BELLUTI, Bonaventura
Nacque a Catania nel 1600 ed entrò giovanissimo nel convento catanese dei minori conventuali, dove iniziò i suoi studi di filosofia e di teologia. Il suo incontro con la problematica scotista avvenne probabilmente a Roma, dove fu studente nel collegio di S. Bonaventura, eretto da Sisto V nel convento romano dei XII Apostoli. Qui infatti il B. s'incontrò con un altro studente, il p. Bartolomeo Mastrio da Meldola, anch'egli fervente seguace dello scotismo, con il quale iniziò ben presto quella strettissima collaborazione destinata a prolungarsi per diversi anni. Terminati gli studi romani, i due conventuali furono infatti nominati reggenti degli studi prima al convento di Cesena, quindi a Perugia e poi a Padova (1638-1641). Durante questo periodo essi iniziarono quell'opera comune di rinnovamento della tradizione scotista e di adeguamento alle nuove condizioni della cultura religiosa del tempo che essi avevano già cominciato a proporsi negli anni di studio al collegio di S. Bonaventura.
Il primo frutto del loro lavoro fu la preparazione e la pubblicazione di un breve trattato di logica, le Institutiones logicae, quae vulgo Summulas, vel logicam parvam nuncuparunt, un testo che ci è pervenuto nell'edizione veneziana del 1646. Ma già durante il loro soggiorno perugino i due teologi componevano il primo volume di un corso completo di filosofia scolastica, pubblicato a Roma nel '37, col titolo: Disputationes in Aristotelis libros physicorum, quibus ab adversantibus... Scoti philosophia vindicatur.
Questo scritto, che essi intendevano divulgare nei collegi e nelle scuole francescane, si proponeva per prima cosa di richiamare gli studi filosofici dell'Ordine alla genuina conoscenza e ad una più esatta comprensione della filosofia scotista. Ma le Disputationes, che furono accolte con grande interesse non soltanto negli ambienti francescani, non nascondevano il proposito di difendere lo Scoto, sia dalle tradizionali critiche dei tomisti, sia dalle "contaminazioni" e interpretazioni arbitrarie cui la sua opera veniva sottoposta da parte di teologi di altri Ordini e di altre scuole, tra i quali gli stessi gesuiti.
Le Disputationes, che furono ristampate a Venezia nel 1644, furono presto seguite da un gruppo di scritti, composti in gran parte durante il periodo padovano, che completavano il corso sistematico di filosofia "secundum intentionem Scoti". Alle Disputationes in Organum Aristotelis quibus... Scoti logica vindicatur (Venezia 1639, 1646; Napoli 1660) si accompagnarono infatti le Disputationes in libros de coelo et de metheoris, le Disputationes in libros de generatione et corruptione (Venezia 1640, 1652, 1659) e le Disputationes in libros de anima (Venezia 1640, 1652, 1671), che sviluppavano e approfondivano il programma di rinnovamento scotistico perseguito dai due maestri conventuali. Questi testi, frutto della costante collaborazione tra il B. e il Mastrio, costituirono nel loro complesso il Cursus integer philosophiae ad mentem Scoti, pubblicato più tardi a Venezia nel 1678, 1688, 1708, 1727.
Il Cursus è un documento certo assai interessante della ripresa di quei motivi scotistici (la dottrina della haecceitas, i problemi di fisica e di cosmologia, il rapporto tra conoscenza e volontà) che riaffioravano nella cultura secentesca sotto la spinta di nuove esigenze e suggestioni filosofiche, religiose e scientifiche. Ma sarebbe inutile ricercarvi qualcosa di più di una lucida ed esatta esposizione delle dottrine del grande maestro francescano, condotta con particolare sagacia didattica e con un senso molto vivo e preciso del significato metafisico delle tesi scotiste. Costruito con la tecnica comune delle opere scolastiche, anche il Cursus non si distacca da quel tipo di letteratura filosofica che continuava a svolgersi nell'ambito delle istituzioni accademiche ecclesiastiche, senza un vitale rapporto con le correnti già dominanti della filosofia e della scienza moderna. Il che non toglie che specialmente gli scritti di logica dei due francescani rappresentino la continuazione e, in certi casi, un nuovo, originale sviluppo di quella tradizione dialettica dello scotismo già illustrata, in pieno Quattrocento, dal nome prestigioso dei Tatareto.
Nel 1641, terminato il triennio di reggenza a Padova, i due maestri si separarono. Il B. tornò a Catania, dove il 25 ott. 1645 fu eletto provinciale dei conventuali ed ebbe parte molto attiva nella vita ecclesiastica locale. Tra l'altro egli tenne a lungo la carica di consultore e censore per l'Inquisizione.
Gli uffici dell'Ordine e gli impegni del suo ministero non lo tennero però lontano dagli studi filosofici e teologici ai quali continuò ad attendere con costante sollecitudine. Secondo il piano di rinnovamento scotistico, elaborato del B. e dal Mastrio, all'illustrazione delle dottrine filosofiche dello Scoto avrebbe infatti dovuto seguire l'elaborazione di un completo corso di discipline teologiche.
Mentre il Mastrio si assunse il compito di svolgere il trattato De Deo in se, il B. continuò a preparare e, in parte, a svolgere il trattato De Deo homine. Di questo lavoro che occupò il teologo conventuale negli ultimi decenni della sua vita, l'unica parte pubblicata furono le Disputationes de Incarnatione dominica ad mentem Doctoris subtilis, stampate a Catania nel 1645. Ma sappiamo che lo stesso B. lavorò a lungo anche intorno ad un Tractatus de sacramentis tum in genere, tum in specie, di cui annunziò la pubblicazione, ma che in realtà non fu mai edito. Solo dopo la sua morte alcuni confratelli curarono l'edizione di un Liber moralium opuscolorum atque resolutionum miscellaneo apparatu digestorum, apparso a Catania nel 1679.
Il B., che morì a Catania il 18 maggio 1676, contribuì grandemente alla ripresa dello scotismo ed alla sua diffusione, anche al di fuori degli ambienti francescani: fu uno degli iniziatori di quella tradizione scotista che ebbe particolare fortuna nell'Italia meridionale e in Sicilia.
Bibl.: P. Mastrius de Meldola, Scotus et scotistae, Bellutius et Mastrius expurgati a quaerelis Ferchianis, Ferrara 1650; G. Franchini, Bibliosofia e memorie letterarie di scrittori francescani conventuali che hanno scritto dopo l'anno 1585, Modena 1693, p. 86; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, I, Panormi 1707, p. 112; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 710 s.; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci, Romae 1806, p. 173; V. Di Giovanni, Storia della filosofia in Sicilia dai tempi antichi al secolo XIX, I, Palermo 1872, p. 144; A. Bertoni, La vie du b. Jean Duns Scotus, Levanto 1917, pp. 519 ss.; D. Scaramuzzi, Il pensiero di Scoto nel Mezzogiorno d'Italia, Roma 1927, pp. 215 ss.; Dict. de Théol. cathol., II, p. 601; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VII, p. 942; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, IV, Oeniponte 1910, coll. 20-21.