BONAGRAZIA da Bergamo (Bonagratia de Pergamo, Boncortesius, Boncortese)
Sulla famiglia e la giovinezza di B. si hanno solo scarse notizie. Studiò diritto, tanto da potersi qualificare come "utriusque iuris peritus" e con il suo nome secolare di Boncortese esercitò l'avvocatura. Poco prima del 1310 entrò nell'Ordine dei minori dove ricevette il nome con il quale fu poi sempre noto. Mise la sua dottrina giuridica al servizio dell'Ordine in cui fu frate converso per tutta la sua esistenza.
Inizialmente fu assegnato come collaboratore del procuratore dell'Ordine Raimondo de Fronsiacho. Il suo compito consisteva nel difendere presso la Curia di Avignone l'unità dell'Ordine contro gli attacchi dcgli spirituali. Gli oggetti principali di questa controversia erano per un verso gli scritti di Pietro di Giovanni Olivi e per l'altro i problemi della disciplina dell'Ordine, in particolare dell'osservanza della povertà. Di questo periodo sono conservati due scritti di B., uno contro Raimondo Gaufredi e l'altro contro Ubertino da Casale. Il 10 marzo 1311 presentò nel corso di un pubblico concistoro una violenta protesta contro la bolla di esenzione emanata dal papa Clemente V il 14 apr. 1310, a suo giudizio per favorire ingiustamente gli spirituali. Ripeté ancora per due volte la protesta nel corso dei mesi successivi. Il papa fu così fortemente irritato per l'impetuoso comportamento di B. da relegarlo per punizione il 31 luglio 1312 nel convento di Valcabrère (diocesi di Comminges) ai piedi dei Pirenei. Subito dopo la morte di Clemente V, sopraggiunta il 20 apr. 1314, B. abbandonò il convento e si recò a Tolosa, dove giustificò in un documento pubblico la sua fuga.
Sotto il pontificato del papa Giovanni XXII B. riassunse di nuovo le funzioni di difensore dell'Ordine, insieme con Raimondo de Fronsiacho e Guglielmo Astre, nel processo inquisitorio istruito contro gli spirituali di Narbona e di Béziers, che si concluse crudelmente con la condanna al rogo di quattro spirituali, eseguita a Tolosa il 7 maggio 1318. B. prese anche parte nel 1318 al processo contro Bernardo Délicieux. L'anno successivo si presentò per la prima volta da solo, come procuratore dell'Ordine, forse in riferimento al processo contto Ubertino da Casale.
Nell'anno 1322 i problemi dell'osservanza della povertà e della povertà di Cristo e degli Apostoli furono così violentemente dibattuti fra i minori, che il capitolo generale dell'Ordine tenuto a Perugia il giorno di Pentecoste si occupò quasi esclusivamente di essi e incaricò quindi B. di esporre il punto di vista dell'Ordine alla Curia. Egli iniziò così a stendere in questo stesso anno un voluminoso trattato De paupertate Christi et apostolorum, nel quale difese la dottrina francescana dell'assoluta povertà. Nello stesso tempo fu incaricato di riprendere presso la Curia la consueta attività contro gli spirituali, che lo indusse ad intervenire ad esempio nel processo contro Francesco da Lutra. Quando il papa emanò l'8 dic. 1322 la costituzione Ad conditorem canonum, nella quale condannava le tesi del capitolo generale di Perugia, B. elevò una protesta contro di essa nel pubblico concistoro del 14 genn. 1323. In conseguenza il papa decise di rivedere il testo della bolla, gettando però contemporaneamente B. in carcere, dal quale fu liberato solo alla fine dell'anno 1323. Subito dopo la liberazione fu implicato per la prima volta, ma a sua insaputa, nel conflitto inaugurato allora tra papa Giovanni XXII e il re dei Romani Ludovico il Bavaro: un passo della sua protesta fu inserito nella cosiddetta Appellazione di Sachsenhausen del 22 maggio 1324.
Negli anni seguenti B. si trattenne in Avignone, ma non si hanno notizie dell'attività che vi svolse. Verso il 1325-26 compilò un libello polemico contro le opere canonistiche di Zenzelino de Cassanis. Nel 1328 la sua situazione sembra essersi aggravata, visto che fu trattenuto in un convento con l'obbligo di non lasciare Avignone. A dispetto di questa condizione, egli non esitò ad aiutare il generale dell'Ordine Michele da Cesena, presente anch'egli in quel momento in Avignone, a redigere una appellazione contro il papa, che il 13 apr. 1328 fu autenticata da un notaio, ma non venne pubblicata per tiinore di spiacevoli conseguenze. Nella notte del 26 maggio 1328 riuscì a B. di fuggire da Avignone insieme con Michele da Cesena e Guglielmo di Ockham, suoi confratelli. S'imbarcarono a Aigues-Mortes su una nave che li portò a Pisa. Il papa tentò inizialmente di interrompere la fuga, ma senza successo, quindi scomunicò B. e i suoi compagni il 6 giugno 1328. Dopo il loro arrivo a Pisa il 9 giugno 1328, i minoriti inaugurarono una vivace campagna propa gandistica contro il papa con prediche, lettere e trattati. B. scrisse fra l'altro un trattato dal titolo Clypeus, nel quale difese il generale dell'Ordine e collaborò alla redazione dell'ampia opera Allegationes religiosorum virorum del 1329 che perseguiva lo stesso scopo. Compilò inoltre per conto del generale dell'Ordine altre appellazioni contro il papa Giovanni XXII, che furono pubblicate il 18 settembre e il 12 dicembre 1328.
Quando Ludovico il Bavaro, divenuto il 17 genn. 1328 imperatore per volontà del popolo romano, entrò a Pisa il 21 sett. 1328, i minoriti gli si strinsero intorno. Già il 26 settembre l'imperatore rilasciò loro un ampio privilegio di protezione. Da allora B. entrò nella cerchia dei consiglieri legali della corte imperiale. Il suo concorso non dovette mancare sicuramente nel nuovo provvedimento di deposizione del papa Giovanni XXII, proclamato dall'irrperatore il 13 dic. 1328: la sentenza, retrodatata al 18 aprile, si fondava ora esclusivamente sulla dottrina sostenuta dal papa in tema di povertà, che era bollata di eresia.
Quando l'imperatore lasciò Pisa l'11 apr. 1329, lo seguirono B. e i suoi compagni. Attraverso Parma, Cremona, Trento si diressero verso Monaco di Baviera, dove giunsero nel febbraio del 1330. Il papa non mancò di indirizzare all'episcopato tedesco numerose lettere con la richiesta di arrestare i minoriti fuggiaschi e di rispedirli ad Avignone, ma la capitale bavarese restò per loro un asilo sicuro. Nella Pentecoste del 1331 furono espulsi dall'Ordine dal capitolo generale riunito a Perpignano.
A Monaco B. riuscì a esercitare in talune occasioni una forte influenza sulla politica imperiale. Nel 1331 scoppiò una crisi nei rapporti con Ludovico il Bavaro che contro la volontà dei suoi consiglieri minoriti iniziò trattative con il papa. Tuttavia questo contrasto fu presto dimenticato, dato che Giovanni XXII si mostrò intransigente nei confronti dell'imperatore. Nella controversia per la collazione dell'arcivescovato di Magonza, B. intervenne nel 1332-33 con la redazione di alcuni pareri contro il candidato pontificio, abbozzando un'appellazione al futuro concilio in difesa di Baldovino di Lussemburgo, eletto dal capitolo del duomo.
Contro la dottrina pontificia sulla visione di Dio dopo la morte ("visio beatifica") egli stese il 10 apr. 1332 e nell'anno 1334 (prima del 15 giugno) due appellazioni al futuro concilio. L'ultima piacque tanto all'imperatore che se ne fece esemplare una copia. Sembra che B. abbia avuto parte nei tentativi intrapresi dal Bavaro nell'anno 1334 per convocare un concilio generale. In ogni caso egli fu incaricato dall'imperatore di compilare in questo senso una lettera al cardinale Napoleone Orsini. Alcuni anni dopo riuscì a B. di collaborare in modo persino determinante alla redazione della legge imperiale Fidem catholicam, che fu pubblicata per la prima volta il 18 maggio 1338 e proclamata solennemente nella dieta di Francoforte sul Meno del 6 ag. 1338, e ripubblicata di nuovo ancora due volte il 3 sett. 1338 e il 10 marzo 1340. In questa legge B. provò con il ricorso a tutta la sua vasta dottrina romanistica e canonistica che l'elezione del Bavaro a re dei Romani era stata pienamente legittima e che spettava al re, già solo in forza di questa elezione e prima dell'incoronazione imperiale, l'esercizio dei diritti imperiali ("electus in imperatorem"), dato che la dignità imperiale non derivava dal papa ma direttamente da Dio. La conferma pontificia dell'elezione a re dei Romani e l'incoronazione imperiale vennero degradate così da B. a pure formalità del cerimoniale. L'osservanza della procedura pontificia era proibita come crimine di lesa maestà. Nello stesso anno 1338 B. stese un parere sulla validità dei giuramenti prestati contro l'imperatore.
B. morì senza essersi riconciliato con la Chiesa il 19 giugno 1340 a Monaco e fu seppellito nell'abside dell'antica chiesa dei francescani. Due anni più tardi Michele da Cesena e nove anni dopo Guglielmo di Ockham furono sepolti al suo fianco.
L'influenza esercitata da B. sul pensiero giuridico del suo tempo non deve essere sottovalutata. I suoi scritti presentano spesso argomentazioni desunte dalla tradizione canonistica dei secoli precedenti giunta a lui attraverso la mediazione dottrinaria della Glossa ordinaria e delle opere dell'Ostiense (Enrico de Segusia). La veste semplificata e polemica che queste argomentazioni assunsero nell'opera di B. conferì loro una maggiore capacità di incidenza nella pubblicistica del tempo. Questa considerazione vale soprattutto per la dottrina del diritto di resistenza e dei poteri del concilio di fronte al papa. Il grande filosofo Guglielmo di Ockham dovette sicuramente molto, in sede giuridicopolitica, all'influenza di Bonagrazia. Mentre i suoi avversari lo definirono ironicamente come "princeps litigiorum" e papa Giovanni XXII lo insultò con l'appellativo di "Malagratia", altri contemporanei lo celebrarono come "almarium seu. scriniuni quasi tocius iuris" e come "iurisperitus expertissimus". Ancora un secolo dopo la sua morte il nome di B. con la qualifica di "doctor decretalium et magister legum" fu incluso nella lista dei più eminenti maestri della dottrina scolastica.
Vari scritti autografi di B. sono stati scoperti recentemente nella Bibl. Apostolica Vaticana nel cod. Vat. lat. 4009 (cfr. H.-J. Becker, Zwei unbekannte kanonistische Schriften des Bonagratia von Bergamo in cod. Vat. lat. 4009, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLVI [1966], pp. 219-276).
Elenchi delle opere di B. si trovano in L Oliger, in Archivum Franciscanum Historicum, XXII (1929), pp. 305-317, e in Repertorium fontium historiae medii aevi, II, Romae 1967, pp. 552-553. Oltre alle opere ivi elencate B. scrisse le altre seguenti: il parere Questiones proposite tales sunt del 1332 (cod. Vat. lat. 4009, cc. 174r-176v); il parere sulla validità del giuramento prestato a un eretico del 1333 circa (edizione: H.-J. Beker, pp. 263-276); il formulario per un'appellazione al futuro concilio contro il papa Giovanni XXII del 1333 (edizione: H.-J. Becker, pp. 255-263). Inoltre è sicuro che B. compilò i seguenti scritti: tre appellazioni di Michele da Cesena, Avignone 13 apr. 1328 (edizione: C. Eubel, Bullarium Franciscanum, V, Romae 1898, pp. 341-343), Pisa 18 sett. 1328 (edizione: E. Baluze-G. D. Mansi, Miscellanea novo ordine digesta, III, Lucae 1762, pp. 246-303) e Pisa 12 dic. 1328 (edizione: C. Eubel, ibid., pp. 410-425); appellazione per Baldovino di Lussemburgo dell'anno 1333 (edizione: H. V. Sauerland, Urkunden und Regesten zur Geschichte des Rheinlande aus dem Vaticanischen Archiv, II, Bonn 1903, n. 2179); lettera dell'imperatore Ludovico il Bavaro al collegio cardinalizio del 29 giugno 1334 (edizione: E. E. Stengel, Nova Alamanniae, I, Berlin 1921, pp. 181-182). È molto probabile che B. abbia collaborato in modo determinante alle seguenti opere anonime: parere sulla collazione dell'arcivescovato di Magonza del 1333 (edizione: E. E. Stengel, ibid., pp. 159-162); trattato Inferius describuntur articuli del 1338 (edizione: E. E. Stengel, ibid., pp. 390-401); trattato Inferius describuntur allegationes del 1338 (edizione: R. Scholz, Unbekannte kirchenpolitische Streitschriften aus der Zeit Ludwigs des Bayern, II, Rom 1914, pp. 417-431); trattato Noverint universi fideles christiani (edizione: R. Scholz., ibid., pp. 552-562); trattato Ut in composicione del 1331 (edizione: H. Foerster, in Miscellanea Francescana, XXXVII [1937], pp. 596-614). Il trattato Informatio de nullitate processuum del 1340 (edizione: W. Felten, Bonagratias Schrift zur Aufklärung über die Nich tigkeit der Prozesse Johanns XXII., in Trierisches Archiv, I [1898], pp. 63 ss.), attribuito a B., non dovette uscire invece dalla sua penna.
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