Biopsia
Il significato letterale di biopsia (dal greco béoq, "vita", e çyiq, "vista") è osservazione di frammenti di organo o tessuto prelevati da un essere vivente. Più frequentemente la biopsia è intesa come prelievo di materiale biologico da un corpo vivente per indagine microscopica, in contrapposizione ad autopsia, il cui significato letterale corrisponde a una visione diretta fatta sul cadavere (necroscopia), consistente generalmente nel solo esame macroscopico.
Il primo strumento in grado di tagliare sezioni istologiche soddisfacenti fu creato da W. His nel 1845. Nel 1869 T. Klebs introdusse l'uso della paraffina come sostanza di supporto al tessuto prelevato. Il primo manuale dedicato alle tecniche di preparazione, microtomia e colorazione delle sezioni istologiche appare come capitolo di un trattato di H. Green del 1881. Il concetto di biopsia 'diagnostica' fu introdotto nel 1890 dal ginecologo C. Ruge: nacque così la surgical pathology, ovvero l'anatomia patologica 'chirurgica', applicata all'essere vivente.
Nello stesso periodo il fisico E. Abbé perfezionava il microscopio ottico e stabiliva che il potere di risoluzione (cioè la possibilità di vedere come distinti due punti) del microscopio è direttamente proporzionale alla lunghezza d'onda della luce che attraversa il campione; il potere di risoluzione del microscopio ottico, che utilizza lo spettro della luce visibile, è 0,2 mm. Successivamente, nel 1931, E. Ruska e M. Knoll idearono il microscopio elettronico a trasmissione che, utilizzando gli elettroni al posto della luce visibile, portò il potere di risoluzione per il materiale biologico a 20-30 Å.
Il prelievo bioptico può essere eseguito chirurgicamente mediante asportazione di tutta la lesione (biopsia escissionale) o prendendo solo un campione della stessa (biopsia incisionale). Oltre che con intervento chirurgico, la biopsia può essere effettuata per via transcutanea con ago (agobiopsia epatica, renale ecc.) o per via endoscopica (lungo le vie aeree, tubo digerente, vasi) con particolari pinze dette biotomi (biopsia bronchiale, transbronchiale, gastrica, intestinale ecc.). Il frammento prelevato, per poter essere osservato al microscopio, deve essere tagliato in sezioni sottili, spesse alcuni millimetri, mediante un apposito strumento dotato di lama, detto microtomo. Le fettine vengono raccolte su rettangoli di vetro trasparente (vetrini). Per ottenere la consistenza necessaria all'effettuazione del taglio, il materiale può essere rapidamente congelato e quindi tagliato con un microtomo speciale, detto criostato, alla temperatura di -20 °C. A questa tecnica si ricorre quando è necessario effettuare un esame istologico già durante un'operazione (esame istologico estemporaneo) per avere un'immediata risposta del patologo e decidere di conseguenza la condotta chirurgica. Altrimenti (e più frequentemente) il campione bioptico, dopo essere stato posto in liquido fissativo per arrestare i processi di autodegenerazione (autolisi), viene immerso e impregnato in una sostanza che faccia da supporto (inclusione) per facilitare il taglio. La sostanza usata per l'inclusione è la paraffina, che è liquida a temperatura elevata e solida a temperatura ambiente. Le sezioni istologiche, una volta raccolte su vetrino, vengono colorate per la visualizzazione delle varie componenti tissutali al microscopio. La colorazione più semplice e tradizionale è quella con ematossilina-eosina. L'ematossilina è una sostanza basica che, per affinità con gli acidi nucleici, colora in blu i nuclei, mentre l'eosina è un colorante acido che colora in rosa i citoplasmi delle cellule e la matrice interstiziale. Altre colorazioni possono evidenziare la matrice interstiziale fibrillare reticolare, collagena ed elastica, rispettivamente con l'impregnazione argentica, il metodo Van Gieson e il metodo Weigert. Colorazioni istochimiche consentono l'identificazione di costituenti cellulari e tissutali secondo reazioni chimiche note, come il metodo PAS (acido periodico di Schiff) con cui sostanze contenenti gruppi glicolici o loro derivati aminici e alchilaminici, come il glicogeno e i mucopolisaccaridi neutri, vengono colorate in rosso magenta dopo che i gruppi sono stati ossidati per formare dialdeidi. Esistono anche colorazioni per microrganismi, di cui la più comune è quella di Gram. L'immunoistochimica, di più recente applicazione, permette di riconoscere molecole antigeniche in situ in cellule e tessuti, mentre l'ibridazione in situ sfrutta la complementarità delle due catene del DNA per realizzare ibridi con sonde marcate che permettono la visualizzazione della reazione e quindi rilevano la presenza di particolari DNA.È importante tenere presente che le inclusioni in paraffina dei campioni bioptici possono rappresentare una 'banca' biologica di archivio da cui si può ottenere, anche a distanza di tempo, materiale non solo per ulteriori studi di istologia, immunoistochimica e ibridazione in situ, ma anche di altre tecniche (biologia molecolare, citogenetica, citometria a flusso e, in alcuni casi, anche microscopia elettronica).
La biopsia è indispensabile, oltre che per la diagnosi, anche per stabilire la stadiazione patologica delle neoplasie (pTNM). L'esame del patologo (p) individua le dimensioni del tumore (T), l'eventuale presenza di metastasi linfonodale (N), l'infiltrazione venosa e le metastasi a distanza (M), nonché il grado istologico di differenziazione. Con tecniche di immunoistochimica è anche possibile, tra l'altro, stabilire l'attività proliferativa delle cellule neoplastiche e, in caso di tumore mammario, rilevare l'eventuale presenza di recettori ormonali. Con la citometria a flusso è possibile misurare il contenuto di DNA e analizzare il ciclo cellulare.
L'agobiopsia percutanea, divenuta di uso comune negli anni Cinquanta, viene principalmente applicata a fegato e rene. Si esegue per via transcutanea con una siringa a cui è collegato un ago del diametro di 1-1,5 mm: facendo ruotare l'ago ed estraendolo, si asporta il tessuto rimasto nel lume dell'ago stesso. Oltre a definire le alterazioni morfologiche, con impiego di tecniche di immunoistochimica e di ibridazione in situ, il patologo è ora in grado di identificare anche l'agente infettivo, come i virus A, B, C e D delle epatiti, e di stabilire la patogenesi da immunocomplessi o da autoanticorpi di alcune glomerulonefriti. Nell'ambito della patologia renale, la microscopia elettronica a trasmissione è spesso risolutiva sul piano diagnostico, come nel caso di glomerulonefriti su base ereditaria, di sindromi nefrosiche con quadro istologico apparentemente normale (glomerulonefrite a lesioni minime) e in corso di malattie sistemiche e metaboliche. Per l'esigenza di effettuare prelievi mirati si sono poi sviluppate tecniche di pratiche bioptiche eco-guidate e TAC-guidate in cui il prelievo viene effettuato rispettivamente con l'ausilio di ultrasuoni o di indagini di tomografia assiale computerizzata (TAC). Per effettuare il prelievo nel punto preciso della lesione esistono strumenti di guida stereotassica, che vengono particolarmente usati in campo neurochirurgico.
Per organi interni, come quelli dell'apparato respiratorio e digerente, la biopsia viene effettuata con la guida dell'endoscopia a fibre ottiche, che permette di eseguire prelievi bioptici mirati, talora anche terapeutici, come è il caso delle polipectomie (biopsie endoscopiche escissionali). La via di accesso endoscopica consente di ottenere anche biopsie del parenchima polmonare, che viene raggiunto perforando la parete del bronco (biopsia transbronchiale).
Particolare importanza ha la biopsia nel monitoraggio del rigetto negli organi solidi trapiantati, in particolare nel caso del cuore. Proprio quest'ultima esigenza ha favorito lo sviluppo delle tecniche di prelievo transvenoso, o transarterioso di miocardio con biotomo. Le vie di accesso più usate sono la vena femorale o la vena giugulare, e la biopsia viene fatta nel miocardio ventricolare destro, in corrispondenza del setto. Si prelevano frustoli di dimensioni da 1 a 4 mm, a seconda del biotomo impiegato; per ottenere una adeguata rappresentazione di miocardio, è necessario prelevare 4 o 5 frustoli. Nel primo anno da trapianto, la biopsia endomiocardica viene ripetuta 15-20 volte. La posizione del biotomo può essere controllata con l'ecocardiografia. La relativa semplicità di esecuzione ha fatto sì che la biopsia endomiocardica venga impiegata non solo nei trapianti ma anche nella pratica diagnostica delle miocarditi e delle cardiomiopatie. Anche in questi casi il prelievo bioptico può essere sottoposto a indagini particolari, che si affiancano all'esame istopatologico. È il caso della microscopia elettronica, usata nella diagnosi di alcune cardiomiopatie, di indagini di biologia molecolare, fra cui la più usata è la PCR (Polymerase chain reaction) per l'individuazione di virus nelle miocarditi.Molto diffuso, infine, è un particolare tipo di agobiopsia che si esegue per aspirazione utilizzando aghi di calibro molto piccolo, solitamente con un diametro di 0,6 mm (calibro 22 gauge) e conosciuto con il termine di FNAB (Fine needle aspiration biopsy). La tecnica permette di aspirare cellule che possono essere direttamente strisciate su vetrino e colorate, con o senza previa rapida fissazione. La colorazione che si esegue di routine è quella di Papanicolau. Si tratta di una metodica che viene eseguita per via percutanea, può essere eco-guidata o TAC-guidata, è poco invasiva, rapida e semplice. Viene usata prevalentemente nella diagnostica oncologica: l'esiguità del calibro dell'ago evita che il prelievo causi la disseminazione della neoplasia attraverso i vasi linfatici cutanei. Anche sul materiale ottenuto per FNAB è possibile applicare tecniche di immunoistochimica e di microscopia elettronica.Particolare importanza ha il referto diagnostico della biopsia che deve contenere cinque settori in cui vengono riportati: 1) i dati personali del paziente e la storia clinica; 2) la descrizione macroscopica del prelievo bioptico; 3) la descrizione microscopica; 4) la diagnosi; e infine 5) la menzione di altri esami effettuati e commenti.
g. baroldi, g. thiene, Biopsia endomiocardica, Padova, Piccin-Nuova libraria, 1996.
j. rosai, Ackerman's surgical pathology, St. Louis, Mosby-Year Book Inc., 1996.