bioterrorismo
s. m. –Termine con cui si intende la forma di terrorismo attuata con l’uso di agenti biologici. In generale, le ragioni che rendono crescente l’interesse per il possibile (e deprecabile) utilizzo delle armi biologiche sono molteplici: possono essere facilmente prodotte e utilizzate, vengono difficilmente identificate e hanno una grande elasticità di impiego con la possibilità di contaminare vaste aree o di colpire specifici obiettivi. Un rapporto dell’ONU stima che un’operazione su larga scala contro la popolazione civile di un Paese costerebbe 2000 dollari per km2 con armi convenzionali, 800 con il nucleare, 600 con i gas nervini, ma solo un dollaro con agenti biologici. La produzione di 50 kg di antrace è alla portata di un piccolo laboratorio e non presenta particolari difficoltà: un tale quantitativo disperso da un aereo da turismo sopra una grande città potrebbe fare 95.000 vittime e sarebbe in grado di infettare almeno 125.000 persone per diverse settimane, portando al collasso le strutture sanitarie. In realtà, fortunatamente, sul piano pratico numerose difficoltà limitano l’uso dell’arma biologica. Fra queste: l’influenza delle condizioni meteoclimatiche sull’efficacia dell’aggressivo biologico; l’evoluzione relativamente lenta della maggior parte delle infezioni dovute a microrganismi (le tossine, invece, generalmente agiscono con estrema rapidità); la necessità, infine, da parte dell’aggressore, di disporre di un’adeguata terapia e profilassi per la malattia utilizzata, allo scopo di evitare un possibile ‘effetto boomerang’. Ogni organizzazione nazionale e internazionale, civile o militare, ha individuato una propria lista di agenti biologici, basata su approcci parametrici diversi in quanto originati da differenti punti di vista. La più nota è quella dei Centers for disease control and prevention (CDC) di Atlanta, in cui gli agenti biologici di possibile utilizzo come armi sono stati classificati in tre categorie – A, B oppure C – sulla base di quattro criteri: l’impatto sulla salute pubblica e il tasso di mortalità; la facilità di disseminazione e di trasmissione da persona a persona; la possibilità di causare panico e disgregazione sociale; il livello richiesto di preparazione e di azione per la difesa della salute pubblica. Nella classificazione dei CDC, gli agenti di categoria A sono: il virus Variola major (che produce il vaiolo), i batteri Bacillus anthracis (antrace), Yersinia pestis (peste), Clostridium botulinum (botulismo) e Francisella tularensis (tularemia), filovirus e arenavirus (febbri emorragiche virali). All’interno della comunità scientifica biomedica appare sempre più verosimile la possibilità che la continua rivoluzione nella biologia, con le innovazioni nella ricerca e nello sviluppo della genomica, della biologia cellulare e della microbiologia, venga impropriamente utilizzata nella progettazione di nuove armi biologiche. Applicando la tecnologia attualmente disponibile alle armi biologiche offensive, sarebbe già ora possibile, tra le altre cose, incrementarne la resistenza agli antibiotici, modificarne le proprietà antigeniche o trasferirne determinate proprietà patogene. Nel 2001 l’invio di lettere con spore di antrace a uffici federali, network televisivi e giornali statunitensi ha sancito che la minaccia bioterroristica, fino a quel momento considerata nulla più che un’ipotesi accademica, è tragicamente reale. Negli Stati Uniti, esercitazioni che simulano un attacco con Variola major o con Yersinia pestis hanno messo in evidenza la scarsa preparazione ad affrontare emergenze con un elevato numero di persone infette. È diventato perciò prioritario preparare piani di emergenza per il pericolo b., in modo da essere pronti a fronteggiare eventuali attacchi. Questi piani prevedono il rafforzamento di una rete di laboratori in grado di diagnosticare malattie infettive inusuali, e l’istituzione di dipartimenti per lo studio delle malattie infettive dotati di camere di isolamento, di strumenti di controllo delle infezioni, di scorte di vaccini e antibiotici.