PISTOFILO, Bonaventura
PISTOFILO, Bonaventura (Ventura). – Nacque a Pontremoli tra il 1465 e il 1470 da Giovanni Antonio Zambati. Adottò il cognome Pistofilo (amante della fedeltà) traducendo in greco le armi dello stemma familiare (due destre congiunte).
Completò la sua formazione all’Università di Ferrara, dove si trasferì verso il 1485 per studiare eloquenza, filosofia e diritto, disciplina quest’ultima nella quale conseguì la laurea. Fu allievo di Niccolò da Lonigi (Leoniceno), come attestato dall’epitaffio che Pistofilo scelse per ornare il monumento funebre eretto nella chiesa di S. Domenico a Ferrara in onore del suo antico maestro, scomparso nel 1524 (Archivio di Stato di Mantova, Corrispondenza Estera, vol. XXXI, b. 3). Durante gli anni ferraresi strinse amicizia con Ercole Strozzi e, per suo tramite, con il padre, il poeta Tito Vespasiano, che, tra le altre cose, gli dedicò la sua quarta Satira in latino, lodandone la dottrina e le qualità morali (Strozii poetae pater et filius, Venezia 1513, pp. 142-146).
Nel 1502 sposò Margherita Strozzi, da cui ebbe sicuramente una figlia. L’anno seguente compì un lungo viaggio al di fuori dei domini estensi grazie a un salvacondotto firmato dal duca Ercole I, a conferma di una familiarità con la corte ferrarese già consolidata e, con tutta probabilità, favorita dai rapporti con la potente famiglia Strozzi. Nel 1505 divenne cancelliere di Tito Strozzi, che ricopriva allora la carica di giudice dei savi, la più importante magistratura cittadina. Nel 1510 fu nominato segretario e cancelliere di Alfonso I, incarico che gli permise di mettere in luce le sue doti politiche e diplomatiche in occasione delle prolungate contese tra gli Este e lo Stato della Chiesa per il possesso di Modena e Reggio. L’intervento di Pistofilo fu decisivo nel 1512, quando papa Giulio II cercò di allearsi con gli spagnoli per impadronirsi di Ferrara. Egli riuscì infatti a precedere l’inviato papale Bernardo Dovizi da Bibbiena e a convincere il viceré di Napoli Raimondo Cardona a non appoggiare il progetto del pontefice. Nell’agosto dello stesso anno Pistofilo fu inoltre testimone degli eventi che precedettero il ritorno dei Medici a Firenze, tra cui il terribile sacco di Prato.
Nonostante i ripetuti tentativi di Giulio II, gli Este mantennero rapporti amichevoli con il viceré Cardona, anche grazie al costante impegno di Pistofilo («ho negoziato spesse volte con detto don Raimondo», Cappelli, 1865, p. 512). Le tensioni con Roma non migliorarono con l’elezione di papa Leone X (1513) il quale, «essendo cardinale aveva così ben dissimulato, che era creduto mezzo santo e riuscì poi tutt’il contrario», poiché «promise molto, osservò poco», come notava Pistofilo (ibid.). A dispetto delle rassicurazioni iniziali, infatti, il papa non soltanto non restituì Modena al duca Alfonso, ma cercò di conquistare anche Ferrara confidando nell’aiuto del re di Francia Francesco I. Per scongiurare tale eventualità, nel 1516 Pistofilo si recò ad Amboise presso la corte francese, ottenendo un altro importante successo diplomatico. Nel 1518 era nuovamente a Parigi, al seguito del duca; le lettere indirizzate alla moglie di quest’ultimo, Lucrezia Borgia, costituiscono un vivace resoconto del viaggio che da Ferrara li aveva condotti nel Monferrato, dove avevano omaggiato la vedova del marchese, fino all’arrivo alla corte francese (ibid., pp. 563-565). Recuperate Reggio (1523) e Modena (1527), nel 1530 il duca Alfonso fu infine indotto da Carlo V a concludere un accordo con Clemente VII, al quale presenziò anche Pistofilo, che aveva accompagnato il duca a Bologna per assistere all’incoronazione di Carlo V.
Pistofilo attese al suo incarico di segretario fino alla morte, avvenuta il 15 ottobre 1533; fu sepolto a Ferrara nella chiesa di S. Paolo sopra la porta della sagrestia in un’arca di marmo commissionata dalla moglie e dagli eredi che andò distrutta nel terremoto del 1870.
Fu amico di letterati e poeti, fra cui Ludovico Ariosto, a favore del quale firmò il provvedimento del 23 aprile 1518 che avrebbe incluso il poeta nella cerchia dei personaggi stipendiati dal duca. Oltre che dai comuni interessi letterari, l’amicizia tra Pistofilo e Ariosto fu favorita dalla lunga relazione tra quest’ultimo e Alessandra Benucci, vedova di Tito Strozzi. Nella Satira VII (1524), a lui dedicata, Ariosto lo ringraziò della proposta di recarsi a Roma come ambasciatore di Clemente VII («Io te ne rengratio prima, che più fresco / sia sempre il tuo desir in esaltarmi / e far di bue mi vogli un barbaresco [cavallo pregiato]»; Ariosto, 1954, p. 572). Nonostante il desiderio di lasciare la Garfagnana e gli onori che sarebbero derivati dall’incarico, Ariosto rifiutò l’offerta, poiché il suo unico desiderio era di tornare a Ferrara («S’io ti fossi vicin, forse la mazza / per bastonarmi piglieresti, tosto / ch’udissi allegar che ragion pazza / non mi lasci da voi viver discosto»; ibid., p. 579). Altra testimonianza di questo solido legame è costituita dall’epistolario di Ariosto che, tra il 1522 e il 1524, si rivolse più volte a Pistofilo per risolvere alcune incombenze derivanti dal suo incarico di amministratore in Garfagnana. Una volta rientrato a Ferrara (1525), continuò ad avere rapporti con Pistofilo per alcune questioni amministrative legate alla famiglia Strozzi. Ma l’omaggio più noto a questa lunga amicizia è rintracciabile nella celebre galleria di letterati e umanisti inserita nell’ultimo canto dell’Orlando furioso: «Ecco il dotto, il fedele, il diligente/ secretario Pistofilo, ch’insieme / cogl’Acciaiuoli e con l’Angiar mio sente / piacer» (Ariosto, 1982, p. 1211, canto XLVI, ott. 18).
Pistofilo fu molto legato, fra gli altri, all’umanista ferrarese Celio Calcagnini, che nel 1525 gli dedicò il trattato astronomico Quod coelum stet et terra moveatur (in cui teorizzò il moto giornaliero della Terra) e il De libero animi motu, una sorta di compendio filosofico modellato sul De libero arbitrio di Erasmo da Rotterdam. Proprio Pistofilo, del resto, aveva regalato all’amico una copia dello scritto erasmiano all’indomani della sua pubblicazione, dopo averlo ricevuto a sua volta dal segretario del cardinale Lorenzo Campeggi, Floriano Montini, il quale conosceva l’ammirazione di Pistofilo per Erasmo. Questi elementi, così come l’indicazione circa l’esistenza di uno scritto di Pistofilo intitolato La passione di Christo in terza rima (G. Baruffaldi, Dissertatio de poetis ferrariensibus, Ferrara 1698, p. 33), che risulta perduto, non consentono tuttavia di approfondirne il profilo spirituale.
Coltivò l’attività poetica lungo tutto l’arco della sua vita, come attestato dai numerosi sonetti di ispirazione petrarchesca conservati manoscritti presso la Biblioteca comunale di Ferrara (Antonelli, 1884, pp. 46-48, 210); soltanto due furono editi nelle Rime scelte de’ poeti ferraresi (a cura di G. Baruffaldi, Ferrara, 1713, pp. 67 s.). Benché Calcagnini abbia lodato il talento poetico dell’amico («Musarum decus atque spes bonorum», cfr. Cappelli, 1865, p. 482), più equilibrato è il giudizio di Lilio Gregorio Giraldi, che nel suo dialogo De poetis suorum temporum lo annovera tra i poeti di minor valore, pur riconoscendone le doti di attento amministratore e fido segretario (L. Gregorio Giraldi, Opera, II, Leida 1695, p. 565). Si conservano inoltre due brevi cronache degli avvenimenti sopra ricordati, La presa dell’armata de’ Venetiani e La presa di Bastia (Antonelli, 1884, pp. 46-48, 210). Tuttavia, l’opera più importante è la Vita di Alfonso I, di cui l’autore intendeva scrivere una versione latina e una volgare; terminò soltanto quest’ultima, di cui non restano manoscritti autografi. Concepito per esaltare l’operato politico del duca Alfonso, questo scritto ne celebra le virtù morali nel complesso contesto politico italiano ed europeo tra il 1505 e il 1533, offrendo dettagli utili a una ricostruzione minuziosa di episodi e aneddoti inediti.
Merita infine ricordare che l’umanista Scipione Balbi gli dedicò il suo poemetto sulla villa estense del Belriguardo Pulcher visus locus illustrissimi ducis Ferrariae. Pistofilo fu inoltre un appassionato collezionista di monete antiche, come ricorda lo stesso Calcagnini (Epistolicarum quaestionum et epistolarum familiarum libri, in Calcagnini, 1544, p. 207); nel corso degli anni raccolse libri e manoscritti in una ricca biblioteca che lasciò per testamento all’amico Bartolomeo Ferrini.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Fondo Urbinate, Cl. I, F.265; Archivio di Stato di Mantova, Corrispondenza estera, voll. XV.3 (1519); XXVIII.3 (1515); XXXI.3 (1514-33); XXXII.3 (1515; 1518); XLI.3 (1513-15); XLIX.3 (1512; 1515); LV.3 (1512); LXI.1 (1520-22); Archivio di Stato di Modena, Archivio Segreto Estense, Cancelleria ducale, Particolari, b. 6; ibid., Cancelleria ducale, vol. 1008; Carteggio tra principi estensi, Lettere di Lucrezia Borgia, b. 141; Ferrara, Biblioteca comunale, Mss., I.68, cc. n.n.; I.70, cc. n.n; I,437, cc. 69, 88; Strozii poetae pater et filius, Venezia 1513, pp. 142-146; C. Calcagnini, Epistolicarum quaestionum et epistolarum familiarum libri, in Id., Opera aliquot, Basilea 1544, pp. 114 s., 207, passim.
A. Maresti, Raccolta delle armi antiche e moderne de’ nobili ferraresi, Ferrara 1695, ad ind.; P. Bembo, Opere, III, Venezia 1729, p. 224; L.A. Muratori, Delle antichità estensi e italiane, II, Modena 1740, pp. 314, 330; L. Ughi, Dizionario storico degli uomini ferraresi, Ferrara 1804, pp. 114 s.; A. Cappelli, La vita di Alfonso I d’Este, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le province modenesi e parmensi, III (1865), pp. 489-566; G. Antonelli, Indice dei manoscritti della civica biblioteca di Ferrara, Ferrara 1884, pp. 46-48; 210; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Ginevra 1930-31, pp. 150, 476-477; G. Mercati, Codici latini Pico-Grimaldi-Pio e di altra biblioteca ignota esistenti nell’Ottoboniana, Città del Vaticano 1938, p. 202; L. Ariosto, Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli 1954, pp. 572-579; W.L. Gundersheimer, The style of the Renaissance dispotism, Princeton 1970, ad ind.; C. Segre, Semiotica filologica. Testo e modelli culturali, Torino 1979, p. 118; L. Ariosto, Orlando furioso, a cura di C. Segre, Milano 1982, p. 1211; Id., Satire, Erbolato, Lettere, in Tutte le opere, a cura di C. Segre, III, Milano 1984, ad ind.; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino 1990, p. 96; F. Missere Fontana, Raccolte numismatiche e scambi antiquari del Cinquecento. Gli Stati estensi, in Atti e memorie dell’Accademia nazionale di Scienze lettere e arti di Modena, s. 7, XI (1993-94), pp. 215, 217; Contemporaries of Erasmus: a biographical register of the Renaissance and Reformation, III, Toronto 2003, p. 95.