BOCCACCIO (Boccaccino) di Chellino
Figlio di Chellino (o Golino, o Ghelino: forme varie per Michele) Bonaiuti, di Certaldo, non se ne conosce l'anno della nascita. Sappiamo che svolse l'attività di cambiatore in Firenze, associato al fratello Vanni: e la presenza di quest'ultimo nella città, dove abitava nel popolo di S. Frediano, è documentata per il 1297. Ma la loro attività doveva impegnarli anche in lunghi viaggi: nel libro della taglia ordinata da Filippo il Bello in occasione della cerimonia per il cavalierato di suo figlio, che ebbe luogo il 13 giugno 1313, figurano un "Bocassin Lombart changeur et son frère", dimoranti a Parigi nella parrocchia di S. Giacomo, fra la "Pierre-au-Let" e "la Rues des Arsis".
Del soggiorno parigino di B. fa menzione il figlio Giovanni, al cap. 21 del IX libro del De casibus, dedicato all'origine e allo sviluppo dell'Ordine dei Templari, là dove tratta del supplizio di una cinquantina di cavalieri (avvenuto il 12 maggio 1310) e del gran maestro Giacomo di Molay (marzo 1314): "ut aiebat Boccaccius, vir honestus et genitor meus, qui tunc forte Parisiis negotiator honesto cum labore rem curabat augere domesticam, et se his testabatur interfuisse rebus". Questo passo, collegato con la leggenda della nascita parigina di Giovanni, ha fatto postulare da molti studiosi un lungo soggiorno continuato di B - a Parigi, dal 1310 almeno fino al 1314: l'istruzione contestata dal Billanovich, che mentre riporta l'inciso "ut aiebat" alla riflessione morale sull'episodio, coglie d'altra parte in tutto il capitolo non l'eco dei racconti paterni, ma un ricalco della cronaca di Giovanni Villani (VIII, 92: per un confronto preciso, v. anche V. Branca, Boccaccio medievale, pp. 158 ss.), ridimensionando l'incidenza del soggiorno parigino.
Quel che è certo è che almeno dal 1314 B. risiedeva insieme con Vanni in Firenze, nel popolo di S. Pier Maggiore: il 10 ott. 1318 i due fratelli facevano infatti richiesta alla Signoria, in forza della loro residenza - "iam sunt quatuor anni et ultra" - di essere esentati dalle gravezze di Certaldo e Pulicciano, dato che ormai pagavano le imposte di Firenze. Il 16 maggio 1320 poi - secondo un appunto del Borghini ritrovato ed edito dal Branca - B. e Vanni ottenevano la cittadinanza di Firenze.
Per gli anni 1317-1318 il Della Torre segnala relazioni di prestito con Lippo di Fede del Sega, documentate dal libro di conti di quest'ultimo.
Il 28 sett. 1318 la matricola dell'Arte del cambio registra la società di Simone di Giovanni Orlandini, dei fratelli Cante e Iacopo Ammannati e di B.: società che sussisteva e si rinnovava il 13 maggio 1320, mentre il 7 marzo 1324 verrà registrata ancora quella di B. con l'Orlandini.
Non conosciamo la data del matrimonio con Margherita di Gian Donato dei Mardoli, dalla quale B. intorno al 1321 ebbe il figlio Francesco (lo emanciperà il 21 ag. 1333 alla presenza del notaio ser Salvi Dini, ed il fanciullo sarà allora "maior decennio et proximus pubertati"). Il Crescini ha segnalato la presenza, in un documento del 1329, di un "Guccius fil. Boccaccii populi S. Felicitatis": per un'attribuzione sicura a B. di tale paternità mancano elementi, tranne il fatto che effettivamente dopo che in S. Pier Maggiore B. si trasferì a S. Felicita. E a proposito della discendenza di B., sono da tener presenti anche i già menzionati appunti genealogici del Borghini (Branca, Boccaccio medievale, p. 166).
Negli anni immediatamente successivi al 1320 è documentata una intensa partecipazione di B. alla vita cittadina: nella prima metà del 1322 è console dell'Arte del cambio; dal 15 dic. 1322 al 15 febbr. 1323 è priore; nella prima metà del 1324 è fra gli aggiunti deputati dall'Arte del cambio per l'elezione dei consiglieri della Mercanzia, mentre nella seconda metà dello stesso anno lo troviamo di nuovo console della sua Arte; nel gennaio 1326, poi, è egli stesso uno dei cinque consiglieri della Mercanzia. In questo periodo B. dovette aver modo di entrare in contatto con gli Angioini di Napoli: il duca di Calabria, Carlo, eletto signore di Firenze nel dicembre 1325, entratovi solennemente nel luglio 1326, lo eleggerà, il 26 febbr. 1327, tra i consiglieri dell'ufficio di Mercanzia per l'Arte del cambio per la durata di tre mesi (marzo-maggio). Nello stesso anno B. entrava in rapporto stabile con la compagnia dei Bardi: nei "libri segreti" della compagnia - già segnalati, per i dati concernenti B., dal Del Lungo, e studiati poi dal Sapori - egli compare come "fattore" della succursale di Napoli a partire dal 12 ottobre; il suo stipendio ammontava a 145 libbre: cifra superiore alla media, se pur non fra le più alte in assoluto. Il 1º settembre era ancora in Firenze (compare come testimonio al Consiglio dei Trecento, nel registro delle Consulte). Il 30 nov. è invece ormai in Napoli, e la sua attività per conto dei Bardi - spesso unitamente al più anziano "fattore" Bencivegna di Buonsostegno, altre volte da solo - era sovente documentata nei registri della cancelleria angioina (i cui dati interessanti B. sono stati in massima parte raccolti ed elencati dal Torraca). Fra l'altro il 22 marzo 1328 Bencivegna e B. - "familiares et fideles" del re - si incaricavano di provvedere al vettovagliamento dell'esercito del duca di Calabria, stanziato ai confini d'Abruzzo. Con i Peruzzi e gli Acciaioli, i fattori dei Bardi si trovavano a fornire mensilmente al duca somme rilevanti per la sua Camera, si incaricavano di noleggiare navi genovesi, di riscuotere gabelle e sovvenzioni. Dal 2 giugno 1328 re Roberto si indirizzava a B. come a suo "consiliarius" e "cambellarius". Oltre che agli interessi commerciali della sua compagnia, B. si trovò anche, nella sua posizione di rilievo, a doversi dedicare a ruoli di fiducia per conto della Signoria: così, insieme con i due rappresentanti dei Peruzzi e degli Acciaioli, fu incaricato del recapito di una missiva del 12 apr. 1329 a re Roberto, per chiedere approvvigionamenti per Firenze minacciata da carestia, ricevendo contemporaneamente il mandato di provvedere all'esecuzione delle disposizioni regie in merito.
Nel settembre 1332 è documentato un viaggio di B. a Parigi per conto dei Bardi. Dal 1336 il suo nome si incontra più volte in protocolli notarili (di Pino Vieni del fu Tinolfo da Certaldo, di Iacopo di Lapo Benci pure da Certaldo, e specialmente del fiorentino ser Salvi Dini), esaminati dal Della Torre: fra l'altro, il 18 maggio di quell'anno, egli vendeva per 240 fiorini a Nicolò del fu Vegna un podere posto in Corbignano, che apparteneva alla dote della moglie Margherita: e il 1º agosto dell'anno seguente la stessa Margherita comprava due pezze di terra in Certaldo, mentre un altro podere vi comprava B., per conto della moglie, il 6 ott.: è questa l'ultima volta che incontriamo in un documento il nome di Margherita, di cui si ignora la data di morte.
Il 1º ott. 1338, come risulta dai libri dei Bardi, B., risiedendo in Napoli, si licenziava dalla compagnia (precedentemente al disastro finanziario di quest'ultima, dunque: ché la succursale napoletana resterà in piedi fin dopo il 1443).
Rientrato in Firenze, il 1º nov. 1339 B. prendeva in affitto per sé e per il figlio Giovanni alcuni beni della chiesa di S. Lorenzo nell'arcidiocesi di Capua: contratto che sarà in seguito rinnovato fino al 1341. Il 5 novembre, insieme con il figlio Francesco, vendeva una casa posta nel popolo di S. Felicita, per estinguere un debito, ed è sostanzialmente su questo documento che il Della Torre costruiva l'ipotesi della grave rovina finanziaria di B., a suffragare la sua interpretazione in termini strettamente autobiografici di un passo dell'Ameto: ipotesi, peraltro, che lo stato della documentazione non convalida altrimenti.
Nel 1343 compare per la prima volta il nome della seconda moglie: Bice, figlia di Loris Baroncelli e di Baldino di Nepi dei Bostichi. E in questo torno di tempo è da porsi la nascita del figlio Iacopo, che comparirà in un documento del 17 maggio 1351 posto sotto la tutela del fratello Giovanni, come "pupillus maior infantia" (per la discussione sul significato esatto dell'espressione, v. Crescini, in Rass. bibl. della lett. ital. I, [1893], p. 244).
Nel 1345 B. è fra gli ufficiali della moneta. Nel 1348, l'anno della grande peste, tenne nel marzo-aprile la carica di magistrato dell'Annona. Nel maggio compare nel libro di Monte dei quartiere di S. Spirito; e ancora vivo risultava nel luglio, quando - secondo una notizia che il Manni ricava da uno spoglio strozziano - aggiungeva per mano di ser Piero Nelli un codicillo al suo testamento, rogato due anni prima da ser Domenico di Iacopo Bonaffare di Certaldo (per un testamento anteriore, del 1341, con lasciti di beni posti nella parrocchia di S. Ambrogio alla Compagnia d'Or' San Michele ed alla Misericordia, v. Arch. di Stato di Firenze, Capitani d'Or San Michele, vol. 470, c. 133 r). Il termine ante quem per la sua morte è costituito da una notazione nel libro di Monte segnalata dal Crescini, del 25 genn. 1350 (stile fiorentino: 1349).
La figura di B. è stata sovente - e ad opera di alcuni di quegli stessi studiosi che avevano contribuito con lo scavo paziente del materiale archivistico a fissare i dati fondamentali per ricostruirne l'attività e la posizione nella società fiorentina - oggetto di elaborazioni costruite su passi dell'opera giovanile del figlio Giovanni, che si volevano leggere in chiave rigidamente autobiografica: a B. sono stati così attribuiti i tratti dell'"ingannator padre" di Idalagos, nel Filocolo (a cura di S. Battaglia, Bari 1938, pp. 460 s.): il pastore Eucomos, seduttore di Giannai e poi sposo di Garanuta (in cui si è letto Margherita de' Mardoli: e le più varie interpretazioni si son date dei "due orsi ferocissimi e terribili" che impediscono a Idalagos l'ingresso nella "paternal casa"). E gli sono stati attribuiti i tratti dell'"uomo plebeio di nulla fama e di meno censo", Tritolemo, nell'episodio di Ibrida, dell'Ameto (a cura di N. Bruscoli, Bari 1940, p. 61). Se al di là di queste costruzioni si passano in rassegna i luoghi dell'opera letteraria del figlio dove B. è esplicitamente menzionato, ne risulta una figura in cui sono decisamente calcati i tratti del mercante, tutto preso e chiuso nel suo giro di interessi e attività, ma in un contesto di onesta dignità e con accentuazione di tratti morali, e non di rado con toni di affetto. Così nell'Amorosa Visione, composta poco dopo il ritorno da Napoli a Firenze, il poeta ravvisa fra la schiera degli avari - dopo il gruppo dei prelati, dopo il re Roberto d'Angiò - intento a scavare con le unghie il monte della ricchezza, ma con ben scarsi risultati, "colui che me stesso / libero e lieto avea benignamente / nudrito come figlio..." (a cura di V. Branca, Firenze 1944, pp. 70, 262 e 493). Si è già citato il passo del De casibus in cui è definito "vir honestus" e "negotiator". Nel De genealogia il ricordo paterno appare nel cap. X del libro XV, là dove l'autore traccia la storia della sua istruzione, e dove B. gioca il ruolo di severo oppositore delle tendenze letterarie del figlio; mentre nel cap. LXV del libro XII, dedicato al culto dei Lari, per testimoniare col ricordo personale il persistere di usanze di origine pagana, ma ridotte a pure consuetudini tradizionali, l'autore rievoca la familiare cerimonia della libagione sul ceppo, la sera di s. Silvestro: "hec sepe puer in domo patria celebrari vidi a patre meo, catholico profecto homine..." (a cura di V. Romano, Bari 1951, II, pp. 776 s., 619). In un luogo, infine, la figura paterna acquista un rilievo tutto particolare, di venerazione e di affetto: nel Buccolicum carmen, nell'egloga XIV (vv. 224 ss.) dedicata alla rievocazione di Olimpia - ossia della figliola Violante, morta bambina - B. appare sotto i tratti del placido Asylas, "mitis... fideique vetuste preclarum specimen", che riconosce e accoglie festoso negli Elisi la nipotina defunta (Opere lat. minori, a cura di F. Massera, Bari 1928, pp. 72 s.).
Fonti e Bibl.: D. M. Manni, Istoria del Decamerone, Firenze 1742, pp. 2 ss., 20 ss.; A. Longnon, La famillede Boccace à Paris, 1291-1332, in Bulletin de la Société de l'hist. de Paris et de l'Ile de France, V (1878), pp. 80 ss.; V. Crescini, Contributo agli studi sul Boccaccio, Torino-Firenze-Rorna 1887, pp. 155, 257 ss.; I. Del Lungo, Beatrice,nella vita e nella poesia del sec. XIII, Milano 1891, pp. 162 s. (doc. V); G. De Blasiis, La dimora di G. B. a Napoli, in Arch. star. napol., XVII (1892), pp. 505 ss.; C. Piton, Les Lombards en France et à Paris, Paris 1892, pp. 64 s., 154; V. Crescini, Di un nuovo documento su G. B., in Rass. bibliogr. della lett. it., I (1893), pp. 243 ss.; I. Sanesi, Un doc. ined. su G. B., ibid., pp. 120 ss.; R. Davidsohn, Il padre di G. B., in Arch. stor. ital., s. 5, XXIII (1599), pp. 144 s.; Id., Forschungen zur Geschichte Florenz, III, Berlin 1901, pp. 172 s. (n. 852), 181 s. (n. 907), 182 (n. 911), 184 (nn. 922, 926, 927), 187 (n. 942), 253 (n. 1280); A. Della Torre. La giovinezza di G. B., Città di Castello 1905, passim e specie pp. 8, 24 s., 305 ss., 343 ss.; H. Hauvette, Pour la biographie de Boccace, in Bulletin italien, XI (1911), pp. 181 ss.; Id., Boccace. Etude biographique et littéraire, Paris 1914, pp. 4 ss., II ss., 102 ss., 143, 193 s. e passim; F. Torraca, G. B. a Napoli, Napoli 1955, pp. 3 ss., 12, 180 ss., 207 ss. e passim; F. Nicolini, La lettera di G. B. a Franceschino de' Bardi, in Arch. stor. ital., s. 7, II (1924), pp. 18 ss.; O. Schultz-Gora, Boccaccios Vater urkundlich in Paris nachweisbar, in Zeitschrift für Roman. Philol., XLVII (1927), pp. 443 ss.; V. Branca, L'"Amorosa Visione" (tradizione,significato,fortuna), in Annali della Scuola Norm. di Pisa, s. 2, XI (1942), pp. 20 s., 24; Id., Schemi letterari e schemi autobiografici nell'opera del B., in La Bibliofilia, XLIX (1947), pp. 29 ss., 38 s. (ora in Boccaccio medievale, Firenze 1964, pp. 158 ss., 165 ss.); G. Billanovich, Restauri boccacceschi, Roma 1945, pp. 17, 28, 33 ss., 77; A. Sapori, Il personale delle compagnie mercantili del medioevo, in Studi di storia economica, II, Firenze 1955, p. 735, n. 6.