Vedi BOLSENA dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
BOLSENA (v. vol. II, p. 131 e S 1970, p. 155)
Dall'Età del Bronzo alla tarda età imperiale e cristiana, la zona di B. e del suo lago ha avuto una storia originale. Questa zona comprende molti siti di interesse archeologico entro l'area della città antica e negli immediati dintorni, che presentano una serie articolata di abitati e necropoli. Tra il 1946 e il 1981 l'esplorazione si è svolta principalmente nella zona del Poggio Moscini, corrispondente a un importante settore della città fondata nel 264 a.C. In tale settore gli ultimi venti anni dell'attività archeologica hanno permesso di chiarire importanti aspetti storici e topografici della città antica.
Gli scavi di Poggio Moscini condotti dalla Scuola Francese di Roma e conclusi nel 1981, sono stati eseguiti in tre zone principali: la parte SO della domus II (detta «delle sale sotterranee»)] la strada di accesso al foro e il relativo quartiere; il complesso foro-basilica di età imperiale.
La storia della domus II, durata diversi secoli, era nota soprattutto per il periodo tardo imperiale grazie ad alcune sale affrescate nel settore NE. Ulteriori verifiche e studi hanno permesso di riconoscere, incisi sugli intonaci di questi affreschi, alcuni graffiti ora decifrati come parte di un calendario rustico. Le campagne 1969-1972 hanno chiarito anche le fasi repubblicane della domus. La parte SO del complesso presenta infatti una pianta ad atrium con due alae, dispositivo che costituisce il nucleo originario della casa, creata verso l'inizio del II sec. a.C. dopo un incendio che aveva sconvolto preesistenti strutture in pietra a secco. Essa è delimitata da muri di tufo in blocchi squadrati a scacchiera; quello a NE funge da potente argine del terrazzo adiacente. All'inizio la casa dovette essere di entità piuttosto modesta e comprendere un piccolo hortus, sostituito, verso la metà del II sec. da un peristilio. Nelle fondazioni in blocchi di tufo di questo, lungo il lato SO, furono interrate e serbate in una specie di «camicia di calce» una serie di terrecotte architettoniche figurate del medio ellenismo pertinenti a un edificio anteriore. A NE le stesse fondazioni poggiavano su un ammasso di pietre a secco, forse resti di muri distrutti, in cui furono trovati la maggior parte dei frammenti di un trono in terracotta a grandezza naturale, eretto su una base quadrata di m 0,77 c.a di lato, decorato con motivi di ispirazione dionisiaca, di schietto gusto ellenistico: una pantera, tre putti, di cui uno alato, e festoni. Anche lo schienale ricurvo era decorato e le sue parti interne evocavano la morbidezza di una stoffa. I frammenti sono stati rinvenuti in quota allo sbocco originario della rampa inclinata (dròmos) che scende verso la sala sotterranea. A pianta quadrata (4X4 m), questa struttura, databile all'ultimo trentennio del III sec. a.C., è coperta da una volta «a campana», perforata da un oculus da cui penetra la luce. La sala, che non è una cisterna, è in relazione con un complesso di gallerie sotterranee e risulta coeva ad alcuni muri di pietra a secco che definiscono la fisionomia della zona prima dell'installazione della domus. Anche se l'esatta funzione di questa sala sotterranea rimane incerta, la singolarità del suo dispositivo, le vestigia sconvolte di una costruzione di III sec., uno strato di incendio dell'inizio del II sec. a.C. e la presenza di un trono dionisiaco, possono avvalorare l'ipotesi che la domus fosse stata preceduta da un edificio, luogo di culto dionisiaco, forse «condannato» dopo le misure repressive del senatus consultum de Bacchanalibus (186 a.C.).
Gli scavi del 1973-76 hanno messo in luce a O del foro un decumanus secondario, sul cui lato orientale si aprono tre tabernae di eguali dimensioni (m 4,80 X 3,50) in opus mixtum, preservate fino alla volta a botte, che conservano tracce di soppalchi. Precedentemente, all'epoca delle costruzioni in pietra a secco, l'insula era stata occupata da installazioni artigianali e da cisterne a pianta circolare. All'epoca delle costruzioni in muri di tufo «a scacchiera», la cui datazione tra il 180 e il 160 a.C. c.a è confermata dal materiale ritrovato nella zona, sono pertinenti le vestigia di quel che sembra un edificio pubblico, forse un horreum. Il decumanus si immette a SO nella strada di accesso al foro, nei cui pressi si trova una grande latrina pubblica (forica) di m 5 X 5,60 c.a in opus mixtum, sormontata da una volta, le cui pareti intonacate conservano ancora resti di affreschi: scene nilotiche con pigmei, divinità marine, carro vuoto sulla spiaggia con cavalli imbizzarriti, alludente forse alla morte di Ippolito. Nella lunetta della volta eleganti fogliami confermano una datazione posteriore al 50 d.C.
La strada di accesso al foro, larga m 2,90 e pavimentata di lastre poligonali, costituiva un vero passaggio coperto (via tecta), che a O era forse chiuso da una porta destinata a isolare la zona dai quartieri sottostanti. A E terminava con una scala di nove gradini, che comunicava con la terrazza del foro; la volta, abbastanza ben conservata verso il foro, era intonacata. Sono stati trovati resti di motivi a fogliami simili a quelli della latrina.
Il foro interessato dagli scavi non si identifica con quello originario di età repubblicana che, con grande probabilità, dovrebbe trovarsi sulla terrazza del Mercatello. La costruzione di un foro in questa zona del Poggio Moscini è databile con precisione all'epoca flavia, sulla base della ceramica e delle monete trovate nell'interro di una serie di botteghe costruite all'inizio del I sec. a.C. e distrutte verso gli anni 70-80 d.C. per consentire la sistemazione del lato O del foro. Quest'ultimo, che occupa un'area di c.a 4450 m2, è un esempio di grandiosa pianificazione urbanistica cui non corrisponde tuttavia un'equivalente densità monumentale. È delimitato a E, O e Ν da vie lastricate, mentre sul lato S s'innalzava la basilica che faceva da sfondo all'area basolata centrale, costituendo il centro amministrativo, politico e commerciale del complesso. Intorno a esso non si sono trovati resti di portici, ma solo tracce che fanno pensare alla sistemazione di un velum che poteva essere steso al di sopra dell'area centrale durante la stagione calda. Gli spazi del foro, compresa la superficie della basilica e delle vie limitrofe, formano un rettangolo di m 71,20 x 105,60; sono quindi calcolati in un rapporto di 2:3 actus, ideale secondo Vitruvio, e assai spesso impiegato nell'urbanistica provinciale. Sul basolato davanti alla basilica si notano i resti di molte basi per statue o di piccoli altari o di altri monumenti onorari. Una delle basi era dedicata dalla Colonia Iulia Carthago a un senatore di origine volsiniese, Pompeius Vopiscus C. Arrun- tius Catellius Celer Allius Sabinus, proconsole d'Africa sotto Antonino Pio. Come il foro, così la basilica risale a epoca flavia. Essa forma un quadrilatero di m
25,70 X 57, internamente diviso in una navata centrale e due laterali per mezzo di un colonnato disposto secondo un rettangolo iscritto nel perimetro delle mura esterne.
All'estremità NO doveva innalzarsi il tribunal. La facciata, costruita in caementicium, doveva essere rivestita ed era caratterizzata da un ordine di colonne ioniche semilibere; sul lato prospiciente la piazza, presentava inoltre un podium assiale sottolineato da colonne di granito rosa, la cui disposizione doveva ricordare quella della Basilica Iulia di Corinto e altri edifici simili. La basilica costituisce dunque un esempio canonico del tipo in uso nelle province dell'impero. In epoca cristiana essa fu trasformata in chiesa; all'inizio del IV sec. d.C. sull'asse della navata centrale si aggiunse un'abside, che ostruì parzialmente il vicino decumanus. Nello scavo della basilica fu trovato, reimpiegato, un blocco con iscrizione che menziona L. e A. Seii, curatores aquae, il cui presumibile legame di parentela con L. Seio Strabone non è sicuro.
Museo. - Nella Rocca Monaldesca è stata allestita una raccolta del materiale proveniente dai diversi scavi del territorio di Bolsena. Comprende: una sezione protostorica il cui materiale proviene essenzialmente dall'abitato villanoviano sommerso del Gran Carro; una sezione etrusca che presenta testimonianze, relative al periodo anteriore alla fondazione della città (264 a.C.); una sezione che illustra gli scavi, quarantennali; della Scuola Francese a Poggio Moscini e in cui sono esposti vasi, iscrizioni, frammenti di affreschi delle case romane, terrecotte architettoniche e il trono dionisiaco «della pantera».
Esiste inoltre una raccolta lapidaria e sono esposti altri reperti pertinenti a B. romana, tra i quali alcuni ritratti di recente rinvenimento, di epoca flavia e costantiniana.
Bibl.: Scavi di Poggio Moscini: MEFRA, LXXXII, 1970, pp. 187-235; LXXXIII, 1971, pp. 367-403; LXXXIV, 1972, pp. 543-600, 623-638; LXXXVI, 1974, pp. 275-383; XCII, 1980, pp. 977-992; CRAI, 1980, p. 177 ss.; MEFRA, XCIII, 1981, pp. 495-531, 1063-1112; XCV, 1983, pp. 7-54, 719-756; BdA, s. VI, XVII-XIX, 1983, pp. 67-74; StEtr, LII, 1984, p. 280 ss.; MEFRA, XCVII, 1985, pp. 923-941; Bollettino di Studi e Ricerche (Biblioteca comunale di Bolsena), 1986, pp. 7-17; AA.VV., Archeologia nella Tuscia II (QuadAEI, 13), Roma 1986, pp. 181-187.
In generale: A. Balland, Bolsena, III, I, La céramique étrusco-campanienne à vernis noir (École française de Rome. Mélanges d'archéologie et d'histoire, Suppl. VI), Parigi 1969; F.-H. Massa-Pairault, J.-M. Pailler, Bolsena, V, 1, La maison aux salles souterraines. Les terres cuites sous le péristyle (École française de Rome. Mélanges d'archéoloige et d'histoire, Suppl., VI), Roma 1979; P. Gros, Bolsena, I, Guide des fouilles (École française de Rome. Mélanges d'archéologie et d'histoire, Suppl. VI), Roma 1981; G. Hallier, M. Humbert, P. Pomey, Bolsena, VI, Les abords du forum (École française de Rome. Mélanges d'archéologie et d'histoire, Suppl. VI, 6), Roma 1982; A. Barbet, Bolsena, V, 2. La maison aux salles souterraines. Décors picturaux (École française de Rome. Mélanges d'archéologie et d'histoire, Suppl. VI), Roma 1985; M. Cristofani (ed.), Civiltà degli Etruschi (cat.), Milano 1985, pp. 381, 388 (trono, santuario del Pozzarello); G. Colonna (ed.), Santuari d'Etruria (cat.), Milano 1985 (santuario del Pozzarello); AA.VV., Bolsena 1946-1986. Dallo scavo al Museo. Quarantanni di ricerche (cat.), Roma 1987.
Abitato del Gran Carro: A. Fioravanti, E. Camerini, L'abitato villanoviano del Gran Carro, Roma 1977; P. Tamburini, La civiltà villanoviana, in Bollettino di Studi e Ricerche (Biblioteca Comunale di Bolsena), 1985.
(F.-H. Pairault Massa)