BOCCADIBUE
Famiglia di notai fiorentini residenti nel sesto d'Oltrarno, nel popolo di S. Lucia dei Magnoli. Del capostipite, da cui la famiglia prese nome, sappiamo solo che nel 1231 era già morto; in quell'anno rogava suo figlio Galgano (Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Olivetani, 23 novembre), che sarebbe morto in data anteriore al 1256. Bongianni di Galgano compare quale "tabellio publicus" in documenti del 1245 e del 1256 (P. Santini, Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze,Appendice, Firenze 1952, pp. 177 e 352). Suo fratello Gianni nel 1256 figura nella lista dei "consiliarii" presenti alla ratifica della pace fra Firenze e Pisa, fatta il 24 settembre in S. Reparata (Delizie degli eruditi toscani, VII, Firenze 1776, p. 199). Nel 1260 è presente al campo di Montaperti, dove compare anche un Buono (IlLibro di Montaperti, a cura di C. Paoli, Firenze 1889, pp. 10, 73, 131). Tuttavia nel 1268 Gianni e Buono figureranno nella lista dei "ghibellini suspecti", cui si permetteva "ad praesens" di restare in città; e l'anno seguente Gianni era fra i confinati nel contado (Delizie..., VIII, Firenze 1777, pp. 223, 233, 234). Con ogni probabilità non è da identificare con questo il Gianni di Galgano, che è attivo intorno agli ultimi anni del sec. XIII: è più facile supporre che si tratti di un figlio di quel Galgano di Bongianni che roga intorno al 1290-1291 (Arch. di Stato di Firenze, Indice dei notai del Diplomatico, sub vocem). Questo Gianni e suo fratello Salvi compaiono sovente negli atti rogati dal rispettivo nipote e figlio, Biagio, in qualità di testimoni; Gianni inoltre appare in due atti del 1299 (29 marzo e 20 giugno) fra i "rectores societatis beate Marie Virginis civitatis Florentie". Moriva in data anteriore all'11 nov. 1311; il 28 maggio 1312 il figlio Biagio rifiutava, dinanzi al notaio ser Chiarozzo di Balduccio, l'eredità paterna, "potius dampnosam quam utilem" (Arch. di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, c. 465, c. 42; cfr. anche c. 31 r).
Nel fondo notarile antecosimiano dell'Arch. di Stato di Firenze si conservano (sotto la segnatura B. 1948-1950) tre volumi di imbreviature di Biagio, che abbracciano il periodo 1297 (stile fiorentino) - 1308 i primi due, e 1311 (10 aprile) - 1314 (19 novembre) l'ultimo, dedicato esclusivamente agli atti riguardanti la famiglia e la compagnia dei Bardi: con i quali egli aveva in effetti un impegno stabile, come risulta dai "libri segreti" conservati nell'archivio Ginori e studiati dal Sapori, in cui Biagio compare fra i "fattori" al servizio della compagnia, da prima del 1310 fino al 22 febbr. 1338, quando venne a morte. La sua retribuzione toccò come massimo la cifra, ragguardevole, di 145 libbre annue.
Dai protocolli risulta una sua assenza da Firenze dal luglio 1299 al febbr. 1300, quando si recò a Foligno con Corso di Forese Adimari, che vi era stato chiamato come podestà (Notar. antecos., B. 1949, c. 23: cfr. Provvisioni, X, c. 43 v). Un'assenza più lunga fece dal marzo 1303 a metà novembre 1304, quando si recò nella provincia della Marca d'Ancona, in Valtopino, "ubi steteram... - nota in data 18 nov. 1304 - pro ecclesia Romana" (ibid., B. 1948, c. 122 v).
Dal 1301 abbiamo traccia (Notar. antecos., B. 1948, c. 86 v) di attività notarile a fianco di Biagio da parte di suo figlio Miniato, detto anche Borghino (e con questo nome spesso roga: così il 30 apr. 1321, Diplomatico, Archivio delle Riformagioni; il 20 maggio 1322, ibid., S. Spirito), che il 31 maggio 1322 veniva emancipato dal padre insieme con i suoi fratelli Gano e Bartolo, tutti nati dalla defunta moglie Toschetta (l'atto è a c. 43 v del già menzionato protocollo di ser Chiarozzo, che contiene inoltre, per gli anni 1310-1313, molti e svariati atti riguardanti Biagio, suo fratello Riccardo - notaio anchegli, morto nel 1312, lo Zio Salvi di Galgano, e altri membri della famiglia). Biagio contrasse ancora matrimonio con Bartola di Valori Orlandi (che compare nominata nel 1308) e infine con monna Tessa, nominata nel testamento del dicembre 1336 fra gli esecutori (Archivio di Stato di Firenze, Capitani d'OrS. Michele, vol. 470, c. 22 r). Fra questi compare anche il figlio Galgano, che era entrato nell'Ordine dei frati minori e dal 1330 era vescovo di Aleria (e tale resterà fino al 1342, quando passerà a Cefalonia: cfr. C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 81 e 189). Un altro figlio, Andrea, fu al servizio dei Bardi per il periodo dal 1328 al 1335, rimanendo poi in rapporto con la Compagnia fino al 1344.
Anche Miniato stette con i Bardi in rapporto continuato, se pur meno intenso di quello del padre (lo stipendio che risulta dai libri della Compagnia, per il periodo dal 1º giugno 1333 fino al 12 dic. 1338, quando si licenziò, ammontava a 40 libbre annue). Di lui rimane un volume di imbreviature (Notar. antecos., B. 1951) che riguardano gli atti rogati per Gianni di Bartolo di messer Iacopo Bardi, e che si estendono dal 1322 (3 novembre) al 1336 (22 maggio). Il suo protocollo e quelli paterni sono stati più volte utilizzati, soprattutto dal Sapori, per lo studio della storia economica fiorentina, e particolarmente per quella della compagnia dei Bardi.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Poligrafo Gargani, blocchetto 321; A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi, Firenze 1926, pp. 230, 244 ss., 259; Id., Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento, Firenze 1932, p. 29; Id., I mutui dei mercanti fiorentini del Trecento, in Studi di storia economica, Firenze 1955, I, pp. 207 ss., 214; Il personale delle compagnie mercantili del medioevo, ibid., II, pp. 699 n., 730 n. 11, 734 n. 60, 747 n. 244, 755 ss.; La responsabilità dei "compagni" verso i terzi, ibid.. pp. 770, 776; La beneficienza delle compagnie mercantili del medioevo,ibid., pp. 839 ss.