MONACHI, Bonaventura
(Ventura). – Nacque a Firenze intorno al 1290 e ben presto si dedicò all’esercizio della professione notarile seguendo le orme del padre Monaco. Nel 1312 il M. doveva aver già conseguito la maggiore età: infatti, il 28 aprile risulta ricoprire l’ufficio di notaio della Gabella dei contratti. Il 21 giugno 1316 si iscrisse all’arte dei giudici e notai nel «popolo» di S. Pier Maggiore. Il 3 dic. 1326 fu eletto ufficiale al servizio del duca di Calabria, Carlo d’Angiò, notaio degli esattori delle prestanze, imposizioni e gabelle del Comune.
L’8 luglio 1328 il M. fu nominato sindaco per effettuare una missione a Venezia e svolgere altri incarichi; il 12 sett. 1329 fu nuovamente designato sindaco per il tempo massimo di un anno al fine di tutelare le immunità e le franchigie concesse ai Fiorentini in virtù della pace conclusa con Pisa. Dal 15 agosto al 14 ott. 1330 ricoprì l’ufficio di notaio della Signoria.
Il 12 marzo 1332 il M. si recò in qualità di ambasciatore a Pisa per sei giorni; ebbe ancora lo stesso mandato il 10 aprile per otto giorni, il 20 maggio, insieme con Talento Bucelli, Giovenco Cionetti, Naddo Bucelli, Francesco Magaldi, Bello Granaiuoli e Borgo Giachetti, ancora per otto giorni e, infine, il 21 luglio ancora per otto giorni. Sempre nel 1332, a partire dal 20 agosto, svolse un’importante missione a Ferrara per stipulare una lega insieme con gli Estensi, gli Scaligeri, i Visconti e con altre Signorie contro il re di Boemia. Il medesimo incarico gli fu rinnovato il 5 ottobre per dodici giorni, il 6 novembre per otto giorni e, infine, il 7 dicembre per altri trenta giorni.
Il 3 febbr. 1333 il M. fu incaricato di una missione in luoghi diversi per trenta giorni; dal 1° aprile effettuò un’ambasceria ad Avignone, presso il pontefice Giovanni XXII; dovette, tuttavia, prorogare la sua permanenza oltre il periodo previsto di due mesi. Il 31 genn. 1334 assunse l’incarico di notaio degli Approvatori e Correttori degli Statuti e Ordinamenti dei Comuni di Santa Croce e Castelfranco. Il 25 febbraio dello stesso anno svolse una missione in alcune località della Lombardia, e ancora ebbe il medesimo mandato il 9 giugno per trenta giorni. Il 30 dic. 1335 si recò per dieci giorni a Pisa e, ancora, vi ritornò il 10 apr. 1336 per nove giorni.
Dal 1° agosto al 30 nov. 1336 il M. esercitò l’ufficio di gonfaloniere di Compagnia per il sesto di Porta S. Piero, gonfalone Chiavi. Nel 1338 si immatricolò ancora nell’arte dei giudici e notai (le indicazioni del Marzi, a causa di un intervento di restauro del fondo Arte dei giudici e notai conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze, non sono più facilmente riscontrabili) e, nello stesso anno, fu consigliere all’interno della medesima arte. Il 28 maggio 1338 fu eletto sindaco e ambasciatore del Comune per risolvere una controversia con Bologna.
Il 19 genn. 1339 il M. presentò, insieme con i giudici Piero Velluti e Iacopo Marchi, una petizione alla Signoria, accolta dai Consigli, per la revisione dei conti relativi alle spese effettuate in una missione a Mantova e in altre località della Lombardia. Il 28 gennaio prese in consegna dai procuratori di Mastino e Alberto Della Scala, insieme con altri cittadini, Pescia e altri territori della Val di Nievole. Il 12 aprile espresse parere in merito a una petizione presentata nel Consiglio del capitano del Popolo con cui si richiedeva la costruzione di un tabernacolo nel palazzo di Orsanmichele. Il 16 settembre fu eletto sindaco fino al 31 marzo 1340 per assicurare i rifornimenti di grano a Firenze e nel dominio e il 22 ottobre fu estratto per ricoprire per tre mesi l’ufficio dei Dodici buonuomini di Pistoia.
Nel 1340 il M. si immatricolò nuovamente nell’arte dei giudici e notai e il 17 settembre assunse la carica di cancelliere e dettatore del Comune in sostituzione di Rinaldo Baldovini (che a sua volta era subentrato al fratello Chello) mantenendo l’ufficio, con il figlio Niccolò come coadiutore, pressoché ininterrottamente fino alla morte. Nel corso del suo lungo mandato la presenza del M. è continuativamente attestata nei registri ufficiali come partecipe e garante dell’attività giurisdizionale del Comune e negli atti riguardanti l’espletamento delle operazioni elettorali, in particolare per la composizione delle recate e lo svolgimento degli scrutini. Il prestigioso incarico, di cui proprio in quegli anni si andavano chiarendo e definendo le prerogative e le competenze, in virtù di una ritrovata autonomia di Firenze rispetto al periodo precedente caratterizzato da ingerenze politiche straniere, non impedì al M. di continuare ad assumere incarichi diplomatici e a ricoprire importanti uffici pubblici: nell’ottobre dello stesso 1340 vinse lo scrutinio per il priorato e il gonfalonierato di Compagnia per il quartiere S. Croce e il 12 novembre sottoscrisse l’atto di sottomissione a Firenze della Comunità di Poggio. Nel 1341 con una deliberazione fu stabilito che, in virtù del suo nuovo mandato come cancelliere, gli venisse corrisposto il medesimo salario di Chello Baldovini. Nel 1342, come membro degli Otto procuratori del Comune, trattò a Pisa la cessione di Lucca a Roberto d’Angiò; dal 1° aprile fu eletto per tre mesi gonfaloniere di Compagnia per il sesto di Porta S. Piero, gonfalone Chiavi, e il 10 giugno seguente la sua elezione a cancelliere, già approvata dai Signori e Collegi, venne ratificata nel Consigli.
Con l’avvento della signoria del duca di Atene, Gualtieri di Brienne, nell’agosto del 1342, e la costituzione di una Cancelleria ducale, l’ufficio di cancelliere e dettatore del Comune dovette essere abolito: l’ultima lettera trascritta nel registro n. 7 della serie delle Missive I Cancelleria è, infatti, datata al 21 ag. 1342, mentre il n. 8 riprende il 4 ag. 1343, cioè dopo la cacciata di Gualtieri. È possibile, tuttavia, che il M. e suo figlio siano rimasti, almeno nei primi tempi, in servizio nella nuova cancelleria come notai coadiutori. In molti atti ufficiali di questo periodo il M. appare infatti quale testimone, come, per esempio, il 21 dic. 1341, il 6 e 26 ottobre e l’8 dic. 1342, il 4 e 11 gennaio e il 2 febbr. 1343.
Il 1° ag. 1343 il duca di Atene rinunciò alla signoria di Firenze: l’atto fu rogato dal M. insieme con Folco di Antonio Bonsignori. La riconferma ufficiale dell’incarico del M. alla fine della signoria del Brienne è testimoniata già dal 4 ag. 1343 e i pagamenti effettuati al M. per questo ufficio sono registrati fino al dicembre 1347.
Ancora dal 1° novembre al 31 dic. 1343 ebbe la carica di notaio della Signoria per il quartiere S. Croce. Dal 15 giugno al 14 ag. 1344 fu dei Dodici buonuomini; nell’agosto dello stesso anno fu iscritto nelle recate per lo squittinio generale degli Uffici intrinseci; sempre nel 1344 vinse lo scrutinio come notaio per l’ufficio di superstite delle Stinche per il quartiere S. Croce. Il 2 ott. 1344 l’incarico di cancelliere fu riconfermato per un anno a partire dal 4 ag. 1345; il 4 novembre fu eletto notaio degli Ufficiali della Torre per quattro mesi ricominciando dal 1° genn. 1345. Il 27 dicembre seguente fu nuovamente prorogato il suo ufficio di cancelliere per due anni, a iniziare dal 4 ag. 1345. Il 27 febbr. 1346 fu eletto tra i Capitani di Orsanmichele per 4 mesi.
Il M. morì di peste a Firenze il 18 giugno 1348 e il giorno seguente, con cerimonia solenne a spese del Comune, fu sepolto nel chiostro della basilica di S. Croce dove è ancora visibile l’epitaffio apposto sulla tomba.
Tra i figli del M. vi fu Niccolò, anch’egli notaio, che ebbe un ruolo pubblico di rilievo, ricoprendo numerosi incarichi tra i quali vi fu, già a partire dal 1340, quello di coadiutore nell’ambito della Cancelleria insieme con il padre. Tale compito gli fu attribuito nuovamente nel 1343 quando la direzione dell’ufficio fu assunta dallo stesso M., al quale Niccolò subentrò come responsabile dopo la sua morte. Niccolò fu autore di un prezioso testo di Ricordanze, che contiene molte notizie sulla vita del M. e su quella dei suoi familiari; si sa, in particolare, che sposò intorno al 1350 una certa Dianora, morta il 25 ag. 1374, dalla quale nacquero Ventura, Antonio, Agnola e Lena. Ancora il M. ebbe Francesco, abate del monastero vallombrosano di Corvaria, che fu corrispondente di Francesco Petrarca, Filippo, canonico aretino e pievano di S. Bavello, Bartolomeo, lanaiolo nel convento di S. Martino e direttore di una importante compagnia commerciale, che pure si dedicò alla vita politica conseguendo diversi uffici, e quindi Margherita, Paola, Monaca e altri di cui non si hanno notizie precise.
L’attività di cancelliere della Repubblica fiorentina è testimoniata, fra l’altro, da un numeroso gruppo di lettere in latino e in volgare raccolte nei registri dell’Archivio di Stato di Firenze relativi al periodo del suo incarico: Signori. Missive 5-8 (anni 1340-44), mentre sono andati perduti quelli degli anni 1345-48: alle circa 500 missive in latino si aggiungono, infatti, solo 38 in volgare dal 1340 al 1344.
Questa produzione rientra nella normale elaborazione cancelleresca fiorentina anteriore alla metà del secolo XIV e spiega i rapporti del Comune con le altre città della Toscana e, più in generale, con gli altri centri politici in Italia e all'estero. Si tratta di testi di legazioni e di ambascerie, di istruzioni e missive agli ambasciatori fiorentini che, pur nella notevole diversità delle situazioni che li hanno determinati, mostrano il ruolo di Firenze, che stava assumendo una rilevanza crescente in rapporto all’ampliarsi dei suoi rapporti politici e commerciali destinati a espandersi e a stabilizzarsi sempre più nel corso della seconda metà del secolo XIV. In questo carteggio è possibile anche rilevare, nel complesso, una certa efficacia della prosa che non si limita a ricercatezze retoriche ma si caratterizza per la densità delle frasi e anche una non trascurabile purezza lessicale e linguistica, evidente nelle lettere in volgare che, insieme con quelle in latino, rappresentano un importante esempio di stile cancelleresco: in particolare della Cancelleria di una città che tende ad acquisire sempre più decisa configurazione anche sotto questo specifico aspetto e che, negli ultimi decenni del Trecento, si identificherà col cancellierato di Coluccio Salutati fortemente innovativo pure per quanto concerne la registrazione e la conservazione delle carte.
Tematiche di carattere politico sono presenti ancora nella produzione poetica del M., che comprende 22 sonetti anche «rinterzati», alcuni dei quali – trasmessi, tra gli altri, nei manoscritti fiorentini 40. 46, 42. 49, 90. 49 della Biblioteca Medicea Laurenziana; nei codici Magl., VII.1009; Panciat., 38; Landau Finaly, 89 della Biblioteca nazionale centrale; 1093 e 1094 della Biblioteca Riccardiana; e D.V.5 della Biblioteca Casanatense di Roma – sono stati nel tempo attribuiti a autori diversi, da Cino da Pistoia a Cecco d’Ascoli, da Matteo Frescobaldi a Dante Alighieri.
I sonetti politici, fra cui uno a Roberto d’Angiò, re di Napoli, e a Mastino Della Scala, signore di Verona, riflettono avvenimenti contingenti che coinvolgono la politica di Firenze e, più personalmente, la posizione del cancelliere, che così dimostra un’ulteriore sensibilità per le vicende cittadine, come anche spiega il sonetto scritto ad ammaestramento di un rettore dello Stato, presumibilmente un priore che entrava in carica, e inciso su una parete all’interno del palazzo della Signoria secondo una consuetudine che sarebbe poi durata nel tempo.
A loro volta i sonetti satirici, tra i quali tre sono di Giovanni Frescobaldi in risposta ad altrettanti del M., si distinguono per l’immediatezza e la prontezza di un ingegno capace di dare una spiritosa rappresentazione o interpretazione di una realtà quotidiana altrimenti monotona, come testimoniano, per esempio, i versi in cui si lamenta di alcune abitudini dei Veneziani – e critica anche l’acqua di Venezia non chiara e pulita come quella del Tevere a Roma – e del loro modo di raccontare la storia che non sempre dipendente dalla verità dei fatti, mentre i sonetti di carattere amoroso sono di ascendenza dantesca e stilnovistica. A queste poesie si aggiunge un altro gruppo di cinque sonetti determinato da una tenzone con un altro poeta, ser Gaudio, autore di altrettanti sonetti, in cui si discute dei cinque sensi dell’uomo.
Per le edizioni delle lettere e delle poesie: Rime e lettere di ser Ventura Monaci, a cura di E. Monaci, Bologna 1879; A. Mabellini, Monachi rimatore fiorentino del secolo XIV, in Rivista europea, XXIV (1881), pp. 730-743; Lettere dettate in volgare da ser Ventura Monachi come cancelliere della Repubblica fiorentina (1341-1344), a cura di D. Marzi, Firenze 1894; Sonetti editi e inediti di ser Ventura Monachi rimatore fiorentino del secolo XIV, a cura di A. Mabellini, Torino-Roma-Milano-Firenze-Napoli 1903; Poeti minori del trecento, a cura di N. Sapegno, Milano-Napoli 1952, pp. 23-26.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Magl., 1312 apr. 28; Arte dei giudici e notai, 6, c. 36v; Provvisioni, 23, c. 36v; 26, c. 85v; 29, cc. 41v-42r, 91, 96v-97r, 123v-124; 32, c. 23r; Libri fabarum, 13, c. 130v; 14, c. 28v; 17, cc. 30v, 114, 163r; 19, c. 192; 21, c. 98v; Priorista di Palazzo, cc. 52v, 70v, 86r, 89r; Capitoli del Comune di Firenze, 16, c. 222v; 22, cc. 115r-117r; 34, c. 286; 39, cc. 17, 22v-23r, 28v, 38v, 43r, 50r, 53v, 57v, 66r, 73v, 114v, 117v, 136v, 221r, 239v; Arte dei giudici e notai, 6, c. 31v; 21, cc. 1, 7v; Carte strozziane, Serie II, 2; Tratte, 290, c. 6v; 291, c. 62; 342, cc. 4r, 7v; 344, c. 6v; 593, c. 5r; 741, cc. 22v, 29r; 742, c. 4r; Balie, 2, cc. 5v, 8v, 19v, 28v, 29v, 31r, 36r; Camera del Comune, Camerlenghi, uscita, 1, c. 14r; Manoscritti, 624, pp. 311 s., 360, 430; Signori, Missive 5-8; C. Salutati, Epistolario, I, Roma 1891, pp. 29-31, 203, 244 s.; D. Marzi, La Cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 71, 77-82, 91 s., 95, 100, 105, 113, 409, 422, 488, 514, 623, 656; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 518; G.M. Crescimbeni, Commentari alla storia della volgar poesia, III, 2, Venezia 1730, p. 156; I. di San Luigi, Delizie degli eruditi toscani, XII, Firenze 1779, pp. 120, 208; XIII, ibid. 1780, p. 17; S. Morpurgo, Un affresco perduto di Giotto nel palazzo del podestà di Firenze, Firenze 1897, pp. 12 s.; C. Paoli, La Signoria di Gualtieri duca d’Atene in Firenze, in Giornale storico degli archivi toscani, VI (1862), pp. 172, 253; G. Volpi, Il Trecento, Milano 1900, p. 5; Mostra di codici romanzi nelle biblioteche fiorentine, Firenze 1957, pp. 152, 186; N. Sapegno, Storia letteraria del Trecento, Milano-Napoli 1963, p. 366; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1966, p. 54; G. Petrocchi, Cultura e poesia del Trecento, in Storia della letteratura italiana, dir. da E. Cecchi - N. Sapegno, II, Milano 1965, p. 686; C. Piana, Identificato un anonimo corrispondente del Petrarca: l’«Abbas Corvarie Bononiensis», in Italia medioevale e umanistica, XX (1977), pp. 353 s.; Il notaio nella civiltà fiorentina. Secoli XIII-XVI, Firenze 1984, pp. 56, 68, 73, 119 s., 250; Archivio delle Tratte, a cura di P. Viti - R.M. Zaccaria, Roma 1989, pp. 208 s.; I Consigli della Repubblica fiorentina. Libri fabarum XVII (1338-1340), a cura di F. Klein, Roma 1995, pp. 59, 36, 178, 279 s., 303; I Consigli della Repubblica fiorentina. Libri fabarum XIII e XIV (1326-1331), a cura di L. De Angelis, ibid. 2000, pp. 179, 288.