COLLINA, Bonifacio
Nacque a Bologna nel 1689 da Pietro e Giacoma Santi. A quindici anni vestì l'abito dei camaldolesi nel monastero di Classe di Ravenna dove professò i sacri voti il 13 nov. 1706. Intraprese gli studi teologici, filosofici e letterari sotto la guida del padre Giovanni Antonio Grandi, ma nella sua formazione influì soprattutto il coltissimo abate Pietro Canneti, la cui prosa elegante forni al giovane un valido modello. Al termine del suo apprendistato culturale il C. fu nominato lettore di filosofia nello studio di Classe, e dal 1722 ottenne l'incarico di lettore pubblico di logica presso lo Studio bolognese.
Nel 1737 il C. pubblicò a Bologna la Gerusalemme liberata azione scenica tratta dal poema eroico del Sig. Torquato Tasso, verso il quale il C. mostrò una particolare predilezione, tanto che nel 1722 si era proposto di curare un'edizione completa delle opere del Tasso e di tutta la critica apparsa sul poeta. Ma dopo aver pubblicato, con lo pseudonimo di Giuseppe Mauro, il primo tomo di quest'opera monumentale, il C. abbandonò per motivi di salute l'ambizioso progetto. In questi anni rivelò una naturale propensione a trattare gli argomenti più vari, occasionati dai suoi molteplici interessi: compose versi, prose sacre e accademiche, tradusse tragedie dal francese, riunendo i numerosi scritti nell'edizione definitiva (in cinque volumi) delle Opere di D. Bonifazio Collina monaco camaldolese lettore di filosofia nell'Università di Bologna (Bologna 1744-1745).
I primi due volumi delle Opere (1744), dedicati al pontefice Benedetto XIV, contengono rispettivamente le prose sacre e le prose accademiche tra le quali figura l'orazione per l'innalzamento al pontificato di Benedetto XIV, pronunciata nel 1740dal C. nell'Archiginnasio di Bologna per l'Accademia degli Inestricati. Nel terzo (1744), dedicato al Senato di Bologna, e nel quarto (1744) sono raccolte la prima e la seconda parte delle Rime nelle quali è evidente il carattere di necessario tributo al gusto poetico dell'epoca, come rileva l'autore nella prefazione "Al Cortese Lettore", giustificando la sua attività poetica con l'iscrizione alla colonia camaldolese degli arcadi e la carica di segretario dell'Accademia dei Concordi.
La poesia del C. rimane tuttavia estranea alle tendenze innovatrici che, verso la metà del Settecento, superano le condizioni ormai consolidate della poetica arcadica e si adeguano alla generale trasformazione della cultura e della mentalità che precede la fase illuministica. Il C., infatti, ripropone nelle sue Rime i temi consueti della poesia religiosa ed encomiastica, svolgendoli senza alcuna originalità o sincera ispirazione.
L'ultimo volume (1744) presenta le traduzioni in versi delle tragedie Polyeucte di Corneille e di Esther e Athalie di Racine, ognuna preceduta da una lunga prefazione in cui il C. espone al lettore lo scopo del suo lavoro e le inevitabili modifiche che ha fatto subire ai testi originali, sostituendo gli alessandrini francesi, dal ritmo troppo monotono, con l'endecasillabo sciolto, verso considerato anche dal Maffei più adatto alla tragedia. Ma spesso i versi armoniosi del Racine sono resi dal C. in una prosa versificata che moltiplica gli enjambements nell'illusione di evitare la monotonia e scade a livelli quasi parodistici quando trasforma i cori originali in vacue "canzonette" dal ritmo fin troppo facile.
Dopo queste traduzioni il C. mise alla prova le sue qualità di autore teatrale dando alle stampe, sotto lo pseudonimo arcadico di Ormanto Saurico, l'opera drammatica Il Tideo o sia La libertà felsinea vendicata (Bologna 1745). Seguendo una linea di sviluppo del teatro settecentesco che contrapponeva al classicismo di opere esemplate sui tragici greci un tipo di tragedia "nazionale", con riferimenti alla storia medievale e moderna, il C. rappresenta nel Tideo la liberazione di Bologna dal dominio visconteo, avvenuta nel 1443 per opera della famiglia Marescotti. L'elemento eroico della gloriosa impresa compiuta da Tideo e Galeazzo Marescotti s'intreccia nel corso dell'azione al parallelo motivo amoroso che vede i due fratelli gareggiare in virtù e valore per conquistare la bella Silvia di cui entrambi sono innamorati. Ma l'opera non presenta alcun serio contrasto drammatico; l'autore, infatti, evita di proposito la rappresentazione dei personaggi "malvagi" e vanifica il tema della difficile felicità amorosa con l'estenuante e ampollosa gara dei due fratelli, ugualmente prodi e virtuosi.
Negli anni successivi il C. scrisse la Vita di s. Bruno Bonifazio camaldolese (ibid. 1746) e la Vita di s. Bononio abate (ibid. 1747), che dedicò a Lattanzio Felice Sega, vescovo di Amatunta. Le narrazioni sono sempre corredate da erudite annotazioni che indicano un'accurata documentazione storica.
Nella Vita di S. Romualdo fondatore della religione camaldolese (I-II, ibid. 1748) il C. affrontò la polemica relativa all'età del santo che, secondo una tradizione risalente a Pier Damiani, sarebbe vissuto centoventi anni. Il C. respinse le obiezioni che diversi storici avevano mosso alla cronologia del Damiani, e tentò di stabilire esattamente l'età, utilizzando due antichi documenti rinvenuti dall'abate L. Amadesi nell'archivio di una chiesa di Ravenna. L'opera ricevette gli elogi del Muratori che tuttavia rilevò alcune incongruenze storiche nella cronologia proposta dal Collina.
Il C. scrisse pure la Vita di s. Teobaldo (ibid. 1752), dedicata al cardinale Angelo Maria Querini, attingendo alle notizie contenute nella biografia in latino del santo, compilata da Pietro abate della Vangadizza, che nel 1066 aveva conferito l'abito monastico a s. Teobaldo.
Dai Rotuli dell'università di Bologna risulta che il C. fu nominato nell'anno accademico 1759-60 lettore di metafisica (p. 117) e l'anno seguente (1760-61) lettore di fisica (p. 122); nel "rotulo" degli anni 1755-56, il nome dei C. è preceduto dal titolo "pater abbas" (p. 102) per cui si presume che verso la fine del 1755 il C. fosse stato dichiarato abate dal suo Ordine.
Il C. morì a Bologna nel 1770.
Fonti e Bibl.: Pisa, Bibl. univ., cod. 90, t. VII Lett. [del C.] alp. Guido Grandi; Bologna. Bibl. univ., Mss. Ital., 1807 (3925) Caps. XCI: Lettere [del C.] al dott. P. F. Bottazzoni (1712-13); Ibid., Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. A 2410, f. 17: Poesie di Cristina Roccati [dedicate al C.] e di altri; Ibid., ms. B 10 Raccolta di rime, f. 204 ("Ah dove giunsero!" ode del C.); J. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulenses Ordinis sancti Benedicti, VIII, Venetiis 1764, ad Indicem; S. Mazzetti, Rep. di tutti i professori dell'Univ. e dell'Istituto di scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 97; I Rotuli dei lettori legisti... dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, III, 1, Bologna 1891, ad Ind.; III, 2, Bologna 1919, ad Indicem; G.Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia 1735, pp. 167 s.; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, III, 1, Milano 1743, p. 109; Novelle letter. di Firenze, VIII (1748), coll. 741-745; XIV (1753), coll. 673-674; M. Ziegelbauer, Centifolium Camaldulense, Venetiis 1750, pp. 18 s.; G. L. Amadesi, Lettera al P. D. B. C. ..., in Racc. d'opusc. scient. e filol., a cura di A. Calogerà, XLIV, Venezia 1750, pp. 397-468; J. François, Bibl. gén. des écrivains de l'Ordre de S. Benoît, I, Bouillon 1777, p. 211; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 195-197; L. A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, XII, Modena 1911, n. 5745, pp. 5339-5340; n. 5754, pp. 5345 s.; A.De Carli, L'influence du théâtre français a Bologne. De la fin du XVIIe siècle à la Grand Révolution, Torino 1925, pp. 27-32. 74-76; G. Natali, Il Settecento, II, Milano 1964, pp. 281, 287; A. M. Giorgetti Vichi, Gli Arcadi dal 1690 al 1800, Roma 1977, pp. 202, 303.