Vedi BIOS dell'anno: 1973 - 1994
BIOS (v. S 1970, p. 154)
Di B. è tramandata una sola descrizione letteraria, quella di Teodoro Prodromo, autore bizantino vissuto a Costantinopoli al tempo dei Comneni (XII sec.). Si tratta di un componimento poetico di tono moralizzante (Eis eikonismènon tòn bìon: PG, CXXXIII, c. 1419 s.), in cui alla personificazione di B., nudo, con le ruote sotto ai piedi e le ali agli stinchi, in mano una bilancia, viene trasferita e adattata l'immagine allegorica del Kairòs, quale codificata nella redazione plastica lisippea (cfr. P. Moreno, in LIMC, V, 1990, pp. 920-926). I
Per via iconografica tale trasposizione è già attestata in un manoscritto con testo di Giovanni Climaco, risalente alla fine dell'XI sec., Vat. Gr. 394, ff. 7, 12: in una delle due illustrazioni con la scena della tentazione del monaco, la figura di B., che impersona gli allettamenti della vita profana, s'avvicina a un monaco, preceduto e guidato sul cammino della santità dalla personificazione dell'indifferenza e della rinuncia ai piaceri del mondo. Corredata dell'iscrizione ho bios, la personificazione ritorna, secondo un'analoga formulazione iconografica, su un affresco del XVIII sec. a Chio, chiesa della Panagia Krina, trattenuta per il lungo ciuffo di capelli sulla fronte da Kosmos, personificazione della vita mondana, ritratto in aspetto di giovane in vesti eleganti. Da espungere con ogni verosimiglianza dal novero dei monumenti con personificazione di B. la riproduzione di un rilievo con illustrazioni tratte dal pìnax di Cebete, contenuta in un disegno del codice berlinese di Giovanni Antonio Dosio: la scritta B. va infatti preferibilmente riferita al peribolo che delimita, nella metafora del dialogo filosofico, lo spazio spettante alla Vita. L'accezione edonistica di pienezza e godimento della vita stessa, di cui la personificazione di B. sembra caricarsi, è ben evidente nelle figure del manoscritto vaticano di Climaco e del tardo affresco di Chio, iconograficamente improntate all'immagine del Kairos (e del suo specifico significato di momento propizio, istante supremo, il B. estrinseca e favorisce la componente di felicità). Essa è sottolineata dalla frequente associazione con la figura di Tryphè: astrazione personificata di un ideale di vita, dei piaceri mondani (deliciae), dello sfarzo e della magnificenza (luxus), cui non è talvolta estranea, da parte della storiografia ellenistica greca e filoromana, una connotazione negativa. Personaggi quali Alessandro Magno, Demetrio Falereo, i Diadochi, Marco Antonio, ma soprattutto i Tolemei, avevano fatto della Tryphè un vero e proprio ideale dinastico, componente non secondaria del loro stesso culto.
In due delle tre illustrazioni di B., contraddistinto dalla relativa iscrizione, tramandate da mosaici tardi venuti in luce in ambito siriaco, la personificazione appare collegata a quella di Tryphè. Nella Casa di Dioniso ebbro ad Antiochia due distinti pannelli ospitano la coppia di personificazioni, di aspetto giovanile, con corone di fiori tra i capelli e una coppa in mano, raffigurate semirecumbenti secondo uno schema identico ma contrapposto. Sul mosaico attualmente a Toronto, alla personificazione di B. distesa su una klìne dall'alto schienale, nella mano destra protesa una phiàle, si accompagna la figura di Tryphè seduta sulla sponda del letto, una corona tra i capelli e alle braccia armillae. Come indicato dalla presenza del tavolino e della phiàle, la situazione è di nuovo quella del banchetto, contesto per eccellenza consono all'illustrazione emblematica dei piaceri della vita. Nella Casa del Venditore di amorini ad Antiochia la leggenda B. è invece posta in relazione a un busto: se, come sembra, la personificazione è raffigurata sotto le avvenenti sembianze di una giovane donna, non è esclusa una contaminazione con la stessa Tryphè (cfr. il busto di Tryphè su un mosaico della Casa del Menandro: Levi, 1947, I, p. 206, II, tav. XLVI, e). Sulla base del confronto con il mosaico a Toronto, anche se non contraddistinte dalle rispettive iscrizioni possono essere identificate come B. e Tryphè le due figure a banchetto di un affresco ercolanese: un riferimento alla componente della luxuria può essere rintracciato nel particolare della giovane inserviente in atto di avvicinarsi e di porgere alla figura femminile seduta sulla klìne una capsella, con verosimiglianza contenente gioielli. In questa formulazione le due figure a banchetto sembrano divenire uno stereotipo iconografico, adatte esse stesse a tramutarsi in un'immagine ideale e simbolica della vita: l'iscrizione di commento a una pittura della necropoli di Anemurion (Cilicia), tomba Β Ι 16, illustrante una coppia distesa sulla klìne con in mano una corona di fiori sullo sfondo di un tralcio di rose recita la formula: ho bìos tàuta.
Altamente suggestiva si rivela infine la possibilità di riconoscere le personificazioni di B. e Tryphè su un mosaico da Šahba-Philippopolis al museo di Suwayda' (Siria). Al centro della singolare composizione allegorica, in cui ogni personificazione risulta connotata dalla rispettiva iscrizione, una coppia è raffigurata semidistesa su una klìne. L'integrazione della leggenda mutila che accompagna la figura maschile, di aspetto giovanile, in [Bi]os sembra autorizzata dal confronto con la coppia di personificazioni illustrata sul mosaico al museo di Toronto, di concezione del tutto simile al di là dell'impoverimento iconografico. Parallelamente come Tryphè andrebbe integrata l'iscrizione perduta relativa al personaggio femminile, raffigurato in atto di cingere con un braccio le spalle del compagno. Che questa interpretazione si riveli molto più consona all'impianto allegorico generale della composizione rispetto a quella già avanzata come Dioniso e Arianna, sembra sostenuto dalla presenza di Ploutos, raffigurato alle spalle di [Bi]os, nimbato e con il capo sormontato da un piccolo kàlathos, sontuosamente vestito e con gli attributi dello scettro e della cornucopia. A livello iconografico la complessa natura di Aion Ploutònios risulta sdoppiata nelle due personificazioni, tra loro complementari, di B. e Ploutos, quest'ultimo nelle fonti letterarie d'altronde spesso associato, anche se non come astrazione personificata, alla Tryphè: significativo al proposito che su un tardo mosaico, già nel commercio antiquario londinese, la personificazione di Ploutos sia accoppiata a quella di Apolausis, l'allegoria del godimento secondo una formulazione iconografica che ricalca quella di B. e Tryphè affiancati sulla klìne. Sul mosaico di Šahba le Quattro Stagioni e Gea, ritratta nell'atto di sospingere la figuretta che impersona l'estate in direzione della coppia distesa sulla klìne, completano e perfezionano l'allegoria, di formulazione ellenistica e con tutta verosimiglianza di ascendenza alessandrina.
Bibl.: Ch. Baity, in LIMO, III, 1986, p. 116 s., s. v. - Sulle singole raffigurazioni: Mosaici antiocheni: G. Downey, Personifications of Abstract Ideas in the Antioch Mosaics, in TransactAmPhilAss, LXIX, 1938, pp. 349- 363, in part. p. 360. - Affresco ercolanese: G. Cerulli Irelli, in Pompeji. Leben und Kunst in den Vesuvstädten (cat.), Essen 1973, pp. 81 (tav. a colori), 191 s., n. 266. - La pittura della tomba di Anemurion è stata resa nota da J. Russel, Excavations at Anemuríum (Eski Anamur), 1975, in TürkAD, XXIV, 2, 1977, pp. 133-145, in part. pp. 134 s., 141, figg. 6-7. - Sul mosaico di Sahba-Philippopolis: J. Balty, La mosaïque antique au Proche-Orient, I. Des origines à la Tetrarchie, in ANRW, II, 12,2, 1981, pp. 347-429, in part. p. 402, tav. xxix, ij J. Chi Balty, in LIMO, II, 1984, p. 182, s. v. Apolausis (illustra il mosaico già nel commercio antiquario londinese). - Sul manoscritto di Giovanni Climacò: J. R. Martin, The Illustration of the Heavenly Ladder of John Climacus, Princeton 1954, pp. 50-52, 53, tavv. XVIII- XIX, figg. 70, 72; P. Moreno, Modelli lisippei nell'arte decorativa di età repubblicana ed augustea, in L'art décoratif à Rome à la fin de la République et au début du Principat. Table ronde, Rome 1979, Roma 1981, pp. 314-319, in part., pp. 317-318, figg. 2-3. - Sull'affresco di Chio: Ch. Bouras, Αλληγορικη παρασταση του Βιου-Καιρου σε μια μεταβυζαντινή τοιχογραφία στη Χιο, in ADelt, XXI, A', 1966, pp. 26-34, tavv. XIV-XIX, in part. tav. XIV a. - Sul pìnax di Cebete: Κ. Κ. Müller, C. Robert, Relieffragment mit Darstellungen aus dem Pinax des Kebes, in Archäologische Zeitung, XLII, 1884, cc. 115-130; Ch. Hülsen, Das Skizzenbuch des Giovanantonio Dosio, Berlino 1933, p. 9, η. 33, tav. XVIII (Berol. F. 13 r). - Sul concetto e la personificazione di Tryphè: A. Passerini, La Tryphè nella storiografia ellenistica, in Stlt, n.s., XI, 1934, pp. 35-56, in part. pp. 44-48; Müller - Graupa, in RE, VII, A, 1939, c. 714, s.v. Tryphè, I; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, I, Princeton 1947, p. 206; J. Tondriau, La Tryphè, philosophie royale ptolémaïque, in REA, L, 1948, pp. 49-54; H. Heinen, Die Tryphè des Ptolemaios VIII. Euergetes II. Beobachtungen zum ptolemäischen Herrscherideal und zu einer römischen Gesandtschaft in Ägypten (140-39 v. Chr.), in H. Heinen, K. Stroheker, G. Walser (ed.), Althistorische Studien. Festschrift H. Bengtson, Wiesbaden 1983, pp. 116-128, tavv. νι-νιι.