Bonifacio III
Diacono della Chiesa romana, fu consacrato papa il 19 febbraio 607, succedendo a Sabiniano dopo quasi un anno di vacanza della Sede apostolica. Apparteneva, come risulta dal nome del padre - Iohannes Cataadioces -, a famiglia greca d'origine, ma era nato con ogni probabilità a Roma, e nel clero romano aveva percorso tutta la sua carriera, tanto che l'anonimo autore della biografia inserita nel Liber pontificalis poté definirlo "natione Romanus".
Se B. è da identificarsi con quel diacono Bonifacio che da papa Gregorio era stato incaricato di seguire le vicende interne delle diocesi occidentali col compito di risolverne, coadiuvando i singoli presuli, i particolari problemi; se, come sembra accertato, è la medesima persona cui venne affidata per qualche tempo, sullo scorcio del sec. VI, l'amministrazione dei Patrimoni delle Chiese di Antiochia e di Corinto; se è lui quel diacono Bonifacio che Gregorio aveva inviato nel 603 a Costantinopoli come suo apocrisario latore di missive per gli imperatori e per il patriarca, allora la sua elezione fu senza dubbio determinata dal prevalere, in seno al clero romano, della corrente gregoriana, di coloro, cioè, che avevano fatto proprie le intuizioni del grande pontefice e auspicavano un ritorno della Chiesa ad esse. Ma è molto probabile, d'altro canto, che sulla sua scelta possano avere influito anche l'origine della sua famiglia e la cordialità dei rapporti che lo legavano all'imperatore Foca.
Violenti contrasti tra i fautori e gli avversari dell'indirizzo gregoriano dovettero tuttavia precedere e seguire sia l'elezione di B. - che fu certamente combattuta - sia la sua consacrazione, che poté aver luogo soltanto un anno dopo la morte di Sabiniano. Lo provano non tanto la lunga vacanza della Sede apostolica e il rinvio della cerimonia dell'ordinazione - ai quali poté ben contribuire anche un ritardo della conferma imperiale da Bisanzio, benché le fonti non accennino minimamente a una simile eventualità - quanto uno dei primi atti di governo compiuti dal nuovo pontefice: quello di convocare in S. Pietro un sinodo che stabilisse i provvedimenti più adatti a prevenire gli abusi e le incertezze nelle elezioni papali. Anche la scelta di B., dunque, era stata accompagnata da incidenti tali che avevano mostrato ancora una volta l'inadeguatezza delle norme con le quali era stata sin'allora disciplinata la materia.
Il sinodo - cui parteciparono settantadue vescovi, i presbiteri, i diaconi e il clero tutto della Chiesa romana - concluse i suoi lavori promulgando un constitutum, che istituiva una nuova disciplina da seguire nelle elezioni del pontefice. In questo documento si faceva espresso divieto, per chiunque e "sub anathemate", di avviare trattative, vivente il pontefice, per concordare la scelta del suo successore, o di formare partiti in vista di elezioni future: solo dopo la morte del papa - e anche in questo caso, solo nel terzo giorno dalla sua inumazione -, "adunato clero et filiis ecclesiae", si sarebbe potuto dare inizio, secondo la nuova prassi voluta dai padri conciliari, alle operazioni elettorali, nel corso delle quali "quis quem voluerit habebit licentiam elegendi sibi sacerdotem", si doveva assicurare a ciascuno, cioè, la piena libertà di esprimere il proprio voto. Gli atti ufficiali di questo concilio - che senza dubbio fu, come mostra di ritenere il Duchesne (p. 316 n. 2) e come è, del resto, confermato dal numero dei vescovi presenti, sensibilmente vicino al numero degli ecclesiastici intervenuti al sinodo del 595, un sinodo di presuli delle diocesi suburbicarie - non sono giunti fino a noi: non si è perciò in grado di verificare sull'originale se il tenore generale del constitutum allora promulgato corrispondesse effettivamente alle schematiche informazioni ad esso relative contenute nella biografia di B. nel Liber pontificalis della Chiesa romana.
La cordialità dei rapporti che legarono B. all'imperatore è testimoniata, secondo quanto riferisce l'anonimo biografo del papa (la medesima notizia in Pauli Diaconi Historia Langobardorum IV, 36, a cura di L. Bethmann-G. Waitz, in M.G.H., Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, a cura di G. Waitz, 1878, deriva dal Liber pontificalis), da un decreto promulgato in quell'anno da Foca su richiesta di B., in cui il basileus riconosceva ufficialmente e confermava la Sede apostolica di Pietro "caput omnium ecclesiarum", ponendo, almeno per il momento, termine in senso favorevole a Roma alla controversia circa il titolo di patriarca ecumenico, che si trascinava dall'ultimo decennio del V secolo. Un'ulteriore prova di buona volontà e di amicizia nei confronti di B. e della Sede di Roma dette l'imperatore, quando, abbandonata la politica di tolleranza religiosa sin'allora perseguita dai predecessori rispetto allo scisma dei Tre Capitoli, e ai suoi aderenti nell'Italia nordorientale ed in Istria, permise, od ordinò, che l'esarca Smaragdo agisse contro di loro con estrema energia. Il pontificato di B. fu brevissimo: il 10 novembre 607 morì all'improvviso. L'epigrafe apposta sulla sua tomba in S. Pietro lo definisce "custode della giustizia, retto, paziente, eloquente e pio".
fonti e bibliografia
Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, p. 316.
Ch.J. Hefele-H. Leclercq, Histoire des conciles d'après les documents originaux, III, ivi 1909, p. 247.
H. Grisar, Geschichte Roms und der Päpste im Mittelalter, I, Freiburg i. B. 1901, p. 201.
A. Saba, Storia dei Papi, I, Torino 1939, pp. 235-37.
O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, pp. 290 s., 300, 309.
G. Bardy, Boniface III, in D.H.G.E., IX, col. 898; E.C., II, s.v., coll. 1864 s.