biomassa
– Materia prima organica utilizzabile secondo il metodo che contempla lo sfruttamento della radiazione solare per la sintesi di composti chimici con elevato contenuto di energia libera e pertanto adeguati per la produzione di combustibili. È il procedimento adottato dalla natura nella fotosintesi, nella quale interviene l’interazione della luce con biomolecole massive di struttura proteica. Il cuore del fotosistema è la molecola della clorofilla α, che assorbe le radiazioni rosse e blu riflettendo quelle verdi, le quali conferiscono così il tipico colore agli organismi vegetali. In seguito all’assorbimento della luce, la clorofilla passa in uno stato energetico eccitato che la rende in grado di trasferire un elettrone in un’altra parte del complesso molecolare, fornendo così l’energia richiesta per l’insieme delle reazioni chimiche implicate nella sintesi dei carboidrati, che sono i principali costituenti degli organismi vegetali. Nel complesso, le b. di origine vegetale sono costituite da prodotti di base abbastanza omogenei per composizione. Mediamente, il componente più abbondante (75%) è costituito dai polisaccaridi (zuccheri, amido, cellulosa, emicellulosa), vengono poi la lignina (20%) e infine (5%) grassi, proteine e altri componenti minori (vitamine, essenze aromatiche, coloranti, sapidanti e terpeni). La b. industriale, come il petrolio, ha tuttavia una composizione complessa, variabile a seconda della fonte: alberi, arbusti, granaglie, paglia, fieno, stoppie, sterpaglie, erba ecc.
Biomasse ed energia. – Nella prospettiva energetica, la b. si può intendere come prodotto della coltivazione di piante che trovano poi impiego quali combustibili. Da questo punto di vista, i combustibili fossili non sono altro che energia solare immagazzinata. Sfortunatamente il ciclo di produzione delle b. non è molto efficiente, essendo caratterizzato da un rendimento globale pari a circa lo 0,3%, poiché tutti i processi naturali coinvolti sono molto lenti: mediamente un raccolto l’anno, e 10-15 anni per far crescere una foresta di conifere. Pertanto, per produrre 13 TW sarebbe necessario impiegare 26 Tm2, corrispondenti a circa il 20% del totale delle terre emerse. Per contestualizzare questo dato, lo si può confrontare con l’energia complessiva necessaria al sostentamento della totalità delle forme di vita sulla Terra, corrispondente a circa 90 TW. In termini di produzione di calore (l’uso principale delle b.), l’intensità energetica è dunque pari a circa 0,6 W/m2 di coltivazione dedicata. Relativamente alla produzione di energia elettrica, tenendo conto che possono essere realizzati cicli termodinamici ad alta temperatura con rendimenti del 40-45%, l’intensità energetica si riduce a 0,24÷0,27 W/m2. Tecnologie, destinazione d’uso e diffusione. Le b. contribuiscono al bilancio energetico mondiale per circa il 10% (approssimativamente 1,5 TW). Il loro impiego è fortemente disomogeneo: esse costituiscono il 40% dell’approvvigionamento primario in Africa e il 3-4% nei paesi industrializzati; in questi ultimi trovano impiego nel settore industriale, sia per la generazione elettrica (alla quale si dedicano sostanzialmente gli scarti delle lavorazioni lignee e i sottoprodotti agricoli) sia per quella di biocarburanti (v.), mentre nel resto del mondo sono destinate generalmente alle esigenze del settore domestico. Tradizionalmente, per la generazione elettrica le b. costituiscono la carica con cui si alimenta la caldaia di un ciclo a vapore, solitamente di tipo Rankine. Dato che la potenza della centrale è limitata dal bacino di raccolta della b., questi impianti sono generalmente di piccole dimensioni (dell’ordine di 1÷3 MW). Alternativamente, le b. costituiscono la carica di supporto che affianca i combustibili fossili tradizionali. Occorre precisare che i fumi prodotti dalla combustione delle b. sono più inquinanti di quelli prodotti dai combustibili fossili ordinari e, pertanto, prima di poter essere rilasciati nell’atmosfera, richiedono impianti di trattamento più complessi che incidono sui costi finali. Per questo motivo sono allo studio impianti di gassificazione, il cui scopo è quello di convertire la b. in gas di sintesi (una miscela di idrogeno e ossido di carbonio), dal quale poi ricavare l’idrogeno purificato per alimentare, per es., pile a combustibile. I costi di questo processo (circa 100-150 dollari/MWh), ovviamente più complesso, non sono però oggi competitivi con quelli della semplice combustione, che si aggirano sui 50 dollari/MWh. Un’alternativa alla gassificazione è costituita dalla pirolisi, un processo anaerobico ad alta temperatura che permette di convertire la b. in un liquido idrocarburico, caratterizzato da una densità energetica circa 7 volte quella della b. di partenza. Il grezzo di pirolisi deve, tuttavia, essere sottoposto a processi di raffinazione prima di essere impiegato. Più innovativa risulta la produzione di biocarburanti a partire da fonti vegetali, quali il bioetanolo e il biodiesel, ottenuti, rispettivamente, tramite la fermentazione alcolica degli zuccheri e la transesterificazione di oli vegetali. Per alimentare questi processi sono sfruttate b. espressamente coltivate a tale scopo, ma ne sono allo studio altri che impieghino direttamente sostanze ligno-cellulosiche o che ricorrano alla coltivazione di alghe, così da non interferire con i mercati alimentari. Inoltre, per il miglioramento delle caratteristiche funzionali energetiche delle b., anche attraverso le tecniche dell’ingegneria genetica, sono attivamente in corso studi volti a ricreare un approccio fotosintetico artificiale (v. biocombustibili). Le biomasse nell’Unione europea. L’UE promuove l’utilizzazione delle b., intese come frazione biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani (dir. 2009/28/CE). In Italia le b. (b. solide, rifiuti solidi urbani biodegradabili, biogas e bioliquidi), sostenute economicamente attraverso differenti incentivi agli impianti di produzione di energia che se ne alimentano (tariffa onnicomprensiva, certificati verdi, CIP 6 e ritiro dedicato), contribuiscono alla potenza elettrica nazionale con 3,02 GW (2011), incidendo sulla produzione di energia elettrica, totale e da fonti rinnovabili, rispettivamente per il 2,6% e l’11,1%. In Europa, il rapporto percentuale medio energia elettrica da b./energia elettrica da fonti totali è 3,6%. Secondo la stessa metrica, tra i paesi che maggiormente si avvalgono di questa fonte si annoverano: Finlandia (12,1%), Danimarca (8,9%), Svezia (8,3%), Austria (7,7%), Germania (5,7%), Paesi Bassi (5,4%).