Biomeccanica
La biomeccanica è quella parte della biofisica che studia la struttura e la funzione dei sistemi biologici mediante i metodi della meccanica. Essa contribuisce alla ricerca sulla morfologia e la fisiologia degli apparati scheletrico e circolatorio del corpo umano, applicando a questi i risultati della meccanica, rispettivamente, dei solidi e dei fluidi. Grazie anche agli sviluppi tecnologici in settori come quelli dei biomateriali o dell'elaborazione delle immagini, la biomeccanica trova applicazioni nello studio dell'attività sportiva e in medicina, per es. nella riabilitazione motoria o nello sviluppo di protesi d'arto, di valvole cardiache e di macchine per la respirazione assistita.
La considerazione della struttura e del funzionamento del corpo umano e animale, con riferimento ai risultati e alle leggi della meccanica, è già presente in diversi autori del Rinascimento, come, per es., Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, che svolse alcune riflessioni sulla struttura dello scheletro, W. Harvey, cui si deve la scoperta della circolazione del sangue e A. Borelli, con i suoi studi sul moto degli animali. Tali ricerche, che aspiravano a ottenere precisi risultati quantitativi suscettibili di applicazione, hanno comportato spesso un'esplicita analogia fra il corpo umano e una macchina, da cui l'espressione 'macchina corporea', alla quale soggiace una concezione meccanicistica. Nel Novecento la biomeccanica si è consolidata a pieno titolo come un settore specializzato di ricerca nell'ambito più vasto della biofisica; inoltre il perfezionamento delle tecnologie di misurazione sperimentale ha contribuito al progresso delle conoscenze e allo sviluppo delle applicazioni. Uno dei problemi classici della biomeccanica, per es., è quello della locomozione umana. Per giungere a una corretta valutazione e analisi del movimento, sulla base della descrizione della statica del corpo, ossia delle condizioni di equilibrio della macchina corporea, era necessario riuscire a 'fissare' le immagini in movimento. Prima dell'invenzione della fotografia, lo studio del moto era effettuato mediante disegni eseguiti a memoria; questa metodologia, però, era inevitabilmente viziata da errori soggettivi. Alla fine del 19° secolo, la fissazione su lastre fotografiche di immagini assolutamente identiche alla realtà rese possibile iniziare l'analisi quantitativa del movimento: attraverso fotografie scattate in successione da numerose macchine fotografiche poste lungo il tratto percorso dal corpo in movimento, il fotografo inglese E. Muybridge riuscì a ottenere un'analisi del movimento talmente accurata da sembrare eseguita con l'ausilio di tecniche cinematografiche. Con tale procedura fu possibile realizzare immagini tridimensionali del movimento di esseri umani di ambo i sessi e di ogni età, nonché di animali, in particolare di cavalli. Il francese É.-J. Marey (1894) perfezionò questo metodo grazie a un particolare apparecchio che consisteva in una specie di mitragliatrice fotografica; questa era dotata di un caricatore circolare contenente numerose lastrine fotografiche, in grado di seguire l'oggetto da fotografare attraverso un mirino del tutto simile a quello di un fucile, scattando le foto in successione a intervalli di tempo prestabiliti (cronofotografia). Marey tuttavia non si limitò alla sola analisi cinematica, cioè alla descrizione dell'evoluzione del gesto, ma tentò anche, e con successo, di sviluppare l'analisi dinamica, studiando le forze applicate al suolo dai piedi nella marcia, nel salto e nella corsa, nonché le forze inerziali agenti in varie parti del corpo del soggetto, per es. sul capo. Marey definì e codificò, in questo modo, le norme metodologiche fondamentali per eseguire valutazioni biomeccaniche corrette: il progresso degli strumenti tecnologici avrebbe contribuito in seguito a migliorare qualità e rapidità nel rilievo e nell'analisi dei dati.
Recentemente, la biomeccanica ha molto ampliato i suoi campi di interesse, come dimostra lo schema concettuale proposto dallo statunitense R. Nelson. Una considerevole mole di ricerche è oggi indirizzata, oltre che alla quantificazione del movimento nel suo insieme, allo studio di una sola parte del corpo, per es. un arto. La biomeccanica si occupa anche dei processi che avvengono all'interno del corpo: un importante campo di studio è quello dell'idrodinamica del sangue e degli altri fluidi corporei, basata sulla rilevazione della pressione e sull'analisi delle turbolenze del flusso ematico all'interno dei vasi. Un altro settore di ricerca studia la resistenza delle varie parti che compongono il sistema locomotore verificando i carichi cui sono sottoposte le articolazioni artificiali e simulandone il funzionamento. Questi studi sono di fondamentale importanza per la realizzazione di protesi capaci di sostituire, in tutto o in parte, organi incapaci di svolgere correttamente la loro funzione.A partire dall'osservazione diretta dei movimenti degli esseri viventi, per poterli 'disegnare' a memoria, fino all'impiego delle macchine fotografiche, cinematografiche, televisive e, per finire, al massiccio impiego del computer, il cammino della biomeccanica è stato piuttosto lento fino al secondo dopoguerra, ma ha assunto un ritmo vertiginosamente accelerato nella fase attuale. Le metodiche di rilievo impiegate in biomeccanica sono in continuo sviluppo: assai probabilmente molte di quelle attualmente considerate pionieristiche diverranno di routine nel volgere di pochi anni, mentre alcuni metodi, oggi ancora largamente impiegati, cadranno in disuso. Così, per es., la cinematografia sta lasciando il posto alla televisione, e soltanto quando si devono rilevare movimenti di estrema rapidità si ricorre ancora all'impressione su pellicola, piuttosto che alla registrazione su nastro magnetico. Qualunque sia la tecnica impiegata, la metodologia per affrontare i problemi di tipo biomeccanico rimane comunque sempre la stessa e si sviluppa in fasi successive. La prima di esse consiste nello stabilire in che modo misurare il fenomeno che si intende studiare, per applicare poi il metodo selezionato, tenendo presenti tutte le possibilità offerte dalla tecnologia e la disponibilità dei fondi per la ricerca. Una volta ottenuti i dati, si procede alla loro analisi: la biomeccanica, infatti, non è unicamente un metodo per misurare gli eventi fisici, ma cerca di comprendere i processi meccanici che si verificano nei viventi. Occorre scegliere la metodica più adatta per analizzare il materiale raccolto, ottenere delle conclusioni teoriche e derivarne eventuali applicazioni pratiche.
L'attività sportiva permette di valutare il livello massimale delle prestazioni meccaniche di cui è capace il corpo umano. La biomeccanica applicata allo sport serve non soltanto a misurare quanto riesce a compiere la 'macchina' a geometria variabile che è il corpo dell'atleta, ma anche a smembrare ogni singolo elemento che compone il gesto sportivo e a valutarne gli aspetti statici, cinematici e dinamici. Gli aspetti statici hanno un rilevante interesse nella valutazione biomeccanica delle attività sportive come, per es., nel caso della misurazione del baricentro o centro di gravità corporeo. Il baricentro è il punto nel quale si può considerare di applicare la risultante di tutte le forze peso dei vari elementi corporei e rappresenta, dunque, un abbrivio per lo studio dei fenomeni connessi con l'equilibrio e la statica. Pertanto, la lunghezza degli arti e lo sviluppo e la dislocazione delle masse muscolari condizionano il posizionamento del baricentro; ne consegue che la misurazione delle coordinate di quest'ultimo fornisce, con un'approssimazione accettabile, un indice delle qualità funzionali muscolari del soggetto esplorato. Un baricentro corporeo assai alto, cioè spostato verso la parte craniale del corpo, è significativo di un rilevante sviluppo osteomuscolare dei distretti superiori del corpo, cioè degli arti e dei loro 'motori' dislocati nel tronco, e costituisce un indice funzionale favorevole per canoisti, ginnasti, lottatori, nuotatori e, in genere, per quegli atleti le cui prestazioni sono prodotte dai muscoli della parte superiore del corpo. La base di qualsiasi disciplina sportiva è però propriamente il movimento. Gli scopi che la biomeccanica applicata agli sport si prefigge sono, in sintesi, i seguenti: a) ottenere, nel gesto sportivo, i movimenti più corretti ed economici; b) ottenere dal movimento il massimo possibile come espressione di energia meccanica esterna; c) evitare che l'atleta, per effetto di movimenti sbagliati, anomali oppure non sufficientemente studiati, possa subire danni o lesioni, sia di tipo acuto sia legati al sovraccarico funzionale.Nelle sue applicazioni allo sport, la biomeccanica si avvale di strumenti appositamente mirati allo studio dei movimenti specifici che gli atleti compiono nelle differenti discipline. Il gesto sportivo è studiato anche grazie alla sua riproduzione in laboratorio, che richiede la realizzazione di apparecchi sui quali l'atleta possa esprimere la sua potenza muscolare e la sua destrezza, ripetendo la gestualità richiesta dalle differenti specialità. Queste apparecchiature, che misurano il lavoro meccanico e la potenza espressi dall'apparato locomotore umano, sono chiamate 'ergometri specifici', poiché possono riprodurre, o meglio, imporre, un gesto sportivo ben caratterizzato. A differenza dei comuni ergometri usati in clinica o in medicina del lavoro per ottenere un incremento del lavoro degli organi interni e del metabolismo, gli ergometri specifici sono apparecchi, talvolta assai sofisticati, in cui è ben presente lo studio cinematico e dinamico del gesto atletico e del suo costo energetico.
Negli studi sullo sport, la formula della performance, cioè la produzione di potenza meccanica, è P = Emax /C, dove P indica la performance, espressa seguendo le regole imposte dalla regolamentazione delle diverse discipline sportive, Emax indica la potenza espressa dal sistema muscolare nella realizzazione del gesto sportivo e C la resistenza che, in qualsiasi forma, costituisce un freno alla performance. I due limiti alla performance sono quindi, da una parte, le effettive possibilità di miglioramento della potenza del sistema locomotore umano, cioè dei muscoli (Cavagna 1988) e, dall'altra, la resistenza al movimento che si produce all'interno della 'macchina' corporea. Il sistema contrattile del muscolo è, infatti, costretto a disperdere energia per vincere gli attriti offerti dalle articolazioni, dallo scorrimento dei tendini, dalle viscosità interne dei tessuti, dalle compressioni di alcune parti del corpo. A questo insieme di elementi che si oppongono al movimento si aggiunge la resistenza offerta dai muscoli antagonisti, ossia quelli che esercitano funzioni opposte, che debbono essere distesi dalla forza predominante dei muscoli agonisti. Questi muscoli, che agiscono come 'freno', sono indispensabili per evitare di superare, al termine di un movimento, i limiti fisici del movimento articolare degli elementi ossei che formano il sistema locomotore. Se, però, essi lavorano troppo, cioè non si lasciano distendere, offrendo la massima resistenza possibile, costituiscono un limite non trascurabile al miglioramento delle performance. Fra gli elementi capaci di 'frenare' la prestazione va considerata anche la resistenza che, negli sport in cui si raggiungono elevate velocità, è offerta dall'aria e, negli sport acquatici, dall'acqua. In questi sport, alla resistenza idrodinamica si può aggiungere un cattivo e dispendioso andamento dei cinematismi corporei. Nella valutazione biomeccanica del gesto sportivo si cerca perciò di considerare globalmente la correttezza del gesto, la velocità dei singoli movimenti, la coordinazione e l'energia chimica spesa per produrre una determinata performance atletica.
Nella produzione di energia meccanica ai fini di compiere la performance sportiva, l'atleta esercita un gesto altamente specializzato. Per consentire la sua valutazione biomeccanica in laboratorio, gli ergometri specifici debbono presentare le seguenti caratteristiche: a) consentire la riproduzione il più fedele possibile del gesto sportivo; b) permettere una velocità di esecuzione analoga a quella degli allenamenti e delle competizioni; c) permettere che il corpo dell'atleta sia situato nello spazio nella stessa posizione richiesta dallo sport praticato; d) garantire la riproduzione di un carico di lavoro che abbia la stessa intensità di quello della disciplina sportiva, nel suo valore globale, e, negli sport caratterizzati da gesti ciclici, nella distribuzione delle fasi di produzione di energia meccanica. Le ricerche biomeccaniche hanno permesso di sviluppare numerosi test per la valutazione del livello di preparazione atletica ‒ cioè, delle capacità di esprimere una potenza meccanica ‒ che permettono di rilevare le variazioni, indotte dall'allenamento, delle capacità dell'atleta: forza, velocità, resistenza ecc. Particolarmente usati sono, per es., i test che misurano l'accelerazione della massa corporea totale dell'atleta o di singole parti del suo sistema locomotore (Bosco 1985). Alcuni di essi prevedono l'aggiunta alla massa corporea di carichi di differente valore, per verificare l'andamento delle relazioni tra forza muscolare e velocità di applicazione della stessa, sia nell'esecuzione di un gesto singolo sia nel lavoro prolungato. I valori rilevati da questi test, attraverso dei parametri biomeccanici, sono sempre più frequentemente analizzati mediante computer, sia nelle valutazioni eseguite in laboratorio sia in quelle sul campo. Quest'ultima evoluzione nelle tecniche di controllo del gesto sportivo è dovuta all'introduzione di apparecchiature sempre più sofisticate, ma di modesto costo e di limitate dimensioni, alcune alimentate a batteria, che l'industria sta mettendo a disposizione dei gruppi di ricerca. La partecipazione di biomeccanici applicati al processo ideativo e progettuale delle nuove apparecchiature, disegnate specificamente per lo studio delle diverse discipline sportive, evita i laboriosi e dispendiosi adattamenti che spesso erano necessari in passato per le applicazioni allo sport (Brodie-Thornhill 1983).
Nell'analisi degli aspetti biomeccanici legati alla performance sportiva, come si è accennato in precedenza, è necessario valutare, oltre a Emax, anche C, cioè le resistenze, interna ed esterna, che si oppongono alla prestazione. Nelle discipline in cui C rappresenta la resistenza aerodinamica, come quelle in cui si raggiunge una notevole velocità, la galleria del vento è uno strumento prezioso per studiare come ridurre l'entità di questa variabile: grazie a esso si possono effettuare misurazioni o esperimenti su corpi immersi in una corrente aeriforme, prodotta da apposite apparecchiature, basandosi sul fatto che le forze aerodinamiche sono le stesse sia se è il corpo a muoversi, con una qualsiasi velocità, nell'aria ferma, sia se è l'aria a investire, con la stessa velocità, il corpo fermo. Nel caso di discipline sportive in cui al corpo dell'atleta si aggiunge un veicolo, è indispensabile, al fine di minimizzare il valore della resistenza aerodinamica, studiare, oltre alla posizione dell'atleta, la profilatura dei veicoli (Kyle 1988). Anche gli indumenti di gara, quando si superano determinate velocità, vanno studiati dal punto di vista aerodinamico. Negli sport acquatici, l'acqua offre una rilevante resistenza all'avanzamento del corpo dei nuotatori e delle imbarcazioni da gara. In analogia a quanto avviene nella galleria del vento, si utilizzano apposite 'vasche ergometriche' per studiare la resistenza dell'acqua. Si tratta di strutture nelle quali l'acqua è posta in movimento mediante eliche o pompe, in modo tale da ottenere un flusso uniforme, cioè privo di turbolenze, con una velocità fissata a seconda dei test che si intende compiere. Mediante opportuni dinamometri sono rilevate le resistenze offerte dai corpi immersi in esperimento, siano essi i corpi dei nuotatori o dei subacquei, o scafi da gara, sia a propulsione umana (canoa e imbarcazioni da canottaggio) sia i vari tipi di imbarcazioni a vela o a motore, a scafo singolo o pluriscafi. Ovviamente la velocità del fluido è determinata in base al corpo che è sottoposto al test: minore per i nuotatori e i sub (1,5-2,5 m/s), maggiore per le imbarcazioni a propulsione umana, a vela e a motore. Date le limitate dimensioni delle vasche ergometriche, quando gli scafi da testare sono troppo grandi si ricorre a modelli in scala, commisurando a essi le velocità. L'analisi dimensionale, infatti, stabilisce che la simulazione fisica più verosimile in questo caso è quella che riproduce le onde caratteristiche sulla superficie e non le forze viscose nel fluido, dal momento che l'energia associata a queste onde è proporzionale alla lunghezza e al galleggiamento dell'imbarcazione. Inoltre, quando i corpi sottoposti a valutazione sono caratterizzati da propria capacità propulsiva (nuotatore o canoa), la vasca ergometrica permette di misurare la capacità di lavoro e la potenza dell'atleta, o dell'insieme atleta-imbarcazione, o, ancora, atleta-attrezzi da gara (pinne, bombole, maschere respiratorie ecc.).
Alcuni test biomeccanici sono effettuati direttamente sul campo, sugli atleti oppure sui veicoli da gara e sugli animali (cavalli o, meno frequentemente, renne, alci, cani ecc.) utilizzati dagli atleti in competizione. In questo caso, particolari sensori o altre apparecchiature sono fissati sul corpo degli atleti o sui veicoli, in modo da rilevare i dati riguardanti le condizioni di equilibrio, le variazioni di moto, le vibrazioni e le altre sollecitazioni meccaniche, nonché le corrispondenti risposte di un pilota o di un cavaliere, che si verificano durante gli allenamenti e la gara e che non possono essere simulate in laboratorio. I parametri rilevati sui veicoli da gara possono essere registrati, su nastro magnetico o su memoria solida, direttamente a bordo dei veicoli stessi; tuttavia, quando le sollecitazioni cui è sottoposto il mezzo da gara sono particolarmente violente, può risultare più affidabile inviare per telemetria, cioè via radio, i segnali, che sono ricevuti, immagazzinati ed eventualmente analizzati a bordo di appositi laboratori mobili. Particolarmente utili risultano, nel caso si debbano seguire gare che si svolgono a velocità non eccessive, come la maratona, laboratori mobili con trazione elettrica ad accumulatori, onde evitare di disturbare gli atleti con i gas di scarico. Anche alcune riprese realizzate in pista per lo studio del movimento su tempi prolungati (e non su un singolo passo, come più spesso accade) possono essere effettuate utilizzando un laboratorio mobile a trazione elettrica, che è fatto marciare direttamente sulla pista di atletica leggera. Per le ricerche di biomeccanica nelle gare di canoa e di canottaggio le riprese sono quasi sempre effettuate da un'imbarcazione posta di lato a quella da gara che si intende valutare; spesso si utilizzano dei catamarani, i quali, grazie alla loro stabilità trasversale, consentono di ottenere immagini prive di indesiderabili ondeggiamenti, quindi particolarmente adatte a una successiva analisi manuale o computerizzata. È così che si apprendono le reali situazioni e le entità dei carichi e dei sovraccarichi, e ciò consente agli studiosi di proporre e mettere a punto progetti sempre più sofisticati di veicoli da gara, in vista di migliori prestazioni o di condizioni di guida più favorevoli per il pilota.
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