BOLGI, Andrea, detto il Carrarino
Nacque il 22 giugno del 1606 (e non nel 1605 come nel Passeri) a Carrara e il Pascoli (p. 436) scrisse di lui: "...dei Carrarini... porto ferma credenza di non prendere abbaglio, se tra' primi ci conto il nostro Andrea...", opinione che sembra attestare una sua rinomanza nella Roma contemporanea, accanto al compagno e forse emulo (come ci racconta il Passeri) G. Finelli, ambedue presto rivelatisi come i più notevoli "ritrattisti", seguaci del Bernini. Trascorse gli anni giovanili tra Firenze, Carrara, Massa e Livorno, alla scuola di Pietro Tacca, col quale collaborò nella fusione dei Quattro mori nel monumento al duca Ferdinando I, a Livorno (Baldinucci, 1702), esercitandosi quindi in modi proto-barocchi toscani dei quali rimarranno tracce in certi partiti decorativi (nei fregi tombali) e in alcune preferenze di costume nei ritratti. A Carrara dovrebbe rimanere (la notizia è già nei primi biografi) una statua della Vergine, nella cappella ducale, ma sinora non ne è stata recuperata nessuna traccia; eppure, secondo il Pascoli, "era opera firmata" e quindi considerata dallo stesso B. come opera felice. Dal 1626 si trova a Roma (giuntovi in compagnia di Franc. Baratta) ed entra prestissimo nella cerchia dei berniniani, chiamato a collaborare al baldacchino in S. Pietro eseguendo in vari tempi (dal 1628 al 1633) angeli e putti in bronzo (Pollak, pp. 344, 358, 364); sempre in S. Pietro, esegue pure alcune figure in stucco e marmo sugli archi della tribuna e più tardi (tra il 1634 e il 1639) interviene come aiuto nel "deposito" della contessa Matilde, con un putto reggistemma, un putto (a sinistra) sul sarcofago (Baldinucci, 1682) e la "cartella con l'iscrizione"; infine lavora, ancora in stucco e marmo, per la loggia delle reliquie di s. Elena (Pollak, pp. 211, 479, 507 s.).
Intanto già nel 1629 venne preferito al Finelli per l'esecuzione della S. Elena, una delle quattro statue colossali da collocarsi nelle nicchie dei piloni di S. Pietro in Vaticano (Baglione; Pollak, p. 93). La statua ebbe una lenta esecuzione (iniziata con un modello dello stesso B., ora perduto); venne tradotta nel marmo tra il 1634 e il 1639, ma i pagamenti arrivano al 1646 (Pollak, pp. 461-464 passim). Datato 1637 e firmato (Riccoboni, p. 170) è il ritratto di Laura Frangipane Mattei in S. Francesco a Ripa.
È del 1640-42 un primo soggiorno del B. a Napoli per montare dieci pannellì decorativi, di fine fattura, tra naturalistica e classicheggiante, come parti integranti dell'architettura dell'altare Filomarino del Borromini, nella chiesa dei SS. Apostoli (Martinelli, 1959, pp. 144 s.).
Tornato a Roma, lavorò per il Bernini nella cappella Raymondi, in San Pietro in Montorio (Wittkower, 1966, pp. 213-215), eseguendo i due considerevoli ritratti di Mons. Francesco e di Mons. Gerolamo de Raymondi, oltre ad alcuni putti e rilievi di soggetto naturalistico. E con l'anno 1649 arriviamo alla fine del periodo romano, forse già interrotto più volte (e non solo nel 1640-42) da permanenze a Napoli. In questa città trascorse gli ultimi anni: sempre secondo il Pascoli (pp. 438 s.) "...non guari stette ad avere incumbenze; e tante, e tali ne ebbe, che appena poteva coll'ajuto de' giovani, che teneva arrivare a soddisfar tutti quelli, che gliele avevano date...". Questo ci fa supporre che altre opere, specie ritratti, siano probabilmente da ricercare nell'area napoletana. Di lui rimangono, in S. Lorenzo Maggiore a Napoli, quattro Ritratti della famiglia Cacace (firmati e datati 1653), affidatigli da C. Fanzago - cui era già nota la speciale inclinazione del B. conosciuto a Roma, per questo genere -, e precisamente i due grandi ritratti di Vittoria De Caro e di Giuseppe De Caro, assieme ai due busti di Francesco Antonio De Caro e dello stesso committente Giovanni Camillo Cacace (Filangieri). A queste seguono - forse le ultime opere napoletane - i due raffinati candelabri bronzei con angeli e simboli evangelistici, posti dinanzi all'altar maggiore della chiesa dei SS. Apostoli.
Morì a Napoli, di peste, nel 1656.
L'attività ritrattistica costituisce il capitolo più problematico dell'opera del B.: già il Pascoli sottolineava la fama raggiunta dal B. in questo campo e oggi si ritiene che fin dai primi anni egli collaborasse col Bernini anche nei ritratti.
È probabile che le prime prove siano state il busto di Pietro Valier (ora al seminario di Venezia), attribuitogli dalla Nava Cellini (1966) e dal Wittkower (1966, pp. 194 s., databile 1627-30 c.), pendant a quello di Agostino Valier eseguito totalmente dal Bernini, e forse il busto del Card. Francesco Barberini ora a Toledo (Ohio), Toledo Museum of Art (del 1628 c.), nel quale il Wittkower (1966, p. 194) riconosce l'esecuzione del B. secondo un'idea del Bernini; anche il piccolo busto di San Filippo Neri (Oratorio dei Filippini a Roma) attribuitogli dal Martinelli (p. 162) è considerato dei primissimi anni romani.
Probabilmente risale al 1637 c. quell'interessante ritratto di Thomas Baker (Londra, Victoria and Albert Museum), ormai concordemente riconosciuto come opera del Bernini con un intervento più o meno parziale del B. (cfr. Pope-Hennessy).
Oltre a quelli citati, numerosi altri sono i ritratti attribuiti al B. dai vari studiosi (in particolare Martinelli, Nava Cellini, Wittkower); ci limitiamo a ricordarne uno famoso, perduto, certamente autografo e probabilmente di buona fattura, quello di G. B. Cimini (Pascoli, p. 438; Bruhns, p. 384).
Nei ritratti del B. una certa fermezza di contorni e un preciso, esperto intaglio del marmo testimoniano talora della formazione toscana, altre volte l'imitazione del Bernini è più scoperta e interviene il dubbio dell'autografia; solo verso il 1642 si può forse cogliere una sua preferenza per certi aspetti della poetica berniniana, e cioè una più sottile individuazione psicologica del soggetto ottenuta tuttavia con una assai personale incisività di segno e attenzione al dato veristico che non impedisce ma anzi sollecita l'impulsivo rivelarsi del personaggio stesso.
Fonti e Bibl.: Una bibl. completa fino al 1958 in V. Martinelli, A. B. a Roma e a Napoli, in Commentari, X (1959), pp. 137-158. V. inoltre e in particolare: G. Baglione, Le vite... [1642], Napoli 1733, p. 169; G. B. Passeri, Vite... [1673], Roma 1772, pp. 257 s., 319; F. Baldinucci, Vita del cavaliere... Bernino [1682], Firenze 1846, p. 16; Id., Notizie de' professori del disegno [1702], IV, Firenze 1846, p. 107; P. Sarnelli, Guida de' Forestieri... [1688], Napoli 1791, p. 94; L. Pascoli, Vite de' pittori... [1736], Roma 1965, II, pp. 415, 427, 428, 436-440; G. Filangieri, Docum. per la storia... delle provincie napoletane, II, Napoli 1884, p. 24; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII., II, Wien 1931, v. Indice; F. M. de Raymondi, La cappella Raymondi, in Roma, I (1923), pp. 37 s.; L. Bruhns, Das Motiv der ewigenAnbetung in derrömischenGrabplastik…, in Römisches Jahrbuchfür Kuntsgeschichte, IV (1940), pp. 328, 335, 384 n. 155; A. Riccoboni, Roma nell'arte, scultura..., Roma 1942, pp. 168-170; R. Wittkower, Bernini studies, II, The bust of Mr. Baker, in The Burlington Magazine, XCV (1953), pp. 19-22; I. Faldi, La scultura barocca, Milano 1958, pp. 52, 60, 66, 94, 120; C. Gould, Bernini's bust of Mr. Baker:the solution?, in Art Quarterly, XXI (1958), pp. 167-176; A. Nava Cellini, Ritratti di A. B., in Paragone, XIII (1962), 147, pp. 24-40; I. Pope-Hennessy, Catalogue of Ital. sculpture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, pp. 605, 606, 608; A. Nava Cellini, Una propostaeuna rettificaper G. L. Bernini, in Paragone, XVII (1966), 191, pp. 23 s.; R. Wittkower, G. L. Bernini, the sculptor, London 1966, v. Indice; V. Martinelli, Scultura ital.: dal manierismo albarocco, Milano 1968, pp. 38 s., 46; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, IV, pp. 243 s.