BEMBO, Bonifacio
Di famiglia di origine cremonese, visse nella seconda metà del sec. XV; di lui ignoriamo qualsiasi altro dato: l'anno esatto della nascita e i modi e i tempi della sua formazione culturale. Del 1484 è una sua Oratio ad iuventutem Mediolanensem, scritta a Pavia e, a quanto ci risulta, ancora inedita. Da una sua lettera indirizzata a Cassandra Fedele possiamo desumere che nel 1487 si trovava a Paisolo, un piccolo borgo presso Castelfranco Veneto, dove aveva aperto, con un certo successo, una scuola privata. I suoi primi scritti, e anche questa attività didattica, avevano intanto allargato la cerchia delle sue amicizie e gli avevano guadagnato la stima e l'ammirazione di vari umanisti, specialmente veneziani (quella, per es., di Gasparino Borro e della poetessa Cassandra Fedele, che lo invitò calorosamente a Venezia e che ebbe con lui un fitto e cordiale scambio epistolare).
Poco tempo dopo il B. fu chiamato dagli Sforza, come lettore pubblico, all'università di Pavia, città in cui si era forse già trasferito nel 1489, come risulterebbe dal fatto che il suo nome compare in una miscellanea, uscita all'inizio di quell'anno, per le nozze del duca Giovanni Galeazzo Maria. Certamente si trovava a Pavia nel 1490, anno in cui tenne un'orazione ufficiale in onore del principe Ludovico Maria Sforza, lodandone, con richiami eruditi e iperboliche comparazioni, la cultura, la liberalità, il mecenatismo, le imprese militari e il governo illuminato. Nella stessa orazione ci informa, tra l'altro, che nel suo trasferimento all'università pavese avevano avuto non piccola parte il consiglio e le insistenze di Giorgio Merula. Proprio nello stesso periodo, probabilmente, ebbe una disputa con Matteo Collazio Siciliano "intorno al fine dell'oratore", sostenendo la superiorità dell'ideale raffigurato da Quintiliano, contro il suo interlocutore che preferiva invece la figura dell'oratore tratteggiata da Cicerone. Ce ne informa minutamente, ma non sappiamo con quanta fedeltà, Cristoforo Barzizza, nel II libro, scritto in forma di dialogo, del suo trattato De fine oratoris, pubblicato nel 1492, ma composto nel 1490.
L'insegnamento del B. presso l'università di Pavia fu comunque piuttosto breve, giacché poco dopo, chiamato da Innocenzo VIII, si trasferì a Roma come professore di retorica. E a Roma pubblicò, nel 1493, facendola precedere da una dedicatoria al card. Francesco Piccolomini, una breve vita degli imperatori Nerva e Traiano, messa insieme traducendo dal greco alcuni frammenti di Dione Cassio.
Molte opere del B. sono, senza dubbio, andate smarrite. Il Peroni e altri, infatti, danno notizia di alcune sue Invettive contro Bernardino Gadolo abate Camaldolese, di Satire contro i vizi di tutte le nazioni del mondo e ancora di altre Invettive contro l'adulazione, nelle quali sosteneva che la maldicenza è la regina di tutte le virtù. Già gli eruditi del Settecento, per altro, affermavano di credere che codeste opere non fossero mai state stampate e di ignorare se e dove fossero conservate manoscritte. È certo almeno che, come quasi tutti i letterati del tempo, il B. scrisse molti versi latini; si conserva, tuttavia, soltanto una sua Elegia indirizzata a Cassandra Fedele: sono distici di buona fattura, tra i quali, dopo larghissime lodi alla destinataria, non mancano commosse espressioni per la morte, recente, dei propri fratelli e della propria madre.
Dai pochi scritti ancora reperibili e dalle testimonianze autorevoli dei contemporanei emerge comunque la figura di un uomo fornito di una buona, anche se non certo eccezionale, preparazione umanistica. Come scrittore, da quanto possiamo giudicare, non andò certo oltre una mediocre "correttezza" formale (l'Oratio per Ludovico Sforza, per es., è scritta in uno scorrevole, ma impersonale, latino ciceroniano). Dal costume letterario del '400 egli ereditò, oltre i pregi di una sempre più ampia e diffusa cultura, anche alcuni comuni difetti: si mostrò, infatti, facilmente incline alle liti e alle polemiche e, nonostante il titolo delle invettive che tenderebbero a dimostrare il contrario, ricorse spesso, nei propri scritti, a forme di adulazione esagerate e stucchevoli. La vivacità della sua indole e del suo ingegno gli permisero, ad ogni modo, di occupare un ruolo non dei tutto trascurabile nella vita culturale del proprio tempo, come si desume dalla risonanza dei suoi interventi su questioni allora molto dibattute e dai larghi contatti che ebbe con affermati umanisti (ne sono prova, oltre alle testimonianze già citate, una epistola inviatagli dalla bresciana Laura Cereta, che allude vagamente a una lite e cerca di rappacificarlo, un carme dedicatogli da Pontico Facino e un'altra epistola inviatagli da Francesco Filelfo).
Dopo il 1493 non si hanno altre notizie sul B. e ignoriamo pertanto anche la data esatta della sua morte. Ancora il Peroni ci informa, ma non sappiamo con quale fondamento, che morì a Roma poco dopo l'anno 1495 (e la data è del resto probabile).
Opere: L'Oratio ad iuventutem Mediolanensem è conservata alla Biblioteca Ambrosiana, nel Cod. G 89 sup., cc. 483v-488v; l'Elegia e l'epistola a Cassandra si leggono in C. Fidelis Venetae Epistolae et Orationes posthumae, Patavii 1636, rispettivamente alle pp. 111-113 e 125-126. Cfr. inoltre: Stephanus Dulcinius, Nuptiae illustrissimi Ducis Mediolani Ioannis Galeacii Mariae..., Mediolani 1489 (v., nel terzo fascicolo, datato aprile 1489: Bonifacius. Bem. Bri. / In Caninum); In Sapientissimi Principis Ludovici laudes Oratio in Scholis Papiensibus habita MCCCCLXXXX, Mediolani 1490; Vitae Nervae Cocceii Ulpiique Traiani ex Dionis reliquiis, s.l. né d. (ma Roma, tip. Herodiani, circa 1493: cfr. dedica).
Fonti e Bibl.: Le epistole di Cassandra Fedele a B. sono pubbl. in Epistolae et Orationes, pp. 50-52, 58, 113 s., 126 s.; quella di Laura Cerreta nelle sue Epistolae, Padova 1640, pp. 17 s.; il carme di Pontico Facino è conserv. nel cod. Laur. Ashb. 1078 (1008), p. 17v (e cfr. ora Studies in the Renaissance, VI, 1959, pp. 120-21); l'ep. del Filelfo nel cod. Trivulziano 873 (nel libro XLVII). Cfr. inoltre: C. Barzizii De fine oratoris pro Ciceronis et Quintiliani assertione, Brixiae 1492, II; L. Cozzando, Libreria Bresciana, Brescia 1694, parte I, carta 59; P. Carafa, De professoribus Gymnasii Romani, Romae 1751, II, p. 557; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 728 s.; V. Peroni, Biblioteca bresciana, Brescia s.d., I, pp. 117 s.