CERTO, Bonaventura
Nato a Messina, frate minore conventuale, è noto per la sua attività di architetto a Trapani dal 1630 al 1646.
Non si hanno altre notizie al di fuori dell'attività trapanese, ma è molto probabile che egli avesse dato qualche saggio delle sue capacità già a Messina, città molto fervida di opere nel periodo a cavallo tra i due secoli. A detta del Benigno e del Di Ferro (1825) venne chiamato a Trapani nella prima metà del Seicento, al tempo del padre conventuale Giuseppe Napoli iunior (1585-1649), e vi costruì la chiesa di S. Lorenzo, poi divenuta cattedrale, la chiesa e il convento di S. Francesco, la chiesa di S. Giovanni Battista dei padri filippini - di cui oggi rimane soltanto il portale - che un atto notarile del 1º marzo 1645 documenta del C. per la ristrutturazione che egli si impegnava a fare della vecchia chiesa dopo il crollo della volta avvenuto nel 1641. Una recente attribuzione (Rotolo) infine vorrebbe del C. il rifacimento della chiesa di S. Francesco ad Alcamo, compiuto nel 1648 secondo schemi vicini al suo linguaggio architettonico.
Superata pertanto una vecchia tesi (Di Ferro, 1825), che collocava l'attività del C. dal 1660 in poi, più recenti valutazioni, suffragate da alcuni elementi documentari, consentono di collocare l'arco della sua attività nella prima metà del Seicento. Ciò sarebbe confermato infatti dal tenore di una lapide - sia pure non originale - che si trova all'interno della stessa chiesa di S. Francesco: "Templum hoc Deo et B. Francisco / dicatum ex humili in ampliorem / formam redactum anno Domini / MCCLXXII Ministro Generali Minorum Conventualium / Seraphico Doctore Divo Bonaventura. / Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinali et secundum hanc / augustissimam constructum / perfectumque die III Octobris / MDCXXXVIII architecto Patre / Bonaventura Certo a Messana"; e potrebbe essere anche dimostrato dalle caratteristiche di un linguaggio architettonico che si esprime secondo quei canoni in cui l'ordine viene adoperato con precisione, e un grande equilibrio regola l'uso degli elementi strutturali e decorativi, di chiara derivazione cinquecentesca, uso che, ancora attuale nel Trapanese nella prima metà del Seicento, viene superato nella seconda metà per unamaggiore adesione all'architettura protobarocca e barocca. Le opere del C., realizzate quindi con moduli classicheggianti nella simmetria ed euritmia delle parti, piacquero del resto agli storici ottocenteschi, che vi riscontravano le regole di una buona architettura. In una valutazione critica più recente, tuttavia, la personalità del padre francescano non può essere certamente definita tra quelle innovatrici del linguaggio architettonico barocco, quanto, piuttosto, può considerarsi come l'interprete di una corrente di transizione, che, rispondendo alle istanze controriformistiche, si riallacciava ad un linguaggio classico rinascimentale, realizzando vigorose concezioni strutturali.
Questo è quanto si evidenzia soprattutto nella chiesa di S. Lorenzo (del 1635 secondo il Mondello), concepita nella codificata pianta longitudinale a tre navate, divisa da colonne con archi a tutto sesto e cappelle laterali, di ferma e solida impostazione spaziale, in aderenza ad altre costruzioni religiose e civili che si realizzavano con schietta impostazione classicistica a Trapani e nella provincia. Spetterà poi a G. B. Amico, circa un secolo dopo, divenuta la chiesa insigne collegiata secolare, ultimare la costruzione dotandola del prospetto e dell'alta cupola e rielaborandola in parte senza tuttavia alterare il discorso sintattico del Certo.
L'interno prevalentemente classicista, che nella chiesa di S. Lorenzo si era espresso in forme tradizionali, viene in parte superato nella chiesa di S. Francesco, che il C. realizzò nel 1638, come denunzia la lapide. Qui, anche nella adozione di schemi vignoleschi, l'architetto ricerca un senso chiaroscurale più profondo e corposo, espresso nel movimento della massa muraria che alleggerisce il severo ordine tuscanico. La chiesa, la cui facciata fa corpo con la costruzione dell'attiguo convento ed è animata da robuste paraste tuscaniche, è ad un'unica nave con cappelle laterali, breve transetto e alta cupola.
L'organismo, abbastanza serrato negli elementi strutturali, è caratterizzato dall'avvicendarsi dei pieni e dei vuoti, le cui modulazioni chiaroscurali vengono definite dalla luce che penetra dalla cupola e dalle finestre al di sopra del cornicione. Con quest'opera, il C. mostra di aver assimilato il linguaggio manierista, contribuendo a creare nell'ambiente trapanese, ancora provinciale, le premesse delle affermazioni architettoniche più propriamente barocche. Quasi certamente il C. realizzò in parte anche la ristrutturazione del vecchio convento, oggi assai manomesso, e la costruzione del chiostro, dove si nota lo stesso ritmo serrato che impronta l'architettura della chiesa.
Non si sa fino a che punto il C. abbia potuto sopraintendere a questi lavori, ma doveva essere già morto nel 1662, quando gli venne dedicata la lapide commemorativa all'interno del convento, che riporta G. M. Di Ferro. Nel Museo Pepoli a Trapani si conserva un ritratto settecentesco del C. proveniente anche esso dal convento francescano.
Bibl.: Trapani, Bibl. Fardelliana, P. Benigno, Trapani sacra e profana [ms., 1810], p. 185; G. M. Di Ferro, Guida per gli stranieri in Trapani, Trapani 1825, pp. 229, 234; Id., Biografia degli uomini illustri trapanesi..., Trapani 1830, I, p. 27, s. v. G. B. Amico; F. Mondello, Breve guida artistica di Trapani, Trapani 1883, pp. 33, 36; M. Augugliaro, Guida di Trapani, Trapani 1914, pp. 99, 115; V. Scuderi, Architettura barocca nel Trapanese, in Sicilia, 1961, n. 30, p. 73; M. Serraiano, Trapani nella vita civile e relig., Trapani 1968, pp. 283, 296; V. Scuderi, Architettura ed architetti barocchi nel Trapanese, Trapani 1973, pp. 16, 22; F. Rotolo, La chiesa di S. Francesco d'Assisi in Trapani, Palermo 1975, pp. 21 ss.