BOEMIA (A. T., 59-60)
La Boemia costituisce una regione naturale ben individuata, sia perché idrograficamente appartiene tutta (o meglio per 37/38) al bacino superiore dell'Elba, sia perché ha confini ben definiti, essendo limitata per tre lati da catene montuose (Selva Boema e Monti Metalliferi a sud-ovest e nord-ovest congiunti nei Fichtelgebirge; e Monti dei Giganti coi monti di Lusazia e i Sudeti a nord-est) e dal quarto, a sud-est, dalle colline boemo-morave. Questa regione naturale ha approssimativamente la forma di un quadrilatero avente un perimetro complessivo di 1100 km.; è posta al centro d'Europa in una regione fertile e ben provvista di tesori minerarî, e, incuneata per tre lati in territori tedeschi, è ricca e ben popolata.
Il nome di Boemia (lat. Bohemia) le deriva da quello della tribù celtica dei Boi, mentre la denominazione cèca (Čechy) proviene dal nome d'una tribù slava (Čechové) che occupò il paese, allora quasi disabitato, verso il sec. VI. Regno indipendente per lungo tempo e poi alle dipendenze della casa d'Asburgo, la Boemia è ora la parte più occidentale della Repubblica cecoslovacca, di cui costituisce la provincia culturalmente ed economicamente più progredita e inoltre anche più vasta e più popolata (52 mila kmq. e 6.670.000 ab.). Essa si estende tra 51° 3′ e 48° 34′ N., 12° 7′ e 16° 50′ E., e confina con la Baviera, la Sassonia, la Prussia, la Moravia e l'Alta e Bassa Austria.
L'Elba (in cèco Labe), che dà unità geografica al paese, nasce dai Monti dei Giganti (Krkonoše, Riesengebirge), riceve, o meglio s'unisce ad un affluente di sinistra che ha corso più lungo e maggior portata, la Moldava (Vltava, che sorta ai piedi della Selva Boema, si volge dapprima a SE. mutando direzione presso Vyšší Brod per dirigersi verso nord) ed esce dalla Boemia per la gola di Děčín, m. 118 s. m., incisa in strati orizzontali e interposta fra i Monti Metalliferi (Krušné hory) e i Sudeti. Essa orienta in tal modo la Boemia verso nord.
La regione appartiene al sistema erciniano e costituisce una delle parti più antiche del continente europeo; essa consta di una superficie ondulata, la quale durante il periodo giurassico e cretacico è stata ricoperta dal mare, in modo che le rocce originarie sono state ricoperte da strati di sedimenti marini; gli strati più recenti sono poi stati in parte abrasi dalle acque e le sottostanti rocce piìi antiche (gneiss, scisti, graniti) sono ritornate alla luce. Questi stessi terreni più antichi formano per la maggior parte anche le catene che circondano il bacino superiore dell'Elba, mentre al Cambrico e al Devonico inferiore appartengono gli strati assai contorti dell'era primaria, che, ancora conservatisi tra Praga e Plzeň (Pilsen), contengono minerali di ferro, stagno e argento. Altrove la distruzione di catene e terreni precedenti è riscontrabile in potenti depositi di carbone, mentre depositi terziarî soprattutto lacustri sono assai diffusi attorno a Č. Budějovice (Boemia Meridionale), dove sussistono zone paludose. Nel territorio avvennero anche delle fratture che separarono i Monti Metalliferi; lungo la zona di frattura sono tuttora frequenti le manifestazioni vulcaniche, specie sotto la forma di sorgenti termali. Per le catene che limitano la regione (Selva Boema, Monti Metalliferi e Sudeti) sono da vedere le singole voci.
La Boemia, circondata da rilievi montuosi, ha clima vario da parte a parte, a seconda della diversa altitudine, con l'aumento della quale (salvo in alcune conche, come il bacino di Cheb (Eger), dove l'aria più fredda e pesante stagna in basso determinando il noto fenomeno dell'inversione della temperatura) la temperatura diminuisce e aumentano invece le precipitazioni le quali si aggirano sui 1200-1500 mm. nelle parti più elevate delle catene montuose, per scendere invece ad appena 500 mm. nella regione interna.
Nel complesso la Boemia ha clima di transizione tra l'Europa occidentale a clima atlantico e l'Europa orientale a clima continentale. Si nota in genere un aumento rapido della temperatura da marzo ad aprile e una rapida diminuzione da ottobre a novembre. Il raccolto è assicurato da piogge estive; le precipitazioni fanno difetto invece nella tarda estate con danno per la pastorizia e la navigazione. La forte pendenza dei corsi d'acqua ha offerto favorevoli condizioni allo sviluppo dell'industria idroelettrica.
La vegetazione, modificata notevolmente dall'uomo nella zona più bassa, è rappresentata nelle pendici montuose da foreste di aghifoglie miste a latifoglie (distretto subercinico con essenze prevalenti di pino, abete, faggio, querce); si innalzano fino a 1400-1500 m. Nelle zone più alte appaiono piante di tipo alpino, mentre nelle zone più aride del Massiccio si trovano elementi della flora pannonica. Un parco nazionale (Boubín, m. 1362), posto nella Selva Boema, conserva le piante più caratteristiche. La fauna non ha forme tipiche; in forte diminuzione è il patrimonio ittico.
La Boemia, secondo il censimento del febbraio 1921, aveva 6.671.582 abitanti. Amministrativamente essa consta di 9 distretti e della città di Praga.
La popolazione della Boemia, che era di soli 800 mila abitanti nel 1650, era già salita a 4.705.000 nel 1857, 5.560.000 nel 1880, 6.318.000 nel 1900 e 6.781.000 nel 1910. È in seguito lievemente diminuita a causa della guerra e soprattutto per la forte emigrazione (13.469 nel 1922). La popolazione vive per la massima parte in piccoli centri da 2000 a 5000 abitanti e per il 23,8% in città al di sopra di 10 mila abitanti. Praga (676.657 ab.), capitale dello stato e della regione, centro culturale e storico dei Boemi, si trova in posizione centrale, a contatto con zone economicamente diverse, con comunicazioni radiali che la pongono direttamente in relazione con le maggiori città dell'Europa centrale.
Gli altri centri principali sono disposti abbastanza regolarmente in posizione periferica rispetto alla capitale. Nella parte occidentale le città sono specialmente importanti come centrî minerarî (Kladno, con 41.700 ab., Most, con 27.000 ab., Duchcov, con 12.600 ab., Chomutov, con 21.100 ab.), mentre Cheb (Eger 27.500 ab.) e Žátec sono importanti centri per la coltura del luppolo e Mariánské Lázně (Marienbad), Františkovy Lázně (Franzensbad), KarlovyVary (Karlsbad), Jáchymov (Joachimstal), Teplice-Šanov (Teplitz-Schönau) sono rinomate stazioni termali. Capoluogo della regione sud-occidentale è Plzeň (113.703 ab. con i comuni annessi), la quarta città dello stato per numero di abitanti, con grandi stabilimenti metallurgici e fabbriche di birra; sono anche da ricordare Klatovy e Příbram per le miniere di piombo e d'argento. La Boemia meridionale, prevalentemente agricola e conosciuta per l'allevamento del bestiame e per la pesca nei laghi e torrenti, assai redditizia, ha per centro la città industriale di České Budějovice (Böhmisch Budweis, che è anche importante nodo ferroviario, con 58.480 ab.); in questa regione è pure Tábor, culla del movimento ussita. Nella Boemia settentrionale le maggiori città hanno carattere industriale, come Ústi n. L. (Aussig, con 64.910 abitanti), il più grande porto fluviale della repubblica, e Liberec (Reichenberg, con 73.427 abitanti), detta la Manchester boema. Questa regione è anche rinomata per le sue bellezze naturali ("Svizzera boema"; "Paradiso boemo" presso Turnov), che hanno fatto sviluppare l'industria del forestiero. Infine ad est di Praga, lungo l'Elba, in regione fertile e centrale, mostrano notevole incremento i centri di Kolín (20 mila ab.), Nymburk, Hradec Králové (Königgrätz, riunione di più piccoli centri con 35 mila ab.) e Pardubice.
Secondo l'ultimo censimento, all'incirca il 66,2% della popolazione della Boemia è costituito da Cèchi e il 33% da Tedeschi (Cèchi: 4.382.788; Tedeschi: 2.173.239); inoltre 11.257 di nazionalità ebraica. Presentemente le due nazionalità di gran lunga prevalenti non vivono in territori nettamente delimitati, come nel passato, ma si presentano commiste nelle città e nelle regioni industriali. Nuclei abitati in modo più compatto da Tedeschi si trovano a nord e ad ovest; uno di questi entra con un cuneo più profondamente verso l'interno del paese; in più luoghi però (come presso Náchod e Domažlice) l'elemento cèco s'infiltra nella zona tedesca.
Per quanto riguarda la religione, gli abitanti erano nel 1921 in grande prevalenza cattolici (5.222.983 ab., cioè il 78,3%); v'erano inoltre 266.114 (3,7%) evangelici; 437.377 (6,5%) seguaci della chiesa nazionale cecoslovacca; 79.777 (1,1%) israeliti e 658.084 (9,8%) atei.
La struttura economica della Boemia, sia per la sua posizione centrale, sia per le ricchezze agricole e minerarie su cui si basa un'industria ben sviluppata, è piuttosto complessa. L'agricoltura e lo sfruttamento forestale occupano il 29,7% della popolazione (1.980.368 persone). Viene coltivato in notevole quantità grano (che dà un reddito unitario di 20 q. per ettaro) e cereali minori, patate e barbabietole (specie nelle bassure della valle dell'Elba), frutta, luppolo. Il 50% del territorio della Boemia è coltivato a campi, il 12% a prati e giardini, il 5% è coperto da prati naturali, il 30% da foreste (in prevalenza di pini) e solo il 3% è costituito da terreno sterile. L'allevamento è pure abbastanza diffuso: la Boemia possiede circa 200 mila cavalli, 1.644.000 bovini, 605 mila capre, 472 mila pecore; diffuso è anche l'allevamento del maiale e degli animali da cortile (specie le oche). Ma la Boemia è soprattutto paese minerario e industriale (2.734.344 persone occupate; 41%). Gli antichi terreni e le regioni soggette a eruzioni più recenti forniscono minerali in gran copia. Miniere d'argento esistono presso Příbram, di ferro nei Monti Metalliferi, di piombo pure presso Příbram e presso Mies, di zinco e stagno nei Monti Metalliferi, di grafite a Horní Planá, d'uranio presso Jáchymov; grafite si estrae presso Budĕiovice, carbone nella zona tra Praga e Plzeň (Kladno, Radnice, ecc.) e dalla regione posta ai piedi dei Monti Metalliferi (Teplice, Most, Duchcov); quest'ultimo viene in gran parte esportato in Germania per la via dell'Elba. Sono infine da ricordare molte cave di caolino e di argille plastiche, e, connesse con le fratture e le manifestazioni vulcaniche, le sorgenti minerali di Karlovy Vary, Frant. Láznĕ, Teplice). L'industria, sia metallurgica sia tessile, si concentra attorno alle regioni carbonifere (Kladno, Plzeň, Chomutov), a Praga e nelle regioni montagnose della Boemia settentrionale ricche d'acqua e vicine alla Germania. L'industria dello zucchero occupa uno dei primi posti in Europa e notevole è la fabbricazione della birra e quella dell'alcool e dell'amido, che tengono uno dei primi posti nelle esportazioni. In varie regioni la mano d'opera è specializzata (vetrerie artistiche in Boemia settentrionale, strumenti musicali nei Krušné Hory, ecc.). Una vasta e ben organizzata rete di rapporti economici e commerciali s'incarica dello smercio dei prodotti (persone occupate: 833.695; 6,9%). La rete ferroviaria, lunga 6786 km., era la più densa di tutta l'Austria (salvo la Slesia); i fiumi sono navigabili per 167 km. Per altre notizie v. cecoslovacchia.
Bibl.: F. E. Suess, Bau und Bild der böhmischen Masse, Vienna e Lipsia 1903; F. Machatschek, Mitteleuropa, in Enzyklopädie der Erdkunde, Vienna e Lipsia 1926; H. Hassinger, Die Tschechoslowakei, Vienna 1925; S. Nikolau, Géographie de la Tchécoslovaquie, Praga 1926; Schlesinger, Die Nationalitätsverhältnisse in B., Stoccarda 1886; Schneider, Zur Orographie und Morphologie von B., Praga 1908; id., Materialien z. Landeskunde von B., in Mitt. Geogr. Gesell., Vienna 1910.
Storia.
I. La colonizzazione slava e le prime formazioni statali. - Il nome Boemia s'incontra per la prima volta in Strabone (VII, 290) nella forma Βουίαιμον e in Velleio Patercolo (II, 104) nella forma "Boiohaemum" come denominazione del paese abitato dai Marcomanni dall'8 a. C.; in Tacito (Germania, 28) c'è pure già la denominazione Boihaemi. Il nome è passato quindi nelle lingue non slave anche per denominare la popolazione slava di questa regione, i Cèchi (Boemi, Bohèmes, Böhmen). Questo territorio, entro il quale si formò più tardi il regno di Boemia, era tuttavia abitato già nel periodo diluviano, rappresentando così una delle più antiche dimore dell'uomo in Europa. Nei tempi preistorici vi ebbero stanza temporanea numerose stirpi, il cui nome e la cui origine rimangono ignoti. Gli archeologi stabiliscono fra essi alcune civiltà dell'età neolitica, altre del periodo transitorio (cadaveri inumati, in attitudine rannicchiata, e cadaveri incinerati), verso il 2000 a. C., altre dell'età del bronzo (nel secondo millennio a. C.) e la gente dei cosiddetti "campi delle urne". Queste stirpi dimorano in Boemia per molti secoli, fino al sorgere della nuova civiltà del ferro che vi penetra intorno al 900 a C.
Nel sec. IV a. C. la Boemia era abitata dalla gente celtica dei Boi, che diedero al paese il suo nome storico. Pure i paesi limitrofi della Boemia, cioè la Moravia e la Slovacchia, erano abitati in quell'epoca dalla stirpe celtica dei Cottini, abili minatori. Ma prima dell'inizio dell'era cristiana queste stirpi celtiche abbandonano il paese, che viene occupato da stirpi germaniche e precisamente la Boemia dai Marcomanni, la Moravia e la Slovacchia dai Quadi, guidati da Marobud. In quest'epoca penetrano nell'attuale territorio cecoslovacco anche i Romani, portando le loro posizioni d'avanguardia oltre il "limes" in Slovacchia fino all'odierna Trenčín e in Moravia fino all'odierna Mušov. Tuttavia il territorio corrispondente alla Boemia di oggi è rimasto in genere fuori delle frontiere dell'Impero romano.
Per tutti questi antichi abitatori la Boemia non fu una dimora definitiva: ma nel sec. VI giungono dalla Transcarpazia le genti slave, che occupano stabilmente il territorio, creandovi in processo di tempo uno stato, retto prima da duchi, e dalla fine del sec. XII da re. Questo stato, chiamato dagli altri stati col vecchio nome di Boemia, si sviluppò nel Medioevo sotto l'influenza dell'Impero romano-germanico, al quale i suoi sovrani erano uniti da legami feudali, molto meno stretti però di quelli che univano gli stati e gli staterelli tedeschi, così che la dipendenza della Boemia dall'Impero era in realtà di natura piuttosto formale. Il regno di Boemia si rese col tempo sempre più indipendente, fino a che nel sec. XV la dipendenza dall'Impero cessò del tutto. Dal 1527 giunsero però al trono di Boemia gli Asburgo e da allora lo stato boemo si fonde a poco a poco con gli altri dominî degli Asburgo in un nuovo stato, che nel 1804 prese per la prima volta, anche formalmente, il titolo d'impero d'Austria.
I primordî dello stato boemo sono ignoti. Il primo stato indipendente degli Slavi occidentali fu il regno di Samo, re dei Vendi. Esso ebbe origine come reazione alla pressione esercitata sulla popolazione slava delle regioni danubiane dai nomadi Avari. Samo liberò gli Slavi dal giogo degli Avari, unendoli circa il 623 in un grande stato che comprendeva, oltre al territorio dell'attuale Cecoslovacchia, anche le regioni alpine e danubiane; probabilmente anche le terre al nord della Boemia, abitate dagli Slavi dell'Elba, furono sotto il dominio di Samo, che seppe difendere la sua indipendenza anche contro le aggressioni del re franco Dagoberto (battaglia di Vogastisburg nel 631). Lo stato durò tuttavia soltanto fino alla morte di Samo, avvenuta intorno al 658.
Col sec. IX gli Slavi boemi entrano nella sfera d'influenza dell'Impero romano d'Occidente, rinnovato da Carlo Magno, restando però fuori della sua organizzazione amministrativa.
Ma la decadenza dell'impero sotto i successori di Carlo Magno e la necessità di difendersi contro il costante pericolo proveniente dall'Oriente, favorirono la creazione di un nuovo grande stato indipendente, che nel sec. IX si presenta sotto il nome di Grande Moravia. Il primo sovrano della Grande Moravia storicamente noto è il principe Mojmír, che regnò circa l'830 e che estese il suo dominio anche sulla Slovacchia orientale, scacciandovi il principe feudale Pribina. Quest'ultimo, che fu il primo principe cristiano degli Slavi occidentali e fondò la prima chiesa cristiana a Nitra, in Slovacchia, scacciato da Mojmír, si rifugiò nell'antica Pannonia fondandovi un altro stato slavo (840-874), nel quale regnò dopo di lui anche il figlio Kocel.
La Grande Moravia ebbe il suo centro nell'odierna Moravia e nella Slovacchia occidentale ed è importante per il successivo sviluppo della nazione cèca, specialmente perché in quell'epoca la popolazione si convertì al cristianesimo entrando così a far parte delle nazioni civili.
Il cristianesimo penetrò in Moravia dapprima sporadicamente e soprattutto con semplici conversioni individuali, per influsso dei Franchi confinanti. Il paganesimo dei Moravi servì anzi di pretesto ai Franchi per invaderne i paesi; e ad un tempo l'essere affidata a sacerdoti tedeschi l'evangelizzazione portò ad una forte infiltrazione del germanesimo in Moravia. Rostislao, successo a Mojmír, volle ovviare al pericolo e chiese all'imperatore bizantino Michele III degli apostoli cristiani che conoscessero la lingua slava. Così nell'863 giunsero in Moravia i fratelli Costantino (Cirillo) e Metodio, che in pochi anni convertirono al cristianesimo la popolazione introducendovi contemporaneamente la prima scrittura slava, proveniente dall'alfabeto greco, la cosiddetta scrittura glagolitica. Ma se il culto cristiano viene praticato in lingua slava, tuttavia la Grande Moravia riconosce la supremazia di Roma. Metodio anzi è nominato da papa Adriano II arcivescovo di Pannonia e incaricato dell'amministrazione ecclesiastica di tutta la regione slava del Danubio. Già durante la sua vita si manifesta tuttavia nello stato della Grande Moravia il dissidio fra la civiltà orientale e quella occidentale.
Il successore di Rostislao, Svatopluk (871-894), che con mano ferma compì il consolidamento politico della Grande Moravia, estendendone la signoria sulla Pannonia, sulla Polonia e sulla Boemia, favorisce la liturgia latina e i preti tedeschi contro Metodio, ponendosi addirittura sotto la tutela del papa. Ne deriva che dopo la morte di Metodio (885) il rito latino predomina in nodo tale da avvicinare tutta la Grande Moravia alla civiltà d'Occidente. Gli allievi di Metodio, espulsi da Svatopluk, si recano come missionarî nei paesi degli Slavi meridionali e orientali.
Ma ad impedire l'ulteriore sviluppo della Grande Moravia intervenne l'invasione degli Ungari, che all'inizio del sec. X, sotto il regno di Mojmír II, ne occuparono le regioni orientali, cioè la Slovacchia e la Moravia attuale. Soltanto la parte occidentale dello stato moravo, la Boemia, poté difendere la propria indipendenza; anzi è Stata questa regione che poco dopo divenne punto di partenza di una nuova evoluzione statale: il ducato di Boemia e il regno dei Přemyslidi.
All'epoca del regno di Moravia, la Boemia era abitata da stirpi slave non ancora unificate, delle quali la più importante era la stirpe dei Cèchi, residenti nella parte centrale del paese, attorno al castello di Praga. Governato da principi originarî dalla dinastia leggendaria dei Přemyslidi, il popolo cèco, secondo le leggende nazionali, conservate nella cronaca di Cosma di Praga (principio del sec. XII), sarebbe stato condotto in Boemia dal capostipite Čech. Ad esso sarebbe successo Krok; la figlia di questi Libuše avrebbe sposato l'aratore Přemysl di Stadice, fondatore della successiva dinastia. La tradizione ricorda sette successori di Přemysl; ma dati storici precisi si hanno soltanto del principe Bořivoi, che avendo riconosciuto la sovranità della Grande Moravia dopo l'880 fu battezzato da Metodio insieme con sua moglie Ludmila, più tardi santa. I suoi figli Spytihněv (890-916) e Vratislao (916-921) si sottrassero nell'895 alla signoria di Mojmír II, ponendosi sotto la protezione dell'impero dei Franchi.
II. Il ducato e il regno di Boemia fino alle guerre ussite. - Dopo il crollo della Grande Moravia, causato dagli Ungari, il centro degli Slavi d'Occidente si trasferì definitivamente a Praga, che diventerà sempre più centro politico e culturale della nascente nazione cèca e del suo stato. La creazione di questo stato era subordinata alla realizzazione di due grandi compiti: unificare le stirpi slave, fino allora rette da propri principi, in un'unica compagine sotto il governo di Praga, e infondere in esse la civiltà cristiana. Tale compito venne assolto sotto i successori di Bořivoj nel corso del sec. X. L'evoluzione non poté tuttavia effettuarsi, data la situazione politica dell'Europa del tempo, se non nel quadro del Sacro Romano Impero, col quale i principi e più tardi i re di Boemia dovranno sostenere lotte continue, dal sec. X al XIV, per la propria indipendenza. Il principe Venceslao I (920-929), nipote di Bořivoj, iniziò l'opera, regolando a mezzo di un trattato con il re Enrico I i rapporti verso la Germania, unificando le stirpi e portando definitivamente la Boemia nella sfera culturale dell'Occidente, sulla ferma base del rito latino. Venceslao perì vittima d'una congiura ordita dal fratello Boleslao; ma il suo programma fu adottato anche dai suoi successori, diventando tradizione dei sovrani cèchi, specialmente dopo che Venceslao venne trasformato dalla leggenda in primo martire e santo della nazione. Da San Venceslao la Boemia e le altre terre cèche presero più tardi il nome di paesi della corona di S. Venceslao.
Per merito di Boleslao I (929-967) il ducato dei Přemyslidi diventa in breve lo stato più importante dell'Europa centrale, estendendosi dalla Boemia e dalla Moravia anche ad una parte della Slesia e della Slovacchia. L'unificazione delle stirpi sotto la signoria di Praga permise altresì una più intensa vita civile. La Boemia entra sempre più nella sfera d'azione della giovane civiltà romano-germanica; Praga si trasforma e in luogo delle case in legno sorgono edifizî in pietra; la nazione comincia ad agire nel campo letterario, artistico ed economico. Simbolo di questo progresso la prima moneta boema coniata già sotto Venceslao. Sotto Boleslao lI (967-999) lo stato cèco acquista l'autonomia negli affari ecclesiastici con la creazione d'un vescovado a Praga (973); e nel 992 il vescovo di Praga Adalberto fonda, presso Praga, il monastero di Brevnov, il primo monastero maschile in terra cèca. Sono con lui dodici monaci benedettini, condotti da Roma: e così comincia a penetrare in Boemia la civiltà italiana. Il giovane stato boemo può pertanto diventare presto punto di partenza per la civilizzazione delle regioni barbare del Settentrione e dell'Oriente. La figlia di Boleslao I, Dobrava, sposata al principe polacco Mieszko, diffonde il cristianesimo in Polonia. E quando Adalberto, ostacolato dai duchi nel suo tentativo di diffondere la riforma cluniacense, abbandona la Boemia, si fa apostolo del cristianesimo in Polonia, in Prussia, in Ungheria. Suo fratello Radim diventa primo arcivescovo di Gniezno; il suo allievo Radla (Astrik) è divulgatore del cristianesimo fra gli Ungheri e primo arcivescovo di Strigonia (Gran).
Ma a questo sviluppo politico e culturale dello stato cèco sotto i primi duchi di Boemia nel sec. X, succede, al principio del secolo seguente, un periodo di decadenza. Sotto gl'incapaci successori di Boleslao II, il ducato di Boemia diminuisce assai di estensione territoriale, come pure d'importanza politica, passando anzi per un certo periodo sotto il dominio del principe polacco Boleslao Chrobry (nipote in linea materna di Boleslao I), che vuole unire la Boemia e la Polonia in un unico grande stato slavo. Il suo piano fallisce per l'intervento dell'imperatore Enrico II, e al trono di Boemia ritorna la dinastia nazionale dei Přemyslidi (Jaromír, 1003-1012; Ulrico, 1012-1034): essa perde tuttavia la signoria sugli altri paesi cèchi e cioè sulla Slovacchia, che viene unita all'Ungheria, sulla regione di Cracovia, che passa alla Polonia e temporaneamente sulla Moravia.
L'ulteriore sviluppo della Boemia nei secoli XI e XII è caratterizzato dagli sforzi fatti dai principi di Praga per distruggere gli ultimi resti dell'autonomia delle varie stirpi, estendere il territorio con la conquista delle regioni orientali, già dominî dell'antico regno moravo, assicurarsi maggiore indipendenza verso l'Impero e verso la Chiesa, migliorare le condizioni economiche del paese con l'intensa colonizzazione delle terre di confine disabitate.
Il tentativo di Břetislao I (1034-1055) di allargare fino alla Polonia lo stato cèco e di trasportare a Praga la sede dell'arcivescovado di Gniezno non ebbe successo per l'intervento di Enrico III: la Boemia ottenne solo la Moravia e una parte della Slovacchia, tolta agli Ungheresi con la guerra del 1042, fatta in unione con Enrico III. Allo scopo di evitare liti fra i pretendenti al trono, Bretislao I emanò nel 1054 una legge di successione, che però non impedì le discordie tra i Přemyslidi. Il successore di Břetislao, Spytihněv I (1055-1061), tentò di sottrarsi alla dipendenza dell'Impero, chiedendo la dignità regia al papa, il quale però, per riguardi all'imperatore, non concesse al duca che il permesso di portare la mitra vescovile. I successori di Spytihnĕv legano perciò sempre più strettamente il loro destino a quello degl'imperatori, specialmente quando si vedono costretti a lottare contro le crescenti pretese della Chiesa. La lotta delle investiture offrì ai duchi di Boemia l'occasione di ottenere dei privilegi per lo stato cèco in cambio dell'aiuto prestato agl'imperatori. Enrico IV conferì nel 1085 a titolo personale la dignità di re di Boemia a Vratislao II (1061-1092), per aver preso parte alla lotta contro Gregorio VII e alla conquista di Roma con truppe cèche, cedendogli pure una parte del ducato di Lusazia. Ma le lotte intestine fra i membri della dinastia dei Přemvslidi menomarono il potere del sovrano, dando spesso occasione agl'imperatori, chiamati a decidere, di intervenire nelle questioni interne dello stato cèco. Soltanto Soběslao I (1125-1140) riuscì ad assicurarsi una posizione più indipendente, difendendo il trono contro l'imperatore Lotario (vittoria di Chlumec, 1126): poté così stabilire relazioni più amichevoli tra la Boemia e l'Impero, e consolidare la signoria anche nell'interno del paese.
Ma le nuove discordie scoppiate fra i Přemyslidi mettevano in pericolo l'indipendenża dello stato. Vladislao II (1140-1173) ottenne bensì da Federico Barbarossa la corona regia nel gennaio 1158; ed egli aiutò l'imperatore nella guerra contro Milano. Ma le discordie per la successione di Vladislao favorirono il Barbarossa, che intendeva riprendersi la concessione fatta del titolo regio; gli offrirono altresì il destro di intervenire in Boemia: e così nel 1173 Soběslao II assumeva il potere col semplice titolo di principe. Nel 1182 la Moravia, sottratta agli obblighi verso il duca di Boemia, viene trasformata in un margraviato e direttamente sottomessa all'imperatore; nel 1187 il vescovo di Praga viene nominato principe dell'Impero e sottratto all'obbedienza del duca di Boemia.
Il periodo delle lotte intestine per il trono di Boemia termina appena nel 1197 con l'accordo concluso dal principe Vladislao III col fratello Přemysl Ottocaro I (1197-1230), al quale il contemporaneo indebolimento del potere sovrano in Germania e le lotte degli imperatori col papa permisero di ottenere definitivamente dal re Filippo di Svevia la corona regia ereditaria (1198). Tale atto venne confermato anche dal papa Innocenzo III nel 1204. Sotto l'imperatore Federico II vennero definitivamente regolati i rapporti del nuovo regno di Boemia con l'impero con la cosiddetta Bolla d'oro di Sicilia, emanata a Basilea nel 1212. Il regno rimaneva un feudo dell'impero: ma si trattava ormai di una subordinazione puramente formale, ché l'imperatore doveva semplicemente riconoscere il re eletto dalla nobiltà boema. Il re di Boemia poi otteneva il diritto notevolissimo, sino a quel giorno riservato all'imperatore, d'investire il vescovo di Praga; in più, gli erano fatte varie altre concessioni. L'inizio del sec. XIII segna dunque un importante mutamento nei rapporti fra l'impero e lo stato boemo: se fino allora gli imperatori avevano spesso deciso nelle questioni interne del ducato di Boemia, il regno di Boemia non soltanto si sottrae a tale soggezione, ma si fa spesso arbitro negli affari dell'impero, specialmente all'epoca della lotta per il trono imperiale dopo l'estinzione degli Hohenstaufen. Il regno di Boemia così consolidato si presenta nel sec. XIII nuovamente come una potenza dominante nell'Europa centrale, assicurandosi notevoli successi nella politica internazionale.
Poco dopo il consolidamento dello stato, i Přemyslidi cominciano a mostrare tendenze espansionistiche. L'estinzione della dinastia dei Babenberg in Austria offre occasione a Venceslao I (1238-1253) di assicurarne a suo figlio Přemysl Ottocaro II (1253-1278; v.) la successione, sposandolo all'erede Margherita. Ottocaro II riesce a comprendere in un grande ma effimero stato i paesi boemi, l'alta e la bassa Austria, la Stiria, la Carinzia, la Carniola, Salisburgo. Né si limita a difendere il suo regno contro le pretese del re d'Ungheria; ma estende il suo potere anche all'est, costringendo i principi della Slesia a riconoscere la supremazia della Boemia, mentre l'ordine dei Cavalieri teutonici chiede il suo aiuto nelle lotte nella Prussia orientale. Egli appare così il principe più potente dell'impero. Anche nella vita interna della Boemia il governo di Přemysl Ottocaro II reca un grande sviluppo sia dal lato sociale sia da quello economico e culturale. La struttura interna dello stato boemo completa in questo periodo la trasformazione del suo primitivo stato assoluto in uno stato feudale, in cui la vecchia nobiltà e la nuova aristocrazia burocratica e militare acquistano grande influenza sulla vita pubblica. L'intensa colonizzazione e la fondazione di nuove città fanno aumentare la popolazione, intensificano la produzione agricola, favoriscono l'attività industriale e specialmente lo sfruttamento delle ricchezze minerarie del paese; ma la nuova classe borghese che va formandosi, e sulla cui attività economica si appoggia la politica del re, porta in sé il germe di nuove lotte sociali.
Ma è anche questo il periodo in cui il processo di germanizzazione della Boemia s'intensifica fortemente. Era già cominciato - come s'è detto - nel periodo dell'evangelizzazione; e s'è visto anzi, come per sottrarsi all'influsso germanico Rostislav piegasse verso Bisanzio. Sennonché tale avvicinamento all'Oriente era durato pochissimo: l'Occidente aveva in breve ripreso nella sua orbita d'influenza il regno dei successori di Rostislav, e si era fatto sentire, dai primi decennî del sec. X, l'influsso latino (attraverso la chiesa), e nuovamente, quello germanico, che agisce soprattutto per mezzo della chiesa e del commercio. Il primo vescovo di Praga era stato un tedesco; nel secolo XI c'è già a Praga una colonia di mercanti tedeschi, che ottiene anzi una larghissima autonomia. Col sec. XII i Tedeschi penetrano da tutte le parti, colonizzando sistematicamente larghe parti del territorio, dissodando vaste zone boschive di frontiera, fondando nuovi monasteri, sviluppando la vita economica della Boemia e facendovi prosperare l'artigianato. In alcune regioni l'elemento slavo è completamente sommerso da questa vasta ondata emigratoria che procede da Occidente verso Oriente; del resto non v'è da stupire della facilità della penetrazione germanica, quando si pensi che la Boemia era abbastanza scarsamente popolata, che la popolazione viveva in massima raggruppata nei villaggi attorno ai castelli feudali, che quindi larghissime zone erano spopolate, incolte e quasi impraticabili. L'espansionismo dei coloni tedeschi era quindi inevitabile e significava - è d'uopo riconoscerlo - una più intensa vita economica, un accrescimento di ricchezza, di popolazione, di civiltà.
A favorire l'elemento germanico intervengono i signori e gli stessi re di Boemia, a partire da Přemysl I (specialmente Venceslao I), che fondano o permettono la fondazione di villaggi di coloni tedeschi retti non dal diritto slavo, ma da quello germanico (ius teutonicum), assai più vantaggioso ai coloni stessi. Ne derivava, naturalmente, una netta differenziazione anche giuridica tra nuovi villaggi, tedeschi, e vecchi villaggi, slavi, differenza che scomparve solo col sec. XIV. Con tali concessioni, gli elementi tedeschi vengono sempre più attratti nel paese, a tutto vantaggio finanziario dei re e dei signori, che fanno così dissodare le loro terre incolte.
Ma la germanizzazione non si limita alle campagne: ché anzi proprio per merito dei Tedeschi sorgono, per la prima volta, le città, nel pieno senso economico e giuridico della parola. Ai villaggi, costruiti sul tipo dell'okrouhlice, o villaggio circolare slavo, e ai borghi raccolti attorno ai castelli, si sostituiscono a partire da Venceslao I le città. Costruite sul sistema occidentale, esse sono centri fortificati, ma ad un tempo emporî commerciali, favoriti dal crescente sviluppo economico del paese; abitati quasi esclusivamente dai Tedeschi, diventano sede d'una borghesia attiva, dedita al commerci e all'industria, diventano comuni sul tipo di Magdeburgo o di Norimberga. Col sec. XIII sorgono le città regie della Slovacchia, dotate di amplissimi privilegi: create dai coloni tedeschi, anch'esse, come quelle della Moravia e della Boemia, diventano centri del germanesimo, mentre nei dominî feudali anche in Slovacchia s'insediano agricoltori tedeschi, chiamati dai signori.
L'influsso germanico si avverte naturalmente nel campo culturale, attraverso la chiesa e la corte, che sotto i Přemyslidi si germanizza sempre più, anche per via di matrimonî con principesse tedesche; e a Praga i Minnesänger tedeschi trovano ospitalità come alla corte dei Babenberg di Vienna. La stessa nobiltà, pur essendo ostile alla borghesia tedesca della città, di cui i sovrani si servono come d'una forza per controbilanciare il potere dei feudatarî, non può sottrarsi alla generale tendenza: tenor di vita e costumi appaiono sempre più improntati a netto carattere germanico; perfino i nomi vengono germanizzati.
In confronto con l'influsso germanico, di minor rilievo appare quello latino. Tuttavia, qualche frutto dava anche quest'ultimo: e bisogna ricordare che alla fine del sec. XIII, il giurista italiano Gozzi di Orvieto era incaricato da Venceslao II di elaborare un codice sulla base del diritto romano. Fallito il tentativo, per l'ostilità dei nobili, il Gozzi compose tuttavia il Ius regale montanorum, codificazione del diritto minerario.
Il grande impulso della potenza di Přemysl Ottocaro II all'esterno fu possibile per l'indebolimento contemporaneo dell'autorità imperiale. Quando, dopo l'elezione di Rodolfo d'Asburgo, l'autorità sovrana in Germania si consolidò, fu inevitabile il conflitto fra il sovrano tedesco e il potente re di Boemia; e il conflitto finì, dopo una lunga lotta, con la battaglia di Dürnkrut sul Marchfeld nell'Austria inferiore. Přemysl Ottocaro II dovette soccombere alle forze coalizzate germanico-ungheresi, trovando la morte sul campo (1278). La sconfitta del re di Boemia fu causata soprattutto dal tradimento della nobiltà di Boemia, sollevatasi contro l'autorità regia. Se nei secoli XI e XII il lato debole dello stato boemo era costituito dalle lotte intestine fra i Přemyslidi, a cominciare dal sec. XIII il pericolo proviene dalla crescente potenza della nobiltà. Il feudalismo chiede sempre maggiori diritti per assicurarsi la preponderanza nello stato; e, messo in sospetto dall'opera della monarchia a pro' della borghesia tedesca delle città, avversa le città e la monarchia. Ma intacca con ciò l'autorita dello stato di fronte alle potenze estere.
La vittoria di Rodolfo d'Asburgo, che trasferì in feudo alla sua casa le terre d'Austria, strappate a Přemysl Ottocaro, arrestò l'espansione dello stato boemo verso il sud. Il figlio di Přemysl Ottocaro II (e genero di Rodolfo), Venceslao II (1278-1305; v.), salito al trono nel 1283 dopo l'infelice periodo di reggenza di Ottone di Brandeburgo, si riconcilia finalmente con gli Asburgo, riportando la Boemia a nuovi splendori. Egli si dimostra ben presto ottimo amministratore nello sfruttamento delle ricchezze minerarie del paese e nel dare solida base alla valuta boema con l'introduzione di una nuova moneta (grossi di Praga), coniati sull'esempio dato dai Fiorentini e dai monetieri italiani chiamati in Boemia. Allo scopo di tener fronte alla preponderanza tedesca, egli allaccia rapporti col re di Francia; e seguendo le tradizioni del padre, cerca di estendere i suoi domini verso il nord e verso l'est. I disordini nella famiglia dei Piasti in Polonia gli aprirono la via al trono polacco, al quale salì nel 1300 come marito dell'ultima erede del ramo reggente dei Piasti, Elisabetta. Estintisi poi gli Arpadi in Ungheria, accetta pure la corona di S. Stefano per suo figlio Venceslao III. Ma le speranze di fondere questi tre regni in un'unica grande potenza centroeuropea sotto lo scettro dei Přemyslidi, tale da rappresentare un contrappeso all'impero, fallirono nel 1306, quando Venceslao III (1305-1306; v.) venne assassinato a Olomouc e con lui si estinse la linea maschile dei Přemyslidi.
La fine della secolare dinastia nazionale boema arresta soltanto per qualche tempo l'evoluzione dello stato cèco, ma significa in ogni caso la fine dell'imperialismo dei Přemyslidi. La corona boema è pretesa per diritto ereditario da Rodolfo di Asburgo, morto nel 1307; per qualche tempo se ne impossessa Enrico di Carinzia (1307-1310), marito di Anna, sorella di Venceslao III; ma egli viene scacciato dalla nobiltà, che chiama al trono Giovanni di Lussemburgo (1310-1346; v.), figlio dell'imperatore Enrico VII e marito della sorella minore di Venceslao III, Elisabetta. ll primo sovrano della nuova dinastia si stabilisce in Boemia, mentre infuriano le lotte fra i nobili e le città. Per la sua abile azione diplomatica il territorio della Boemia viene esteso ai principati di Slesia, alla regione di Cheb (Egerland), mentre ritornano in possesso del regno i feudi di Bautzen e Görlitz. D'altra parte egli cerca pure di assicurarsi una signoria in Italia; prende parte alla guerra tra Francia e Inghilterra e muore a Crecy. Ma le sue avventurose spedizioni, che lo tengono fuori del regno per gran parte del tempo, determinano un grave indebolimento della monarchia all'interno. Già al suo avvento al trono, Giovanni ha dovuto concedere alla nobiltà di Boemia, e poi a quella di Moravia, ampî privilegi; in seguito l'amministrazione del reame, trascuratissima, impoverisce il tesoro e il demanio regio, permettendo naturalmente ai grandi signori di emanciparsi sempre più. L'opera di riassestamento interno viene compiuta dal figlio, Carlo I, il "padre della patria" (v. carlo iv, imperatore). Egli riesce infatti a porre termine all'opera, cui i Přemyslidi avevano aspirato per molti secoli nel loro costante conflitto con l'impero: cioè il definitivo assestamento territoriale e giuridico dello stato boemo. Imperatore, appoggia anzitutto la sua autorità, secondo lo spirito dei tempi, sui proprî dominî ereditarî; e si dedica quindi con particolare cura al regno di Boemia, sia nei rapporti statali sia in quelli culturali. Assicura in primo luogo alla Boemia l'autonomia ecclesiastica, ottenendo da papa Clemente VI l'elevazione del vescovado di Praga (1344) ad arcivescovado; estende, con patti e con acquisti, il territorio della Boemia ai resti della Slesia, alla Lusazia Inferiore, al Brandeburgo e a numerosi feudi minori in Germania. Con la bolla d'oro del 1356 garantisce la sovranità del regno di Boemia, escludendo per l'avvenire l'intervento degl'imperatori negli affari interni della Boemia e concedendo invece ai re di Boemia il diritto di voto nell'elezione degl'imperatori. La bolla d'oro di Carlo IV costituisce per molti secoli la base del diritto statale del regno di Boemia. Con i suoi patti di successione, conclusi con le case regnanti d'Austria e d'Ungheria, egli offrì la possibilità di un'espansione boema verso il sud e l'est.
Carlo cercò inoltre di sistemare la situazione politica interna amministrativa e feudale. Il codice Maiestas Carolina, elaborato a tale scopo nel 1355, non fu pubblicato per l'opposizione dei nobili, ma ebbe sempre influenza sullo sviluppo del diritto boemo.
Parimente importanti sono gli sforzi fatti da Carlo per promuovere la vita culturale ed economica del paese. Educato in gioventù alla corte di Francia, in ambienti di nuove tendenze culturali (che ebbe occasione di conoscere più tardi anche ad Avignone e in Italia), portò in Boemia uno spirito di nuova vita intellettuale; nel 1348 fondò a Praga, sul modello della Sorbona, la prima università dell'Europa centrale, imitata poi a Vienna, a Cracovia e a Budapest, come sono imitate in generale le tendenze riformistiche di Carlo negli stati vicini. Praga diventa sotto il suo regno una sontuosa metropoli imperiale, abbellita da magnifici monumenti; la sua corte ospita personalità notevoli e va facendosi centro della poesia, della letteratura e delle arti. Vi soggiornano anche varî Italiani, fra cui il Petrarca e Cola di Rienzo; e in essa, prima che in altra parte dell'Europa centrale, si fa avvertire l'influsso del nascente Umanesimo italiano.
III. La Boemia dalle guerre ussite fino al 1527. - Dalle nuove idee portate da Carlo in Boemia nasce, ancora durante il suo governo, un movimento spirituale, che sotto i suoi successori dovrà giungere a conseguenze inaspettate. Anzitutto è la riforma della vita religiosa ed ecclesiastica, predicata in Boemia da Corrado Waldhauser e da Milič da Kromeříž o divulgata con gli scritti da Tomaso Štítný e da Matteo di Janov: correnti religiose che raggiungono importanza mondiale, grazie all'azione svolta da Giovanni Hus all'università di Praga, sotto il regno di Venceslao IV (1378-1419); azione, che non resta soltanto religiosa, ma diventa contemporaneamente nuovo, fervente nazionalismo.
C'era da una parte una sorda ostilità dell'elemento cèco contro quello tedesco, la quale traeva le sue cause da motivi sociali (era cioè ostilità contro il ceto che, oltre ad essere non indigeno, dominava la vita delle città e si arricchiva col commercio), e da motivi più specificamente nazionali; per es., la forte discordia, trasformatasi talvolta in vera e propria ostilità, nell'università di Praga, tra professori tedeschi e cèchi. E c'era, come in tutto il resto d'Europa d'altronde, un malcontento diffuso di fronte alla chiesa: avversione ad un clero non all'altezza del suo compito, desiderio di ritorno alla vita evangelica. Sotto sotto si nascondevano le speranze dei contadini, ansiosi di un mutamento sociale, che daranno vita poi al radicalismo del taboriti. Uno stato d'animo, insomma, d'inquietudine e d'irrequietezza generale, che, accresciuto dalla crisi provocata dallo scisma d'occidente, trovava ora una base dottrinale nella predicazione di Hus. Gl'insegnamenti di lui trovano infatti larga eco di adesioni e consensi in tutta la Boemia e quando egli è condannato nel 1415 al rogo dal concilio di Costanza, in Boemia scoppia una rivolta generale, che s'allarga in pochi anni nelle guerre ussite (1419-1436).
Le guerre ussite, alle quali prese parte la maggioranza dei Boemi, attrassero l'attenzione di tutta Europa sulla Boemia, considerata come un paese eretico, che per primo aveva ardito opporsi con le armi all'autorità del papa, scuotendo l'unità del cristianesimo occidentale, ma che era deciso a difendere tenacemente anche la libertà di coscienza. Se nella storia d'ogni nazione civile c'è un periodo, in cui la nazione stessa mette in giuoco, combattendo, la sua esistenza, questo periodo è per i Boemi l'epoca ussita.
Le guerre cominciano nel 1419 con la defenestrazione dei magistrati della Città nuova di Praga (dov'era concentrato l'elemento cèco, in maggioranza piccoli artigiani) e con la rivolta contro il successore e fratello di Venceslao IV, il re d'Ungheria Sigismondo (1419-1437). Questi non era stato riconosciuto dai Boemi per i suoi sentimenti antiussiti; e i tentativi di lui per impossessarsi con la violenza del regno, non ebbero alcun successo per la tenace resistenza dei combattenti, guidati dal celebre condottiero Giovanni Žižka (v.), che, potentemente sostenuto dalla ridestata coscienza nazionale, seppe difendere la Boemia, col suo genio militare, dalle crociate mosse contro il suo paese, un po' da tutte le parti. Contro Sigismondo venne eletto alla dieta di Čáslav nel 1421 un governo rivoluzionario con 20 rappresentanti dei tre stati superiori della nazione, che assunse l'amministrazione del paese, organizzandone la difesa sotto la guida di Žižka. Le truppe boeme passarono ben presto all'offensiva conquistando pure una parte dell'Ungheria, così che l'ussitismo poté infiltrarsi anche nelle terre slovacche. Dopo la morte di Žižka (1424) il comando venne preso dal prete Procopio Holý che portò vittoriosamente gli eserciti ussiti anche in Germania, giungendo fino al mar Baltico. L'eroica resistenza degli ussiti indusse l'Europa occidentale a mostrarsi propensa a una soluzione pacifica della questione boema. L'accordo fu facilitato dai dissensi sorti fra gli stessi ussiti. Questi si erano divisi sin dall'inizio; da una parte stavano i taboriti (v.), reclutati in massima fra i contadini, estremisti violenti tanto nel campo religioso quanto in quello sociale e aspiranti all'uguaglianza assoluta di tutti gli uomini; dall'altra il partito detto di Praga che, dapprima formato soprattutto di borghesi delle città, aveva poi trovato i più forti sostenitori nella nobiltà feudale: ed era il partito dei moderati tanto nel campo religioso, quanto - e a più forte ragione - in quello sociale. I dissensi fra taboriti e praghesi, già più volte manifestatisi, scoppiarono finalmente in guerra aperta nel 1434: la nobiltà praghese insieme alla borghesia schiacciò i taboriti nella battaglia di Lipany (30 maggio 1434). Allora i moderati trionfanti poterono riprendere le trattative già iniziate al concilio di Basilea nel 1431 e concluderle nel 1436, con una formale riconciliazione, in seguito alla quale Sigismondo fu riconosciuto re di Boemia ed i Boemi vennero riaccolti nella chiesa cattolica col riconoscimento dei "quattro capitoli di Praga" compactata, che rappresentavano senza dubbio l'abbandono di gran parte delle idee ussite. Quel che rimaneva, era sostanzialmente la concessione della comunione ai laici sotto le due specie: communio sub utraque specie, donde il nome di "utraquisti" (v.), col quale fu designata questa frazione degli ussiti.
In tal modo ebbero fine le guerre ussite. Ma esse avevano portato in Boemia uno sconvolgimento profondo in tutta la vita sociale, economica e nazionale. Estintasi con Sigismondo la dinastia dei Lussemburgo, si mutò la situazione politica della Boemia tanto all'interno quanto all'esterno. I legami con l'impero vennero spezzati del tutto, il governo dei paese fu concentrato nelle mani della classe media, formata dalla piccola nobiltà e dalla borghesia delle città, mentre il grande feudalismo passò per qualche tempo in seconda linea. Ma l'ussitismo significò soprattutto un potente risveglio della coscienza nazionale cèca. Compenetrati dall'idea di un messianismo, dalla persuasione che la nazione cèca fosse eletta da Dio per far rinascere tutto il mondo per mezzo di una religione purificata e di un nuovo ordinamento sociale, gli ussiti risvegliarono l'orgoglio nazionale cèco. Il processo di germanizzazione, che sotto gli ultimi Přemyslidi ed i Lussemburgo aveva assunto dimensioni estesissime, venne arrestato, anzi subì un forte arretramento. Nel campo ecclesiastico la Boemia, prima fra le nazioni d'Occidente si stacca da Roma costituendo un organismo autonomo: i Boemi lottando per primi contro l'autorità medievale della chiesa, fino allora negata soltanto da singoli, preparano il terreno alla rivoluzione spirituale, che poco dopo doveva sconvolgere tutte le nazioni dell'Europa occidentale. Ma se le idee per le quali combatteva la nazione cèca, se le guerre ussite fecero profonda impressione in Europa e tennero in allarme per due decennî quasi tutte le potenze europee, d'altra parte determinarono l'isolamento culturale della Boemia: isolamento che fu tanto più fatale, in quanto sopravvenne nel momento in cui l'Europa stava facendo progressi enormi, col fiorire del Rinascimento, nato dall'Italia cattolica.
Gravi pure furono le conseguenze per la vita politica dello stato boemo. All'epoca in cui si ponevano in Occidente le basi dello stato moderno, l'autorità regia in Boemia lottava per la stessa sua esistenza. Il regno di Boemia usciva dalle guerre ussite intatto territorialmente, anzi ingrandito con l'occupazione temporanea della Slovacchia; ma l'autorità regia, combattuta dalla prepotente nobiltà, scossa profondamente dalle lotte ussite, non fu capace di trasformarlo in uno stato saldamente organizzato, sul tipo degli stati d'Occidente: anzi i legami fra la Boemia e le altre provincie del regno furono allentati. Già alla morte di Sigismondo, nel 1437, erano scoppiate nuove lotte per la successione al trono: lotte continuate dopo il breve regno di Alberto d'Austria (1438-39), sotto il re Ladislao il Postumo (1440-57), almeno sino al momento in cui egli fu effettivamente incoronato a Praga (1453). Il compito di riparare alle sfavorevoli conseguenze politiche della rivohzione ussita spettò a Giorgio di Poděbrady (1457-1471, v.), che aveva amministrato il paese già negli anni di regno del minorenne Ladislao il Postumo e che dopo la morte di questo venne eletto all'unanimità re di Boemia. Giorgio regnò in Boemia con mano ferma, combattendo le tendenze estreme delle sette religiose, le esagerazioni sociali e le invadenze della nobiltà; ma non riuscì nel suo intento di riconciliare la Boemia con l'Europa e specialmente con la chiesa cattolica. I papi rifiutarono di riconoscere i compactata, conclusi dal concilio di Basilea con la Boemia, e chiesero al re ussita l'incondizionata sottomissione dei Boemi all'autorità di Roma, sollevando l'opposizione della grande maggioranza della nazione. La chiesa ussita, rimasta ancora formalmente unita alla chiesa romana, venne amministrata dopo la morte dell'arcivescovo Corrado di Vechta, passato all'ussitismo, da un proprio concistoro, con a capo Giovanni Rokycana, che invano tentò di ottenere dal papa l'approvazione alla sua elezione ad arcivescovo di Praga. I rapporti tra la chiesa ussita e Roma restarono pertanto tesi ed anzi si aggravarono col sorgere di nuove sette, fra le quali particolare importanza acquistò in seguito l'unione dei Fratelli boemi (v. boemi, Fratelli), che si staccò nettamente nel 1467 da Roma fondando una propria organizzazione ecclesiastica. Re Giorgio, volendo ristabilire l'accordo fra l'ussitismo e la chiesa cattolica, perseguitò i Fratelli, senza tuttavia riuscire a conciliarsi il papa. Ben presto anzi scoppiò un nuovo conflitto fra Roma e Praga per la questione dei compactata. E se grazie alla sua abilità diplomatica, il re ussita poté avere dei successi nella politica internazionale, i suoi sforzi diretti a legare i sovrani cristiani in un'alleanza di pace, dalla quale sarebbe stata esclusa l'autorità del papa, fino allora riconosciuta dalla generalità, rimasero infruttuosi. Il papa rispose con la scomunica e con la proclamazione di una nuova crociata contro la Boemia. Esecutore materiale della scomunica fu il genero di Giorgio e re d'Ungheria, Mattia Corvino, che si vide sostenuto anche dall'alta nobiltà boema, la quale si era rivoltata contro il re nel complotto di Zelená Hora. La guerra condotta dal re d'Ungheria non strappò dal trono Giorgio di Poděbrady, ma staccò dal regno, per un certo periodo di tempo, la Moravia rimasta poi a Mattia, insieme al titolo di re di Boemia, fino alla sua morte. Nel suo desiderio di togliere la Boemia dall'isolamento in cui si trovava, Giorgio, non curandosi degl'interessi della propria casa, propose a suo successore il principe cattolico Vladislao Jagellone di Polonia. In tal modo giunse in Boemia la nuova dinastia dei Jagelloni, che doveva condurre a termine l'opera di riconciliazione col resto d'Europa iniziata da Giorgio di Podĕbrady. Vladislao (1471-1516) fu anche eletto re d'Ungheria, alla morte di Mattia Corvino (1490), e si ebbe così un'unione dei due stati nella persona del re. Ma nella politica interna, il governo di lui segnò un grave decadimento del potere regio. Alcune famiglie nobili, arricchitesi con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici, diventarono arbitre dello stato, senza che Vladislao ne reprimesse il prepotere: le città e le popolazioni delle campagne furono sacrificate, l'autorità del re decadde rapidamente, il paese fu nuovamente preda di discordie e di lotte. La costituzione del 1500, elargita da Vladislao, sanziona il trionfo della nobiltà.
L'organo supremo dello stato era la dieta, formata dai membri della nobiltà e dai delegati dei congressi provinciali: ne furono escluse invece le città regie, che nel periodo delle guerre ussite, sostenute anche dalla piccola nobiltà, avevano invece avuto un'importanza politica fondamentale, e che rappresentavano il più forte avversario della nobiltà. Questa riuscì nel 1500 a togliere alle città i loro privilegi politici, ponendole sotto il suo diretto controllo: e solo dopo nuove lotte cruente e rovinose, il trattato di San Venceslao del 1517 riconosceva l'autonomia delle città e il loro diritto di essere rappresentate alla dieta.
Così formata, la dieta costituiva il vero sovrano: ché essa doveva votare le imposte, regolare le spese e fissare il numero delle truppe necessarie alla difesa del paese. E poiché anche le cariche pubbliche vennero suddivise fra i membri della nobiltà, già padroni della dieta, così le funzioni legislative ed esecutive passavano nelle mani dei nobili. Il re era poco più che un personaggio decorativo. La costituzione del 1500 sanciva così per la Boemia la vittoria dello stato feudale, proprio quando in Occidente stavano per trionfare i principî dell'assolutismo monarchico.
La nobiltà aveva d'altronde rafforzato il suo potere anche con altri provvedimenti: nel 1487 la dieta stabiliva, nel 1500 la costituzione confermava la servitù della gleba per i contadini, che era il mezzo escogitato per ovviare alla mancanza di braccia da lavoro, fattasi acuta in Boemia dal periodo delle guerre ussite.
Il governo di Vladislao Jagellone, cattolicissimo, fu segnalato per altro verso dal tentativo di riportare al cattolicesimo la Boemia: che voleva dire anche imporre la cultura del Rinascimento. Nel tentativo il re ebbe alleata la nobiltà, ma avversario il popolo; furono quindi nuove lotte: da una parte, persecuzioni contro gli utraquisti; dall'altra, rivolte della popolazione (rivolta di Praga nel settembre 1483). Per porre un termine al dissidio si venne al trattato di Kutná Hora del 1485, che sanciva l'uguaglianza di utraquisti e cattolici; e il trattato fu rinnovato nel 1513. Ma fu un breve periodo di tranquillità religiosa: ché ben presto l'inizio del movimento luterano in Germania diede nuova esca alle discordie religiose anche in Boemia.
Già sotto il successore di Vladislao, Luigi (1516-1526), le discordie religiose, intrecciate con quelle politiche, ripresero violente, e quando nel 1526, Luigi muore nella battaglia di Mohács contro i Turchi, al trono di S. Venceslao salgono nuovamente gli Asburgo. L'arciduca Ferdinando d'Austria, fratello di Carlo V, viene eletto dalla dieta di Praga re di Boemia, il 29 ottobre 1526.
IV. La Boemia sotto gli Asburgo. - Con la nuova dinastia, la storia di Boemia entra in un nuovo periodo, che porta alla perdita effettiva dell'indipendenza del regno ed alla sua fusione con la monarchia danubiana degli Asburgo. I re della casa d'Austria, che furono contemporaneamente imperatori romani, e che avevano come scopo la creazione d'un grande stato danubiano, non potevano naturalmente vedere la Boemia se non in rapporto con le loro direttive generali; quindi, lo stato di S. Venceslao cessava di essere centro a sé stante di vita politica. Ma l'avvento degli Asburgo significa anche altra cosa: e cioè la decadenza dello spirito feudale boemo e l'inizio dell'assolutismo monarchico. Già Ferdinando I (1526-1564) cerca sistematicamente di restringere i privilegi della nobiltà, divisa d'altronde da perpetui dissidî, trasformando il vecchio stato feudale in una monarchia assoluta, modernamente amministrata. Ma mentre nelle altre parti d'Europa tali sforzi portano alla creazione di stati nazionali, in Boemia, è distrutta, insieme con il vecchio ordinamento feudale, anche l'indipendenza nazionale. Ferdinando trasferisce a Vienna la sede dei suoi dominî danubiani, cercando di creare per essi delle amministrazioni comuni per gli affari finanziarî, militari e per la politica estera. Un passo decisivo verso l'assolutismo viene compiuto da Ferdinando nel 1547. Infatti, dopo aver assicurato alla sua casa, con un'astuzia, il diritto ereditario alla corona di Boemia (1545), nel 1547 chiama alle armi la milizia, senza autorizzazione della dieta: con ciò passa sopra alla costituzione del 1500 e provoca la rivolta delle città, capeggiate da Praga e sostenute dalla nobiltà. La dieta si pone contro il re. Ma la profonda, radicata avversione tra le città e la nobiltà non permette che l'unione sia salda e sincera; dopo la vittoria del fratello di Ferdinando, Carlo V, a Mühlberg sui protestanti tedeschi, i nobili abbandonano le città, che sono quindi facilmente domate. L'influenza politica delle città è da allora completamente annientata. Poi Ferdinando, spezzata una delle due forze che s'opponevano all'assolutismo monarchico, passa a domare la nobiltà.
La lotta tra gli Asburgo e i Cèchi s'impernia sotto i primi quattro re della casa d'Asburgo sulle questioni religiose, che rappresentano allora il principale elemento della storia boema. Per l'influenza del luteranismo e del calvinismo, l'atteggiamento della popolazione non cattolica di Boemia (ammontante a quasi il 90%) assume un carattere più radicale contro Roma. Le chiese non cattoliche sono però frazionate in varie confessioni: ussita, luterana, l'Unione dei Fratelli boemi, calvinista, ecc., delle quali è riconosciuta dai compactata del 1437 soltanto la confessione utraquista. Gli sforzi fatti per ottenere la libertà di religione con la fusione delle chiese evangeliche in un'unica confessione nazionale boema (v. boema, Confessione), falliscono per l'intransigenza di Massimiliano II (1564-1576). Gli Asburgo, principali fautori della Controriforma in Europa, negano alla maggioranza della nazione cèca la libertà di religione; e procedono in Boemia, con l'aiuto della curia, dei nunzî, dei gesuiti e della nobiltà cattolica, a una violenta controriforma, che è causa di gravi lotte intestine. Il movimento controriformatore raggiunge la massima intensità sotto il debole Rodolfo II (1576-1611). Questi trasferisce la sua residenza a Praga, facendone così, come Carlo IV, il centro dell'impero; ma l'azione controriformista viene inasprita. Diretta dai nunzî, residenti allora in Boemia, favorita dalla nobiltà cattolica imbevuta di cultura latina, essa è estesa all'amministrazione pubblica, con l'aiuto della quale si tenta di sradicare dalla Boemia l'eresia. Si cerca di applicare a tutti i non cattolici il vecchio mandato del re Vladislao II, emanato nel 1508 contro gli eretici di Boemia. Il tentativo, rivolto in prima linea contro l'Unione dei Fratelli boemi, viene respinto alla dieta di Praga del 1603 e la politica ecclesiastica intransigente del re è causa poco dopo di una rivolta in Moravia, guidata da Carlo di Žerotin, che si è alleato con Mattia, fratello di Rodolfo II. La nobiltà boema si mantiene fedele a Rodolfo, inducendolo tuttavia a concedere alla Boemia la libertà di religione con la cosiddetta Littera Maiestatis del 9 luglio 1609. Ma la pace, conclusa allora fra le varie confessioni di Boemia, fu ben presto turbata dai nuovi tentativi fatti dalla corte imperiale e dai cattolici per paralizzare gli effetti delle lettere di maestà. Scoppiano infatti nuovi disordini, che si aggravano sotto il successore di Rodolfo, Mattia (1611-1619), fino a giungere alla rivolta aperta contro gli Asburgo.
Già il malcontento contro il governo degli Asburgo in Boemia s'era accresciuto col trasferimento della reggia da Praga a Vienna; sotto Mattia lo aggravarono l'inasprimento delle imposte, l'assunzione di elementi tedeschi e l'adozione della lingua tedesca nell'amministrazione del paese e, non ultimi, i nuovi tentativi contro la libertà di religione. Fu un periodo di continui fermenti e di gravi crisi, che affrettarono di anno in anno la catastrofe. Le preoccupazioni per l'imminente governo dell'arciduca Ferdinando di Stiria che doveva succedere a Mattia, e che aveva duramente riportato al cattolicesimo le terre meridionali degli Asburgo, aggravarono la situazione dei non cattolici boemi, e questi, alla fine, irritati per il fatto che le lettere di maestà non venivano rispettate nei latifondi ecclesiastici, si decisero alla rivolta. E fu la celebre defenestrazione dei luogotenenti regi Slavata e Martinic, avvenuta al castello di Praga il 23 maggio 1618. Con questa data comincia pure la guerra dei Trent'anni (v.).
I rivoltosi nominarono un governo provvisorio di 30 direttori; e respinto nel 1619, dopo la morte di Mattia, Ferdinando di Stiria (che pure era già stato riconosciuto nel 1617 re di Boemia), scelsero fra i varî candidati al trono (fra essi si era posto anche Carlo Emanuele I, duca di Savoia) l'elettore palatino Federico (1619-1620); capo dell'Unione protestante tedesca. Ciò allo scopo di assicurarsi l'aiuto dell'estero nella lotta contro gli Asburgo. Ma tale elezione, e per converso quella successiva di Ferdinando di Stiria a imperatore, diedero alla rivolta di Boemia un carattere internazionale, e ne fecero il punto di partenza d'un formidabile sconvolgimento di tutta Europa.
I Boemi, sostenuti dai loro alleati d'Austria, d'Ungheria, di Savoia e di Germania, furono dapprima in preponderanza sugli Asburgo; ma dopo una guerra di due anni, abbandonati nel momento critico dall'Unione protestante, mentre la Francia e l'Inghilterra rimanevano inerti, traditi infine da alcuni signori della Moravia, cedettero alle truppe imperiali alleate con le truppe della Lega cattolica. Nella battaglia decisiva della Montagna Bianca (8 novembre 1620), all'ovest di Praga, i Cèchi, comandati dall'Anhalt, furono in meno di due ore completamente sbaragliati dai nemici, guidati dal Tilly. E se la battaglia militarmente non era decisiva, data la possibilità per Praga di difendersi, il panico che pervase i capi cèchi provocò la catastrofe. Il re Federico lasciò la Boemia con una parte dei rivoltosi, per cercare aiuti al di fuori; ma la maggior parte della nobiltà boema si era nel frattempo sottomessa al vincitore, Ferdinando II (1620-1637), le cui truppe occuparono poi, senza resistenza, tutti i paesi boemi. Contro i rivoltosi fu ordinato un lungo processo, conclusosi con gravi sanzioni per quasi tutta la nobiltà boema: il 21 giugno 1621 ventisette nobili e cittadini vennero giustiziati nella piazza della Città Vecchia a Praga, mentre gli altri furono banditi dal regno e i loro beni confiscati.
Ai paesi boemi fu imposta con una violenta controriforma la fede cattolica; i loro diritti costituzionali furono mutilati dopo una dittatura di 7 anni del principe Carlo di Liechtenstein in Boemia e del cardinale Francesco Dietrichstein in Moravia, con la nuova costituzione del 1627 (in Moravia 1628). Il tedesco fu equiparato al cèco negli uffici pubblici; i beni confiscati furono venduti o donati a stranieri; la Slesia venne ceduta in pegno all'elettore di Sassonia. La catastrofe causata dalla sconfitta alla Montagna Bianca culminò con gli orrori della guerra dei Trent'anni, che si svolse in gran parte in territorio boemo, e con i saccheggi, i contributi di guerra e le gravi prestazioni che immiserirono anche la popolazione delle campagne. Il numero degli abitanti del regno scese da 2 milioni a 800.000; le fiorenti ricchezze del paese furono distrutte; la vita culturale della nazione venne paralizzata.
Gli esuli boemi, guidati dall'ultimo vescovo dell'Unione dei Fratelli boemi, il celebre pedagogo Giovanni Amos Comenio, versarono inutilmente il sangue per la liberazione della patria dal dominio asburgico. Le loro speranze rimasero deluse, la pace di Vestfalia legò definitivamente il destino della Boemia, territorialmente ridotta con la perdita della Lusazia, ceduta all'elettore di Sassonia, a quello della casa degli Asburgo.
L'indipendenza della Boemia, come stato, rimase ancora giuridicamente intatta; ché Ferdinando II e i suoi successori governarono come re di Boemia e fino al 1749 la cancelleria della corona di Boemia è nettamente separata dalla cancelleria d'Austria. Ma l'unione personale doveva minare le basi dell'indipendenza reale.
La nuova costituzione del 1627 toglie ai tre stati feudali il diritto di libera elezione del re; la Boemia diventa dominio ereditario anche in linea femminile della casa d'Asburgo; il potere legislativo, che fino allora era spettato alla dieta degli stati, passi in gran parte al re, al quale è riservato pure il diritto di decidere sulla cittadinanza in Boemia. Così vengono spalancate le porte alla nobiltà straniera, che sostituisce la nobiltà cèca esiliata. Il terzo stato (delle città) è escluso dall'amministrazione pubblica, mentre lo stato del clero, nuovamente creato, occupa il primo posto fra gli altri assicurando alla chiesa cattolica un'influenza predominante nelle diete. La religione cattolica viene dichiarata dalla legge la sola ammessa nello stato.
In seguito all'espulsione o all'immiserimento della vecchia nobiltà boema, sostituita da una nobiltà straniera, i legami di questa con la casa d'Asburgo si raflorzano sempre più, mentre quelli fra la nobiltà ed il popolo si allentano. Gl'ideali del regno indipendente di Boemia non trovano più sostenitori nella nobiltà; la quale si stacca sempre più per lingua e per cultura dal programma nazionale cèco, diventando una nobiltà austriaca di sentimenti, tedesca di lingua, e gravitando con le sue simpatie verso Vienna. La storia politica della Boemia si fonde in tal modo sempre più con la storia della monarchia austriaca; il paese perde un po' alla volta. la sua ragione a una vita indipendente e diventa una provincia tributaria della nuova grande potenza asburgica.
Gli ultimi Asburgo del sec. XVIII tentano infine di codificare lo stato di cose sorto dall'evoluzione di fatto, attraverso la quale era passata la Boemia sotto i successori di Ferdinando II: Ferdinando III (1637-1657), Leopoldo I (1657-1705) e Giuseppe I (1705-1711).
I primi passi per tale assestamento giuridico dei dominî degli Absburgo vengono iniziati da Carlo VI (1711-1740), con la prammatica sanzione del 1713, in base alla quale i detti dominî vengono proclamati corpo indivisibile e inseparabile, ereditario pure nella linea femminile della famiglia. La prima regina di Boemia, Maria Teresa (1740-1780), seguendo le tendenze assolutistiche di allora, intacca con mano ardita le stesse fondamenta interne dell'indipendenza cèca, cercando di fare del vecchio stato feudale un nuovo stato moderno burocratico, e di fonderlo pure amministrativamente ai dominî austriaci. La ragione immediata di tali riforme è data dalla nuova rivolta di una parte della nobiltà boema, la quale ha riconosciuto re di Boemia l'elettore Carlo Alberto di Baviera, durante la guerra di successione austriaca, e dalle dure lotte che Maria Teresa deve sostenere col re di Prussia, Federico II (durante le quali la Boemia perdette, con la pace di Breslavia, la regione di Glatz e la maggior parte della Slesia).
Le riforme amministrative di Maria Teresa riducono i resti dei privilegi della nobiltà boema e colpiscono gravemente l'indipendenza del regno di Boemia. Le diete autonome degli stati, che amministravano il paese, vengono sostituite, nel 1749, da autorità burocratiche sotto la direzione di Vienna; ii massimo organo amministrativo di Boemia, la cancelleria boema, viene fuso con la cancelleria austriaca e trasformato in un ministero degl'interni, chiamato dapprima directorium in publicis et cameralibus, e, dal 1762, cancelleria boemo-austriaca. Oltre a queste innovazioni, si prepara una nuova unione statale boemo-austriaca, diretta da Vienna, anche con la creazione di un corpo di funzionarî, educati a sentimenti austriaci, e con una sistematica applicazione della germanizzazione. Ad un tempo, la scuola si germanizza: la lingua d'insegnamento nelle scuole secondarie a poco a poco diviene il tedesco, invece che il latino. Ma si deve notare che le riforme di Maria Teresa apportarono un notevole miglioramento, specialmente nell'istruzione elementare. Col regno di Giuseppe II (1780-1790) culmina l'opera di centralizzazione inaugurata da Maria Teresa. Il nuovo sovrano, che primo fra i re di Boemia aveva rifiutato l'incoronazione, si oppone alle tradizioni storiche dello stato boemo e al feudalismo, creando con una rigida centralizzazione e germanizzazione lo stato unitario austriaco. Il sec. XVIII segna così la completa catastrofe dello stato e della nazione boema, che sembrano scomparsi dalla faccia del mondo. Questo però avveniva non puramente per una pressione esterna - del governo di Vienna - ma anche perchè nobiltà e borghesia sono ormai germanizzate spiritualmente. Il cèco rimane lingua delle classi povere. Per la nobiltà, c'è poi il fascino della corte, a Vienna, con le sue cariche, i suoi favori. Ecco pertanto i ceti alti accettare di buon grado la centralizzazione asburgica.
Le riforme economiche e umanitarie di Giuseppe II (abolizione della servitù della gleba, 1781, patente di tolleranza, 1781, nuovo catasto, 1785-89, patente fiscale, 1789) portarono bensì un miglioramento materiale nelle classi inferiori della nazione; ma altre riforme, come la proclamazione della lingua tedesca a lingua nazionale intaccarono ancor più la coscienza cèca. E ciò, unitamente alle ripercussioni dei grandi eventi europei (Rivoluzione francese) condusse ad una reazione, da parte delle stessa nobiltà, sì che con Leopoldo II (1790-1792) si ha un rallentamento nell'opera di centralizzazione. Cedendo alle richieste della nobiltà boema, egli riconferma l'indipendenza del regno di Boemia con l'atto dell'incoronazione e attenua pure le riforme premature del fratello Giuseppe II. La nobiltà boema riafferma i diritti dello stato di Boemia e persino quelli della lingua cèca, che pure non parla più.
V. Il secolo XIX e il risorgere della coscienza nazionale cèca. - Sennonché, mentre l'indipendenza giuridica della Boemia sparisce sempre più, comincia a germogliare nelle classi medie della nazione cèca il risorgimento, che è frutto dell'illuminismo e dello spirito della Rivoluzione francese, ma s'imbeve anche profondamente delle correnti della letteratura illuministica tedesca. Soprattutto Herder ebbe grande influenza. Gli sforzi diretti a risollevare la cultura nazionale, a compenetrare tutta la nazione di comuni ideali, si uniscono a quelli vòlti a ottenere maggiori libertà civili, a far valere tutti i ceti sociali nella vita politica; tendono infine ad un governo costituzionale e alla rinnovazione dell'indipendenza dell'antica Boemia. Nella sua prima fase il risorgimento nazionale boemo si manifesta principalmente come movimento culturale. I capi spirituali della nazione sono allora dei letterati, degli scienziati e dei preti provenienti dal popolo; gli storici Pelzel e più tardi Palacký, i filologi Dobrovský e Jungmann, il poeta Kollár, l'archeologo Šafařík. Essi ricorrono alle tradizioni nazionali, cercano di ridestare nel popolo la coscienza nazionale incitandolo a una nuova vita; coltivano con grande amore la lingua cèca e la storia patria, trascurate e dimenticate; inaugurano un nuovo periodo letterario; fondario associazioni patriottiche, musei, pubblicano libri e giornali di propaganda. Il romanticismo, ridestando l'interesse per la nazione, favorisce potentemente questi sforzi.
Anche sotto il regime reazionario di Metternich, che soffocava dappertutto le aspirazioni nazionali, l'opera del risorgimento cèco progredisce lentamente; e in tre generazioni perviene ad un grado tale che classi medie e basse della popolazione, tanto delle città quanto della campagna, sono già guadagnate alla causa nazionale. La vecchia nobiltà invece solo in parte aderisce al movimento: comunque, sono ormai raggiunte le premesse necessarie per passare dal risorgimento culturale a quello politico.
La tendenza a rinnovare l'antico stato boemo comincia a manifestarsi puhblicamente nel 1848, quando in tutta Europa divampa l'insurrezione contro i governi reazionarî. Il movimento cèco rimane dapprima, a differenza di quanto avviene presso le altre nazioni soggette agli Asburgo, entro i limiti della legge. I capi cèchi, sottomettendosi all'autorità dell'insigne storico Francesco Palacký, riconoscono, nella lotta per la restaurazione dell'autonomia boema, l'Impero austriaco, che essi considerano necessario per l'esistenza della nazione cèca, pur volendolo trasformare in una grande federazione di stati autonomi nazionali. In tal senso sono concepite le petizioni inviate l'11 e il 29 marzo 1848 dalle assemblee popolari di Praga all'imperatore Ferdinando I (1835-1848; v.). In esse si chiedeva per i paesi della corona di Boemia una dieta generale indipendente; un'amministrazione autonoma con sede a Praga. l'uso del cèco come lingua ufficiale e infine la creazione di uno speciale Ministero degl'interni per la Boemia. Parallelamente a tali sforzi in Boemia, si ridesta a nuova vita la Slovacchia: essa ha preso larga parte già da tempo al risorgimento cèco: gli slovacchi Kollár e Šafarík sono fra i primi spiriti animatori del movimento. Nel frattempo però lo slovacco, fino allora considerato come dialetto, acquista sempre maggiore importanza e diffusione come lingua letteraria.
Ferdinando I, impaurito dalle rivoluzioni scoppiate in tutto l'Impero, promette di accogliere le richieste, con le quali l'antico stato di Boemia sarebbe stato in sostanza ricostituito, e nomina i membri del governo autonomo boemo; ma poi, approfittando dei disordini scoppiati nella Pentecoste del 1848 a Praga, ad opera di agenti viennesi, ritira le sue promesse. Il congresso slavo, che si teneva allora a Praga per protestare contro le tendenze dei pangermanisti (i quali volevano unire anche la Boemia alla Grande Germania proposta dalla dieta di Francoforte), viene sciolto; a Praga stessa, occupata dalle truppe del generale Windischgrätz, è proclamato lo stato d'assedio. In luogo di un'Austria federale, come l'avevano immaginata i patrioti cèchi, viene creata un'Austria centralistica con un unico parlamento a Vienna, che deve stringere ancor più i legami che univano la Boemia all'impero degli Asburgo. Da quel momento la storia interna della Boemia, fino alla fine della guerra mondiale, è una lotta continua della nazione cèca coi governi austriaci, per il riconoscimento dei diritti storici del regno di Boemia e per ottenere migliori condizioni di vita culturale.
La lotta rimase infruttuosa fino al crollo della monarchia asburgica nel 1918. Le aspirazioni dei Cèchi all'autonomia, entro il quadro della monarchia austriaca, preparate con accordi conclusi con Vienna, furono più volte prossime a realizzarsi; i risultati furono però sempre gli stessi: una fusione sempre più intima della Boemia all'Austria, la quale cancella infine durante la guerra mondiale persino le ultime tracce dell'autonomia dei singoli paesi, sostituendo il titolo ufficiale di "regni e paesi rappresentati al parlamento dell'Impero" con quello di Austria.
Nella lotta culturale ed economica furono invece raggiunti durante gli ultimi 70 anni notevoli successi, grazie ai quali il popolo venne preparato al momento decisivo: successi resi possibili dalle riforme sociali e costituzionali avvenute con la trasformazione della monarchia feudale-assolutistica in un impero costituzionale. Con l'abolizione della servitù della gleba vennero liberate le classi dei contadini, mentre alle classi medie fu data l'occasione di partecipare alla vita politica.
Gli inizî di questa nuova e ultima fase della storia della Boemia nel quadro della monarchia asburgica sotto Francesco Giuseppe I (1848-1916) furono tuttavia assai duri. Alla nuova costituzione centralistica e reazionaria (marzo 1849), abolita nel 1851, seguì l'era del duro assolutismo di Bach, durante la quale l'Austria fu trasformata con riforme amministrative in uno stato unitario di spirito tedesco, suddiviso non più in unità storiche, ma in provincie, i "paesi della corona". Tutte le aspirazioni costituzionali e nazionali vennero soffocate da un brutale regime poliziesco: limitata la libertà di stampa e di riunione, i capi politici processati e incarcerati o esiliati, la Boemia violentemente germanizzata. Un mutamento in tale regime avvenne solo dopo le sconfitte che l'Austria subì in Italia a Magenta e Solferino. Nel 1860 Vienna, minacciata anche da una crisi finanziaria, riconobbe la necessità di ritornare al principio del governo costituzionale. Il progetto di costituzione elaborato allora rispettò bensì il diritto storico del regno di Boemia, riconosciuto pure da Francesco Giuseppe nel diploma dell'ottobre 1860; ma la nuova costituzione di Schmerling del febbraio 1861 ristabilì in luogo della già promessa Austria federale un'Austria centralizzata, specialmente nei riguardi dei paesi non ungheresi, che furono tutti uniti in un unico parlamento, mentre alle diete dei paesi cèchi venne concessa soltanto una parziale autonomia per le questioni amministrative.
I deputati cèchi entrarono nel nuovo parlamento viennese riaffermando esplicitamente il diritto storico della Boemia alla propria indipendenza; dopo due anni (1863) se ne allontanarono, inaugurando l'era della resistenza passiva contro l'impero, giacché questo non voleva riconoscere i diritti della Boemia ad essere uno stato con propria fisionomia. Anche alla nuova dieta di Praga i leaders cèchi (Palacký, Rieger, Brauner) riaffermarono la posizione speciale che aveva il loro paese nell'Impero austriaco, dichiarandosi disposti a sostenere un'Austria federale, non però un'Austria centralizzata, nella quale soltanto l'Ungheria godeva di una posizione privilegiata. A tale scopo la dieta presentò all'imperatore un indirizzo, chiedendo una conferma dei diritti della Boemia con l'atto dell'incoronazione (1861). Francesco Giuseppe promise bensì l'incoronazione; ma allorché il nuovo parlamento si sciolse per l'opposizione di tutte le nazioni non tedesche contro il centralismo di Vienna (gl'Italiani ancor soggetti all'Austria non vi avevano neppure inviati i loro rappresentanti e neppure gli Ungheresi e i Croati, mentre i Polacchi seguirono nel 1864 l'esempio dei Cèchi) venne rinnovata l'era dell'assolutismo.
Sopravvenne la crisi del 1866 e allora l'Austria attese alla riorganizzazione dell'Impero sulla base dualistica. Il regno d'Ungheria ricevette un'intera autonomia, confermata con l'incoronazione di Francesco Giuseppe a re d'Ungheria; il regno di Boemia invece venne nuovamente legato all'altra metà dell'impero, cioè all'Austria, il cui nuovo titolo ufficiale, "regni e paesi rappresentati al parlamento dell'Impero", non fu che un vuoto simbolo dei diritti dello stato boemo. Con la concessione dell'autonomia agli Ungheresi si allentarono pure i legami degli Slovacchi con la Boemia.
Dopo il compromesso austro-ungarico crebbe ancor più l'opposizione dei Cèchi contro le tendenze centralistiche di Vienna. I loro deputati si astennero dal recarsi al parlamento di Vienna, si assentarono pure dalla dieta di Praga, e protestarono contro la violazione dei diritti storici della Boemia con la solenne dichiarazione del 22 agosto 1868, nella quale veniva riaffermato il diritto imprescrittibile della nazione cèca di costituire uno stato autonomo, con un governo nazionale. In tutti i paesi cèchi vennero tenuti comizî di protesta contro il governo di Vienna, accompagnati da dimostrazioni per l'autonomia. I capi cèchi cominciarono da allora a dubitare che la dinastia degli Asburgo potesse accogliere le domande della Boemia mirante ad un'autonomia nel quadro dell'Austria, e si rivolsero per aiuti all'estero, cercando appoggi specialmente in Russia e in Francia (pellegrinaggio del Rieger, del Palacký e del Brauner in Russia nel 1867 e memoriale di Rieger indirizzato a Napoleone III).
Il governo di Vienna tentò di soffocare queste aspirazioni della nazione con la dittatura del generale Koller, nominato governatore di Praga, con la persecuzione della stampa e dei capi; ma impaurito dall'unanime resistenza della nazione, decise finalmente di venire a trattative, che si svolsero durante i ministeri di Beust, Taaffe e Potocki. L'imperatore Francesco Giuseppe promise nuovamente col solenne rescritto del 26 settembre 1870 di ristabilire i vecchi diritti del regno di Boemia, di estendere i poteri della dieta e di farsi incoronare re di Boemia. Il ministro Hohenwart, successo al Potocki, concordò quindi nelle trattative con i capi cèchi, conte Clam-Martinic, Rieger e Pražák, un compromesso simile a quello con l'Ungheria, sulla base dei cosiddetti articoli fondantentali. Grazie ad essi la Boemia doveva ricevere un'autonomia nel quadro della monarchia austro-ungarica, con proprio governo, diretto da un cancelliere boemo. Francesco Giuseppe dichiarò col rescritto del 12 settembre 1871 di confermare, mediante l'incoronazione, il compromesso concluso con la Boemia, ma anche questo ultimo tentativo di rinnovare l'autonomia della Boemia nel quadro dell'impero fallì, per l'opposizione dei Tedeschi e specialmente per l'intervento dei Magiari, che si sentivano minacciati da tale accordo. I Cèchi ripresero allora la via della resistenza passiva a tutti i costi. Anche nei fautori più costanti del programma austriaco in Boemia, come il Palacký, la fiducia nella possibilità di una durevole convivenza pacifica della Boemia entro la Monarchia austriaca fu scossa, sicché essi rivolsero le loro speranze al momento in cui sarebbe stato possibile risolvere la questione boema nel campo internazionale.
Per intanto non restava altro che accettare la situazione così come era, e preparare la nazione nel campo economico e culturale alla lotta decisiva. In tali linee si muove tutta la politica cèca dal 1871 allo scoppio della guerra mondiale. Dopo alcuni infruttuosi anni di resistenza passiva i capi cèchi decisero di ritornare al parlamento di Vienna (nel 1873 i deputati moravi e nel 1879 quelli della Boemia), per iniziativa del nuovo partito dei Giovani Cèchi costituitosi col distacco dal grande partito nazionale; a Vienna essi intendevano difendere con azione politica positiva gl'interessi nazionali. Questa nuova attività portò alcuni frutti nel campo scolastico (ripristinamento dell'università cèca di Praga nel 1883) e nell'amministrazione locale; ma con essa si attenuò pure la lotta violenta, onde l'estero ebbe l'impressione che i Cèchi si fossero adattati al loro destino di rimanere sotto l'Austria.
La nazione poté invece effettuare grandi progressi nel campo culturale ed economico, con una febbrile attività di tutte le classi della popolazione. Nella letteratura, nella scienza, nelle arti sorgono uomini eminenti che richiamano l'attenzione del mondo sulla nazione asservita all'Austria e lottante per la sua esistenza. Le organizzazioni nazionali culturali, scolastiche e ginnastiche (sokol), si estendono in tutte le regioni abitate da Lèchi; la democratizzazione dell'insegnamento innalza il livello della cultura popolare, diffondendo anche i risentimenti contro il governo di Vienna.
Alla lotta politica con Vienna si aggiunse alla fine del secolo anche la dura lotta coi Tedeschi abitanti in Boemia, Moravia e Slesia, lotta combattuta tanto negli uffici quanto nel campo economico. Senza successo restarono i tentativi fatti per regolare l'uso della lingua in Boemia coi decreti di Stremayer (1880), i quali parificavano finalmente la lingua cèca alla tedesca negli uffici pubblici, o con le cosiddette punktace, concordate nel 1890 col partito dei Vecchi Cèchi. La lotta nazionale nei paesi cèchi durò, come in tutto il resto della monarchia, fino alla guerra mondiale; espressione del malcontento cèco fu il movimento della cosiddetta omladina. Il tentativo di rivoluzione, preparato da essa, fu bensì un atto inconsulto; ma destò in Boemia una forte coscienza nazionale, rivelando i sentimenti antiaustriaci delle giovani generazioni, che manifestavano chiaramente come la nazione non si sarebbe mai accontentata d'una esistenza subordinata nell'Impero austro-ungarico.
I governi di Vienna tentarono inutilmente negli ultimi decennî di mitigare i dissidî nazionali col programma dello sviluppo economico dell'impero o con la concessione del suffragio universale. L'impero venne invece scosso da continue crisi intestine, che si aggravarono sempre più, giungendo fino all'uccisione dell'erede del trono Francesco Ferdinando e alla guerra mondiale nel 1914.
Durante questa guerra si presentò finalmente ai capi della nazione cèca l'occasione d'iniziare la lotta per il riconoscimento dei diritti nazionali, facendone una questione internazionale. Poco dopo lo scoppio della guerra si organizzò a Praga un'associazione segreta con lo scopo di liberare la nazione dal giogo austriaco, la quale cercò di preparare all'interno uno stato d'animo insurrezionale, all'esterno di stringere relazioni con uomini politici degli stati dell'Intesa. Tale azione trovò il consenso entusiastico dei Cèchi residenti all'estero, come pure di quelli passati agli Alleati come disertori o prigionieri di guerra, molti dei quali entrarono come volontarî negli eserciti alleati. Il centro del movimento fu il Consiglio nazionale cecoslovacco di Parigi, diretto dal prof. T. G. Masaryk (v.) come presidente e dal dott. E. Beneš (v.) come segretario. Il Consiglio creò rappresentanze in varî stati alleati e neutrali (in Inghilterra, in Russia, in Svizzera, in Italia, negli Stati Uniti d'America); organizzò con l'aiuto degli Alleati proprie unità militari, che combatterono a fianco degli Alleati, specialmente in Russia, dove l'esercito nazionale cecoslovacco contò oltre 100.000 soldati. Il risultato di questa azione fu il riconoscimento del diritto dei Cèchi e degli Slovacchi a costituire uno stato indipendente, riconoscimento dato progressivamente da tutte le potenze alleate già durante la guerra: e in seguito a ciò il Consiglio nazionale si trasformò in governo provvisorio del futuro stato. Con l'azione all'estero si svolse contemporaneamente il movimento rivoluzionario nella nazione stessa, sia con la resistenza passiva contro l'Austria belligerante, sia con azioni dirette.
Dopo tale preparazione fu possibile proclamare ancor prima della fine della guerra l'indipendenza dei vecchi paesi cèchi e della Slovacchia e di creare la Repubblica cecoslovacca. La proclamazione avvenne il 28 ottobre 1918 con la rivoluzione incruenta di Praga. Il Comitato nazionale, costituitosi a Praga alcuni mesi prima, proclamò quindi un governo provvisorio, del quale fecero anche parte i membri del governo provvisorio di Parigi. I trattati di pace di Versailles, di Saint-Germain e del Trianon tracciarono le attuali frontiere della Cecoslovacchia. La storia della Boemia diventa da questo momento storia della Cecoslovacchia (v.).
Vita culturale.
Dei varî aspetti della vita culturale della Boemia si parla sotto la voce cecoslovacchia. Converrà tuttavia dar qui alcuni cenni sull'arte in Boemia fino al sec. XVI, in quanto promossa soprattutto dalla corte e in stretto rapporto con la storia del regno boemo indipendente.
L'Arte in Boemia. - Nei primordî della storia boema i sovrani furono gli unici patroni dell'arte. Introdussero il cristianesimo, limitato da principio a una parte della popolazione: sì che le prime chiese furon soltanto opera loro, come le cappelle del hrad (castello) a forma di rotonde. Questo stato di cose continuò dalla fine del sec. IX fino al 973, quando venne fondato il vescovato di Praga e contemporaneamente il primo monastero boemo: quello benedettino di San Giorgio sul castello di Praga. Sopraggiunsero quindi altri importanti fattori che contribuirono allo sviluppo dell'arte: p. es. dalla seconda metà del sec. XI l'aristocrazia; ma l'opera dei regnanti non s'affievolì: e di cinque monasteri sorti fino alla metà del sec. XI, soltanto quella di Břevnov venne fondato da un vescovo, gli altri (quello già citato di San Giorgio, quelli di Ostrov, di Sázava e di Stará Boleslav) vennero edificati da principi, come poi sino alla fine del periodo romanico altri quattordici monasteri e capitoli di Boemia e di Moravia, nonché le cattedrali di Praga e di Olomouc (Olmütz) e numerose chiese di campagna di minore importanza.
L'erigere castelli fu fino a Přemysl Ottocaro I (1197-1230) esclusivo diritto dei principi. Erano in massima parte castelli costruiti di legno, di tipo antico slavo, ma se ne costruirono anche di pietra, sul modello occidentale, come quello di Praga, ricostruito da Sobeslao I (1125-1140).
L'importanza dei regnanti per lo sviluppo della pittura in Boemia è palesata dal fatto che il più antico manoscritto miniato cèco, il cosiddetto codice di Wolfenbüttel, fu eseguito per Emma, moglie di Boleslao II, vissuta fino al 1006. Vratislao II fece dipingere l'importante codice di Vyšehrad, forse in occasione della sua incoronazione avvenuta nel 1086. Per qualche principe moravo vennero eseguiti, probabilmente all'inizio del sec. XIII, gli affreschi nella cappella del castello di Znojmo, in cui è raffigurata la leggenda della famiglia dei Přemyslidi.
Nel periodo gotico, che comincia in Boemia con Venceslao I (1230 1253), i sovrani boemi seguitarono ad avere influenza grande nella storia dell'arte; ma i ceti superiori della popolazione, tra cui bisogna già contare la nuova classe borghese, vi ebbero importanza ben più notevole che in passato. Venceslao I è rinomato come costruttore di castelli che occupano un posto cospicuo non soltanto nell'architettura boema, ma in genere nell'architettura europea, come per esempio il castello di Zvíkov. Egli fondo anche l'interessante monastero di Sant'Agnese a Praga.
Tra gli edifici costruiti dai suoi successori si può citare il monastero Zlatá koruna ("Corona d'oro"), fondato da Přemysl Ottocaro II (1253). Il periodo di Venceslao II (1278-1305) rappresenta un consolidamento in confronto alla frammentarietà del periodo precedente; in tutto il paese si afferma uno stile unico: gotico già quasi interamente sviluppato con poche reminiscenze della fase primitiva. Allora si prese a costruire la prima chiesa che in Boemia abbia schematicamente il tipo di cattedrale: quella del ricco monastero di Sedlec. Un'altra notevole costruzione di quel tempo lu il monastero di Zbraslav, fondato da Venceslao II, di cui non resta tuttavia alcuna traccia.
Il medesimo stile, più sviluppato, dominò nelle terre boeme durante il regno del primo re della nuova dinastia di Lussemburgo, Giovanni. Si notano allora i primi rapporti artistici diretti, con la Francia, dovuti principalmente al vescovo Giovanni IV (1301-1343). Questi, dopo un soggiorno di parecchi anni alla corte pontificia d'Avignone, tornato in patria, eresse chiese, conventi e residenze di vescovi, a Praga e in campagna, in cui sono evidenti gl'influssi francesi, e per costrurre il ponte di pietra a Roudnice chiamò da Avignone, nel 1333, un maestro Guglielmo. Ancora più importante il fatto che nel 1333 fu chiamato, pure da Avignone, Matteo d'Arras, cui venne affidata la costruzione della cattedrale gotica di San Vito, per opera dell'erede al trono, Carlo; il quale, ancora regnante il padre, aveva cominciato a svolgere quell'attività, che del suo regno fece il più bel periodo della storia dell'arte in Boemia.
In attività costruttiva il regno di Carlo IV superò tutti i regni precedenti, non soltanto per la tranquillità e il benessere del paese, ma anche per volontà del sovrano. La fondazione della Città Nuova (Nové Mésto) che triplicò l'area di Praga, promosse una così intensa attività edilizia che non ebbe paragone nell'Europa d'allora. Carlo IV trasformò Praga in una città degna non soltanto di essere la capitale del regno di Boemia, ma anche dell'impero. Tra i varî edifici da lui edificati è particolarmente importante il castello di Karlštejn. Le principali costruzioni furono opera di P. Parléř (v.), con il quale la Boemia primeggiò nella coeva architettura dell'Europa centrale. Venceslao IV (1378-1419) compì le opere già iniziate dal padre; fu costruttore di castelli, appassionato bibliofilo, come attestano vari bei manoscritti tuttora conservati.
Le guerre ussite, con le loro conseguenze, resero impossibile ai sovrani di svolgere una qualsiasi attività a favore dell'arte; lo stesso Giorgio di Poděbrady (1458-1471), sotto il quale già si consolidava il paese, non dedicò molta attenzione all'arte. In particolare l'attività edilizia si dedicò soltanto alle costruzioni militari. Soltanto con il suo successore Vladislao II (1471-1516), vi fu in Boemia un potente sviluppo della tarda arte gotica a cui il re contribuì in modo notevole con l'ampliamento del castello di Praga: venne costruita allora la sala di Vladislao, senza dubbio uno dei più bei lavori del genere nell'Europa d'allora. Contemporaneamente egli fece costruire l'oratorio reale nella chiesa di San Vito. In onore di questo re la città di Praga eresse un altro capolavoro: la Prašná brána ("Torre delle polveri"). Con questa dinastia si riconnette pure il notevole ciclo d'affreschi nella cappella di San Venceslao. Notevole tra gli architetti del tempo di Ladislao II e di suo figlio Luigi, fu Matouš Rejsek, brillante decoratore dotato di grande fantasia creativa, e Benedikt Rejt, con il quale la tarda arte gotica ebbe in Boemia la sua ultima affermazione. Ma accanto a questi vivevano anche altri architetti di valore, le cui opere si trovano particolarmente nella Boemia meridionale, soprattutto in chiese, non grandi ma di notevole valore artistico. Nel resto della Boemia, acquistava intanto importanza la città di Kutná Hora che, con Praga, ha quasi tutte le costruzioni di quei due maggiori architetti. A Praga sono da rammentare, come esempio della tarda arte gotica, alcune parti del palazzo comunale della Città Vecchia e in modo particolare il celebre orologio; a Kutná Hora la Casa di pietra, il Vlašský dvůr ("cortile italiano"), ecc.
Anche in Moravia la tarda arte gotica ha lasciato costruzioni degne di nota, sia sacre che profane (la chiesa di Doubravník, le vòlte di S. Iacopo a Brno ed Olomouc, il pittoresco castello di Pernštýn, ecc.).
La pittura gotica si propagò in Boemia sull'inizio del sec. XIV, e nella prima metà del secolo vi si sviluppò tra influssi francesi, tedeschi, italiani e perfino inglesi, come si vede in una serie di manoscritti miniati della regina Rejčka, nella Bibbia di Velislavov, riccamente illustrata, nel bellissimo passionale dell'abbadessa di San Giorgio, Kunhuta.
Di quel periodo si conservano anche alcuni affreschi, p. es. la leggenda di S. Giorgio nel castello di Jindřichův Hradec (opera molto restaurata).
Subito dopo la metà del sec. XIV fu in sensibile aumento l'influsso italiano. Se Tommaso da Modena, di cui si conservano alcuni quadri nel castello di Karlštejn, abbia dipinto le sue tavole in Boemia o in Italia, per commissione di Carlo IV, è ancora da stabilire, ma certamente lavorò in Boemia il maestro anonimo, detto di Vyšebrod, dal nome del convento per il quale dipinse e nel quale si trovano tuttora le sue opere che mostrano un'impronta generale italiana, quantunque in certi particolari appariscano di artista settentrionale, sia pure pervaso di influssi italiani. Subito dopo avvenne nella pittura la fusione degli elementi italiani e di elementi più settentrionali, specialmente francesi, non per semplice eclettismo, ma con una vera e propria sintesi. Il maggior merito spetta a maestro Theodorich, pittore di corte di Carlo IV, che dipinse la cappella della S. Croce nel castello di Karlštejn. Anche altre parti di questo castello e altri edifici notevoli di quell'epoca (la cappella di S. Venceslao e di S. Vito a Praga) furono riccamente adornati di dipinti, di cui tuttavia non è stato possibile identificare con certezza il nome degli autori. Erano soggetto preferito le immagini della Madonna (Vyšebrod, Vyšehrad, ecc.), in parte riprese da più antichi modelli italiani. Un'ultima fase della pittura gotica in B. si tiova nell'opera di un altro maestro anonimo, detto il maestro di Třeboň, dal luogo originario dei suoi dipinti, ora in massima parte a Praga, fase caratterizzata dal realismo.
Le guerre ussite non produssero nella pittura quella stessa interruzione che vedemmo nell'architettura; ma anche la pittura si rianimò soltanto nel periodo di Vladislao, in cui tuttavia non giunse all'originalità avuta dall'architettura. Nonostante certe caratteristiche locali, prevalsero allora influssi stranieri provenienti soprattutto dalla Germania e dall'Olanda, come attestano le più notevoli creazioni artistiche di quell'epoca, le miniature, importanti specialmente per ricchezza e virtuosità.
La scultura gotica si era affermata in B. insieme all'architettura gotica, lasciandovi opere già al tempo di Venceslao I (1230-53); fiorì nell'epoca di Carlo IV, specialmente per opera dell'architetto Petr Parléř. Sono certamente del Parléř la statua di San Venceslao e la tomba di Přemysl Ottocaro I, tutte e due nella chiesa di S. Vito; ma bisogna con ogni probabilità attribuirgli anche altre sculture della stessa chiesa. Il Parléř mirò, fuori dall'idealismo medievale, a una caratterizzazione naturalistica superando di gran lunga altri artisti anonimi che lavorarono per la stessa chiesa di san Vito. Con la maniera di questi scultori hanno relazione le statue sulla torre del ponte della Città Vecchia e il timpano del portale della chiesa di Týn a Praga. Nelle vicende della scultura, sono pure notevoli le opere minori d'ornamento interno delle chiese.
Nel periodo postussitico la plastica e la pittura dettero affermazioni notevoli, ma senza riavere la posizione indipendente e dominante del periodo di Carlo.
L'industria artistica gotica aveva già dato nel sec. XIII un'opera notevole con la croce di Záviš (a Vyšsí Brod). Quanto essa abbia operato al tempo di Carlo è testimoniato dal fatto che, nonostante le molte dispersioni, si conservano ancora magnifici gioielli nel tesoro della chiesa di San Vito. E dell'epoca di Vladislao si hanno cimelî importanti.
Quando nel 1526 vennero al potere gli Asburgo (cfr. austria: Arte) si affermò in Boemia il Rinascimento (v. praga; cecoslovacchia: Arte).
Fonti: La storia della Boemia è così intessuta con quella degli organismi statali contermini, che non è possibile registrarne qui sotto se non le fonti principali ed essenzialmente boeme. Vedi poi le fonti per la storia di austria; ungheria; polonia; germania. Per il Medioevo fino all'epoca ussita: Fontes rerum bohemicarum, voll. 6, Praga 1871-1907 (raccolta delle principali cronache medievali edite da varî studiosi); Deutsche Chroniken aus Böhmen, ed. da Schlesinger-Gradl, voll. 3, 1879-1884; G. Friedrich, Codex diplomaticus et epistolaris Regni Bohemiae (dall'805 al 1230), voll. 2, Praga 1907-1912; Boček-Brandl-Bretholz, Codex diplomaticus et epistolaris Moraviae, voll. 15, Bruna 1836 segg. Codex diplomaticus Silesiae, voll. 33, Breslavia 1857 segg.; Jecht, Codex diplomaticus Lusatiae Superioris, voll. 4, 1896 segg.; Regesta diplomatica nec non epistolaria Bohemiae et Moraviae, ed. da Erben-Emler, voll. 4, 1855 segg.; (continuato dal Mendl, VI, 1-11, 1928 e 1929); V. Hrubý, Archivum coronae regni Bohemiae, II, Praga 1928 (con documenti degli anni 1346-1355); H. Jireček, Codex iuris Bohemici, voll. 2, Praga 1867-1889; J. Čelakovský, Codex iuris municipalis Regni Bohemiae, voll. 2, Praga 1886-1897; Emler, Reliquiae tabularum terrae regni Bohemiae anno 1541 igne combustarum, voll. 2, Praga 1870; Chlumecký-Chytil-Demuth-Wolfskron, Die Landtafel der Markgrafschaft Mähren, voll. 2, Bruna 1856 segg.; Tingl-Emler, Libri confirmationum ad beneficia ecclesiastica Pragensem per archidioecesim, voll. 10, Praga 1867-1889; Borový-Podlaha, Libri erectionum archidioecesis Pragensis saec. XIV et XV, voll. 6, Praga 1875 segg.; Brandl, Libri citationum et sententiarum [di Moravia] XIII et XIV saec., voll. 6, Bruna 1872-1895; G. Friedrich, Tabulae curiae regalis per Bohemiam 1380-1530 (finora 2 voll.), Praga 1929; Monumenta Vaticana res gestas Bohemiae illustrantia, voll. 3 (I, II, V), Praga 1903 segg.
Per l'epoca ussita, oltre alle fonti citate nelle voci ussiti e hus: F. Palacký, Urkundliche Beiträge zur Geschichte der Hussitenkriege, voll. 2, Praga 1872-1873; id., Urkundliche Beiträge zur Geschichte Böhmens und seiner Nachbarländer im Zeitalter Georgs von Podebrad, nelle Fontes rerum Austriacarum, Vienna 1860; C. Höfler, Geschichtsschreiber der hussitischen Bewegung, in Fontes rerum Austriacarum, II, VI, VII, Vienna 1856-66.
Per l'età posteriore al 1526: Archiv český (collezione di documenti, scritti e lettere da varî archivî boemi e stranieri), voll. 33, Praga 1840 segg.; Sněmy české od léta 1526 až po naši dobu (anche col titolo tedesco: Die böhmischen Landtagsverhandlungen; "Le diete boeme dall'anno 1526"), voll. 12, Praga 1877 segg.; I. Bidlo, Akty jednoty bratrské (Atti dell'Unione dei Fratelli), voll. 2, Praga 1915-1923; B. Navrátil, Jesuité olomouctí za protireformace 1558-1610 (I gesuiti di Olomouc durante la controriforma), I, Bruna 1916; H. Kollmann, Acta S. Congregationis de propaganda fide res gestas Bohemicas illustrantia, I (1622-1623), Praga 1923; Historický archiv České Akademie (Archivio storico dell'Accademia cèca), voll. 47, Praga 1893 segg.; Monumenta historae Bohemica, voll. 5, 1865-1870 (contiene la Storia Boema di Paolo Skála, importante per i secoli XVI e XVII, e inoltre le Memorie di Guglielmo Slavata); P. Stránský, Res publica Bohema, ed. da Truner, Praga 1893; J. F. Beckovsky, Poselkyně starých příběhův českých 1526-1715 (cronaca di Boemia, edita da A. Rezek), voll. 3, Praga 1879-1880; Černý, Boj za právo (La lotta per il diritto; contiene fonti per la storia politica cèca), Praga 1895; Heidler-Šusta, Přispěvky k listaři F. L. Riegra (Illustrazioni all'epistolario del Rieger), voll. 2, Praga 1924-1925; F. Kameníček, Paměti a listař D. A. Pražáka (Memorie ed epistolario di A. Pražák), I, Praga 1926.
Bibl.: Un repertorio bibliografico, ancora incompleto (si arresta al 1679) per la storia boema è quello di Č. Zíbrt, Bibliografie české historie, voll. 5 (30.638 numeri), Praga 1900-1912. La produzione contemporanea viene registrata anno per anno, dal 1904, nella Bibliografie české historie del Český časopis historický (Rivista storica cèca). V. anche: Dahlmann-Waitz: Quellenkunde der deutschen Geschichte, IX, ed. 1930 e Uhlirz, Handbuch der Geschichte Österreichs und seiner Nachbarländer Böhmen und Ungarn (mit Bibliographie der Quellensammlungen, fortlaufenden Veröffentlichungen und Zeitschriften), I, 1927.
Opere di carattere generale: F. Palacký, Dějiny národu českého v Čechách a na Moravĕ (Storia del popolo cèco nella Boemia e nella Moravia), Praga 1848-1876, e poi in parecchie nuove edizioni; id., Geschichte von Böhmen, voll. 5, 1836-1867; A. Bachmann, Geschichte Böhmens, sino al 1596, voll. 2, Gotha 1899 e 1905; B. Bretholz, Böhmen, Mähren, Schlesien bis zu ihrer Vereinigung mit Österreich, Vienna 1905; id., Neuere Geschichte Böhmens, I, Gotha 1920; id., Geschichte Böhmens u. Mährens, voll. 4, 1922-24; E. Denis, Fin de l'indépendance bohème, Parigi 1890; E. Denis, La Bohême depuis la Montagne Blanche, voll. 2, Parigi 1902-03; Fr. Lützov, Bohemia, a historical sketch, 2ª ed., Londra e New York 1909; V. V. Tomek, Děje království českéko (Storia del regno di Boemia), Praga 1898 (ultima ed.); V. Novotný, České dějiny (Storia di Boemia), Praga 1912 seg. (finora voll. 2, sino al 1197); R. Urbànek, Česke dějiny, Praga 1915 e 1918 (continua il Novotný cominciando dall'epoca ussita); J. Pekař, Dějiny československé (Storia cecoslovacca), Praga 1921; J. Prokeš, Histoire tchécoslovaque, Praga 1927; J. V. Šimák, Kronika československá (popolare), voll. 3, Praga 1921-1925 (fino al sec. XIV); A. Rezek, Dějiny Čech a Moravy nové doby (Storia della Boemia e della Moravia nell'epoca moderna), voll. 3, Praga 1888-93; B. Dudik, Mährens allgemeine Geschichte (fino al 1350; anche in cèco), voll. 16, Bruna 1860-1888; R. Dvořák, Dějiny Moravy (Storia della Moravia; fino al 1848), voll. 2, Bruna 1899-1905; A. Sedlaček, Hrady, zámky a trvze král. Českého (storia dei castelli di Boemia), voll. 15, Praga 1882-1927.
Per l'età più antica e per il Medioevo, fino all'epoca ussita: L. Niederle, Život starých Slovanů (La vita degli antichi Slavi), voll. 4, Praga 1912-1921; id., Manuel de l'antiquité slave, voll. 2, Parigi 1923-1924; J. Schrönil, Vorgeschichte Böhmens, Berlino 1929; A. Stocký, Pravěk země české (La preistoria della Boemia), I, Praga 1926; E. Šimek, Čechy a Morava za doby římské (La Boemia e la Moravia nell'epoca romana), Praga 1923; F. Pastrnek, Dějiny slovanských apostolů Cyrilla a Methoda (La storia degli apostoli slavi C. e M.), Praga 1902; F. Snopek, Constantinus-Cyrillus und Methodius, die Slavenapostel, Kroměřiž 1911; F. Dovrník, Les Slaves, Byzance et Rome au IXe siècle, Parigi 1924; F. Palacký, Würdigung der alten böhmischen Geschichtschreiber, Praga 1830; V. Chaulopecký, Staré Slovensko (L'antica Slovacchia), Bratislava 1923; J. Goll, Čechy a Prusy ve středověku (La Boemia e la Prussia nel Medioevo), Praga 1897; J. Šusta, Dvě knihy českých dějin (Due libri della storia boema, cioè la storia degli ultimi Přemyslidi e del re Giovanni di Lussemburgo), Praga 1917 e 1919; F. Tadra, Kult. styky Čech s cizinou à do válek husitských (I rapporti culturali tra la Boemia e l'estero fino alle guerre ussite), Praga 1897; J. Kalousek, Karel IV, otec vlasti (Carlo IV padre della patria), Praga 1878; E. Werunský, Gesch. Kaiser Karls IV, voll. 3, Innsbruck 1880-1892.
Per l'epoca ussita, oltre la bibliografia, sotto le voci ussiti; hus; boemi, Fratelli: V. Novotný, Náboženské hnutí české ve XIV a XV stol. (Il movimento religioso boemo nei sec. XIV e XV), Praga 1915; id., L'université de Charles IV dans le passé et dans le présent, Praga 1921; A. Denis, Huss et la guerre des Hussites, Parigi 1878; J. Pekař, Žižka a jeho doba (Žižka e il suo tempo), voll. 3, Praga 1927-1930; Sborník Zižkův 1424-1924 (Miscellanea su Žižka), Praga 1924; R. Urbánek, Husitský král (Il re ussita), Praga 1924.
Per l'epoca asburgica fino al principio del sec. XIX: A. Gindely, Geschichte des 30-jährigen Krieges, voll. 4, Praga 1870-1880, anche in cèco col titolo Dějinyčeského povstání (Storia della rivolta boema); T. Bílek, Dějiny konfiskací v Čechách po roce 1618 (Storia delle confische in Boemia dopo il 1618), Praga 1882; Zukal, Slezské konfiskace 1620-1630 (Le confische in Slesia), Praga 1916; A. Gindely, Geschichte der Gegenreformation in Böhmen, Lipsia 1894; J. Pekař, Dějiny Valdštejnského spiknuti (Storia della cospirazione di Wallenstein), Praga 1896; I. Goll, Válka o země koruny české (La guerra per le terre della corona di Boemia), I, Praga 1915; M. Hodža, Československý rozkol (Lo scisma ceco slovacco), Turčianský Sv. Martin 1920.
Per il sec. XIX e la rinascita dello spirito nazionale: S. Škultéty, 125 rokov zo slovenského života 1790-1914 (125 anni della vita slovacca), Turčiansky Sv. Martin 1920; Z. Tobolka, Počátky konstitučniho života v Čechách (Gl'inizî della vita costituzionale in Boemia, Praga 1898; J. Heidler, Antonin Špringer a česká politika v letech 1848-1850 (A. Springer e la politica cèca fra il 1848 e il 1850), Praga 1914; id., Čechy a Rakousko v politických brožurách předbřeznových (La Boemia e l'Austria alla vigilia del 1848), Praga 1920; K. Kazbunda, České hnutí roku 1848 (Il movimento cèco nel 1848), Praga 1929; A. Srb, Politické dějiny národa ceského 1861-1895 (La storia politica del popolo cèco dal 1861 al 1895), voll. 2, Praga 1899-1910; L. Eisenmann, Le compromis Austrohongrois de 1867, Parigi 1904; H. Traub, F. L. Rieger, Praga 1922; Zeithammer, Zur Geschichte der böhmischen Ausgelichversuche 1865-1871, voll. 2, Praga 1912-1913; R. Seton Watson, Racial Problems in Hungary, Londra 1908; T. G. Masaryk, Česká otázka (Il problema cèco), Praga 1895; id., Karel Havlíček, Snahy a tužby politického probuzení (C. H., Gli sforzi e le tendenze del risorgimento politico), Praga 1896; id., Palackýs Idee des böhmischen Volkes, Praga 1899; J. Opočenský, Konec Rakousko-Uherska (La fine dell'Austria-Ungheria), Praga 1928; Česká politika (opera miscellanea di autori varî, sulla politica cèca nel sec. XIX); voll. 5, Praga 1906-1913.
Per la storia ecclesisatica, giuridica, sociale, economica: A. Frind, Kirchengeschichte Böhmens, voll. 4, Praga 1854-1878; V. Novotný-F. Hýbl, Církev a náboženský vývoj v Čechách (La Chiesa e l'evoluzione religiosa in Boemia), in Česká politika, Praga 1906; K. Krofta, Kurie a církevní správa v zemích českých v době prědhusitské (La curia e l'amministrazione eccles. nei paesi boemi prima di Hus), 1904; Fr. Hrubý, Církevní zřizení v Čechách a na Moravě od X. do konce XIII. století (L'organizzazione eccl. in Boemia e Moravia dal sec. X fino alla fine del sec. XIII), Praga 1916; Z. Winter, Život církevní v Čechách (La vita ecclesiastica in Boemia), voll. 2, Praga 1875-1876; G. Wolný, Kirchliche Topographie von Mähren, voll. 9, Bruna 1855-1862; A. Rezek, Dějiny prostronárodního hnutí náboženského v Čechách (Storia del movimento religioso popolare in Boemia nel sec. XVIII), I, Praga 1887; H. Toman, Das böhmische Staatsrecht, Praga 1872; J. Kalousek, České státní právo (Il diritto statale boemo), 2ª ed., 1892; J. Čelakovský, Povšechné české dějiny právní (Storia universale del diritto boemo), 2ª ed., Praga 1921; J. Kapras, Právní dějiny zemí koruny ceské (Storia giuridica dei paesi della corona di Boemia), voll. 3, Praga 1913-1920; H. Jireček, Právnický život v Čechách a na Moravě od konce IX. do konce XIX století (La vita giuridica in Boemia e Moravia dalla fine del sec. IX sino alla fine del sec. XIX), Praga e Bruna 1903; A. Zycha, Ein Beitrag zur Rechtsgeschichte Böhmens im Beginn der Kolonisationzeit, Praga 1912; id., Über den Ursprung der Städte in Böhmen und die Städtepolitik der Premysliden, Praga 1917; O. Peterka, Rechtgeschichte der böhmiscehn Länder, Reichenberg 1923; K. Kadlec, Dějiny veřejného práva ve střední Evropě (Storia del diritto pubblico nell'Europa centrale), 3ª ed., Praga 1923; B. Rieger, Zřizení kraiské v Čechách (L'organizzazione provinciale in Boemia), voll. 2, Praga 1893-1894; G. Juritsch, Die Deutschen und ihre Rechte in Böhmen und Mähren im XIII. u. XIV., Lipsia 1905; J. Lippert, Sozialgeschichte Böhmens in vorhussitischer Zeit, voll. 2, Praga 1896-1898; Fr. Vacek, Sociální dějiny české doby starší (La storia sociale di Boemia nel Medioevo), Praga 1906; G. Juritsch, Handel und Handelsrecht in Böhmen bis zur hussitischen Revolution, Lipsia 1907; K. Krofta, Přehled dějin selského stavu v Čecḫach a na Moravě (Sguardo storico sullo stato dei contadini in Boemia e in Moravia), Praga 1919; B. Mendl, Sociální krise a zápasy v městech čtrnáctého věku (Le crisi e le lotte sociali nelle città del sec. XIV), Praga 1926; J. Pekař, České katastry 1654-1789 (I catasti boemi 1654-1789), Praga 1915; K. Grünberg, Die Bauernbeifreiung in Böhmen, Mähren und Schlesien (dal 1680), voll. 2, Lipsia 1893-1894; V. Černý, Hospodářské instrukce. Přehled zemédělských dějin v době patrimonijního velkostatku v XV-XIX stoleti (Istruzioni economiche. Prospetto della storia dell'agricoltura in Boemia dal sec. XV al sec. XIX), Praga 1930.
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V. tavv. XLVII a LII.