BIOLOGIA (VII, p. 49; App. II, 1, p. 409)
Lo sviluppo più importante delle scienze biologiche negli ultimi decenni è stato indubbiamente quello che ha consentito di spingere l'indagine dei fenomeni vitali nell'ultra-microscopico, fino a raggiungere il livello molecolare, cioè la radice ove i processi caratteristici degli organismi viventi s'innestano su quelli chimico-fisici. Ciò è avvenuto per tre vie diverse, che poi si sono riunite in una feconda sintesi: l'indagine morfologica, biochimica e genetica.
L'indagine morfologica, con l'invenzione del microscopio elettronico, avvenuta intorno al 1940, ha ripreso in esame la struttura della cellula e dei suoi elementi costitutivi spingendosi oltre i limiti di risoluzione del microscopio ottico (circa 0,2 μ) fino a raggiungere le dimensioni delle macromolecole dell'ordine di grandezza di 100 Å e oltre (il potere di risoluzione del microscopio elettronico può arrivare a 4-5 Å). Negli anni successivi all'introduzione di questo strumento nell'indagine biologica si è svolto un intenso e fruttuoso lavoro di descrizione delle "ultrastrutture". Tutta la citologia classica è stata riscritta - e l'opera è tuttora in corso - in termini di strutture ultramicroscopiche, e sono stati inoltre scoperti minuti organuli di cui la citologia tradizionale ignorava l'esistenza, quali il reticolo endoplasmatico, i ribosomi, le microfibre e i microtubuli cellulari (v. citologia; ultrastruttura, in questa App.). Tuttavia questa indagine risente di una grave limitazione, perché - come la maggior parte dei dati della citologia tradizionale - è di carattere puramente descrittivo; e dalla morfologia è sempre difficile, talvolta impossibile, risalire all'interpretazione funzionale. La biochimica nei primi decenni del secolo aveva riconosciuto la composizione chimica della maggior parte delle sostanze che costituiscono il protoplasma, e aveva studiato i principali cicli delle sostanze organiche e individuato le vie seguite da molti processi del metabolismo; ma inizialmente non era stata in grado di stabilire la localizzazione dei processi biochimici fondamentali nell'ambito della cellula. Per mezzo di vari metodi molto elaborati (separazione dei diversi costituenti cellulari - nuclei, citoplasma membrane, ribosomi, mitocondri, ecc. - mediante la centrifugazione frazionata; marcatura di determinate sostanze con isotopi radiattivi e loro localizzazione con la auto-istoradiografia) si riuscì a determinare in alcuni di essi la presenza di particolari enzimi, e in alcuni casi a fare funzionare gli organelli cellulari in vitro. In tal modo si poté riconoscere la funzione che essi svolgono nella cellula integra.
Ma i dati più importanti che determinarono la nascita della b. molecolare ebbero origine dalla genetica. Nel decennio 1930-40, dopo la scoperta dell'induzione di mutazioni con il bombardamento delle cellule germinali di animali e di piante con i raggi X e altre radiazioni ionizzanti, ebbe inizio l'indagine sulla dimensione e sulla struttura del gene. Questo era allora concepito come una molecola proteica, o un edificio atomico più complesso, ma della stessa natura chimica. Ebbe inizio in quel tempo la collaborazione dei fisici con i biologi, che condusse poi all'istituzione di una nuova disciplina: la biofisica (v. in questa App.).
Nel corso del decennio 1940-50 avvennero due fatti molto importanti, che contribuirono a orientare per altra via le ricerche. Furono introdotti nella sperimentazione genetica i microrganismi: inizialmente la muffa Neurospora crassa da G. W. Beadle e E. L. Tatum; in seguito il batterio Escherichia coli e poi i virus e in particolare i batteriofagi, o fagi. In tali oggetti fu possibile riconoscere l'azione primaria dei geni, mentre negli organismi pluricellulari l'azione di un gene si manifesta soltanto dopo molte generazioni cellulari, come il risultato finale di una serie più o meno lunga di reazioni biochimiche. Il risultato principale degli esperimenti di Beadle e Tatum fu condensato nel motto: "un gene - un enzima"; fu cioè riconosciuta come azione primaria del gene la costruzione di un determinato enzima, cioè di una determinata specie di molecole proteiche. La seconda scoperta fondamentale fu quella di O. T. Avery, C. M. Mc Leod e M. MacCarty (1944) i quali dimostrarono che la "trasformazione" dalla forma R non virulenta alla forma S virulenta del batterio della polmonite (Diplococcus pneumoniae), che era già stata ottenuta sperimentalmente da F. Griffith (1929), è dovuta alla penetrazione nei batteri R di acido desossiribonucleico (DNA) proveniente dai batteri S. Il latore dell'informazione genetica, cioè il gene, non è quindi una proteina bensì uno dei due acidi nucleici che erano stati già identificati dai biochimici: e precisamente il DNA che si sapeva essere costituente immancabile dei cromosomi. L'importanza della scoperta di Avery e collaboratori non fu immediatamente colta da tutti i biologi. Ma nel 1952 A. D. Hershey e M. Chase dimostrarono, con un elegante esperimento, usando fosforo radioattivo come marcatore del DNA e solfo radioattivo come marcatore delle proteine, che l'informazione genetica di un virus (il batteriofago T4, parassita di Escherichia coli) è contenuta per intero ed esclusivamente nella molecola di DNA, che costituisce il cosiddetto "cromosoma virale". Nel 1953 fu pubblicato il breve lavoro di J. D. Watson e F. H. C. Crick, in cui era proposto il modello di struttura della molecola di DNA, la doppia elica, modello che fu tosto riconosciuto valido e divenne famoso. Esso è in grado di dar ragione dei fenomeni fondamentali della genetica: riproduzione, mutazione, trasmissione dell'informazione agli organi effettori della cellula. Di qui la scoperta del codice genetico e la sua decifrazione, la scoperta del modo in cui vengono sintetizzate le proteine, cioè dei componenti organici più importanti degli organismi viventi, nonché alcuni dei più significativi sviluppi della biologia molecolare e della genetica: la base molecolare del processo di mutazione; il modo con cui i geni, tramite l'altro tipo di acido nucleico il ribosonucleico o ribonucleico (RNA), trasmettono l'informazione di cui sono depositari agli organi effettori della cellula, i ribosomi; il modo con cui l'azione di vari geni è coordinata e, infine, l'analisi della struttura del gene a livello molecolare (v. acmi nucleici; biologia molecolare; genetica, in questa App.).
I risultati di queste ricerche hanno suscitato vivo interesse non soltanto nei circoli scientifici, ma in un più vasto pubblico. La possibilità dimostrata da A. Kornberg e M. Goulian (1967), di ottenere in vitro la riproduzione del "cromosoma" del fago Φ X 174 e d'immettere i cromosomi così riprodotti entro i batteri E. coli, dove essi danno luogo, come i cromosomi che si riproducono normalmente entro la cellula batterica, alla formazione di particelle di fago che provocano la lisi del batterio, ha eccitato vivamente l'attenzione, come il primo caso di riproduzione ottenuta in vitro, al di fuori di una cellula integra. Nel 1970 H. G. Khorana e collaboratori riuscirono a sintetizzare in vitro un gene del lievito, e nel 1976 a introdurre il gene sintetico in una cellula batterica e a farlo funzionare. Questi esperimenti, e altri della cosiddetta "ingegneria genetica" (cioè la possibilità d'introdurre in un determinato organismo geni di provenienza estranea) hanno destato notevoli preoccupazioni. Queste manipolazioni, per ora, riescono a livello dei batteri o di cellule in coltura, e possono avere grande interesse teorico e pratico; ma non è prevedibile, per il momento, che possano dar luogo alle temute manomissioni del patrimonio genetico di organismi superiori e in particolare dell'uomo (v. genetica, in questa App.).
La b. molecolare ha avuto notevole rilevanza anche relativamente al problema dell'origine della vita, antico problema non ancora risolto, che si ripresenta nella b. moderna in forma molto più concreta che non in passato, e con varie possibilità d'indagine sperimentale. Queste sono state indicate in via teorica dalle considerazioni di A. I. Oparin (1924) e di J. B. S. Haldane (1929), e poi di H. C. Urey (1952). Nel laboratorio di questo chimico, a Chicago, fu realizzato l'esperimento di L. S. Miller (1953). Sottoponendo una miscela di metano, ammoniaca, idrogeno e vapor d'acqua (quindi un'atmosfera riducente) a un'erogazione di energia esterna (una scarica elettrica mantenuta in azione per diversi giorni) Miller ottenne la formazione di diverse molecole organiche, fra cui alcuni aminoacidi, cioè le molecole costitutive delle proteine. L'avere ottenuto per sintesi abiologica i precursori delle molecole più tipiche della sostanza vivente è un risultato estremamente importante, che è stato confermato da successive ricerche, e che ha dato origine a una serie d'indagini sperimentali tuttora in corso, le quali, si spera, potranno avviare alla soluzione l'annoso problema. Altre vie d'indagine in questo campo sono quelle geologiche, che hanno dimostrato l'esistenza di organismi assai semplici, come batteri o cianoficee, in rocce di epoca molto remota, databili a 2-3 miliardi di anni da oggi. Questi reperti superano quindi di gran lunga l'età del Cambriano (0,5 miliardi di anni da oggi). Fino a pochi decenni or sono la presenza di fossili pre-cambriani era molto incerta.
Fra le ipotesi che erano state proposte in passato per spiegare l'origine della vita sulla terra v'era quella della provenienza extraterrestre. Il problema dell'esistenza di forme di vita su altri pianeti costituisce l'oggetto di un ramo della b. a cui è stato dato il nome di "esobiologia" (v. in questa Appendice).
L'indagine biologica al livello molecolare, oltre ad avere aperto nuove visuali alla genetica, alla fisiologia cellulare e al problema dell'origine della vita, ha riproposto all'indagine sperimentale un argomento di fondamentale importanza, e che rappresenta oggi un campo di ricerca molto coltivato: il problema del differenziamento durante lo sviluppo embrionale. Il fatto che tutte le cellule di cui è costituito un organismo pluricellulare posseggano un corredo genico completo, fatto già dimostrato all'inizio di questo secolo da alcuni embriologi sperimentali (H. Driesch, H. Spemann), è stato confermato recentemente mediante il trapianto di nuclei di cellule provenienti da tessuti altamente differenziati di embrioni o larve di anfibi. Immessi in ovociti previamente privati del proprio nucleo, tali nuclei hanno riacquistato le caratteristiche del nucleo derivante dalla fecondazione e hanno dato origine al regolare sviluppo dell'uovo, fino alla formazione di embrioni e larve normali, complete di tutti gli organi (R. Briggs e T. J. King, 1952-1957; M. Fischberg, 1952; I. B. Gurdon 1962 e segg.). Pertanto, durante lo sviluppo embrionale devono entrare in azione dei processi che stimolano l'attività di alcuni geni e inibiscono quella di altri, dando luogo così al differenziamento delle cellule in diverse direzioni. Lo studio dei fenomeni di regolazione dell'attività dei geni, che può instaurarsi su base molecolare (così il famoso modello dell'operone di F. Jacob e F. Monod, valido per i batteri), ha già recato qualche luce sul difficile e ancora non risolto problema del differenziamento, intorno al quale si sono affaticati, con limitato successo, gli embriologi nei primi decenni del secolo (v. embriologia, in questa App.).
Un'altra disciplina che si è molto avvantaggiata dell'impostazione biochimica e molecolare è la neurofisiologia. È noto dalle ricerche classiche che la trasmissione del messaggio nervoso è un processo chimico; gli sviluppi più recenti hanno riconosciuto l'importanza dell'organizzazione macromolecolare e in particolare di quella delle membrane delle cellule, dell'assone, delle sinapsi, dove avvengono rapidi processi di cambiamento di polarità elettrica dovuti a modificazioni della permeabilità della membrana a diversi ioni (v. nervoso, sistema: Fisiologia generale del neurone, in questa App.). Anche i fenomeni della neurosecrezione, le basi chimiche della percezione sensoriale, e perfino alcune delle attività più elevate del sistema nervoso, sono oggi interpretate su base molecolare. Secondo l'ipotesi di Hydèn, la memoria risiederebbe in una proprietà dello RNA, che si trova in abbondanza nel citoplasma di molti tipi di cellule nervose: la proprietà di costruire alcune basi con altri nucleotidi in seguito a impulsi ricevuti dall'esterno, e di registrare in tal modo certi eventi, il cui ricordo viene poi stimolato quando una sequenza di impulsi analoghi a quella che ha determinato l'iscrizione in memoria, suscita nuovamente l'attività dello RNA, che produce la proteina tipica di quella modificazione (v. memoria, in questa App.).
Un altro indirizzo di ricerca che si è sviluppato con molto successo, e ha tratto profitto dalla genetica da un lato, e dalla b. molecolare dall'altro, è l'immunologia. Le ricerche in questo campo sono state stimolate anche dagli sviluppi della tecnica chirurgica dei trapianti di organi, e dalla necessità di riconoscere, e possibilmente annullare le cause del rigetto dei tessuti trapiantati da parte dell'organismo che li riceve, e di chiarire quindi, dal punto di vista immunitario, i fenomeni di istoincompatibilità e di istocompatibilità (v. immunità; trapianto, in questa App.).
Fra gli argomenti specifici che negli anni recenti sono stati oggetto d'indagini particolarmente fruttuose, sempre su base biochimica si possono ricordare inoltre, a titolo di esempio, la fotosintesi e la respirazione.
La ricerca genetica ha proseguito anche lungo le direttive classiche, soprattutto nell'ambito della genetica umana e della genetica di popolazioni. Sono state recate ulteriori conferme alla cosiddetta "teoria sintetica dell'evoluzione", che si è venuta sviluppando e ampliando dal decennio 1930-40 in poi. In sostanza la concezione darwiniana della selezione naturale come principale agente direttivo dell'evoluzione è stata confermata, e i modelli teorici elaborati dai matematici sono stati sottoposti al controllo dell'esperimento e dell'osservazione in natura. Un lavoro di M. Kimura (1968) seguito da altri di diversi autori ha suscitato una polemica, che è tuttora aperta, circa l'esistenza e l'importanza per l'evoluzione di "geni neutrali", cioè di geni che controllano caratteri che non hanno alcun valore selettivo, cioè non conferiscono vantaggio o svantaggio agl'individui che ne sono provvisti. I dati sui quali è basata l'ipotesi di Kimura sono anch'essi desunti da considerazioni di b. molecolare. Molti sono nel campo evoluzionistico i problemi ancora in studio, ma non v'ha dubbio che l'impostazione data dalla genetica alla più importante teoria biologica sia valida e prometta ulteriori notevoli conquiste (v. genetica, in questa App.).
Inoltre l'interpretazione evoluzionistica, che accentua il carattere di disciplina storica della b., è responsabile di un rifiorire della sistematica, o tassonomia, cioè dell'indagine che ha come oggetto la determinazione delle specie di animali, di vegetali e di microrganismi e la loro classificazione. Da scienza aridamente descrittiva e classificatoria, la sistematica, grazie agli sviluppi della genetica evoluzionistica, ha potuto porre sul terreno dell'indagine sperimentale il problema principale dell'evoluzione, l'origine della specie. Così vivificata da questa possibilità d'indagine a livello, come suol dirsi, microevolutivo, la tassonomia ha registrato, in molti campi, sviluppi assai fecondi.
Altri due rami delle scienze biologiche, che traggono origine anch'essi dalla concezione evoluzionistica (come dimostra il fatto che lo stesso Darwin ha loro dedicato particolare attenzione) sono attualmente in fase di vivace attività: l'ecologia e l'etologia. Diversamente dalla genetica formale e dalla b. molecolare, che sono discipline eminentemente analitiche, l'ecologia e l'etologia hanno di mira piuttosto l'integrazione e la sintesi.
L'ecologia studia le relazioni degli organismi con l'ambiente, il quale è costituito dagli altri individui della stessa specie, o di specie diverse (fattori biotici), nonché dai fattori fisici, chimici, metereologici, astronomici (fattori abiotici). La teoria dell'evoluzione ha soppiantato l'antica concezione statica delle comunità biologiche, e ha richiamato l'attenzione sul loro carattere dinamico e sul fatto che l'equilibrio che in esse si riscontra in un dato momento non è una condizione invariabile e permanente, bensì la risultante delle forze rappresentate dal potenziale di espansione dei vari organismi, e del controllo che su di esso esercitano i fattori ambientali biotici e abiotici. L'ecologia, così denominata da E. Haeckel nel 1866, è venuta acquistando importanza nell'ambito delle scienze biologiche e ha assunto dignità di disciplina autonoma, sia per motivi teorici, in quanto complemento indispensabile alla genetica evoluzionistica, sia per motivi pratici. Si è sviluppata infatti anche in rapporto con le scienze agrarie e con la necessità di conoscere le condizioni ambientali più opportune per ottenere il miglior rendimento dalle piante coltivate. Recentemente il nome di questa disciplina, prima confinato negli ambienti scientifici, è divenuto popolare ed è stato propalato e propagandato, spesso con insufficiente o falsa conoscenza di causa. Questo evento è dovuto allo stato di allarme che si è destato in seguito alle alterazioni sempre più gravi che il progresso tecnologico, l'aumento della popolazione umana, e le esigenze di miglioramento delle condizioni di vita hanno determinato nell'ambiente naturale. Si è diffusa la coscienza che le risorse della biosfera non sono illimitate, che le alterazioni indotte nell'ambiente sono gravi e spesso irreversibili, e possono in definitiva determinare condizioni svantaggiose o addirittura proibitive per la comunità umana. Quindi i problemi ecologici, e in particolare quelli relativi alla conservazione della natura e delle sue risorse, sono oggi vivamente dibattuti e studiati, sul piano sia nazionale sia internazionale (v. ecologia; natura, conservazione della, in questa App.).
Fra gli argomenti d'interesse prevalentemente teorico, sempre nell'ambito dell'ecologia, che sono attualmente in fase di particolare sviluppo, si possono ricordare il "fotoperiodismo" (v. in questa Appendice), le comunicazioni fra gli organismi, per le vie chimiche oltreché visive e acustiche (v. comunicazioni tra gli animali, in questa App.) e la struttura e l'evoluzione delle società animali. Questi capitoli delle scienze biologiche sconfinano nell'etologia, cioè nello studio del comportamento e delle attività psichiche degli animali. Anche qui Darwin era stato un precursore con il libro sull'Espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali, ma per lunghi anni i biologi avevano manifestato scarso interesse per questi problemi. Anche i lavori molto significativi di K. v. Frisch sulle api e di K. Lorenz sugli uccelli hanno avuto inizialmente poco seguito. Ma oggi le ricerche di psicologia comparata, le indagini sulle reazioni istintive e sulle capacità di apprendimento degli animali, nonché gli studi sulla struttura sociale a vari livelli di organizzazione sono attivamente coltivati in numerosi laboratori. L'interesse di queste ricerche è dato anche dal fatto che nel comportamento di molti animali, e in particolare delle scimmie, cioè delle specie più vicine all'uomo, si trovano elementi che possono considerarsi come i primi gradini evolutivi di caratteristiche proprie dell'uomo. La scoperta di resti fossili e di manufatti molto primitivi, hanno fatto progredire di molto le nostre conoscenze circa l'origine e l'evoluzione della specie umana, sia dal punto di vista fisico, sia per quanto riguarda l'evoluzione culturale. L'ipotesi di Darwin dell'origine africana dell'uomo ha trovato, dopo la scoperta dell'Australopithecus, ulteriori conferme (per il problema dell'origine dell'uomo, v. paleoantropologia, in questa App.). Molto più difficile invece è l'indagine sull'origine e l'evoluzione delle capacità intellettive: della favella, della formulazione di concetti astratti, del pensiero. Anche in questo campo vi sono state scoperte molto importanti come quelle relative all'azione di sostanze chimiche sull'attività psichica (psico-farmaci) e quelle di R.W. Sperry sulla differente attività dei due emisferi del cervello umano e sulla "dominanza" del sinistro sul destro, che fanno intravedere la possibilità di ulteriori progressi nella conoscenza dei meccanismi che stanno alla base del funzionamento del cervello. Sempre nell'ambito del comportamento, ma con ampia applicazione più generale ai fenomeni della regolazione e dell'omeostasi in fisiologia, si deve ricordare lo sviluppo della cibernetica in quanto applicabile ai processi biologici. Per chiudere questo panorama delle principali linee d'indagine verso cui è orientata la b. contemporanea, si deve accennare anche al fatto che la ricerca e la descrizione di nuove forme di organismi non si è rivolta soltanto ai microrganismi, protozoi, piante unicellulari, batteri e virus (anche in considerazione dell'interferenza positiva o negativa che essi hanno sulle attività umane) ma anche all'esplorazione di ambienti finora sconosciuti, come le grandi profondità dei mari, in cui sono stati scoperti nuovi gruppi sistematici di animali (v. abissale, fauna, in questa App.; pogonofori, App. III, 11, p. 439).
Le conquiste della b. molecolare, nonché gli sviluppi degli altri rami delle scienze biologiche, a cui abbiamo fatto cenno, hanno rimesso in campo, con nuovi argomenti, gli antichi non sopiti contrasti fra le interpretazioni vitalistiche e meccanicistiche dei fenomeni vitali. Le prime sono rappresentate nella b. moderna soprattutto dalle concezioni cosiddette organicistiche che ammettono l'esistenza di fenomeni che si possono interpretare soltanto tenendo conto della complessità e integrità degli organismi; le seconde dall'atteggiamento riduzionistico, tendente a ridurre tutti i fenomeni della vita al minimo comun denominatore dei fenomeni fisici. All'analisi di questi problemi sono stati dedicati parecchi libri fra cui si ricordano, per l'interesse che hanno destato nel pubblico, quelli di J. Monod e di F. Jacob. Due conclusioni che si possono trarre dalla considerazione dei risultati dell'indagine biologica contemporanea sono particolarmente rilevanti: 1) l'impostazione meccanicistica, fisicalista della ricerca è la più valida e fruttuosa, come dimostrano fra l'altro gli sviluppi della b. molecolare, che hanno consentito di dare un'interpretazione in termini fisico-chimici ai fenomeni più tipici della vita: riproduzione, eredità, variazione; 2) la b. moderna, grazie soprattutto alla scoperta della selezione naturale, ha potuto bandire dalle proprie interpretazioni quella teleologica, cioè delle cause finali, o del progetto prestabilito. Anche l'intervento di "forze vitali" metafisiche, come l'entelecheia riesumata da H. Driesch alla fine del secolo scorso, non è più accolta da alcun biologo moderno. La competizione si polarizza oggi sui termini riduzionismo e organicismo. I riduzionisti ritengono possibile ridurre l'interpretazione di tutti i fenomeni vitali alle leggi delle scienze fisiche. Gli organicisti invece, riconoscendo che negli organismi si svolgono processi che non sono deducibili dalle leggi della fisica, ma che tuttavia non contraddicono tali leggi, dichiarano in tal modo l'autonomia della b. rispetto alla fisica e alla chimica.
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