso dai suoi tessuti fino a ospitarne e stimolarne la crescita. Applicazioni di questo tipo, per esempio, hanno portato alla realizzazione di pelle 'ingegnerizzata' per ustionati gravi e sono utilizzate nella chirurgia vascolare per la ricostruzione di tratti aortici.
Le nanotecnologie hanno aperto un'era completamente nuova in questo senso, perché la manipolazione a livello atomico degli atomi di carbonio permette di costruire, per esempio, minuscoli dispositivi che possono essere messi in circolo nel corpo umano per poi rilasciare molecole di farmaco esattamente nel punto desiderato, oppure minuscoli sensori dotati di un sistema di trasmissione che possono tenere sotto controllo la funzionalità di un organo e inviare a un centro di monitoraggio i dati di un paziente a rischio, per prevenire emergenze.
La frontiera più avanzata della bioingegneria è la costruzione di arti che possano sostituire quelli persi a causa di un'amputazione. Il problema notevole è quello di fare in modo che questi arti possano rispondere agli stimoli provenienti dal cervello attraverso i nervi. Per questo sono in corso di sperimentazione in diversi centri di ricerca particolari microchip in grado di 'dialogare' con i neuroni, interpretando i segnali elettrici che li attraversano, amplificandoli e controllando, attraverso essi, per fare un esempio tipico, i movimenti delle cinque dita di una mano artificiale.
Un problema simile, la cui soluzione è ancora più futuribile, è la creazione di chip in grado di scambiare messaggi elettrici direttamente con i neuroni del sistema nervoso centrale, che in un lontano futuro potrebbero aiutare la diagnosi e la terapia di malattie cerebrali.