TECCHI, Bonaventura
– Nacque l’11 febbraio 1896, da Giovanni e Michelina Benedetti, a Bagnoregio (Viterbo), dove trascorse gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza e ricevette un’educazione austera, di rigida osservanza cattolica.
Scrittore, saggista, critico ed esperto germanista dall’ampia e salda formazione culturale e intellettuale, si laureò in lettere all’Università di Roma nel 1920, discutendo una tesi su Ugo Foscolo (poi pubblicata con il titolo Il dramma di Foscolo per le Edizioni di Solaria, Firenze 1927). Dei maestri avuti negli anni universitari – da Vittorio Rossi a Cesare De Lollis – uno in particolare segnò la formazione del giovane Tecchi, Giulio Salvadori, il quale rappresentò un esempio soprattutto per il modo di vivere la religiosità come «totale orientamento di vita» (De Tommaso, 1971, p. 15). Il primo «librettuccio» (così citato in Il senso degli altri, Milano 1968, pp. 218 s.), pubblicato nell’ultimo anno di liceo, è intitolato Catullo (1914), anche se si tratta della prova ancora acerba di un giovanissimo Tecchi.
Durante la prima guerra mondiale fu volontario nel 226° reggimento di fanteria della brigata Arezzo e decorato al valore militare. Nel 1917, nella battaglia di Caporetto, dopo aver riportato una grave ferita al braccio, fu fatto prigioniero, trascorse un periodo nell’ospedale di Rastatt e venne poi internato nel campo per ufficiali di Cellelager, nei pressi di Hannover, dove conobbe Ugo Betti, Carlo Emilio Gadda e Camillo Corsanego. Da questa esperienza nacque il libro Baracca 15C pubblicato diversi anni più tardi (Milano 1961).
In seguito, Tecchi divenne per Gadda una sorta di mediatore, per esempio con il gruppo di Solaria, e non a caso lui stesso fu tra i finanziatori del primo libro di Gadda, La Madonna dei filosofi. Nonostante questo, come testimoniano le descrizioni reciproche, presenti in Baracca 15C e nelle Note autobiografiche gaddiane, il rapporto fra i due non fu sempre semplice, soprattutto per le diverse scelte artistiche che inevitabilmente resero più complessa l’iniziale conoscenza.
Anche in Vigilia di guerra. 1940 (Milano 1946) tornano l’esperienza della guerra – narrata con un «singolare, classico equilibrio» (Sicari, 1974, p. 15) – e le note relative a un’altra illustre amicizia, quella con Giani Stuparich.
Negli anni Venti Tecchi divenne attivo collaboratore di Solaria, fino alla rottura nel 1932: questo periodo fu connotato dal tentativo di contribuire al passaggio dalla prosa d’arte a una narrativa più complessa e progressivamente più vicina al romanzo. Direttore del Gabinetto Vieusseux dal febbraio del 1925 (in sostituzione del critico d’arte Arturo Jahn Rusconi) al 1929, ruolo che ricoprì con grande dedizione, diede avvio alla riorganizzazione della biblioteca e alla pubblicazione trimestrale di un importante organo d’informazione, il Bollettino delle pubblicazioni italiane e straniere e alla ristampa del Catalogo generale italiano. Successivamente, fu lettore dal 1933 al 1937 presso le Università di Brno e Bratislava. Nel 1939 divenne professore di lingua e letteratura tedesca dapprima all’Università di Padova e poi a Roma, dove fu anche direttore dell’Istituto italiano di studi germanici e della rivista Studi germanici. Fu inoltre membro dell’Accademia tedesca per la lingua e letteratura di Darmstadt e dell’Accademia di belle arti di Monaco; collaborò per molti anni alla Gazzetta del popolo e, dal 1945, al Corriere della sera, dove pubblicò corrispondenze da numerosi Paesi (tra cui Danimarca, Svezia, Germania, Austria). Nonostante i numerosi viaggi – a Berlino nel 1922, in Svizzera nel 1924 – fece sempre ritorno a Bagnoregio, terra natia ma anche paesaggio di riferimento per molte delle sue opere. Ebbe un’intensa attività saggistica, determinata in gran parte dai suoi studi di germanistica, e fu fine traduttore dal tedesco.
A questo ambito appartengono opere come Wackenroder (Firenze 1927), Maestri ed amici (Pescara 1934), Scrittori tedeschi del Novecento (Firenze 1941; nuova ed., Milano 1944), Carossa (Napoli 1947), Sette liriche di Goethe (Bari 1949), L’arte di Thomas Mann (Torino 1956), Officina segreta (Caltanissetta-Roma 1957), Teatro tedesco dell’età romantica (Torino 1957), Romantici tedeschi (Milano-Napoli 1959), Mörike (Caltanissetta-Roma 1962), Le fiabe di E.T.A. Hoffmann (Firenze 1962), Svevia, terra di poeti (Caltanissetta-Roma 1964), Goethe scrittore di fiabe (Torino 1966), Goethe in Italia (Vicenza 1967), Giulio Salvadori. Ricordi di un vecchio scolaro (Viterbo 1968), Il senso degli altri (postumo, Milano 1968), Svevi minori (postumo, Caltanissetta-Roma 1975). Si segnalano, in particolare, i contributi su Luigi Pirandello, E.T.A. Hoffmann e Johann Wolfgang von Goethe.
Se la sua prima formazione fu essenzialmente romantica – decisiva la lettura delle Lezioni sul Romanticismo di Arturo Farinelli e dei testi di Wilhelm Heinrich Wackenroder –, in seguito tali riferimenti si unirono anche ad altre suggestioni di stampo europeo provenienti soprattutto dal gruppo di Solaria.
Nei primi racconti, dal titolo Il nome sulla sabbia (Milano 1924), un deciso gusto di sapore romantico si coniuga con le diverse anime del decadentismo europeo e con un classicismo problematico e inquieto che all’attenzione per la psicologia aggiunge la ricerca della chiarezza espressiva. Scrittore metodico e prolifico, nei racconti Tecchi ricorre a una scrittura vicina in parte alla prosa d’arte, ma arricchita da una tensione costante tra autobiografismo e psicologismo, tra ispirazione cristiana e riflessioni etico-morali.
La sua scrittura può dirsi connotata dalla cura della caratterizzazione psicologica dei personaggi, dalla sensualità e dal fascino romantico-decadente delle figure femminili, da una costante componente autobiografica e dall’attenzione al paesaggio (ricorrono riferimenti alla Valle dei Calanchi, detti gli scrimi, il tufo e le crete e in generale tutte le forme del territorio viterbese). «La terra, per Tecchi, è un’idea forza, l’origine di una serie di valori morali, di un rapporto sacro» (Sicari, 1974, p. 14). Per trovare un inquadramento organico della sua opera fu necessario attendere i saggi di Eurialo De Michelis e di Eugenio Montale, risalenti agli anni Trenta.
Nel 1928 pubblicò Il vento tra le case (Torino), racconti nei quali forte è il richiamo all’autobiografismo così come l’attenzione alla realtà. Numerosi i personaggi femminili di cui si ripercorre la vita per frammenti, secondo una tecnica propria del Bildungsroman, che lo scrittore sperimentò dando prova di grande abilità nell’arte del ritratto. Dopo Tre storie d’amore (Milano 1931) e I Villatauri (Milano 1935), nel 1936 seguì la raccolta di racconti e fantasie, La signora Ernestina (Milano 1936).
I Diari costituiscono una parte importante della sua produzione più legata all’autobiografismo: oltre a Vigilia di guerra. 1940, si ricordano Un’estate in campagna. (Diario 1943) (Firenze 1945), Le due voci (Roma 1956) e il già citato Baracca 15C, in cui Tecchi diede prova di grande attenzione alla realtà, di una religiosità inquieta e di un’apertura sociale che trova seguito nelle opere successive. Lo schema dell’idillio ricorre in Idilli moravi (Milano 1939), La vedova timida (Roma 1942) e Luna a ponente (Firenze 1955), anche se combinato con altri elementi e tendenze: «nell’individualismo esasperato, nella chiusura, nella prigione del proprio io, nell’egoismo, Tecchi [...] vede i tratti salienti della malattia del nostro tempo» (De Tommaso, 1971, p. 32). Così in Storie di bestie (Milano 1957) e in Storie d’alberi e di fiori (Milano 1963) i modi della favola e dell’apologo incontrano il gusto autobiografico, accogliendo al loro interno anche conclusioni di carattere morale.
In Tre storie d’amore, pubblicato presso Treves nel 1931, i racconti descrivono tre diversi momenti: dal tono tragico de I gatti a quello idillico ed elegiaco di Amalia al grottesco de I grassi, vicini in parte ad alcune opere di Aldo Palazzeschi. La gran parte della critica è stata concorde nell’indicare ne I Villatauri (1935, poi riedito nel 1960 da Mondadori in una nuova versione) l’inizio della stagione più significativa per lo scrittore, legata al dibattito sul romanzo italiano in rapporto a quello europeo e americano. Qui la struttura di più ampio respiro – la vicenda di forte richiamo verghiano della famiglia dei Villatauri in decadenza che si risolleva grazie all’ultimo discendente, Guido – non esclude l’attenzione alla ricostruzione della realtà storica.
Nel 1945 pubblicò L’isola appassionata (Roma), libro di forte ascendenza goethiana, nato dall’esperienza dello scrittore in qualità di addetto alla censura delle lettere dei militari in Sicilia; l’opera, ricca di figure femminili che per amore o per errore si ritrovano in situazioni ambigue, narra l’inquietante confine tra il bene e il male, tra l’ordine e la rovina. Il tema del male fu, infatti, uno dei poli costanti della produzione successiva, dai racconti di La presenza del male (Milano 1948, ma 1947) a quelli del citato Il senso degli altri al romanzo Giovani amici (Milano 1940; rist. nel 1960 presso Bompiani) fino a quello più noto, Gli egoisti (Milano 1959), insignito dei premi Bancarella e Bagutta d’argento e che segnò, secondo la maggior parte della critica, una svolta tematica in senso individualistico – secondo modelli ottocenteschi tra cui, in particolare, Antonio Fogazzaro – rispetto al neorealismo dominante nel periodo postbellico.
In Giovani amici, che rappresenta una svolta decisiva nella produzione tecchiana, si trova anche il tema della fanciullezza, declinato secondo i modelli di Alessandro Manzoni e François Mauriac, in una versione nutrita di diverse suggestioni. La lezione di Goethe, così importante per lo studioso, fu riferimento costante anche per la narrativa.
Valentina Velier (Milano 1950), romanzo apparso contemporaneamente ai racconti di Creature sole (Catania 1950), si può definire «la prima grande opera cristiana di Tecchi» (Sicari, 1974, p. 80), nella quale un altro personaggio femminile di grande peso e che in parte riprende alcuni dei tratti di Amalia, attraversa una fase di crisi spirituale per poi ritrovare la fede. Questa seconda stagione della produzione tecchiana rappresenta la fase più matura dell’opera dello scrittore: se, infatti, ne I Villatauri e in Giovani amici la contrapposizione dei caratteri e le preoccupazioni di ordine etico affaticavano in qualche modo la narrazione, qui da Valentina Velier a Gli onesti e soprattutto con Gli egoisti «il messaggio di fondo, inequivocabilmente chiaro, pur senza forzature, si combina con un fine tratteggio, eseguito in punta di penna, delle figure dei protagonisti» (Belski, 2003, p. 13). Gli onesti (Milano 1965), romanzo definito dalla critica ‘a tesi’ scritto nel biennio 1957-58, è l’ultimo lavoro di Tecchi pubblicato quando era ancora in vita. Vi si narra la storia di due fratelli, Filippo e Renzo Ippoliti, divisi da caratteri antitetici e da un modo completamente opposto di vedere il male, tematica già presente nell’opera dello scrittore che qui trova un’altra, ulteriore declinazione.
Nel 1952 fu tra i fondatori del Centro di studi bonaventuriani, di cui fu presidente fino alla morte (carica poi ricoperta dalla nipote, Michelina Tecchi) e, negli anni Sessanta, fu nominato socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei (1963) e presidente della IX Quadriennale nazionale d’arte di Roma (1965).
Ai racconti di Tempesta e sereno (Milano 1966) e agli scritti di Antica terra (Torino 1967), fecero seguito, postumi, gli scritti saggistici raccolti in Il senso degli altri e il romanzo La terra abbandonata (Milano 1970), dove emerge il contrasto tra mondo contadino e nuova civiltà tecnologica; in anni successivi uscirono anche Resistenza dei sogni (Bologna 1977), che raccoglie racconti scritti e pubblicati tra il 1962 e il 1968, e il romanzo Tarda estate (Milano 1980).
Morì a Roma, in seguito a un intervento chirurgico, il 30 marzo 1968.
Fonti e Bibl.: Per le opere di Tecchi si rinvia al volume Opere di B. T., edito nei Classici Bompiani, con prefazione di A. Bocelli (Milano 1974). Le carte e la biblioteca dello scrittore si conservano a Bagnoregio, presso gli eredi, in archivio privato. Fra i carteggi a stampa, si vedano: C.E. Gadda, A un amico fraterno: lettere a B. T., a cura di M. Carlino, Milano 1984; B. Tecchi - M. Valgimigli, Epistolario, a cura di S. Marini - A. Raffaelli, Firenze 2005; G. Stuparich, Con fedeltà immutata: lettere a B. T., 1925-1961, introduzione e cura di R.M. Caira, Napoli 2006; M. Moretti - B. Tecchi, Carteggio 1929-1968, a cura di A. Raffaelli, introduzione di A. Cottignoli, Roma 2009.
Per la bibliografia critica: S. Orilia, B. T., Palermo 1965; G. Pischedda, B. T., L’Aquila 1967; V. Vettori, B. T. nella letteratura italiana del Novecento, Roma 1970; P. De Tommaso, B. T., Ravenna 1971; N. Cossu, B. T., in Letteratura italiana, I Contemporanei, II, Milano 1973, pp. 1127-1161; C. Sicari, B. T., Reggio Calabria 1974; G. Amoroso, T., Firenze 1976; S. Marini, Tecchiana. Bibliografia degli scritti di e su B. T., Ravenna 1980; B. T. classico e moderno, a cura di F. Bernardini Napoletano, Roma 1996; B. T. scrittore e germanista, a cura di R.M. Caira Lumetti - D. Ferrara, Roma 1999; F. Belski, B. T. e le novelle goethiane, Milano 2003; B. T.: identità di una terra antica. Atti della Giornata di studi nel quarantennale della morte, Bagnoregio... 2008, a cura di L. Martellini e con prefazione di M. Mancini, Viterbo 2010; G. Fontanelli, L’idillio e il dramma. T. tra ritratto e racconto, Acireale-Roma 2012; A. Lo Presti, T. illustrato: per una bibliografia per immagini di B. T. (e qualche integrazione bibliografica)..., Orvieto 2012.