BLAUNDOS (Βλαῦνδος, Βλαῦδος, Μλαῦνδος, Blaundus)
Città ellenistico-romana dell'Asia Minore (Ptol., Geog., V, 2,25; Strab., XII, 567; Steph. Byz., s.v. Βλαῦδος) situata ai confini tra la Frigia e la Lidia, in un territorio caratterizzato da vasti pianori aridi che dominano le vallate dei fiumi Hermos e Meandro, lungo i percorsi che univano Traianopolis a Tripolis e Philadelphia a Flaviopolis, nelle vicinanze della moderna città turca di Uşak. Come in altri centri di quest'area, alla frontiera tra i regni pergameno e seleucide, su un più antico nucleo, forse frigio, dovette impiantarsi una colonia militare macedone, che sembra attestata dall'iscrizione CIG, 3866 (Βλαυνδέων Μακεδόνων ή βουλή).
Nel corso della sua storia la città fu inclusa nei confini della Lidia come in quelli della Frigia. Secondo il Ramsay fece parte del conventus di Sardis mentre in età tarda la lista di Hierokles la attribuisce alla Frigia Pacatiana, se il nome Laudos ivi citato va effettivamente riferito a Blaundos.
Estese rovine di una città antica sul territorio di Uşak, accanto al villaggio di Suleimanli, furono visitate e descritte dai viaggiatori del secolo scorso, tra i quali Arundell che ne redasse una prima sommaria pianta attribuendo però l'impianto urbano alla città di Clanudda. In seguito Hamilton, su base epigrafica e grazie al ritrovamento nel sito di molte monete di B., vi riconobbe i resti della città frigia.
Le rovine di B. si trovano su un pianoro circondato da profonde e scoscese vallate, scavate dai torrenti che si gettano nel fiume Koplisu (l'antico Hippourios). Arundell paragona l'impianto a quello di un «mandolino turco» in quanto la fortificazione e la porta di accesso alla città sono collocate nel punto più stretto, così come nel punto più stretto dello strumento il manico si aggancia alla cassa. Lungo le scoscese pareti rocciose intorno all'abitato si riconosce un'estesa necropoli rupestre con ambienti ad arcosolio che recano tracce di decorazione. Ai piedi del pianoro, lungo il lato orientale, rimangono scarse tracce del teatro, con alcuni gradini ancora in situ e con i resti della scena completamente crollata.
Il pianoro, difeso naturalmente dalla ripida scarpata, è collegato al territorio circostante da un istmo fortificato, con un muro e una porta fiancheggiata da due possenti torri quadrate, simile, per la tecnica a blocchi di travertino e per il largo reimpiego di elementi architettonici anche marmorei, alla porta bizantina di Hierapolis frigia, costruita agli inizi del V sec. d.C. sul lato settentrionale delle fortificazioni. Tra i blocchi riutilizzati nella porta di B. se ne riconoscono alcuni appartenenti a un fregio dorico forse di spoglio dall'edificio indicato come «portico dorico» (n. II) nella pianta di Arundell. Un asse viario principale attraversa tutto il pianoro, partendo dalla porta; dopo aver costeggiato lo stadio, la strada raggiunge i resti di un edificio templare in marmo, completamente crollato, a cui appartengono numerosi frammenti architettonici e colonne. Hamilton vi aveva riconosciuto una statua acefala di imperatore e i resti, su un frammento di architrave, di un'iscrizione latina (CIL, III, 361) che menziona un tempio e un portico. Ancora più a S sono i resti del «portico dorico». Si tratta in effetti della facciata di un edificio in travertino, con pilastri a semicolonne doriche addossate, architrave a fasce di tipo ionico, fregio dorico con triglifi e metope, cornice con fila di dentelli. Gli spazî tra un pilastro e l'altro erano chiusi inferiormente da lastre con diversi profili aggettanti e, nella parte alta, da finestre o da muri di piccole pietre legate da malta argillosa. Si tratta della facciata di un edificio collocato lungo una strada, confrontabile con la sistemazione flavia della «via di Frontino» a Hierapolis. Nella decorazione architettonica di B. la lavorazione del travertino è eseguita con accuratezza. Il largo impiego di questo materiale e l'adozione di particolari schemi decorativi e soluzioni architettoniche permettono di definire un'area omogenea di diffusione di queste tipologie e una comune tradizione di officine attive nelle regioni poste tra Frigia e Caria, collegate dal corso del Meandro.
Una struttura molto simile a quella di B. e di Hierapolis, ma ancora interrata e in parte coperta dai crolli è stata di recente riconosciuta a Tripolis sul Meandro; è possibile osservare la disposizione di edifici con facciata dorica in travertino ai due lati di un'importante strada di accesso all'abitato antico. Nella vicina Laodicea una sistemazione urbanistica analoga è suggerita dalla presenza della porta monumentale a tre fornici in travertino, simile alla porta ierapolitana di Frontino; anche a Laodicea è ipotizzabile la presenza di facciate doriche ai due lati della strada principale. Sempre nel corso del I sec. d.C. altri complessi architettonici richiamano le facciate di B., Tripolis e Hierapolis, anche se con maggiore finezza decorativa e complessità di impianto. Ad Afrodisiade, il Sebastèion presenta una disposizione analoga lungo la strada di marmo che conduce al tempio; il portico che circonda il piazzale del Tempio di Apollo a Hierapolis ha pilastri di marmo a semicolonne con finissimi capitelli dorici e fregio con metope ornate da rosette.
All'estremità meridionale dell'abitato di B. si trovano i resti di un'altra costruzione importante di cui resta l'ossatura dell'edificio a grandi blocchi di travertino disposti in verticale e in orizzontale; i pannelli tra i blocchi dovevano essere completati da una muratura di piccole pietre, secondo una tecnica simile all'opus africanum. Una più accurata ricerca potrà stabilire se si tratti di un influsso diretto, attraverso genti di provenienza africana, o di una indipendente tradizione tecnica legata alla locale lavorazione del travertino.
A NE della porta sono riconoscibili i resti di altri edifici: tre templi di cui restano sparsi al suolo frammenti architettonici e colonne scanalate e il grande arco relativo all'acquedotto romano della città. La mancanza di ricerche sistematiche e di un accurato rilievo delle rovine (unica resta ancora la pianta dell'Arundell del 1834) impediscono una più approfondita conoscenza di questo centro che conserva certamente nel terreno importanti complessi di documentazione. Notevole è anche il gruppo delle iscrizioni che riportano dediche agli imperatori e menzioni di importanti personaggi locali come la sacerdotessa Flavia Magna e l'evergete Asinio Giuliano (Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes, IV, 714, 717). Per estensione cronologica e varietà si distingue la monetazione locale in bronzo, che inizia nel II sec. a.C. con tipi pergameni caratterizzati dalla testa di Zeus e dall'aquila; in età imperiale prevalgono immagini di divinità come Apollo citaredo entro edificio templare a colonne tortili, Tyche, Dioniso, Ercole in lotta contro Gerione e una divinità a cavallo con bipenne; ai miti locali si riferisce anche la personificazione del fiume Hippourios.
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