CAPEZZALI, Bonavita
Nacque a Pisa il 20febbr. 1604 da Alessandro e Clarice Roncioni. La famiglia era di antica origine corsa, ma risiedeva a Pisa da tempo.
Nell'università pisana il C. fece regolari studi di giurisprudenza, conseguendo la laurea il 31 ag. 1628. La sua partecipazione alla vita universitaria era stata attiva, e nel '26 aveva ricoperto la carica di vicerettore, nella quale, per volontà del granduca Ferdinando II, che voleva così smorzare certi contrasti nati all'interno dell'ateneo, venne confermato anche l'anno successivo. La preparazione giuridica, peraltro, non determinò né le attività professionali né, tanto meno, gl'interessi intellettuali del C., il quale, provvisto di qualche bene di fortuna, preferì impiegarsi come segretario di Giuliano de' Medici, arcivescovo di Pisa, coltivando nel contempo la facile e brillante disposizione letteraria, che aveva dato frutti abbastanza precoci già nel 1627, quand'era apparsa una raccolta di poesie (Ditirambo e altre poesie, Pisa 1627) in cui spiccava il ditirambo "Già di Bacco rubellante" (che si può leggere anche nelle Memorie istoriche di più uomini illustri pisani, III, pp. 313-318).
La composizione ditirambica aveva conosciuto all'inizio del secolo una certa fortuna, testimoniata dagli esempi di Carlo Marticelli, di Francesco Maria Gualterotti, di Benedetto Fioretti e del Chiabrera, direttamente determinata dall'entusiasmo ellenizzante che si esplicava anche in un esercizio di restauro metrico che derivava direttamente dagli esemplari greci. Tra le varie vie possibili il C. aveva scelto per il suo ditirambo il modello anacreontico, con un'aderenza allo schema antico che parve allora stabilire le "giuste regole" del genere. Il ditirambo del C. appare, infatti, un esempio di "falso antico" o restauro archeologico, freddo, ordinato, privo di estro e leggerezza. Lo ebbe presente, tuttavia, il Redi, e alcune concordanze puntuali sono registrate nelle Memorie ist. di più uomini illustripisani, III, p. 319.
Nel 1628 il C. pubblicò a Pisa, dedicandola a Sforza Pallavicino, una canzone, La difesa della poesia, e, sulle orme del Chiabrera, contribuì alla letteratura di orientamento eroico che si ispirava alla lotta contro i Turchi con un "poemetto sacro", La difesa celeste, recitato il 9 apr. 1635 nella pisana Accademia dei Disuniti alla quale era ascritto, e subito stampato a Pisa nello stesso anno. Anche i suoi protettori medicei appaiono celebrati più di una volta, soprattutto in un idillio, Apollo vaticinante la grandezza del ser.mo Ferdinando II, che non sappiamo se apparisse a stampa. Una raccolta postuma di Poesie apparve a Livorno nel 1647.
Nel suo complesso la produzione poetica del C. sembra frutto di un gradevole eclettismo, che si muove agevolmente dentro le varie forme metriche, dal sonetto all'anacreontica al poemetto, volto a ricercare quella limpidezza espressiva e gravità contenutistica che caratterizzava la poesia toscana riluttante alle novità più avanzate del gusto barocco.
Il gusto barocco, semmai, è reperibile in quella animazione e agevole invenzione verbale, che, d'altro canto, va anche collegata agli accentuati interessi linguaioli e cruscanti che dominavano la cultura in Firenze e di cui il C. è ampiamente partecipe.
Morto nel 1635 Giuliano de' Medici Ferdinando II chiamò il C. a Firenze, assegnandogli un impiego presso il Pubblico archivio generale e facendolo risiedere presso di sé. A Firenze, anche se non gli mancarono critiche e opposizioni, ebbe amichevole relazione con Francesco Maria Fiorentini, col Cinelli Calvoli, col Cicognini, con Camillo Lenzoni, con Benedetto Buonmattei, che gli dedicò alcune sue cicalate.
Morì a Firenze nel 1645.
Fonti e Bibl.: G. Cinelli Calvoli, Bibl. volante, II, Venezia 1635, p. 58; C. G. P., Mem. istor. di più uomini illustri pisani, III, Pisa 1792, pp. 309-29; F. Grassini, Biografia dei pisani ill., Pisa 1838, p.p.n.n. (la biografia, firmata D. T. P., è la 15a della parte II); F. Inghirami, Storia della Toscana. Biografia, I, Fiesole 1843, p. 378; G. Imbert, Il "Bacco in Toscana" di F. Redi e la poesia ditirambica, Città di Castello 1890, pp. 105 s.; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1955, pp. 159 s.; M. Capucci, in C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1963, pp. 219, 224, 293 s.