BEVILACQUA, Bonifazio
Figlio del conte Antonio, gentiluomo di Alfonso II d'Este e governatore di Modena, e di Isabella di Alberto Turchi, nacque a Ferrara nel 1571. Compì gli studi giuridici nell'università ferrarese, addottorandovisi in diritto civile e canonico presumibilmente nel 1590; in questo stesso anno abbracciò la carriera ecclesiastica, assumendo la dignità di arcidiacono della cattedrale di Ferrara. Nel 1591 Gregorio XIV, che con la famiglia Bevilacqua aveva legami di parentela, attribuì al giovane prelato l'ufficio di cameriere segreto pontificio: il B. si trasferì a Roma soltanto dopo l'elezione al pontificato di Clemente VIII, dal quale ottenne negli anni successivi vane cariche minori: fu governatore di Fano, governatore del Patrimonio refendario delle due segnature (nel 1594) e finalmente, nel 1596, governatore di Camerino, dalla quale città ottenne la cittadinanza onoraria. Nel 1597 rinunziò, in ossequio al dovere della residenza, all'arcidiaconato della cattedrale ferrarese.
I progetti di Clemente VIII sulla città di Ferrara vennero a innalzare repentinamente il B. a più consistenti fortune ecclesiastiche. La necessità avvertita dal papa di guadagnarsi l'appoggio delle principali famiglie ferraresi, con la concessione di benefici e prebende ecclesiastiche che rendessero più accettabile la perdita dell'antica autonomia cittadina, lo indusse infatti, sin dall'inizio dei pontificato, a "varie dimostrazioni d'onore verso alcuni soggetti ferraresi di famiglie nobili, che innanzi al devolvere quello stato alla sede apostolica si erano (aspettando l'esito) introdotti nella professione ecclesiastica" (Bentivoglio, p. 26). Di qui le varie cariche minori attribuite al B., poiché "fra le case nobili ferraresi era veramente la sua delle prime" (ibid., p. 67).
Più ancora, però, il B. doveva godere di queste intenzioni del papa dopo il ritorno di lui da Ferrara: il 3 apr. 1598 fu promosso patriarca di Costantinopoli e nella creazione cardinalizia del 3 marzo dell'anno successivo fu elevato alla porpora assumendo il titolo di S. Anastasia. "Erasi veduto ch'egli [il papa] - commenta ancora il Bentivoglio - nell'onorare questo soggetto aveva mirato molto più alla città che al soggetto istesso, giovane ancora d'età, nudo di merito, se non quanto gliene poteva aver dato il semplice e debol governo di Camerino" (ibid.).
Il B. fu quindi creato prefetto della consulta, e il 25 sett. 1600 fu inviato a Perugia in qualità di legato apostolico per la provincia dell'Umbria. Guido Bentivoglio, che nel giudicarlo è sempre guidato da una chiara animosità, conseguenza probabile dei contrasti che i due cardinali ebbero nel conclave per l'elezione di Gregorio XV, sostenne che il legato dell'Umbria in questa carica "non corrispose di gran lunga all'aspettazione" (ibid.), ma non dà poi alcuna giustificazione del giudizio. Certo è che i Perugini dovevano pensarla diversamente, se elessero il B. protettore della città e cittadino onorario, titolo, quest'ultimo, che gli fu concesso nel 1604 anche da Assisi, e nel 1609 da Foligno.
Il 21 febbr. 1601 il B. ottenne da Clemente VIII di poter cambiare il proprio titolo cardinalizio di S. Anastasia con quello di S. Girolamo degli Schiavoni; il 10 settembre dello stesso anno fu eletto al vescovato di Cervia.
Nella sua azione politica il B. si schierò sempre.col partito francese. Così nel conclave del 1605, nel quale si adoperò insieme coi cardinali Delfino, Cesi, Este e Aldobrandini, in favore di Domenico Tosco; così in quello del 1621, in cui ebbe un ruolo di primo piano, riuscendo a far fallire la candidatura di Campori, sostenuto dagli Spagnoli, e appoggiando autorevolmente l'elezione di Alessandro Ludovisi, Gregorio XV. Il suo comportamento in questa occasione gli guadagnò la durevole inimicizia sia del cardinale d'Este, che aveva tentato in ogni modo di convincerlo a sostenere il Campori, sia quella di Guido Bentivoglio, che lo ripagò con un pesante giudizio delle sue Memorie (p. 67).
Al conclave del 1623 il B. fece ancora parte del gruppo dei cardinali francesi capeggiati da Maurizio di Savoia, sostenendo prima il cardinale Scipione Borghese e finalmente appoggiando l'elezione di Maffeo Barberini, Urbano VIII.
Da questi tre pontefici il B. ottenne vari benefici, onorificenze e cariche. Nel 1609 Paolo V, su richiesta del B., concesse a due suoi nipoti, Francesco e Ludovico Bevilacqua, il titolo marchionale per i feudi di Tornano e Serra. Dieci anni dopo, nel 1619, il B. ottenne dai due nipoti la cessione del castello di Tomano sul quale Gregorio XV gli concesse il titolo di duca il 3 marzo del 1622, in riconoscimento, come chiariva il relativo diploma, dei servigi resi dalla famiglia Bevilacqua alla Santa Sede in occasione della devoluzione di Ferrara. Paolo V lo ammise nella Congregazione del Buon Governo, Gregorio XV a quella dell'Indice. Il 31 ag. 1611 il B. aveva cambiato ancora il proprio titolo cardinalizio in quello di S. Pietro in Vincoli (7 genn. 1613), mutato ancora in quello di S. Maria in Trastevere il 27 sett. del 1621. Urbano VIII gli affidò il vescovato di Sabina il 27 sett. 1623 e quello di Frascati il 7 sett. 1626. Infine anche la Repubblica di Lucca gli concesse la cittadinanza onoraria, nel 1622, insieme con i nipoti Antonio e Ferdinando Bevilacqua.
Del B. rimane memoria di uomo colto, protettore di artisti e letterati. Il fondo Barberini alla Bibl. Apostolica Vaticana conserva il manoscritto di un suo "ragionamento" sul tema della curiosità, del 1624,con vari sonetti e un madrigale. Il Mazzuchelli ricorda alcune sue pregevoli orazioni ftmebri in memoria di Giambattista Zuccato, di Alessandro Maggi, di Alfonso Bevilacqua e di Torquato Tasso. A quest'ultimo il B. aveva fatto erigere, nel 1605, il sepolcro in S. Onofrio, in Roma, terminato nel 1608. Non pare tuttavia che vi fossero stati suoi precedenti rapporti col poeta: il suo nome non figura comunque nella corrispondenza del Tasso. Mostrò qualche curiosità per l'opera del Galilei: scriveva infatti Federico Cesi al filosofo il 30 novembre dei 1613: "Ho fatto porre in ordine un libro delle macchie del sole di V. S. per darlo al s.r Cardinale Bevilacqua, molto mio signore, già che ha mostro di gustame particolarmente" (Il carteggio linceo, p. 401).
Il B. morì a Roma il 6 apr. 1627.
Fonti e Bibl.: Recueil des lettres missives de Henri IV, a cura di M. Berger de Xivres, VII, Paris 1858, pp. 108 s.; G. B. Marino, Epistolario seguito da lettere di altri scrittori del Seicento, a cura di A. Borzelli e F. Niccolini, I, Bari 1911, p. 95; G. Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di C. Panigada, Bari 1934, pp. 26, 67, 90, 371; Il carteggio linceo della vecchia accademia di F. Cesi (1603-1630), a cura di G. Gabrieli, parte prima, in Mem. della R. Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze morali, stor. e filol., s. 6, VII (1938), p. 401; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1110 s.; R. Quazza, L'elez. di Urbano VIII nelle relazioni dei diplomatici mantovani, in Arch. della R. Soc. rom. di storia Patria, XLVI (1922), pp. 11 n., 29 n., 40; L. von Pastor, Storia dei papi…, XII ,Roma 1930, pp. 6, 26, 28; XIII, ibid. 1931, pp. 29, 31 s., 230, 714.