BONINO da Campione
La prima testimonianza di B. si trova nell'iscrizione che lo dice autore del sarcofago di Folchino degli Schizzi (m. 1357) nel duomo di Cremona; a Cremona era conservato un altro sarcofago, eseguito da B., quello di s. Omobono, scomparso come la lapide ricordata dal Merzario (p. 248). Il suo nome è poi tradizionalmente collegato alla statua equestre di Bernabò Visconti, che risulta già terminata nel 1363: essa è infatti abbondantemente descritta nel Chronicon di Pietro Azario (in Rerum Italic. Script., a cura di F. Cognasso, coll. 385 C, 544 E-545 A) che giunge sino a detto anno. Alla statua fu sottoposto, presumibilmente fra il 1380 e il 1385, il sarcofago del medesimo Bernabò, che si ritiene anche opera di B. e della bottega; l'intero complesso monumentale, all'origine in S. Giovanni in Conca, si trova ora nel museo del Castello, a Milano. Dal 1370 al 1376 circa, B. era a Verona a eseguire in S. Maria Antica, assieme ad aiuti (almeno il Gaspare "recultor" ricordato in una delle iscrizioni) il fastoso sepolcro di Cansignorio (morto nel 1375), firmato "Boninus de Campigliono mediolanensis diocesis". Nel 1388 risulta a Milano, consultato per lavori nel duomo con i cui fabbricieri tratta ancora nel 1389 (cfr. Annali della fabbrica del Duomo). Secondo il Merzario (p. 252), che fa riferimento a un irreperito documento degli Annali, morì nel marzo del 1397.
Il riconoscimento della mano di B. è reso arduo dalla circostanza che proprio le sue opere certe, e più grandiose, rivelano interventi tanto cospicui di collaboratori e aiuti da costituire, ciascuna, un problema filologico. Nel monumento a Bernabò, infatti, si riconosce concordemente al maestro soltanto la statua equestre con le figure allegoriche che l'attorniano; da taluni (Baroni) anche due rilievi del sarcofago (l'Incoronazione della Vergine, gli Evangelisti). Del sepolcro di Cansignorio, costituito da una complessa edicola gotica con rilievi e piccole statue, sormontata dall'immagine equestre del signore, la critica è concorde nel togliere a B. la maggior parte, per attribuirla a collaboratori campionesi e veronesi: di B. sarebbero solo (De Maffei, 1954) la statua giacente del defunto, gli angeli veglianti e i tre rilievi del sarcofago dalla parte della chiesa.
Da queste opere il maestro appare chiaramente inserito nel filone dei campionesi, specialmente del gruppo facente capo a Giovanni da Campione, del quale si suppone che B. fosse stato collaboratore, nella sua fase giovanile, a Bergamo e a Brescia. Si qualifica anzi per un irrigidimento e congelamento dello stile campionese; con una volontà di semplificazione che attinge, nella statua sommaria, imperiosa e attonita di Bernabò - cui la policromia, in gran parte perduta, doveva conferire un aspetto di idolo - e nelle lisce figure allegoriche che l'accompagnano, una bella concisione, ben lontana dalle angustie descrittive della scuola. Egli pertanto finisce con il rappresentare un'involontaria antitesi, e contraltare, al gotico morbido e inquieto di Giovanni di Balduccio da Pisa, dai cui schemi - come forse da quelli di Andreolo de Santis (Baroni) - si lasciò epidermicamente influenzare, e la cui suggestione giustifica certi temporanei addolcimenti della sua maniera nella fase centrale, specie nell'opera cremonese e in quelle da essa derivate.
Un tale quadro della sua personalità appare meglio motivato se si accetta come di B. quel gruppo di opere su cui gli studiosi - a partire dal Meyer, dalla Bellone e dal Baroni - si sono sufficientemente accordati: l'arca del vescovo Balduino Lambertini, morto nel 1349, nel duomo vecchio di Brescia; le parti, arbitrariamente ricomposte, del mausoleo di Stefano e Valentina Visconti in S. Eustorgio a Milano, forse eseguito in due tempi e comunque prima della morte di Valentina (1359); e, nella medesima chiesa, il frontale del sarcofago Caimi, probabile modello per quello cremonese dello Schizzi; ancora a Cremona, in S. Agostino, due rilievi con una Sacra conversazione e una Pietà. Il Baroni (1944, 1955) vi aggiungeva parti di un altro sarcofago con l'Incoronazione della Vergine conservate in S. Eustorgio (cappella di S. Giovanni), tre rilievi con Madonna e santi,Incoronazione della Vergine e Deposizione nel transetto destro di S. Marco a Milano, uno con Sacra conversazione nella lunetta della chiesa di Bernate Ticino, e, almeno come opere di diretti collaboratori, i sarcofagi di Regina della Scala e di Giovanni da Fagnano, oggi ambedue nel museo del Castello; il rilievo con Cavaliere presentato alla Vergine (Milano, Museo del Castello, n. 828: secondo il Baroni, probabilmente di scuola) e, con riserva, la Madonna col Bambino e un devoto della collez. Bagatti Valsecchi di Milano, già segnalata dal Toesca. La De Maffei propone ultimamente (1958) i rilievi sull'architrave del portale della chiesa di S. Marco a Milano. La bellissima Crocefissione in S. Nazaro a Milano (già in S. Antonio; Toesca 1951, p. 392 nota 143), se accettata come di B., sposterebbe di forza il piano di valutazione dell'artista a un livello assai alto. Sono attribuite a B. da vari studiosi alcune Madonne:nell'Art Institute di Detroit (cfr. R. Valentiner, Catal. of an exhibition of Ital. gothic and early Renaissance Sculptures, Detroit 1938, n. 19), nel Los Angeles Country Museum (Baroni, 1955, p. 809 n. 1), nel museo di Cluny a Parigi, nella parrocchiale di Trezzo d'Adda, nell'Ospedale Maggiore di Milano (già nella chiesa di S. Maria delle Selve a Vedano al Lambro; Baroni 1955, p. 804 n. 2) in S. Maria Segreta (ibid., p. 807 n. 2) e S. Nicolao (da Porta Vercellina) a Milano (Valentiner, 1947); se fossero tutte accettate come autografe, ci darebbero di B. un'immagine complessa e multiforme ben diversa da quella che si presenta nelle opere certe.
Numerose le sculture attribuite totalmente alla bottega, di cui qui non è luogo di riferire.
Fonti e Bibl.: G. Giulini, Memorie spettanti alla storia..., Milano 1855, VII, p. 50; Annali della Fabbrica del Duomo, I, Milano 1877, pp. 19, 46; App. I, ibid. 1883, p. 67; G. Merzario, Imaestri comacini, I, Milano 1893, pp. 242-252; A. G. Meyer, Lombardische Denkmäler des XIV, Jahrhs: Giovanni Balduccio da Pisa und die Campionesen..., Stuttgart 1893, pp. 90-101; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IV, Milano 1906, pp. 626-632; P. Toesca, La casa Bagatti Valsecchi a Milano, Milano 1918, tav. XLIV a; G. Vitzthum-F. Volbach, Die Malerei und Plastik des Mittelalters in Italien, Potsdam 1924, pp. 187-192; S. Vigezzi, La scultura lombarda dall'Antelami all'Amadeo, Milano 1928, pp. 51-58; Id., Catalogo... delle sculture esistenti in S. Eustorgio a Milano, Milano 1933, pp. 6-11, 20 s.; Catalogo delle cose d'arte e antichità d'Italia, A. Morassi, Brescia, Roma 1939, p. 71; L. Bellone, La scultura del Trecento a Milano..., in Rivista d'arte, XXII (1940), pp. 188-201; C. Baroni, Scultura gotica lombarda, Milano 1944, pp. 97-115 e ad Indicem; R. Valentiner, Notes on G. Balducci and Trecento sculpture in Northern Italy, in Art Quarterly, X (1947), pp. 53 s.; U. Bicchi, Sculture inedite della chiesa di S. Eustorgio a Milano, in Belle Arti, 1951, pp. 57 s.; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1951, pp. 388-392; F. De Maffei, Le arche scaligere, Verona 1954, pp. 28-31; C.Baroni, La scultura gotica, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 801-812; F. Russoli, in Arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catal.), Milano 1958, pp. 12-14; F. De Maffei, in Enciclopedia universale dell'arte, III, Venezia-Roma 1958, col. 86 (sub voce Campionesi); G. Panazza, L'arte gotica, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, p. 921; G. L. Belloni, Il Castello Sforzesco di Milano, Milano 1966, pp. 41 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, pp. 298 s.