BONA di Savoia, duchessa di Milano
Nacque ad Avigliana nell'agosto 1449, probabilmente quattordicesima dei diciotto figli di Ludovico di Savoia e di Anna Lusignano di Cipro. Alla morte della madre (1462) fu inviata alla corte della sorella Carlotta, moglie di Luigi XI di Francia. Quest'ultimo pensò in un primo tempo di darla in moglie al re d'Inghilterra Edoardo IV, ma quando questi sposò Elisabetta Woodville, si rivolse a Galeazzo Maria Sforza. I negoziati per il matrimonio continuarono anche dopo il 1466, anno in cui Galeazzo succedeva al padre Francesco nel ducato di Milano. Finalmente l'8 apr. 1468 veniva sottoscritto il contratto di matrimonio. Luigi XI si impegnava a dare a B. 100.000 scudi d'oro e Galeazzo le prometteva una rendita annua di 15.000 ducati, gioielli per un valore di 50.000 ducati e il castello di Abbiategrasso come residenza per il caso che egli le fosse premorto. Le nozze furono celebrate ad Amboise il 12 maggio 1468. B. partì per l'Italia cinque giorni dopo e sbarcò a Genova il 26 giugno. I rapporti inviati a Galeazzo su di lei in questo periodo la descrivono alta, ben proporzionata, di bella carnagione, con vita sottile, bei lineamenti e un carattere gentile. Lo stesso Galeazzo, che la incontrò a Novi e l'accompagnò a Vigevano per gli sponsali, dichiarò di essere "tanto contenti et consolati, che non lo posiamo ad sufficientiam dire né scrivere" (Magenta, II, p. 319, doc. 338). Il matrimonio fu confermato con cerimonia solenne a Milano in piazza del Duomo il 7 luglio; il 26 Galeazzo manifestò la sua soddisfazione confermando e aumentando i diritti dotali.
Il primo figlio, Gian Galeazzo Maria, nacque il 20 giugno 1469; B. ne ebbe altri tre: Ermes (1470), Bianca Maria (1472) e Anna (1473). La residenza preferita della coppia ducale era il castello di Pavia; lì B. trascorse la maggior parte degli otto anni di matrimonio insieme con i suoi figli. Galeazzo continuò a manifestarle la sua stima e gratitudine assegnandole nel 1470 la città di Novara e nel 1474 le entrate del parco di Pavia. B. accompagnò il marito nella visita a Firenze nel marzo 1471, visita che restò famosa per lo sfarzo della corte milanese, e nell'altra compiuta a Mantova, alla corte dei Gonzaga, nel luglio dello stesso anno. B. non prese parte attiva agli affari di Stato, ma i contatti da lei mantenuti con la famiglia in Savoia erano utili agli Sforza; e per quanto riguarda l'interno, la remissione dei debiti concessa dal duca nel 1474 fu dovuta anche al suo intervento.
L'assassinio di Galeazzo Sforza il 26 dic. 1476 trasformò la vita di Bona. Il ducato passava, senza difficoltà, al figlio Gian Galeazzo, di sette anni. B., consigliata da Cicco Simonetta, capo della cancelleria segreta e uomo di lunga esperienza e provata abilità politica e amministrativa, concesse esenzioni fiscali, rimise debiti verso la Camera ducale e distribuì al popolo le riserve di grano del governo a prezzi controllati. Acquistò così in un primo momento una grande popolarità, di cui resta eco nelle parole di un contemporaneo che di lei disse: "que merito Bona vocari meruit" (Cronica gestorum in partibus Lombardie, p. 4). Gli stati italiani alleati di Milano le assicurarono subito il loro appoggio e il 9 genn. 1477 B. accettò formalmente "la tutella et cura de lo Illustrissimo Duca novello" (Acta in consilio secretoMediolani, I, p. 8). Da questo momento tutti gli atti del governo sono emessi in nome di B. e di Gian Galeazzo, ai quali si dà in comune il titolo di "Duces Mediolani". B. fissò la sua residenza al castello di Milano, ove un ristretto comitato del Consiglio segreto si riuniva due volte al giorno "solo ad attendere e deliberare gli affari di Stato" (Corio, III, p. 316). Questo Consilium in arce si riuniva spesso alla sua presenza, rinviava l'esame dei problemi fino a quando B. non era stata consultata o ne riferiva a lei per la decisione. B. si basava sui consigli del Simonetta, ma la responsabilità finale restava a lei. Ben presto gli avvenimenti mostrarono che il Simonetta era vulnerabile e che aveva perciò ragione di sottolineare la suprema autorità di Bona.
Due dei fratelli di Galeazzo, Sforza duca di Bari e Ludovico, che si trovavano in Francia al momento del suo assassinio, si apprestarono a tornare a Milano e ivi unirono le loro forze a quelle del condottiero Roberto Sanseverino e a quelle della cosiddetta nobiltà ghibellina per scacciare il Simonetta. B. ottenne una tregua grazie alla mediazione di Ludovico Gonzaga nel febbraio 1477, ma il 25 maggio, quando il governo si mosse per prevenire un probabile complotto, i ribelli cercarono di far sollevare Milano in armi. Trovarono, però, scarsi consensi e il Sanseverino fuggì; B. appoggiò il Simonetta e decretò il bando dal ducato per i due fratelli Sforza.
La posizione di B. sembrava ora sicura; in realtà dipendeva dalla stabilità della politica italiana, che attraversava una seria crisi in conseguenza della congiura dei Pazzi (aprile 1478) e della guerra che ne era scaturita. B. tenne fede all'alleanza con i Medici stipulata da Francesco Sforza; ma ciò comportò pesanti spese militari e nel contempo espose il ducato agli intrighi del re di Napoli, Ferrante. Tali intrighi portarono alla perdita di Genova, ove già da prima l'autorità della reggente vacillava, all'invasione della Valtellina da parte degli Svizzeri, mentre Sforza e suo fratello Ludovico stabilivano una loro base in Liguria e, dal febbraio 1479, operavano con Roberto Sanseverino ai margini della guerra in Toscana.
Nel frattempo B., ancora in giovane età - non aveva raggiunto i trent'anni -, aveva trovato nella devozione di un giovane ferrarese, Antonio Tassino, entrato al suo servizio come "cameriere", un conforto alle proprie esigenze affettive, che l'abilità politica del Simonetta non poteva controllare. La vera natura della loro relazione resta oscura: sta di fatto che il Tassino acquistò su di lei un forte ascendente. Questi era considerato un nemico del Simonetta e il potente segretario potrebbe bene aver mostrato di disapprovare un legame che minacciava di compromettere la sicurezza della dinastia che egli serviva. In ciò è probabilmente da ricercarsi l'inizio della rottura tra B. e il Simonetta.
Il 20 ag. 1479 Ludovico Sforza e Roberto Sanseverino penetravano con il loro esercito nel ducato e in una settimana occupavano Tortona e numerosi capisaldi della zona. Il Simonetta consigliò di resistere e predispose l'invio di rinforzi, ma all'inizio del settembre improvvisamente B. cambiò opinione. Anche se è stato posto in dubbio un intervento del Tassino, è tuttavia probabile che fosse influenzata da lui quando prese tale decisione. Il 7 settembre Ludovico raggiungeva Milano, ove era ammesso alla presenza di Bona. Il giorno dopo furono inviate lettere alle città del dominio ducale per comunicare che Ludovico era rientrato nei favori di B. e due giorni più tardi ella ordinò l'arresto del Simonetta.
A B. rimaneva il controllo formale della reggenza. Bartolomeo Calco, che era stato il segretario addetto specialmente alla persona di B., sostituì il Simonetta a capo della Cancelleria segreta. Il Tassino continuò a svolgere un ruolo preminente a corte; suo padre fu innalzato all'ufficio prima tenuto da Orfeo Ricavo, il più vicino collaboratore del Simonetta, e divenne membro del Consiglio segreto. Padre e figlio, poi, trassero notevoli profitti dalla distribuzione dei beni sequestrati al Simonetta e al Ricavo. Ludovico Sforza, invero, che cercava di accentrare nelle proprie mani l'intero potere statale, era disposto a lasciare a B. la parvenza dell'autorità. Quando i tentativi di Ludovico di riassestare le finanze statali provocarono "murmuramenti" tra i Milanesi contro le accresciute imposte, fu B. a incaricarsi di dare udienza ogni venerdì per ascoltare le loro lagnanze e rimediare alle ingiustizie.
Non è chiaro se ella comprese le conseguenze della caduta del Simonetta; altri, però, vedevano meglio di lei cosa stava accadendo e in una lettera del 21 febbr. 1480 B. si trovò costretta a smentire le voci secondo le quali la sua autorità era ormai solo apparente. Le ultime illusioni che le potevano essere rimaste caddero definitivamente il 7 ott. 1480, quando i governatori di Gian Galeazzo rinchiusero senza preavviso il giovane duca nella Rocchetta, la fortezza più interna del castello di Milano, e intimarono a Bartolomeo Calco di unirsi a loro. L'azione fu giustificata ufficialmente come volta a contrastare Antonio Tassino che avrebbe coinvolto B. in un complotto destinato a farlo diventare padrone del duca e di Milano, dando il comando del castello a suo padre. Al Tassino fu consentito di fuggire a Ferrara, e nelle tre settimane successive B., isolata e impossibilitata a raggiungere il duca, fu sottoposta a crescenti pressioni intese evidentemente a farla rinunciare alla reggenza, anche se gli atti ufficiali rimastici, dovuti a Ludovico Sforza, raccontano una storia differente.
Il 31 ottobre Ludovico, allontanava i più devoti del seguito di B. e li sostituiva con persone da lui scelte. Vista inutile ogni protesta per questa sua ultima umiliazione, B. decise di abbandonare Milano a tutti i costi. Il 2 novembre respinse l'ultimo tentativo di persuaderla a rimanere mantenendo tutti gli onori ma priva di ogni potere. In cambio della conferma dei diritti finanziari di vedovanza, rinunziò alla tutela del duca e partì per Abbiategrasso. Il giorno dopo Gian Galeazzo nominava tutore lo zio Ludovico. Il trattamento subito da B. era stato duro, ma non v'è dubbio che la sua infatuazione per il Tassino aveva finito per esporla agli attacchi.
B. visse principalmente ad Abbiategrasso nei successivi quindici anni. Cercò di trasferirsi in Piemonte, ma Ludovico Sforza, temendo che i Savoia o il re di Francia la usassero come arma contro di lui, preferì trattenerla nel ducato sotto sorveglianza. Abbiamo notizie di complotti organizzati dai suoi servitori contro Ludovico all'inizio del 1481 e nel dicembre 1483. È poco probabile, però, che la stessa B. vi prendesse parte: ella contava specialmente sui suoi parenti in Francia e in Savoia per migliorare la propria sorte. In seguito a forti pressioni di Luigi XI, spinto in ciò dalla moglie, B. riuscì a rientrare a Milano nel settembre 1482 e a ritornare in possesso di alcune delle sue proprietà private. Ma il complotto del 1483 fornì una scusa per relegarla di nuovo ad Abbiategrasso e le proteste dei Savoia ebbero l'effetto opposto a quello sperato, rendendo più rigide le misure di sorveglianza su di lei. In seguito, però, le fu consentito di venire di tanto in tanto a Milano, ove fu presente al matrimonio di Gian Galeazzo nel 1490 e a quello della figlia Bianca Maria nel 1493. B. manteneva una regolare corrispondenza con Gian Galeazzo e fu accanto a lui al castello di Pavia durante i suoi ultimi giorni nell'ottobre 1494. Le sue lettere di questo periodo sono piene di lamentele per il cattivo trattamento dei suoi servitori e per i ritardi nel pagamento della sua pensione.
Il suo crescente desiderio di trovare rifugio in Francia fu alfine esaudito in seguito a una richiesta di Carlo VIII e B. varcò le Alpi nel dicembre 1495. Le fu assegnata una residenza a Tours, e poi nel 1498-1499 visse a Lione. Ma sembra che ella non fosse stata bene accolta in Francia né fosse felice di risiedervi. Pensò allora di andare in Savoia, ove il duca Filiberto II, suo nipote, le concesse una tenuta a Fossano nell'aprile 1500: B. vi rimase fino alla morte. Le sue lettere di quest'ultimo periodo trattano principalmente delle difficoltà di ottenere il pronto pagamento della pensione da Milano, ora governata da Luigi XII di Francia. Morì a Fossano il 17 nov. 1503, ormai dimenticata dal mondo, e fu sepolta nella chiesa di S. Giuliano (probabilmente S. Giuliano presso Savigliano) senza alcuna cerimonia ufficiale.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Potenze Sovrane,sub voce, per le lettere personali di B.; le principali sezioni dell'Archivio ducale (Sforzesco) contengono documenti relativi alla reggenza (non ancora del tutto esplorati) e nelle sezioni carteggio interno e lettere missive si possono trovare notizie su B. e sulle sue vicende dopo il 1480; C. Morbio, Codice visconteo-sforzesco, Milano 1846, pp. 495-509; I registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, passim; Acta in consilio secreto Mediolani, a cura di A. R. Natale, I-II, Milano 1963-64, passim (nell'opera sono editi i verbali del Consilium in arce per il periodo ottobre 1477-luglio 1479); Cronica gestorum inpartibus Lombardie, in Rerum Italic.Script., 2 ediz. XXII, 3, a cura di G. Bonazzi, adIndicem; Antonius de Ripalta, Annales Placentini, in L. A. Muratori, Rerum Italic.Script., XX, Mediolani 1731, coll. 952-961; B. Corio, Storia diMilano, a cura di E. De Magri, III, Milano 1857, pp. 256-356; Ph. de Commynes, Mémoires, a cura di J. Calmette, II-III, Paris 192s, ad Indicem; Antiqua Ducum Mediolani Decreta, Milano 1654, pp. 375 s., 383-388; C. de' Rosmini, Gian IacopoTrivulzio, Milano 1815, I, pp. 38-92; II, pp. 1279; Id., Storia diMilano, Milano 1820, III, pp. 41-107; IV, pp. 150-234 (ancora di utile consultazione); F. Carrone, Not. intorno alla vita di B. diSavoia..., Torino 1835; G. Claretta, Ultimi anni di B. di Savoia…, in Arch. stor. ital., s. 3, XII (1870), n. 1, pp. 62-91; C. Magenta, I Visconti e gli Sforza nel Castello di Pavia..., Milano 1883, I, pp. 484-517; II, pp. 260-329, 377-432; G. Filippi, Il matrimonio di B. di Savoia..., Torino 1890; E. Piva, Unacongiura contro Lodovico il Moro, in Nuovo arch. veneto, IV (1892), pp. 182-197; L. Beltrami, Gli sponsali di Galeazzo Maria Sforza, Milano 1893; G. Romano, Di un preteso attentato controLodovico il Moro, in Arch. stor. lombardo, XXIV (1897), n. 2, pp. 342-347; E. Casanova, L'uccisione di Galeazzo Maria Sforza e alcunidocumenti fiorentini,ibid., XXVI (1899), n. 2, pp. 299-332; P. Del Giudice, I consigli ducali e il Senato di Milano, in Rend.dell'Istituto lombardo, s. 2, XXXII (1899), pp. 335-340; F. Malaguzzi-Valeri, La corte di Lodovico il Moro, I, Milano 1913, pp. 8, 25, 27 (per l'iconografia di B.); Z. Arici, B. di S. duchessadi Milano, Torino 1935 (biografia completa e utile, anche se non sempre precisa nei particolari); I. M. Sacco, Contributo a unabiografia di B. di S...., in Comunicaz. della R. Deputaz.subalpina di storia patria, sez. di Cuneo, 1935, 13, pp. 7-24; C. Santoro: Un codice di B. di S., in Arch. stor. lombardo, s. 8, V (1954-55), pp. 267-291; F. Catalano, Il ducato di Milano nella politicadell'equilibrio, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 311-350 (per la politica generale della reggenza di B. con ulteriore bibl.); C. Santoro, Gli Sforza, Milano 1968, pp. 118-126, 132 s., 158, 174-219, 224-228, 231, 249 s.