bobolca
Il sostantivo è usato una sola volta, in Pd XXIII 131 quelle arche ricchissime che fuoro / a seminar qua giù buone bobolce, con significato controverso. Gli antichi commentatori furono concordi nell'intendere la forma come femminile plurale di ‛ bobolco ' (dal latino bubulcus), nel senso di " aratrici ", "seminatrici ". Il Buti chiosa: " buone bubolce, cioè buone lavoratrice: lo buono bifolco semina assai e ricoglie assai, e lo tristo semina poco e ricoglie poco ". Nello stesso senso dovette essere inteso da Cino da Pistoia, che nella canzone in morte di D., Su per la costa, Amor, de l'alto monte, allo scopo " di rilevare la peculiarità del dire dantesco, includendo qualche suo modo ardito e popolaresco nell'ordito sempre raffinato della canzone " (Pagliaro, Ulisse 767-768, nota), scrive " anima bivolca " (v. 11), nel senso appunto di " bifolca ", " lavoratrice ".
Una diversa interpretazione, sostenuta già dal Tassoni e dal Muratori e ripresa poi dal Parodi (Lingua 272), collega la forma dantesca al sostantivo ‛ bobolca ' (cfr. la citazione del Williams, in " Bull. " XV [1908] 74), ‛ bifolca biolco ', diffuso e tuttora vivo nei dialetti settentrionali, che indica propriamente una misura agraria, " la superficie di terreno che un bifolco può arare in un giorno con una coppia di buoi ", e più genericamente, secondo l'interpretazione del Parodi, " campo, pezzo di terra da arare e da seminare ". L'interpretazione del passo sarebbe quindi: le arche, cioè gli spiriti beati, che furono " terreni fecondi " per seminarvi, che troverebbe un riferimento nella nota parabola evangelica del seminatore (Matt. 13, 3 ss.; Marc. 4, 3 ss.; Luc. 8, 5 ss.), invece di quella più comunemente accolta " che furono in terra buone seminatrici ", che troverebbe un riferimento nella sentenza di s. Paolo nella lettera Ai Galati 6, 8 " Quae enim seminaverit homo, haec et metet... qui autem seminat in spiritu, de spiritu metet vitam aeternam ".