BLANC, Alberto, barone
Diplomatico e parlamentare italiano, nato a Chambéry (Savoia) il 10 novembre 1835, morto a Torino il 31 maggio 1904. Entrò assai giovane nella carriera diplomatica sarda, optando per la nazionalità italiana al momento dell'annessione della Savoia alla Francia. Il conte di Cavour apprezzò prontamente le qualità del giovane funzionario, cui affidò missioni speciali. Di questo periodo sono noti i due articoli: De la monarchie représentative en Italie (Ch.-Albert et C. Balbo; C. Balbo et la papauté liberale) in Revue des deux mondes, gennaio e febbraio 1859, e le pubblicazioni: Mémoires politiques et correspondance diplomatique de J. De Maistre, 2ª ed., Parigi 1859; Correspondance diplomatique de Joseph De Maistre (1811-1817), 2 voll., Parigi 1860. Più tardi, a soli ventinove anni, fu capo di gabinetto del generale La Marmora, quando questi assunse nel 1864, con la Presidenza del consiglio, il Ministero degli esteri. Il B. collaborò in seguito ai negoziati per l'armistizio nel luglio 1866, e partecipò alla conferenza di Londra che nel 1867 ebbe a regolare la spinosa questione del Lussemburgo, la quale per poco non anticipò di tre anni il grande conflitto franco-prussiano.
Il B. andò per la prima volta all'estero con missione stabile nel 1867, in qualità di consigliere di legazione a Vienna, dove rimase per qualche tempo incaricato d'affari. Fu promosso a ministro plenipotenziario nel 1869, e, addetto in quella qualità al quartiere generale del gen. Cadorna nel 1870, assistette all'entrata delle truppe italiane in Roma. È notissima la sua frase "avanti i Romani di Trastevere" in occasione del Plebiscito avvenuto il 2 ottobre 1870. Chiamato a reggere successivamente le legazioni di Madrid, di Bruxelles, di Washington, di Monaco di Baviera, assunse poi le funzioni di segretario generale alla Consulta dal 1881 al 1883, quand'era ministro degli Affari esteri il Mancini. Nel 1883 tornò alla legazione di Madrid, e fu in seguito nominato (1886), ambasciatore a Costantinopoli, dove rimase fino al 1891, quando chiese di essere messo a riposo. L'anno dopo fu nominato senatore. Il Crispi, tornando nel 1893 al governo, affidò al B. il portafoglio degli Affari esteri, che il B. tenne fino al marzo 1896. Si ritirò allora a vita privata. Il B. fu uno degli ultimi nostri diplomatici educati alla scuola del Cavour, di cui col Nigra e l'Artom egli aveva goduto la fiducia. Buon giurista, fu apprezzato come tale anche da governi esteri, che gli affidarono delicate funzioni arbitrali per dirimere spinose controversie internazionali, come quelle fra gli Stati Uniti e la Spagna per gli affari di Cuba (1878) e per la cattura del Masonic. (1885). Ebbe tutte le doti del buon diplomatico, e in tutte le capitali nelle quali rappresentò l'Italia, specialmente a Costantinopoli, dove rimase più a lungo, servì utilmente con l'autorità acquistata gl'interessi nazionali. Entrato per devozione al Crispi, al quale era legato di viva amicizia, nelle lotte parlamentari, si trovò alquanto a disagio nel nuovo ambiente, così dissimile da quello nel quale egli aveva formato sin da giovane la propria educazione politica e svolto per lunghi anni la propria azione. Tenne però onorevolmente il suo posto in parlamento, e quantunque non oratore, vi fu ministro ascoltato e stimato. La sua politica estera seguì la linea tracciata dai suoi predecessori, e fu seguita per più anni ancora dai suoi successori: la Triplice alleanza essendo allora in piena efficienza, essa fu improntata a intimità di rapporti con gl'imperi centrali, cordialità con l'Inghilterra, leale cooperazione con le altre grandi potenze al mantenimento della pace europea. Necessario collaboratore nell'ardita politica coloniale del Crispi, fu dalle dolorose vicende di quella travolto insieme con il suo capo. Lasciò il governo senza rimpianto, e trascorse gli ultimi anni della sua vita lontano dalla politica, tra le sue collezioni artistiche che egli, finissimo conoscitore, aveva formato e accresciuto assiduamente durante la sua lunga carriera.