BIRMANIA (A. T., 93-94 e 95-96; fr. Birmanie o Indochine anglaise; sp. Birmania; ted. Birma; ingl. Burma)
Provincia dell'Impero indiano, ma geograficamente parte dell'Indocina o India Transgangetica (ulteriore). Comprende, sin dall'annessione avvenuta nel 1886, i territorî britannici dell'Alta e Bassa Birmania (Lower and Upper Burma) gli stati indigeni degli Shan (Northern and Southern Shan States) e di Karenni, e vari territorî che sfuggono all'amministrazione nelle parti più remote della regione.
La provincia si stende fra 9° 55′ e 28°30′ di lat. N. e fra 92°10′ e 101° 5′ di long. E., con un'area calcolata a 605.300 kmq., circa il doppio dell'Italia. Una metà del territorio giace fuori del tropico, ma la natura sua è tale da potersi considerare interamente come tropicale. Il Golfo di Martaban e quello del Bengala, le provincie indiane del Bengala e dell'Assam, il Tibet, la provincia cinese dello Yün-nan, l'Indocina francese (per un breve tratto) e il Siam, fanno da confini alla provincia.
La Birmania si può dividere in tre grandi unità geo-morfologiche: a) l'Arakan Yoma, un'ampia serie di pieghe, di età alpina, che forma la barriera fra la Birmania e l'India; le sue espansioni collinari giungono fino alle coste del Golfo del Bengala; b) l'altipiano Shan, che occupa tutta la porzione orientale del paese e si estende a sud nel Tenasserim: è parte del sistema montano indomalese ed esiste, come unità geo-morfologica, sin dalla fine del Mesozoico; c) il bacino centrale, fra le due zone menzionate, già un golfo del mare terziario, ora occupato da una vasta espansione di terreni terziarî.
Geologia e morfologia. - L'Arakan Yoma e la sua continuazione verso nord presentano un nucleo di vecchie rocce cristalline, ai due lati del quale si adagiano rocce sedimentarie strettamente ripiegate, in gran parte di età terziaria. Sono stati segnalati anche terreni del Giurassico e del Cretacico, ma la geologia della catena è ancora mal nota; cromite e altri minerali utili ricorrono specialmente associati a serpentini, ma non sono sfruttati.
L'orlo occidentale dell'altipiano Shan è ben marcato, tanto nella costituzione geologica quanto nella topografia: si eleva netto dalla valle e per 700-800 km. è formato da una striscia di rocce granitiche o gneissiche. E gli gneiss sono la roccia prevalente sull'altipiano: da essi vengono i rubini e le altre pietre preziose per le quali la Birmania è da tanto tempo famosa, insieme con un calcare compatto d'età devonico-carbonica. Terreni d'ogni età, dal Precambrico al Giurassico, affiorano del resto nell'elevato massiccio, mentre depositi del Terziario superiore e del Pleistocene occupano vecchi bacini lacustri. Nella serie precambrica di Mogok si trovano le principali miniere (all'aperto) di rubini, ora tuttavia industria d'importanza secondaria; a Bawdwin, associati ad un gruppo d'antiche rocce vulcaniche, sono vasti depositi di minerali d'argento e di piombo (in prevalenza una galena argentifera), che sono estratti dalla Burma Corporation Limited e trattati nella vicina Namtu, donde il metallo è portato per ferrovia a Rangoon per essere esportato. Altri giacimenti analoghi si conoscono e sono stati per il passato utilizzati dai Cinesi. Il Tenasserim rappresenta una continuazione della fascia stannifera della Malesia e fornisce gran quantità di stagno e di tungsteno. Questa porzione del sistema indo-malese consiste di larghe intrusioni granitiche allungate in direzione nord-sud e iniettate in una serie di rocce antiche, l'esatta età delle quali è ignota.
Il bacino dell'Irawady (Irrawaddy) è formato quasi per intero di terreni del Terziario, notevoli per la loro potenza: agli strati eocenici si possono assegnare 5000 m. di spessore, altrettanto o più al Peguano (Oligomiocene), oltre 1500 metri all'Irawadiano (Pliocene medio). Allineati nel centro di questo bacino sono i ben noti campi petroliferi, principalmente in strati del Peguano: (dal N. al S.) Indaw, Yenangyat, Singu, e Yenangyaung, che sono i più importanti, Minbu e molti altri minori. Nella valle del Chindwin e in altri luoghi si trovano ligniti finora poco utilizzate; e lungo il centro dell'antico golfo terziario appaiono allineati molti vulcani estinti, che in alcuni casi formano piccoli coni tufacei con laghi-crateri, in altri appaiono come cumuli di materiali ryolitici. Il maggiore è il cono complesso del M. Popa.
Il fascio di catene che divide la Birmania dall'India ha, nel nord, poca ampiezza ed è noto col nome di Patkoi o Patkai Hills; più a sud la direzione si fa più decisamente meridiana e la catena si allarga, includendo l'altipiano di Manipur. È da questo, e cioè all'incirca dal Tropico del Cancro, che si applica alle catene il nome di Arakan Yoma: l'altipiano si fa più stretto, s'inflette a S.-SE. e termina al C. Negrais, sebbene la sua prosecuzione geologica sia rappresentata dalle isole Andamane e Nicobar. Una piccola parte della Birmania, l'Arakan, rimane fra le catene e il mare. Molte cime si elevano a oltre 3000 m. e si ritiene che la più alta sia il M. Victoria.
L'altipiano orientale, che abbraccia anche gli stati Shan (v.), fa tutt'uno col grande altipiano cinese dello Yün-nan: ha una altezza media di 1000 m., ma la sua superficie è molto incisa e frazionata e vi scorre, in una profonda incisione, nord-sud, il Saluen (Salween). A sud nel Tenasserim si perde gradualmente anche il carattere di altipiano.
Il bacino centrale, che raccoglie le acque dell'Irawady, del suo affluente Chindwin e del più piccolo Sittang, è in massima parte un bassopiano, con linee di colline distese in direzione meridiana: di queste il Pegu Yoma costituisce la più importante. Quasi nel centro il Popa, un vulcano spento, come si è detto sopra, si innalza fino a 1500 metri.
La costa dell'Arakan ha il tipo detto "del Pacifico": rupestre e pericolosa con la montagna addossata e orlata di isole. Le maggiori sono Ramree e Cheduba. Simile è la costa del Tenasserim con l'Arcipelago di Merghi. Fra le due coste si allargano i bassi delta dell'Irawady e del Sittang.
Le regioni montuose e collinose erano in origine coperte da una densa foresta e su ampî tratti hanno un ottimo suolo forestale. Dove le colture temporanee hanno eliminato il bosco, è sparita però anche la fertilità originaria e nelle plaghe più umide le forti piogge tendono ad asportare il suolo sciolto mettendo a nudo la roccia. Le zone calcari dell'altipiano Shan sono, in generale, ricoperte da un sottile strato di "terra rossa". I più ricchi suoli della provincia sono quelli alluvionali del delta dell'Irawady e delle valli più larghe. Un suolo marnoso eccellente è dato dalle sabbie e argille dei terreni del Peguano: ma le serie dell'Irawadiano e qualche altra possono dare suoli leggerissimi, quasi pura sabbia. Nelle zone più piovose della provincia, a causa della ben marcata stagione asciutta, una spessa crosta di laterite si allarga sulla maggior parte delle pianure.
Clima ed acque. - La Bimnania entra nella zona climatica dei monsoni, ma il rilievo determina profonde modificazioni locali. Le stagioni sono realmente tre: una fresca e asciutta dalla fine di ottobre a tutto febbraio, una calda che è pure senza pioggie, dal marzo alla fine di maggio o al principio di giugno, e la stagione piovosa, da giugno a ottobre. Il mese più caldo è in generale l'aprile o il maggio, il più fresco, gennaio. Lungo la costa, e specialmente nel sud (Tenasserim), l'escursione diurna e quella annua della temperatura sono piccole (4°,4 a Moulmein, 5°,6 a Rangoon); aumentano, mente nella fascia asciutta (11°,2 a Mandalay). In pari tempo diminuisce la temperatura media annua, che nel sud è di circa 26°-27°, mentre nel nord, sempre al livello del mare, la temperatura oscilla fra 17° (gennaio) e 29°,4 (maggio).
Da ottobre a maggio la Birmania è sotto l'influenza del monsone di NE., che la disposizione del rilievo fa soffiare quasi direttamente a sud: è un vento fresco che decresce di intensità verso la fine della stagione fresca. Il passaggio al monsone di SO. si annuncia con temporali già alla fine di maggio, ma le piogge non giungono in generale prima del 15 giugno: le coste ne ricevono la maggior parte, tanto che l'Arakan ne ha oltre 5 m. A Rangoon la cifra scende a 2537 mm. La porzione centrale del paese è quasi esclusa dal beneficio e non riceve che 500 mm. di pioggia annua (Mandalay: 855). Sull'altipiano, come è facile intendere, la temperatura annua è assai più mite e la piovosità aumenta di nuovo.
I corsi d'acqua della Birmania si possono disporre in diverse categorie: quelli brevi, rapidi e numerosi che scendono dall'Arakan Yoma nel Golfo del Bengala; i due fiumi centrali, Irawady (v.) e Sittang, con i loro tributarî; il sistema del Saluen (v.) che raccoglie le acque dell'altipiano Shan; infine i varî brevi fiumi che dalle colline del Tenasserim vanno al Golfo di Martaban. Il maggior lago è l'Inle poco profondo e residuo di uno antico più vasto, in una depressione del paese degli Shan; notevole anche l'Indawgyi nell'Alta Birmania, presso Mogaung. In tutte le bassure s'incontrano poi numerosi laghetti derivati da meandri fluviali abbandonati.
Vegetazione e fauna. - Alle notevoli variazioni climatiche corrispondono analoghe varietà nel mantello vegetale. Sopra i 1000 m., dove cioè si verificano occasionali gelate, vegetano boschi di querce sempre-verdi o di pini o s'incontrano larghi spazî di terreno scoperto con felci ed erbe. Più in alto si trovano macchie di rododendri. Al di sotto della linea indicata la vegetazione spontanea è in rapporto con la piovosità: 1. con oltre 2000 mm. di pioggia si stabilisce la foresta sempreverde di tipo tropicale; le specie arboree sono numerose, ma più della metà appartengono alle Dipterocarpacee; il legname è duro e poco utilizzato; 2. dove cadono da 1000 a 2000 mm. si sviluppa il bosco proprio dei paesi monsonici, che perde le foglie durante la stagione secca: tra le molte essenze arboree utili è il pregiato teak e il pyinkado (Xylia dolabriformis); 3. sotto i 1000 mm. il bosco s'immiserisce e passa a macchie ed arbusti; vere praterie sono praticamente assenti; 4. vaste superficie del delta del Irawady sono ammantate dalla foresta tropicale litoranea, nella quale molti alberi raggiungono un'altezza di oltre 30 m. e sono di considerevole valore.
I dannosi metodi agrarî dei coltivatori indigeni hanno, in passato, distrutto larga parte del manto boscoso. Si usava abbattere e incendiare un tratto di foresta, coltivare il campo (taung-ya) così ottenuto per due o tre anni, finché durava la freschezza del suolo, e abbandonarlo poi per un altro luogo. I taung-ya abbandonati vengono di rado rioccupati dal bosco, e per lo più essi si presentano con un groviglio di bambù, felci ed erbe. Da oltre mezzo secolo, tuttavia, il Dipartimento forestale si adopera per la protezione dei boschi e i più pregevoli costituiscono oramai riserve dello stato. Il legname - principalmente teak per costruzioni e pyinkado per traverse ferroviarie - è lavorato dal governo e da compagnie concessionarie sotto accurato controllo: esso è al terzo posto fra le esportazioni birmane ed ha raggiunto negli ultimi anni circa 150.000 tonn. per un valore di un milione e mezzo di sterline, cioè 142 milioni di lire italiane.
La fauna è ricca e varia. Gli antropoidi sono rappresentati da due gibboni ed è nota una dozzina di specie di scimmie. La tigre è comune in tutta la provincia e così il leopardo e varie specie di gatti selvatici. L'orso nero himalayano e il malese si trovano in montagna. Gli elefanti abbondano ancora dove la vegetazione è più folta ed ogni anno si catturano per addestrarli al lavoro forestale; più rare invece sono ormai le due specie di rinoceronti. Molto comune il bufalo selvatico (saing) e varie specie di cervi e daini (gyi, thamin, sambar). Per la caccia grossa occorre un permesso e molti degli animali più grandi godono il beneficio di un periodo di divieto di caccia.
Il parriah, cane mezzo selvatico, popola ogni villaggio e dappertutto si vedono pipistrelli, compresa l'enorme "volpe volante", che di giorno dormono appesi, a migliaia, ai rami degli alberi anche nelle strade più popolose di Rangoon. Fra i molti uccelli sono da notare i piccoli pappagalli dai colori vivaci, il paddy-bird e innumerevoli corvi; tra i rettili il geco (tankté) e molti serpenti, incluso il pitone.
Regioni naturali. - La Birmania si può dividere in sette regioni naturali: 1. l'Arakan; 2. le catene occidentali; 3. la regione montana del nord con le sorgenti dell'Irawady e del Chindwin; 4. il distretto arido; 5. i delta; 6. l'altipiano Shan; 7. il Tenasserim. Le prime due e le ultime due sono suddivisioni delle zone morfologiche elevate; le altre, parti del grande bacino centrale (v. arakan, shan, pegu, tenasserim). Nel mezzo di quest'ultimo, nel distretto asciutto, è il cuore della Birmania e la sede delle vecchie capitali: Pagan, Shwebo, Ava, Amarapura e Mandalay, con Prome sul suo orlo meridionale. Ma è naturale che la capitale britannica della provincia sia Rangoon, sul mare.
Popolazione. - Il censimento del 1921 dà alla provincia una popolazione di 13 .212.192 ab. con una densità media di 22 ab. per kmq., una delle più basse dell'Impero indiano, eccettuati il Belūcistān e le Andamane. Ciò si deve al fatto che la montagna e la foresta che ne occupano sì larga porzione, sono quasi disabitate. Le regioni più popolate sono i delta, il distretto asciutto, estesamente coltivato e con un certo sviluppo dell'irrigazione, e qualche tratto costiero. Negli ultimi cento anni la popolazione è certamente aumentata regolarmente, ma mancano cifre esatte. L'aumento è sensibile però negli ultimi censimenti: 1901, 10.278.715; 1911, 11.763.961; 1921, 12.790.754 (cifre riportate alla superficie della provincia nel 1901, perché anche questa si è andata allargando), con aumenti percentuali del 14.4 e dell'8.7.
La Birmania è una regione essenzialmente rurale; due sole città superano i 100.000 ab., Rangoon e Mandalay (v.). Ma altri centri minori hanno tuttavia fisionomia e importanza di città: son quelli che hanno un bazar importante, centri dunque di distribuzione del commercio, o che hanno acquistato qualche importanza per essere stati scelti a capoluoghi di distretti, o sono porti, specialmente fluviali. In quest'ultima categoria sono Bhamo, Kalewa, Monywa, Sagaing, Mandalay stessa, Pakokku, Sale, Myingyan, Yenangyaung, Magwe, Minbu, Allanmyo, Thayetmyo, Prome e Henzada.
Il censimento del 1921 dà anche la distribuzione della popolazione per nazionalità o gruppi etnici:
La Birmania è nella situazione particolare di trovarsi paese poco popolato e capace di molto sviluppo, fra due delle più popolate regioni della terra, l'India e la Cina. Ogni anno un gran numero d'Indiani, attratti dai più alti salarî e dalle possibilità di commerciare o colonizzare, entrano nel paese e una parte notevole di essi vi si stabilisce. Rangoon ne riceve la porzione più considerevole. La popolazione straniera della Birmania è cresciuta da 475.000 nel 1901 a 707.000 nel 1921. Gl'Indiani si sono fissati di preferenza nella regione dei delta, nell'Arakan e lungo i fiumi e le linee ferroviarie: essi forniscono quasi per intero la mano d'opera industriale, che non attrae i più indolenti Birmani. Anche i Cinesi formano una colonia importante, composta soprattutto di artigiani e commercianti.
Gli Europei sono rappresentati in gran parte da Inglesi e Scozzesi, ma ben pochi di essi son da considerare residenti. I meticci anglo-indiani trovano lavoro come commessi, nelle cariche minori dell'amministrazione e sulle ferrovie.
Gl'indigeni appartengono, come è indicato dalla tabella, a molte stirpi diverse, e i linguaggi parlati sono molto numerosi. Il birmano (v. più sotto) e l'inglese sono però le lingue ufficiali, mentre l'indostano è diffuso nelle città e dovunque si impiega la mano d'opera indiana. I Birmani sono i più civilizzati ed occupano le pianure più fertili; le altre stirpi si trovano in grande maggioranza nella montagna. Contando insieme coi Birmani i loro affini Arakanesi ed i Tavoyani della costa del Tenasserim si hanno quasi i 9/10 della popolazione. I Birmani hanno nel complesso aspetto piacente, presentano la faccia larga ma senza l'occhio tipico dei Mongoli; mentre il colore della pelle varia da un bruno pallido ad un bruno-caffè scuro; alcune delle signore delle città, però, non sono più scure della media dei nord-europei. L'abito nazionale consiste in una camicia cilindrica (lungyi), raccolta in un'unica piega sul davanti, che giunge sino alle caviglie. Ambo i sessi amano le stoffe di seta, di colori vivaci ma in tinte delicate, ed anche i più poveri possiedono una lungyi di seta. Su questa gli uomini portano anche una corta giacca di colore scuro, a un petto, e di solito bianca. I vecchi portano ancora i loro capelli lunghi raccolti in uno chignon a un lato del capo: ma il taglio all'europea è ora comune. Il copricapo maschile è il gambaung, una striscia di seta colorata girata intorno alla testa; le donne ungono le lunghe trecce con olio di cocco e le compongono in un rotolo cilindrico alla sommità del capo. Come ornamento, sono spesso usati i fiori acconciati tra i capelli.
La civiltà birmana, sia nei suoi aspetti economici (agricoltura ad aratro, irrigazione), sia in quelli spirituali, è una derivazione di quella indiana. La religione è buddhista ed occupa un gran posto nella vita dei birmani. Il capo spirituale di ogni villaggio è il hpoongyi, il monaco giallo-vestito, e il monastero, situato fuori della cinta o siepe che difende ogni villaggio dagli animali e dai ladri, è anche la scuola. Ogni villaggio ha poi la sua pagoda e bianche pagode coronano quasi ogni collina. Dato il gran numero di scuole religiose, la percentuale di analfabeti è piccola: solo l'istruzione delle donne è negletta. Ma esse sono più attive e pratiche degli uomini e godono di una libertà rara fra genti non europee. Nell'insieme il birmano è pulito, arguto, amante dello sport, ma amante altresì di una vita comoda e indolente.
Come la religione, la scrittura (derivata dal vecchio Pāli) e un notevole numero di parole sono tratte dall'India. La musica è caratteristica: le melodie sono composte principalmente delle cinque note C, D, E, C, A, e poiché non sono usati i semitoni, la scala cromatica è ignota. La musica nazionale è strettamente associata al dramma; fra gli strumenti tipici sono degni di ricordo il kigi-waing, una serie di gongs di metallo disposti in una cornice circolare di robusta canna, e il saing-waing, composto di 18 tamburi cilindrici appesi ad un sostegno circolare: accanto a questi strumenti sono pure usati cembali, clarini e flauti.
Affini per civiltà sono i Talaing o Mon, della regione di Moul- mein, ora quasi assorbiti con essi, ai quali si attribuisce il merito, come ai loro parenti Khmer del Cambodge, di aver introdotto la civiltà indiana nella regione. Fra le tribù montanare i Karen sono forse i più progrediti: essi abitano l'Arakan Yoma, il Pegu Yoma e lo stato indigeno di Karenni e si trovano anche in comunità isolate nella regione dei delta. Gli Shan abitano sull'altipiano che da essi prende nome e anche lungo il corso superiore dello Chindwin; i Kachin sono raccolti nei distretti più settentrionali; i Chin sulle catene occidentali, mentre presso il confine cinese vivono i Paloug e i Wa. Le affinità linguistiche sono indipendenti dalle condizioni di civiltà: i colti Talaing con i Palaung e Wa, che sono le tribù più barbare della provincia (in parte ancora praticanti l'uso indonesiano della caccia alle teste), entrano nella grande sparsa famiglia dei linguaggi austro-asiatici; i Kachin e Chin coi Birmani, nella branca tibeto-birmana; i Karen e gli Shan (Thai) nella branca siamo-cinese della famiglia sino-tibetana. In generale tutte le tribù montanare presentano, in varia misura, tracce di culture arcaiche, affini alle indonesiane, praticano un'agricoltura alla zappa seminomade e sono legate dalle stesse esigenze di questa all'ambiente montano. La religione è un variabile animismo e questo vale anche a spiegare perché il cristianesimo ha potuto fare tra essi, specie fra i Karen, rapidi progressi.
Produzione. - La Birmania è un paese essenzialmente agricolo. La produzione agricola, concentrata nei piani alluvionali, ha nel riso la sua principale raccolta. Se ne producono circa 7.000.000 di tonnellate, quantità che lascia un largo margine per l'esportazione. Dove la pioggia è al di sotto di 1000 mm., e perciò in tutto il distretto arido, la coltivazione non irrigua sostituisce al riso miglio, sesamo, pistacchi di terra (groundnuts), cotone e legumi. In tutto il paese si coltivano frutti, tabacco e piante foraggere per uso locale. Ma la Birmania ha possibilità di uno sviluppo agrario molto maggiore e i calcoli ufficiali segnalano ben 20 milioni di ettari di terreno incolto e coltivabile contro 61/2 coltivati (escluso il territorio degli stati Shan). Di quest'ultimi il riso occupa 4.250.000 ha., il sesamo 405.000, il miglio 344.000, le leguminose varie 344.000, i pistacchi 129.000, il cotone 121.000.
Si tengono dappertutto piccoli buoi gibbuti per animali da soma e per l'aratura: nel delta e nei distretti più umidi subentra il bufalo, più robusto. Le capre sono numerose nel distretto asciutto. Un sussidio importante all'alimentazione è fornito dal pesce, che ha molte specie commestibili, sia nei fiumi sia sulle coste: il più pregiato è il bekti.
Il maggior prodotto minerale è il petrolio, che nel periodo 1921-25 ha fomito una media di 2761/2 milioni di galloni (249 galloni = 1 tonnellata metrica). Dello stagno e tungsteno, delle galene argentifere e delle gemme si è già fatta menzione: a questi è da aggiungere la famosa giada cinese, che è ricavata dalla Birmania settentrionale ed esportata in Cina per la via interna di Mogaung e Bhamo.
Da tempi immemorabili le principali vie per le comunicazioni interne sono date dall'Irawady con i suoi tributarî. Le ferrovie (2815 chilometri nel 1925) fanno più che altro da complemento: sono proprietà della provincia, ma gestite dalla Burma Railways Ltd. La più importante va da Rangoon a Mandalay, dove è interrotta dal corso dell'Irawady, ma riprende sull'altra riva di questo, proseguendo sino a Myitkyina. Mancano le comunicazioni ferroviarie con i paesi esterni ed anche al centro del bacino petrolifero, Yenangyaung, si accede per via fluviale. La viabilità ordinaria è in condizioni pessime: non c'è nemmeno una camionabile, e, dove non vi sono la ferrovia o il fiume, il viaggiatore deve servirsi di carri tirati da buoi, o di elefanti o muli, e difficilmente gli riesce di fare più di 25-30 km. al giorno. Fuori di Rangoon e di Mandalay mancano alberghi: vi sono però casette governative, dove si è accolti contro un piccolo pagamento, ma bisogna provvedere da sé al cibo e al letto. La maggior parte dei villaggi consiste d'un certo numero di capanne quadrangolari costruite di assi verticali e bambù. Il capo civile è il hugyi, scelto dal villaggio e riconosciuto dal governo.
Le industrie indigene comprendono la filatura e tessitura del cotone, ché le cotonate a buon mercato dell'Inghilterra e del Giappone, hanno quasi eliminato i tessuti di seta (specialmente ad Amarapura); l'industria della lacca (Pagan), la lavorazione dell'argento, del legno scolpito, della ceramica un po' dappertutto. Tra le industrie a grande organizzazione sono da ricordare quella forestale, le raffinerie di petrolio (Rangoon), le fonderie d'argento e di piombo (Namtu).
I principali prodotti esportati sono: riso, petrolio, legname, cotone. pelli e cuoi, metalli e minerali, legumi, caucciù, lacca; quelli importati: cotonate, macchine, masserizie, carbone, seta, zucchero. Nel 1925-26 il traffico marittimo totale della provincia è stato di quasi 100 milioni di sterline (9200 milioni di lire). L'86% di esso passa per Rangoon; altri porti notevoli sono: Bassein, ad occidente del delta, il porto del riso; Akyab, sbocco dell'Arakan; Moulmein, Tavoy e Mergui che servono il Tenasserim. Un terzo dell'esportazione va in India, più di un altro terzo ad altri paesi dell'Impero britannico e appena un quarto a paesi stranieri. Dell'importazione metà viene dall'India, 1/5 da paesi esteri e il resto da altri paesi dell'Impero britannico. Dall'Italia la Birmania importa tessuti di cotone e di lana, motori e materiale elettrico, vi esporta riso, pelli, cera di parafina e olio di pistacchio. La moneta in corso nel paese è quella dell'India.
Amministrazione. - La Birmania forma una delle provincie, la maggiore, dell'Impero anglo-indiano e dipende perciò dal segretario di stato per l'India residente a Londra. Il governo provinciale è affidato al governatore con una partecipazione assai larga dell'elemento indigeno. Il governatore è infatti assistito da ministri indigeni eletti da un consiglio legislativo di 92 membri. Di questi, il 60% almeno deve essere eletto dal voto popolare. Per l'amministrazione la provincia è spartita in 8 divisioni e le divisioni in distretti (35). I commissarî preposti ai distretti ne hanno il controllo completo, raccolgono le tasse, fungono da magistrati e rappresentano il potere esecutivo in ogni sua manifestazione. Gli stati indigeni (Shan e altri) sono amministrati dai loro Sawbwa o capi, con l'assistenza di un residente britannico.
L'insegnamento governativo comprende scuole complementari, secondarie e superiori, divise in due gruppi: le scuole inglesi, frequentate soprattutto dagli Anglo-Indiani, nelle quali l'insegnamento è impartito in inglese; e le anglo-indigene (vernacular), nelle quali si adopera la lingua indigena nelle classi inferiori e l'inglese nelle superiori. A Rangoon è sorta un'università con due colleges, uno cristiano e l'altro laico.
Bibl.: Trattazioni generali: J. G. Scott, Burma, A handbook of practical, commercial and political information, Londra 1925; id., Burma from the earliest times to the present day, Londra 1924; id., Gazetteer of Upper Burma and the Shan States, voll. 5, Rangoon 1900-01; H. T. White, Burma, Londra 1923; F. G. French e L. D. Stamp, A geography of Burma for schools, Londra 1924; J. Dautremer, Burma under British rule, Londra 1913; G. E. Harvey, History of Burma (to 1824), Londra 1925; L. Fea, Quattro anni fra i Birmani e le tribù limitrofe, Milano 1896.
Geologia: G. de P. Cotter, Mineral deposits of Burma, Rangoon 1924; J. Coggin Brown, Mineral deposits of Burma, in Records Geol. Survey India, LVI (1924); L. D. Stamp, An outline of the tertiary Geology of Burma, in Geol. Mag., 1922; id., seasonal rhythm in the tertiary sediments of Burma, in Geol. XL (1912); L. D. Stamp, Conditions governing the occurence of oil in Burma, in Bull. Inst. Petr. Techn., 1927, e in Bull. Amer. Inst. Petr. Geol., 1927.
Le pubblicazioni più importanti sulla geologia della Birmania si trovano nei Records and Memoirs of the Geological Survey of India e nei Transactions of the Mining and Geological Institute of India.
Clima: The Rainfall of India (Pubblic. annuale).
Vegetazione: L. D. Stamp, The vegetation of Burma, Calcutta 1925.
Popolazione: Census of India, 1921, X (Report and Tables).
Etnografia: Shaway Yoe, The Burman, his life and notions, Londra 1910; L. Scherman, Im Stromgebiet des Irawaddy, Monaco 1922; id., Wohnhaustypen in Birma und Assam, in Arch. f. Anthr., XIV, 1914; Ethonographical survey of India: Burma, Rangoon (1906-10); R. Heine Geldern, Kopfjagd und Menschenopfer in Assam und Birma, in Mitt. d. Anthr. Ges. in Wien, XLVII (1917); Mutterrecht und Kopfjagd im westlichen Hinterindien, ib., LI (1921); O. Hanson, The Kachins, Rangoon 1913; R. Halliday, The Talaings, Rangoon 1917; P. Ch. Gilhodes, numerose memorie sui Kachin, in Anthropos, 1908-1920; W. W. Cochrane, The Shans, Rangoon 1915.
Statistiche: Annual Reports, pubbl. dal governo della provincia sull'amministrazione (notizie generali); vedi anche le pubblicazioni annuali del governo dell'India.
Carte: Carte internationale au millionème. Il Survey of India pubblica carte alla scala di 1 miglio a 1 pollice (serie vecchie e nuove), 2 miglia a 1 pollice, 16 miglia a 1 pollice, e 32 miglia a 1 pollice.
Esercito. - La Birmania, facendo parte dell'Impero indiano, non ha esercito proprio. Il territorio è organizzato militarmente in un "distretto indipendente" della Birmania, con sede a Maymyo. Le truppe ivi dislocate comprendono normalmente una brigata di fanteria con sede a Rangoon, composta, come le altre brigate di fante ria indiana, di quattro battaglioni: uno inglese e tre indiani.
L'organizzazione cattolica. - Si comincia a far menzione della Birmania nella storia delle missioni cattoliche a proposito dei regni di Ava e di Pegu, che occupavano la regione meridionale di questo paese.
Primi a diffondere il cristianesimo in queste contrade furono alcuni dei tanti religiosi portoghesi che nei secoli XVI e XVII si credettero investiti della missione speciale di giustificare quella specie di monopolio che la corona di Portogallo si arrogava per la conversione degl'idolatri dell'India, dell'Indocina e della Cina. L'opera però di siffatti missionarî, per quanto ispirata da nobilissime intenzioni, sostenuta da ardente zelo e condotta attraverso a inaudite fatiche e pericoli, non fu sempre efficace. Le stesse conversioni in massa, a cui talvolta perveniva, non portavano che frutti effimeri ed erano accompagnate a breve intervallo da defezioni e apostasie. Il più delle volte mancava a quegli operai evangelici una preparazíone conveniente, un'organizzazione seria, una perseveranza e una continuità instancabile.
La missione della Birmania pertanto, può dirsi incominciata seriamente e con metodo, solo quando nel 1722, per consiglio di mons. Mezzabarba, essa fu assegnata ai padri barnabiti, e soprattutto quando il padre Galizia ne assunse la direzione in qualità di vicario apostolico.
L'opera apostolica però, se sulle prime fece concepire le migliori speranze, fu in seguito paralizzata, oltreché da un succedersi incessante di guerre che non ebbero termine se non con la definitiva occupazione del paese da parte dell'Inghilterra, da quella crisi religiosa che afflisse la chiesa cattolica allo scoppiare della rivoluzione francese. In conseguenza di essa, non potendo più i padri barnabiti continuare le missioni, furono sostituiti dagli Scolopî prima e poi dagli Oblati di Pinerolo, i quali pure dovettero abbandonare il campo. Per qualche tempo la missione di Birmania venne affidata al vicario apostolico del Siam, e soltanto nel 1866 si vide avviata a un miglior avvenire. Divisa in tre circoscrizioni, venne ripartita tra la società delle missioni estere di Parigi e quella delle missioni estere di Milano. Alla prima toccarono i distretti della Birmania settentrionale e meridionale, alla seconda fu assegnata ia Birmania orientale.
L'ordinamento del 1866 continuò fino a questi tempi, non senza però lievi modificazioni ai confini delle tre circoscrizioni. È di questi ultimi tempi lo sdoppiamento del vicariato della Birmania orientale, mediante il distacco della prefettura apostolica di Kengtung, alla quale fu assegnato il territorio situato tra il Mekong e il Saluen. Essa venne istituita specialmente per facilitare la conversione delle popolazioni degli stati Shan.
L'innovazione ha poi reso conveniente la sostituzione del nome di vicariato apostolico della Birmania orientale in vicariato apostolico di Tungoo, che è appunto la città nella quale ha la sua residenza il superiare della missione.
Nei quattro vicariati che comprendono 49 distretti e 67 residenze, vivono complessivamente circa 100.000 cattolici; vi si contano 589 fra chiese e cappelle, con 30 preti regolari, 39 preti indigeni, 253 suore.
Lingua e letteratura.
Myanma è il nome che i Birmani dànno a sé stessi, al loro paese, e alla loro lingua. Il myanma o birmano è una lingua tonale che appartiene alla famiglia cino-tibetana (o indo-cinese). Il miglior birmano è parlato nella Birmania superiore. Per la sua dolcezza e scorrevolezza è spesso detto l'italiano dell'Estremo Oriente. E parlato da 11.680.981 persone.
Vi è ragione di credere che sua patria originaria fossero gli altipiani cino-tibetani dell'Asia centrale e che si diffondesse a sud lungo la valle dell'Irawadv fino alla pianura birmana dove ora è parlato quasi universalmente. A conferma di questa opinione si può osservare che i Marus, tribù selvaggia di montanari che vive all'estrem0 nord della Birmania, parlano una lingua che somiglia moltissimo al birmano..
Come il cinese e il tibetano, il birmano è una lingua monosillabica; ma col volger del tempo alcune sillabe hanno perduto il loro significato e si sono amalgamate con altre: nuove parole, alcune delle quali di più che una sillaba, sono state prese a prestito da altre lingue: inoltre, col diffondersi del buddhismo dall'India, quando il pāli divenne la lingua religiosa della Birmania, molte parole, alcune delle quali non sono monosillabi, penetrarono nel birmano. È tuttavia facile constatare che in origine la lingua consisteva di nomi, verbi, particelle monosillabiche.
Aijabeto. - L'alfabeto, che deriva dall'antico nagari attraverso quello usati per il pāli (v.), cioè la lingua in cui sono redatti i testi buddhistici del canone meridionale, consta di tredici vocali e trentadue consonanti. Poiché è stato preso da una lingua straniera, non corrisponde al sistema fonetico birmano: pertanto molte lettere, quanto a suono, costituiscono dei duplicati; alcune sono usate solo per scrivere parole d'origine pāli; altre, sono mute.
A eccezione di tre o quattro lettere, la scrittura birmana consiste in circoli e segmentì di circoli che hanno acquistato questa forma dal costume di scrivere con uno stilo appuntito su foglie di palma, prima che si usasse la carta. Il birmano si scrive da sinistra a destra, con righe che sembrano ininterrotte perchè tra le parole non si lasciano spazî e non vi sono che pochi paik o punti fermi. Non esistono maiuscole.
Fonetica. - Le consonanti si dividono in gutturali, palatali, cerebrali, dentali e labiali; inoltre quattro liquide, una sibilante, un'aspirata e una semivocale. Ciascun gruppo comprende cinque lettere: la prima è la sonora semplice, la seconda l'aspirata corrispondente, la terza il suono sordo o duro della prima, la quarta l'aspirata di quest'ultima (ma questa aspirazione è ora perduta) e la quinta è una nasale. Le consonanti hanno nomi che le descrivono, come ka gyi, il grande ka. Alcuni dei nomi sono singolari, come "ta con la pancia", "ba con la gobba", "da acquatico". Le vocali non hanno nomi che le distinguano, ma una loro particolarità è che quando sono combinate nella scrittura con delle consonanti vengono rappresentate da simboli. Ad ogni consonante è inerente la vocale a, e così k, b, m, sono ka, ba, ma, eccetto quando la lettera è "uccisa" dal segno athat ("ciò che uccide"), nel qual caso la pronuncia muta, e il suono a scompare. I principianti sono spesso messi a dura prova e scoraggiati dalla difficoltà della lettura: ma le combinazioni possibili sono pochissime. Dei suoni consonantici quattro soli possono essere usati come finali; le vocali a, i, u possono essere seguite solo da t o r finale; e è seguita solo da t e o solo da k ed n. L'alfabeto non comprende né è né v.
Accenti. - Vi sono tre accenti o intonazioni, benché alcuni autori non lo ammettano. Si chiamano l'accento naturale o base abrupto o interrotto, e pesante o grave, sebbene il parlare di suono piano, staccato ed enfatico forse costituisca una terminologia più comprensibile. Parole scritte allo stesso modo mutano di significato con il mutare dell'intonazione. Così taung, pronunciato con l'intonazione base significa monte, col tono interrotto (quando la voce si arresta improvvisamente come se il parlante, mentre pronunciava la parola, avesse urtato casualmente contro qualcosa di duro) significa "essere rigido", e pronunciato col tono pesante (nel quale il suono è prolungato, profondo e forte) significa "chiedere, domandare". L'elevazione della voce che gli occidentali usano per fare un'interrogazione non ha senso per un birmano. Noi possiamo mutare la frase "Sta piovendo" in una interrogazione usando una certa intonazione, ma in birmano, qualunque sia l'intonazione, la frase avrà sempre senso affermativo. Per mutare la frase in una interrogazione, questa deve essere seguita da una delle particelle interrogative, la, le, i o ni. Queste particelle non si possono scambiare tra loro e occorre studiare il loro giusto uso. Fortunatamente in birmano, a differenza dal cinese, i toni sono sempre indicati per mezzo di punti o di segni diacritici. Un punto dopo una parola sta ad indicare che essa deve essere pronunciata con il tono interrotto, e due punti, che deve essere pronunciata con il tono grave. La parola senza punti è quella col tono naturale o tono base. Tutte le consonanti isolate vengono pronunciate come se fossero seguite da un punto, cioè col tono interrotto. La conoscenza di queste intonazioni è di capitale importanza e non si può trascurare, se si vuol parlare in modo intelligibile; né si possono omettere i punti nella scrittura. Come nella maggior parte delle lingue, le variazioni fonetiche, derivanti dalla posizione di una parola nella frase, sono comuni parlando e leggendo. Così, sa scritto è spesso pronunziato za. È tendenza generale mutare il k in g, il p in b, l's in z, il t in d. Così, parlando e leggendo, la pa "venite, prego" diventa la ba; lu kyi, "uomo grasso" diventa lu gyi.
Ordine delle parole. - Riguardo all'ordine delle parole nella frase, il verbo o predicato è posto sempre alla fine, le preposizioni seguono i nomi e sono perciò post-posizioni, gli aggettivi generalmente seguono i nomi che qualificano, gli avverbî precedono i verbi. Il soggetto, di solito, è posto prima dell'oggetto, ma non sempre.
Particelle. - Il birmano non è una lingua a flessione, cioè in esso le parole non cambiano la loro forma come uomo: uomini, andare: andato, e tutte le parti del discorso sono formate da prefissi e da affissi (particelle) alcuni dei quali hanno perduto il loro significato; mentre le parole radicali non mutano. Le parole radicali sono i mattoni e le particelle sono la malta con la quale i periodi vengono costruiti. Il seguente esempio spiegherà: lu è la parola radicale che significa "uomo", lu do è "uomini", poiché do è il suffisso plurale per gli esseri umani; thwa è "va", thwa: pyi: -byi "andato". Così lu do thwa: pyi: byi significa "gli uomini sono andati".
Parti del discorso. - Non è possibile qui addentrarsi in particolari; segnaleremo solo pochi punti salienti, per ciò che riguarda la formazione delle varie parti del discorso.
Non vi sono articoli definiti. "L'uomo" è "un solo uomo" .Il plurale è formato dagli affissi to o do e mya. È a volte espresso con la ripetizione del nome. Non vi sono generi artificiali o grammaticali come in italiano e in francese; generi in birmano sono i naturali: maschile e femminile per ciò che è rispettivamente maschio e femmina.
Il tempo presente e il passato dei verbi non sono distinti da alcun esponente speciale. Il suffisso pyi esprime l'aspetto verbale: il suo uso caratteristico è nel mostrare che l'azione designata dal verbo è stata cominciata. Esso non esprime in alcun modo che l'azione sia stata compiuta. Così: sa: pyi "(egli) ha iniziata l'azione di mangiare (sa)"; sa: pyi: byi "ha finito di mangiare".
I verbi ausiliari, dei quali vi è una lunga serie, sono molto usati. Significano "essere facile", "essere difficile", "desiderare", "cominciare", "provare", "esser capace", "osare", e sono posti dopo il verbo principale. Così lok "fare", lok tat "saper fare", lok aaing "esser capace di fare", lok sa "cominciare a fare", lok wun "osare di fare". I verbi intransitivi si trasformano in transitivi con l'aspirazione della consonante iniziale, così: n "esser sveglio", hno "svegliare". Non c'è forma passiva; l'idea del passivo è resa con l'uso di un verbo attivo sottintendendo il soggetto; così "questo libro fu stampato l'anno scorso" è reso così (io, noi, essi) "stamparono questo libro l'anno scorso" o usando il verbo khan "sopportare, soffrire, patire"; così "io fui battuto" diventerebbe "io patiì una battitura".
I casi dei nomi sono formati dagli affissi, thi, ka, i, ko, tho, a. Alcuni di essi sono stati presi, è ovvio, da preposizioni, come mostra l'esempio che segue; altri hanno perduto il loro significato: ahpe gatha go yaik thi: ahpe ("padre"), ga (affisso del nominativo, soggetto), tha: ("figlio"), go (accusativo, oggetto), yaik (verbo "battere"), thi (affisso del tempo). Poiché ga e go sono preposizioni che significano "da" e "a (verso)", l'idea che un Birmano ricava dalla frase su riferita è "dal padre al figlio batte", cioè "il padre batte il figlio".
L'uso di accoppiare verbi sinonimi, o quasi, è comune, e lo scopo è quello di completarne e determinarne il significato. Basterà un solo esempio: il verbo "scegliere" è yu: kauk, che è composto da yue: "scegliere" e kauk "raccattare, o beccare come una gallina mentre mangia". Perciò il primo di questi verbi sarebbe sufficiente.
Un'altra particolarità del bimiano è l'uso, con i numeri, di affissi esprimenti il numero o il genere. Questi affissi esprimono la forma, la natura, l'uso o altro attributo del nome con il quale sono usati; così, in una certa misura, aiutano a identificare il significato del nome. Perciò quando un Birmano unisce un numero a un nome. non usa il semplice numerale, come quando noi diciamo "un uovo", ma unisce ad esso un nome di gruppo, affisso numerale, e per "un uovo" dice "uovo uno rotonda cosa", u ta lon:. Infatti lon: è l'affisso per tutte le cose rotonde (uova, frutta, palle). "Un carro" è hlè ta si, cioè "carro una cosa sulla quale si è trasportati"; si è l'affisso numerale per cose e animali su cui si è trasportati.
Il numero delle preposizioni è molto piccolo. Non ci sono preposizioni quali "su", "sotto", "sopra", e alla loro assenza si supplisce con l'uso di nomi composti che denotano luogo e spazio, e sono usati con preposizioni. Così "sotto un albero" è letteralmente in birmano "nello spazio, sotto di un albero" dove il concetto di "spazio-sotto" è dato dal cosiddetto nome secondario auk; "sopra un albero" è "nella parte superiore di un albero", in cui il concetto di "parte superiore" è reso dalla parola apaw.
Pochi sono i pronomi personali e al loro posto sono usati i nomi. Ciò è fatto per educazione e per timore di offendere, poiché i pronomi personali mettono spiccatamente in rilievo i varî gradi sociali. Una conversazione fra persone elevate è perciò fatta in terza persona. Così invece di dire "tu" un Bimiano usa il titolo che si riferisce alla professione della persona alla quale si rivolge, p. es.: "maestro", "ufficiale", "giudice", "mercante" "dottore" così come noi diciamo "l'eccellenza vostra. Se manca un titolo viene usata la parola che denota la parentela, come "nonno", "nonna", "zio", "zia", "fratello", "sorella", o una parola che abbia riferimento con qualche opera meritoria religiosa, che sia stata compiuta o si ritiene sia stata compiuta dalla persona alla quale ci si rivolge, come "costruttore di una pagoda", oppure "costruttore di un monastero". Per "io" il surrogato più comune è "vostro schiavo" o, trattandosi di un monaco, "il vostro discepolo".
Formazione delle parole. - Come il tedesco, il birmano ha la possibilità di formare i nomi composti unendo due nomi. Le parole birmane sono formate in parecchi modi con particelle prefisse o affisse, con la riunione di due nomi o di due verbi, o di un verbo e di un nome, o di un nome e un aggettivo. Esempi sono: lok "fare", alok "lavorare", lok chin "modo di lavorare" mi:-ein "lampada" composto da mi: "fuoco" e ein "casa"; da:-ein "fodero), composto da da: "spada", e ein "casa"; lan: pya "guida" da lan: "via" e pya "mostrare"
Parole straniere. - I particolari dei processi linguistici sono generalmente oscuri, ma nella Birmania, specialmente per le parole inglesi, è possibile vedere come siano entrate nell'uso e osservare i cambiamenti che hanno avuto luogo. Così c'è thamman per summons ("citazione"), wayan per warrant ("garanzia" o "polizza"), bilit per bailiff ("birro"), paleik per police ("polizia"), mota-ka per motorcar ("automobile"), myunicipè per municipal ("municipale"), wisaki per whisky, byandi per brandy ("acquavite"), kawhpi per coffee ("caffè), chawkaleik per chocolate ("cioccolata").
La lingua parlata. - Nel birmano parlato molte parole sono abbreviate e le variazioni fonetiche sono portate fino alle estreme possibilità, specialmente per gli affissi. Così l'affisso temporale thi diventa tha, tè o dè, l'affisso dimostrativo thi diventa di, le congiunzioni hnin e hlyin diventano nè e yin, il pronome interrogativo abè diventa bè e be ha diventa ba.
Poiché "sì" e "no" sono considerate troppo brevi per essere espressioni cortesi, si usano raramente, e rispondendo si deve ripetere il verbo usato nella domanda. Così alla domanda "state andandovene" la risposta sarebbe "sto andandomene"; a "state bene?", "io sto bene"; a "verrete a pranzare?", "verrò a pranzare".
La letteratura. - Il birmano ha due generi di letteratura: la pāli, che è la lingua morta delle scritture buddistiche e la birmana. Noi ci occupiamo della seconda. Il Maha Jazawin (Cronaca reale) è una storia ufficiale di tutti gli avvenimenti prosperi; così le annessioni all'Inghilterra delle varie parti di Birmania sono rigidamente escluse o appena accennate. Le Jataka, assai numerose, sono le storie delle vite del Buddha-Gautama nelle sue varie esistenze. Le più conosciute di queste opere sono la Wethandaya Jataka Wuttu e la Maha Zanekka Jataka Wuttu, che contengono alcuni dei più bei brani in lingua birmana. Vi sono anche parecchi libri di versi.
Recentemente sono stati scritti molti romanzi di stile europeo, ma non si può dire che alcuno di essi abbia un valore rilevante. Con il diffondersi dell'uso della stampa vengono pubblicati anche giornali nelle maggiori città.
I Birmani amano gli spettacoli teatrali che sono per la maggior parte derivati dalle Jataka. Da principio, e ancor oggi nell'interno della Birmania, gli spettacoli erano tenuti in aperta campagna ed erano liberi a tutti, e gli attori erano pagati da qualche generoso o ricco mecenate; ora, nelle principali città, sono tenuti in edifici e il pubblico deve comperare il biglietto d'entrata. Nelle commedie appare sempre la regalità e sebbene esse siano d'argomento religioso, è permessa ai buffoni e saltimbanchi una libertà di linguaggio che non sarebbe tollerata in Europa.
Bibl.: Herbert White, Burma, Cambridge 1923; Shwe Yoe, The Burman, his life and notions, Londra 1896; padre Sangermano, Burmese Empire, Rangoon 1885; Judson, Burmese-English Dictionary, Rangoon 1914; J. E. Bridges, Burmese Grammar, Rangoon 1915; A. W. Londsdale, Burmese Grammar and grammatical Analysis, Rangoon 1899; J. E. Bridges, Burmese manual, Rangoon 1906; Armstrong e Pe Maung Tin, Burmese phonetic reader, Londra 1925; R. F. St. A. St. John, Burmese reader, oxford 1894; Taw Sein Ko, Elementary handbook of Burmese language, Rangoon 1913; Tun Nyeim, English-Burmese Dictionary, Rangoon 1917; Latter, Grammar of the Burmese language, Londra s. a.; Grant Brown, Half the battle in Burmese, Oxford 1910; Maha Zanekka Jataka Wuttu, Rangoon 1922; Wethandaya Jataka Wuttu, Rangoon 1925.
Arte.
L'arte birmana s'è andata svolgendo al contatto dell'arte indiana, dalla quale ha tratto numerosi elementi. Le forme indiane passarono nella Birmania sia direttamente per mezzo dei coloni emigrati dalla costa d'Orissa, sia indirettamente attraverso il Tibet, Ceylon e il Cambodge. Che le relazioni con l'India fossero continue, lo attesta il fatto che nel 1105 e nel 1298 architetti birmani collaborarono ai restauri del celebre tempio della Mahâbodhi a Bodh-Gaya. Anche qualche elemento cinese e musulmano è penetrato nell'arte birmana, come pure vi si scorgono influenze europee a cominciare dal sec. XVIII.
Benché nei bacini inferiori dell'Irawady e del Sittang, e in modo speciale nelle antiche sedi indù di Prome e di Tathôn, esistano vestigi bramanici assai numerosi, pure la storia dell'arte birmana è quella d'un'arte buddistica. La forma di buddismo predominante in Birmania è quella detta Hinayâna o "Piccolo Veicolo" mentre le dottrine del Mahâyâna ("Gran Veicolo") hanno influito piuttosto sulle credenze e sulle pratiche popolari, e solo sotto certi aspetti sull'arte birmana (affreschi tantrici di Minnanthu, del tredicesimo secolo).
Un'epoca di fioritura artistica comincia col re Anorattha (1040-1077). Conquistatore ed apostolo allo stesso tempo, egli avrebbe fatto erigere più di cinquemila santuarî nel paese sottoposto al suo dominio; però non fu certo lui, bensì uno dei suoi successori, che edificò il famoso tempio d'Ananda a Pagan (1082-1090). Questo tempio, che ha pianta a croce greca, racchiude parecchie cappelle precedute da vestiboli. È costruito in mattoni, ma le sue mura esterne e le terrazze sono decorate di bassorilievi in terra cotta smaltata, rappresentanti scene ricavate dalle Jataka o esistenze anteriori del Buddha. Sulle pareti della galleria principale grandi pannelli in legno scolpito e dipinto riproducono la vita del Beato. Il centro del tempio è occupato da quattro Buddha in piedi, di proporzioni colossali, orientati verso i quattro punti cardinali.
L'architettura birmana è una mescolanza complessa di stili e di tradizioni. Gli stupa ora s'affilano in cuspidi, ora s'arrotondano in cupole a bulbo o in calotte emisferiche, di dimensioni talvolta gigantesche. Per lo più questi monumenti si elevano sopra un basamento di diversi piani e sono costruiti in mattoni ricoperti di gesso fine, la cui bianchezza risplendente tra il verde delle risaie e degli alberi tropicali è meravigliosamente pittoresca. Il tutto è sormontato da parasoli sovrapposti, formati di dischi dorati. I templi propriamente detti o pagode s'innalzano spesso sopra un piano quadrato o crucifomme. Quelli dei secoli XIII e XIV ricordano l'architettura dell'India meridionale. Tra le forme decorative che gli artisti birmani usano di preferenza, v'è il mostro marino o "makara", il leone stilizzato, il serpente a più teste, il loto, il mascherone, l'archetto ornato di fiamme, la finestra traforata. A questi elementi d'origine indiana s'aggiunge il dragone cinese e, nelle costruzioni recenti, qualche motivo tratto dall'arte europea. L'uso dell'arco a tutto sesto non è raro.
Le antiche tradizioni si sono mantenute nell'architettura birmana fino ai tempi moderni. Così il magnifico palazzo, che è anche cittadella, di Mandalay, terminato nel 1859 sotto il regno di Mindon Min, può dirsi la perfetta evocazione di una residenza medievale, con le sale d'udienza pompose, gli appartamenti sontuosi, i padiglioni, le terrazze e le fontane, il tutto circondato da mura e da fossati. Tutti gli edifici di Mandalay sono costruiti con materiale leggiero, perché la pietra in Birmania è raramente usata.
La scultura birmana non ha l'impronta d'una grande originalità; le forme plastiche sono assai fiacche, sebbene non prive di una certa attrattiva. Quantunque siano abili nel lavorare in bronzo, i Birmani non possono rivaleggiare coi Nepalesi e coi Tibetani nell'arte di fondere e di cesellare gl'idoli buddistici. Ma in compenso la scultura in legno ha raggiunto presso gli artisti birmani un alto grado di perfezione; disgraziatamente essi, come quelli del Siam, hanno una singolare predilezione per la doratura e gli ornamenti di vetro.
La pittura birmana è rappresentata da miniature, da quadri su legno e da affreschi. Speciale importanza hanno gli affreschi del tempio roccioso di Kyanzittha, perché vi si vedono rappresentati guerrieri mongoli e perché rievocano la presa di Pagan da parte degli eserciti di Kublai Khān nel 1287. I manoscritti sono eseguiti ora su foglie di latania, ora su rame o pezzi di stoffa laccati, e spesso hanno un'ornamentazione ricchissima.
Prosperano altresì in Birmania la scultura su avorio, l'oreficeria e la tessitura di sete broccate.
Bibl.: Fergusson, Burgess and Phené Spiers, History of Indian and Eastern Architecture, Londra 1910; De Beylié, L'architecture hindoue en Extrême-Orient, Parigi 1907; V. C. S. O' Connor, Mandalay and other cities of the past in Burma, Londra 1907; De Beylié, Prome et Samara, Parigi 1907; F. Benoit, L'architecture. L'Orient médiéval et modérne, Parigi 1912; Ch. Duroiselle, Guide to the Mandalay Palace, Rangoon 1925; A. K. Coomaraswamy, History of Indian and Indonesian Art, Londra 1927; Th. H. Thomann, Pagan, ein Jahrtausend buddhistischer Tempelkunst, Heilbronn 1923; E. Huber, les bas-reliefs du temple d'Ananda à Pagan, in Bulletin de l'École Française d'Extrême-Orient, XI (1911); Reports of the Superintendent of the Archaeological Survey, Burma, Rangoon; Annual Reports, Archaeological Survey of India (vi si trovano numerosi articoli illustrati sull'arte e l'archeologia della Birmania).
V. tavv. I a X.
Storia.
Storia dell'esplorazione. - Italiani furono i pionieri nella scoperta della Birmania, a cominciare da Marco Polo, che la rivelò all'Europa quando, qualche anno dopo il suo arrivo alla corte mongola (1275), inviato dal Gran Khan in missione diplomatica allo Yün-nan, traversò la valle del Lu (alto Saluen) e lo spartiacque a occidente di esso, scendendo per la valle dello Shweli all'Irawady. È probabile che egli non sia pervenuto fino all'odierna Pagan, a quel tempo capitale della Birmania; ad ogni modo raccolse sufficienti notizie per descrivere la magnificenza dei suoi monumenti. Un secolo e mezzo dopo, Nicolò de' Conti, dopo aver peregrinato varî anni in India, passò dal Bengala all'Arakan, e, risalito il fiume, in 17 giorni compié poi la difficile traversata dei monti che lo separano dall'Irawady. Raggiunto questo fiume a valle di Ava, risalì lentamente la corrente fino alla città; scese poi a Pegu, che nessun europeo aveva ancora veduta, e a Sittang, alla foce del fiume omonimo, dove s'imbarcò probabilmente per le isole della Sonda. Per il primo descrisse i tatuaggi dei Birmani, e il famoso elefante bianco. Ancora, tra il 1496 e il 1499, Girolamo di Santo Stefano e Girolamo Adorno, genovesi, raggiunta per mare la Birmania, pervennero a Pegu, donde, morto l'Adorno, l'altro proseguì il viaggio a Sumatra. Pochi anni dopo (1502-08), fu a Pegu ed ebbe udienza dal re il bolognese Ludovico di Varthema, recandosi dall'India a Malacca e a Sumatra. Nel 1567 Cesare Fedrici (o Federici), proveniente da Malacca, sbarcò a Martaban, alla foce del Salun; vi si trattenne quasi due anni, indi fece lunga dimora a Pegu; descrisse nella sua relazione la città e la magnificenza della corte, dei palazzi, delle pagode, la cattura degli elefanti selvatici, il commercio, ecc. Anche più ricca di notizie è la relazione del veneziano Gasparo Balbi (1583), in troppa parte però derivata dal Fedrici.
Dopo l'inglese R. Ficht che, venuto subito dopo il Balbi, lasciò anche una diffusa relazione del paese, la serie dei viaggiatori si interrompe. Del sec. XVII abbiamo solo una descrizione della traversata dell'Arakan Yoma e della capitale omonima, dovuta a Sebastián Manrique ivi pervenuto dall'India nel 1612 con altri tre missionarî agostiniani.
Nel sec. XVIII varî missionarî italiani esercitarono il loro apostolato nel Pegu. Uno di essi, rimasto anonimo, recò a Propaganda Fide nel 1776 i primi caratteri birmani, che servirono a Melchiorre Carpano di Lodi, anch'esso reduce da Ava, per pubblicare l'Alphabetum Barmanorum. Successivamente il padre Gaetano Mantegazza portò a Roma disegni più precisi dei caratteri birmani e i rudimenti della lingua. Il più illustre per la sua dottrina, fu il padre Vincenzo Sangermano da Arpino, barnabita, arrivato in Birmania nel 1783, e tornato a Roma nel 1806; scrisse tra altro un'eccellente Relazione del regno birmano, pubblicata a Roma nel 1833. In questo periodo (1795), arrivò in Birmania un'ambasciata inviata dal governo dell'India al regno di Ava, diretta dal col. Michael Symes, insieme con il col. Wood, esperto topografo e geodeta, e col dott. F. Buchanan. geografo; la missione eseguì un buon rilevamento dell'Irawady da Rangoon ad Ava, e raccolse larga messe d'informazioni. Le conoscenze della regione si accrebbero durante la guerra anglo-birmana (1824-26), avendo i topografi raccolto larga messe di dati specialmente sulle regioni di confine tra Assam e Birmania.
Dopo la guerra John Crawfurd risalì l'Irawady fino a poco sopra Ava, e dal suo soggiorno ricavò il materiale per una relazione sul paese che può veramente dirsi classica, edita nel 1829. Da allora si iniziò veramente l'esplorazione della Birmania, per opera di una serie di viaggiatori inglesi, che si proposero di ricercare le vie di comunicazione esistenti con i paesi vicini, Siam, Assam, Laos e Yün-nan.
Notevole fra essi il dott. D. Richardson, che fra il 1829 ed il 1838 fece cinque volte la traversata da Moulmein, nel Golfo di Martaban, al Siam percorrendo a lungo le valli del Saluen e del Meping, affluente del Menam; il cap. McLeod intanto esplorava largamente i paesi Shan.
Negli anni 1835-36, il cap. S. F. Hannay, per primo, esplorò l'alto bacino dell'Irawady risalendo il fiume in barca da Ava fino a Bhamo e dalla confluenza del Mogaung pervenendo al bacino sorgentifero del Chindwin. Quasi contemporaneamente (1836-37) il dott. Bayfield raggiungeva dalla valle del Chindwin la cresta della catena frontiera dell'Assam.
Dopo la seconda guerra anglo-birmana (1852) l'esplorazione si rivolse di nuovo verso le frontiere orientali e settentrionali, alla ricerca di vie commerciali con il Siam e con la Cina. Specialmente ricordevole, nel 1868, una missione ufficiale, comandata dal maggiore Sladen, pervenuta a Bharmo, indi proseguita su per il Taiping, affluente dell'Irawady, fino a Momein (Tengyuch-chan) nello Yünnan raccogliendo abbondante materiale di osservazioni sulle popolazioni primitive di frontiera (Shan e Kakyen) e rilevando tre vie diverse fra Bhamo e Momein. Nel 1879-80 l'esploratore indigeno Moung Alaga, mandato alla ricerca delle sorgenti dell'Irawady, da Bhamo raggiunse la biforcazione del fiume (26° 8′ lat. N.), accertando che il ramo orientale è il più piccolo; ma non poté arrivare alle sorgenti.
Con la campagna inglese per l'annessione dell'Alta Birmania (1885-86) si collega molto lavoro esplorativo e cartografico, proseguito per varî anni, in cui ebbe larga parte il col. Woodthorpe, In questi stessi anni (1885-1889) Leonardo Fea, genovese, naturalista e viaggiatore di tempra eccezionale, percorreva la Birmania da un estremo all'altro, formando ricche collezioni della fauna e della etnografia. Risalì l'Irawady a Mandalay e a Bhamo, e nel ritorno perdette gran parte delle raccolte nell'insurrezione e nel saccheggio di Mandalay (1885); spedì il resto in Europa da Rangoon, e rifece tutto il viaggio fino a Bhamo per completare la collezione etnografica. Poi si rivolse alla Bassa Birmania, al Tenasserim e al paese dei Karen Rossi, facendo centro a Moulmein, proseguendo il suo lavoro malgrado ostacoli di ogni genere e malattie; e redasse una tra le più importanti relazioni descrittive della Birmania. Negli anni successivi (1881-91) J. F. Needham percorse le vie attraverso le Patkoi Hills fra l'Assam e l'Alta Birmania; contemporaneamente, il ten. Eliott e il magg. Hobday risalirono il ramo occidentale dell'Irawady (Mali Kha) e breve tratto del ramo orientale ('Nmai Kha), inoltrandosi nei territorî di varie tribù semi-indipendenti verso il confine del Yün-nan.
L'estrema lingua settentrionale dell'Alta Birmania, a N. di Myitkyina e della biforcazione dell'Irawady, abitata da tribù semi-indipendenti, richiese varie altre spedizioni prima di essere discretamente conosciuta. Sono da ricordare i viaggi del principe Henri d'Orléans nel 1896, di E. C. Young, che nel 1905 traversò l'estrema Birmania settentrionale recandosi dal Yün-nan all'Assam per via più diretta dei predecessori, del cap. B. E. A. Pritchard, che, partito da Myitkyina alla fine del 1911, risalì il'Nmai Kha, ramo orientale dell'Irawady fino a circa 27° 30′ lat., poi si rivolse a O., per le le valli percorse dai rami d'origine del Mali Kha, e traversò lo spartiacque seguendo il Lohit afluente del Brahmaputra.
Vicende politiche. - La Birmania (Burma, Birma) nell'antichità fu assai poco nota, e confusa con l'India, o con l'Indocina. Poco sappiamo anche della sua storia interna; le tradizioni sono molto vaghe. Di certo pare che essa fosse soggetta al Pegu, quando nel 1750 Alompra (Alaung-Prah), contadino birmano, diede inizio a una rivoluzione, il cui risultato fu la riunione del Pegu, della Birmania e di molte regioni contermini sotto un'unica monarchia, che per qualche tempo (1762-1771) dominò anche il vicino Siam. Per circa mezzo secolo la dinastia di Alompra governò con ferrea mano il paese, risiedendo a Rangoon, dopo che fu messa da parte l'antica capitale Ava; ma frequenti furono i conflitti coi vicini possedimenti della Compagnia inglese delle Indie Orientali, a cagione dei numerosi fuggiaschi delle provincie sottomesse che, rifugiatisi nel vicino possesso inglese di Chittagong, ceduto alla Compagnia da Mir Capin, nabab del Bengala, facevano scorrerie e prede nel nuovo stato. Nel 1818 i Birmani, approfittando d'un momento in cui la Compagnia si trovava a mal partito per l'insurrezione di altri popoli dell'India, minacciarono Assam e avanzarono anche pretese sulla stessa Chittagong; ma una sconfitta subita ad opera dei Siamesi li indusse a più miti consigli. Quando nel 1822 Assam fu soggiogata, essi ricominciarono le ostilità contro i possessi inglesi; dopo una lunga e faticosa campagna il generale Campbell (1824) occupò con una flottiglia la foce dell'Irawady, s'impadronì di Rangoon, ma il capo birmano, che alla sua volta aveva attaccato il Bengala, tornò indietro e bloccò Campbell. Questi poté tuttavia liberarsi, sconfiggere il nemico e risalire con la sua flottiglia l'Irawady, finché nel febbraio 1826 costrinse il re alla pace, a cedere agl'Inglesi le fiorenti provincie del Tenasserim e dell'Arakan e ad accettare un residente della compagnia ad Ava. La cessione del Tenasserim, lungo le coste occidentali della lunga penisola, che termina a Malacca, diede agl'Inglesi una posizione vantaggiosissima per tenere la Birmania in soggezione: ma il governo birmano si dimostrava ben poco disposto ad accogliere con simpatia i mercanti inglesi e a favorire il loro commercio.
Il governatore generale Dalhouse, per proteggere i suoi connazionali, nel 1851 mandò una nave da guerra a Rangoon; ma i Birmani l'accolsero a cannonate. Questa provocazione determinò la Compagnia a una nuova guerra. Ad una ad una caddero in potere degl'Inglesi Martaban, Rangoon, Baffein, tutti i porti principali della Birmania. Caddero poco dopo, ad opera del comandante generale Godwin le città di Prome e di Pegu, ma un'avanzata fino ad Ava, progettata dalla Compagnia per porre rapidamente fine alla guerra, non poté essere eseguita, data la enorme distanza dalla base inglese e le difficoltà logistiche. Venne però proclamata l'annessione della Bassa Birmania, o Pegu, che fu dichiarata provincia dell'India inglese (1852). Il sultano di Birmania dovette rassegnarsi a vedere il residuo del suo stato tagliato fuori dal mare; ma egli continuò a rifiutare agl'Inglesi ogni agevolazione commerciale fidando nell'ostacolo che la natura opponeva ad ogni ulteriore avanzata inglese.
Dopo la soppressione della Compagnia, la Bassa Birmania diventò una provincia dell'Impero anglo-indiano: e il governo, con vigile occhio, spiava le occasioni per togliere di mezzo quello stato confinante e sempre pronto a turbare il suo pacifico possesso. Sotto il vicereame di lord Dufferin, quando già da alcuni anni le relazioni diplomatiche erano rotte e il rappresentante inglese richiamato dalla corte di Ava, il re di Birmania iniziò accordi con la Francia, divenuta signora di una parte dell'Indocina (1884), per aprire i suoi territorî al commercio francese. Lord Dufferin mandò al re un ultimatum, intimandogli di non mantenere relazioni con altre potenze senza il consenso del governo dell'India; e poiché il re Thebaw rifiutò, le truppe inglesi, condotte dal generale Predegast, risalirono l'Irawady con una flottiglia sino a Mandalay e costrinsero il re ad arrendersi. Fu proclamata senz'altro l'annessione della Birmania settentrionale all'Impero anglo-indiano (gennaio 1886).
Ma, se la famiglia reale e la capitale cedettero, gli abitanti opposero un'energica resistenza. Fu necessaria una lunga campagna nella quale numerose colonne inglesi ebbero a subire rilevanti perdite.
Per effetto dell'India Act del 1919 e di altra deliberazione del 1924, la Birmania è diventata una provincia dell'Impero, con un governatore, assistito da un consiglio esecutivo e da un consiglio legislativo, di 103 membri, di cui 79 elettivi e 24 nominati dal governo ex officio.
Bibl.: G. Scott, Burma from the earliest times to the present day, Londra 1924; Roberts, History of British India, Oxford 1923.