FALIER, Bonifacio
Vescovo di Castello dal 1120 al 1133, apparteneva alla influente famiglia veneziana. I genealogisti veneziani Barbaro e Cappellari lo presentano come figlio del doge Ordelaffo Falier ed affermano che ebbe un fratello di nome Vitale (da Mosto). Il F. fa la prima apparizione nei documenti a noi noti nel 1107, quando, nel settembre, il doge Ordelaffo Falier, insieme con i vescovi, gli "iudices" e il popolo, fece donazione al patriarca di Grado della chiesa di S. Achindino in Costantinopoli con tutti i relativi diritti. Dopo il doge sottoscrissero il documento di donazione influenti veneziani, tra cui un "Bonifacius Faledro, clericus" e "capellanus" della chiesa di S. Marco.
Nel 1120 era morto il vescovo di Castello (la cui diocesi corrispondeva alla città di Venezia) Vitale Michiel, appartenente anch'egli ad una famiglia dogale. Il giorno della sepoltura, il 17 dicembre, un venerdì, a notte fonda, scoppiò un incendio che distrusse la cattedrale di S. Pietro in Castello e gli edifici adiacenti. Nonostante questo disastro, il giorno dopo, sabato 18 dicembre, il F., eletto a succedere al defunto presule, era stato ordinato sacerdote e il giorno successivo consacrato vescovo di Castello. Andrea Dandolo riporta che in quello stesso anno il F. entrò nell'Ordine dei premostratensi.
Una serie di autori posteriori (Ughelli, Corner, Cappelletti) affermano che il F. appartenne all'Ordine degli eremitani agostiniani; bisogna tuttavia dare credito alla fonte cronologicamente più antica, cioè al Dandolo, anche perché le prime comunità di eremitani apparvero a Venezia solo verso la metà del sec. XIII. Altrettanto poco probabile è la notizia isolata (Gallicciolli), secondo la quale il presule sarebbe stato ucciso nel 1131.
Il F. morì probabilmente nel 1133. Gli successe Giovanni Polani, parroco di S. Bartolomeo a Venezia e figlio del doge Pietro Polani, il quale tuttavia appare per la prima volta nei documenti con il titolo di vescovo di Castello solo nel 1138. La carriera del F. appare di grande interesse perché mostra molto chiaramente gli stretti rapporti che esistevano in questo periodo tra il patriziato veneziano e la Chiesa locale. Appartenente ad una famiglia dogale e con ogni verosimiglianza strettamente imparentato col doge allora in carica il F. fu cappellano della cappella dogale (un suo parente, "Faletrus Faletro", fu nello stesso periodo, tra il 1112 e il 1125, abate del grande monastero della SS. Trinità di Brondolo).
Fonti e Bibl.: Andreae Danduli ducis Venetiarum Chronica per extensum descripta..., a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XII, 1, pp. 232, 238; Annales Venetici breves, a cura di H. Simonsfeld, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIV, Hannoverae 1883, p. 71; Urkunden zur älteren Handels- und Staatsgeschichte der Republik Venedig mit besonderer Beziehung auf Byzanz und die Levante, a cura di G. L. F. Tafel-G. M. Thomas, I, Wien 1856, pp. 67-74; P.F. Kehr, Italia pontificia..., VII, 2, Berolini 1925, pp. 130 s., 190; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra..., V, Venetiis 1720, coll. 1134 s.; F. Comer, Ecclesiae Venetae..., III, Venetiis 1749, pp. 66-71; XIII, ibid. 1749, p. 21; G. Gallicciolli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, IV, Venezia 1795, p. 104; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., IX, Venezia 1853, pp. 164 s.; A. da Mosto, I dogi di Venezia, Milano 1960, p. 58; G. Cracco, Un "altro mondo". Venezia nel Medioevo dal sec. XI al sec. XIV, Torino 1986, pp. 20, 39.