bomba atomica
Ordigno bellico (più propr. b. nucleare) che sfrutta gli effetti di una reazione esplosiva di fissione nucleare. Nel 1939 A. Einstein presentò la potenzialità bellica dell’energia nucleare al presidente americano F.D. Roosevelt e gli Stati Uniti dettero il via al cosiddetto Manhattan project (a cui partecipò anche E. Fermi), che culminò con la prima esplosione nucleare, il 16 luglio 1945, nel Nuovo Messico. Analoghe ricerche in Germania non dettero risultati operativi prima della fine del conflitto mondiale. L’unica volta che la b.a. è stata impiegata in guerra risale al 1945, allorché gli USA ne lanciarono due sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki (il 6 e 9 ag.), provocando circa 230.000 vittime nell’arco di cinque mesi dall’esplosione, oltre a migliaia di altri decessi, malformazioni e gravi malattie, effetto delle radiazioni, per molti anni a seguire. Nel 1949 l’URSS sperimentò un proprio ordigno e divenne la seconda potenza nucleare, seguita, nell’ordine, da Gran Bretagna (1952), Francia (1960) e Cina (1964). Progressivamente altri Stati (India, Pakistan, Israele) hanno raggiunto quel livello o hanno fatto capire di averlo raggiunto, mentre nel 21° sec. alcuni tentano ancora e altri fanno capire di essere già in grado di farlo. In quella che è stata definita la corsa agli armamenti, le due più grandi potenze nucleari, USA e URSS, nel tentativo di acquisire una superiorità militare, hanno seguito vari criteri. All’inizio, tendevano a privilegiare il dato quantitativo, producendo quante più armi fosse possibile con il materiale fissile a disposizione. Poi, avendo gli esperimenti dimostrato che l’efficacia di un’arma contro un obiettivo militare protetto aumentava rapidamente con l’accuratezza dei sistemi di mira, mentre non variava sensibilmente se si aumentava la potenza dell’esplosione, si è cercato soprattutto di produrne di più precise (perfezionando i sistemi di guida dei vettori, specie dei missili). Parallelamente, USA e URSS hanno dedicato ingenti risorse allo sviluppo di sistemi di difesa contro attacchi nucleari. Si è verificata nel corso del tempo una graduale evoluzione del pensiero strategico nucleare verso la concezione di «deterrenza», in cui l’arma nucleare, a differenza di tutti i precedenti tipi di armamenti, non viene più concepita come strumento da battaglia per sconfiggere forze nemiche, ma come mezzo atto a scoraggiare l’aggressione. Per limitare la crescita del numero delle potenze nucleari e degli arsenali di quelle esistenti sono stati conclusi numerosi accordi per il controllo quantitativo e qualitativo degli armamenti nucleari. Questi tentativi (per es., il cd. scudo spaziale americano) non portarono però a risultati apprezzabili e quindi furono successivamente ridimensionati o abbandonati. Con la fine della Guerra fredda, è subentrata una frenata della corsa agli armamenti nucleari da parte delle potenze già in possesso di ordigni nucleari, mentre si è riaccesa la minaccia di acquisizione di armamenti nucleari da parte di nuovi Paesi, spesso non democratici, politicamente instabili e quindi più preoccupanti per la sicurezza internazionale.