Blade Runner
(USA 1982, colore, 118m); regia: Ridley Scott; produzione: Michael Deeley; soggetto: dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheeps? di Philip K. Dick; sceneggiatura: Hampton Fancher, David Peoples; fotografia: Jordan Cronenweth; effetti speciali: Douglas Trumbull, Richard Yuricich, David Dryer; montaggio: Terry Rawlings; scenografia: Lawrence G. Paull; costumi: Charles Knode, Michael Kaplan; musica: Vangelis.
Los Angeles, 2019. Immersa in una notte perenne, la città soffoca sotto lo smog e le piogge acide. Chi può permetterselo lascia la Terra per tentare la fortuna nelle colonie spaziali, affidando i lavori più ingrati e pericolosi ad androidi chiamati 'replicanti'. I progressi dell'ingegneria genetica tendono a creare esseri sempre più vicini all'uomo. L'ultimo modello della Tyrell Corporation, Nexus 6, rende praticamente impossibile la distinzione. Di intelligenza pari all'uomo (ma fisicamente superiori), i Nexus 6 sono in grado di provare emozioni e rivivere i ricordi di un passato innestato. L'unica differenza sta nella durata di vita, programmata dalla nascita: quattro anni. Sulla Terra, i replicanti sono illegali, e i Blade Runner, unità speciale della polizia, sono incaricati di identificarli e di 'metterli in pensione', ossia ucciderli. Un tempo, il migliore di loro era Rick Deckard, ma ha rassegnato le dimissioni, e l'alcol e una vaga depressione ne hanno allentato riflessi e volontà. Viene richiamato in servizio in seguito alla rivolta di un gruppo di replicanti, capeggiati dal violento e fascinoso Roy Batty, tornati sulla Terra per ottenere un impossibile allungamento della vita. Riuscirà a svolgere quest'ultima missione, non tanto grazie ai propri talenti di Blade Runner quanto per il puntuale intervento della fortuna, per la sorprendente reazione di empatia di Roy, che all'ultimo momento deciderà di risparmiargli la vita, e per l'aiuto di Rachael, una bella e ancor più sofisticata replicante di cui Deckard si innamora. Alla fine, Rachael e Deckard partiranno insieme senza sapere quanto e quale futuro li attende.
La visione avveniristica di una Los Angeles notturna e piovosa, in bilico tra barbarie e alta tecnologia, incrocio monumentale di architetture dagli stili più disparati, memore tanto del Metropolis langhiano quanto del noir degli anni Quaranta, segnerà una svolta nel cinema di anticipazione, introducendo un pessimismo visivo fin lì assente dalle rappresentazioni futuristiche. Questa ibridazione scenografica, già percepibile in Alien (1979) dello stesso Ridley Scott, verrà chiamata retrofitting. L'ibridazione è d'altronde la chiave di Blade Runner, dalla commistione di generi alle scenografie, dalla rappresentazione del melting pot cittadino (con prevalenza asiatica) alla crisi dei concetti di corpo, psicologia, sentimento, pensiero, memoria, dove la frontiera tra umano e androide, tra individuo e replicante è sempre più labile. In tal senso, il film ‒ anche in riferimento all'aspetto precursore dell'opera di Philip K. Dick, cui è liberamente ispirato, e a quella di William Burroughs, inventore della locuzione Blade Runner ‒ è da considerarsi tra i padri putativi della cultura cyberpunk (il romanzo-manifesto di William Gibson, Neuromancer, verrà pubblicato appena due anni dopo). È sempre meno importante la distinzione tra vero e falso, tra uomo e macchina, e sempre più impellente la tentazione di considerare assurda la domanda stessa, di riconoscere e accettare le reciproche affinità. A costo di incorrere in confusioni; la sceneggiatura (più volte riscritta, e modificata fino alla fine delle riprese) comporta vistose incoerenze, prima fra tutte quella notata a suo tempo da Stanley Kubrick, esperto in questioni di intelligenza artificiale: se i replicanti sono in tutto identici all'uomo, perché la necessità della loro eliminazione viene data per scontata?
Nelle sale, Blade Runner, costato 25 milioni di dollari, fu un fiasco, ma venne presto recuperato, diventando uno dei primi grandi successi della storia dell'home video. I suoi cultori si arrovellarono sul dilemma riguardante la natura di Deckard: uomo o replicante? Sembra che lo stesso Scott volesse propendere per la seconda soluzione, ma i dissidi con Harrison Ford lo fecero desistere. Nel 1991 venne distribuito il director's cut, dove una brevissima sequenza scioglie ogni dubbio: anche Deckard è un androide. Inoltre, fu eliminata la voce over di Deckard, i cui commenti alla Philip Marlowe punteggiavano il film. Una scelta opinabile (viene meno uno dei segni principali della volontà di richiamarsi al noir), ma comprensibile: il testo maldestro era stato scritto all'ultimo momento dai produttori, che avevano oltretutto imposto un lieto fine, assente nella versione del 1991 e sostituito da una conclusione più ambigua.
Interpreti e personaggi: Harrison Ford (Rick Deckard), Rutger Hauer (Roy Batty), Sean Young (Rachael), Edward James Olmos (Gaff), M. Emmet Walsh (Bryant), Daryl Hannah (Pris), William Sanderson (J.F. Sebastian), Brion James (Leon), Joe Turkel (Tyrell), Joanna Cassidy (Zhora), James Hong (Hannibal Chew), Morgan Paull (Holden), Kevin Thompson (Bear 'Napoleon'), John Edward Allen (Kaiser Wilhelm), Hy Pyke (Taffey Lewis), Kimiko Hiroshige (ragazza cambogiana), Robert Okazaki (Howie Lee), Carolyn DeMirjian (venditrice).
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