BONITO
Succeduto a Costantino non sappiamo in quale anno, ma comunque intorno alla metà del sec. XII, B., ventiduesimo vescovo di Cagliari, assunse il governo della sua diocesi in un momento particolarmente difficile per quella Chiesa a causa dell'aggravarsi della tensione ormai da alcuni anni esistente per motivi giurisdizionali tra la sede episcopale e le filiazioni sarde dell'abbazia di S. Vittore, dipendenza benedettina cassinese, filiazioni monastiche che godevano dell'appoggio dei giudici e di particolari esenzioni ed immunità loro concesse per privilegio pontificio. Già i predecessori di B. si erano dovuti acconciare a riconoscere ai monaci di S. Vittore residenti nella diocesi di Cagliari il pacifico possesso e godimento delle chiese, delle terre, delle decime loro assegnate per lasciti di privati o per privilegi delle autorità laiche ed ecclesiastiche. Rimanevano sempre aperti i problemi connessi con la restituzione della chiesa di S. Maria di Leni nella fertile curatoria di Gippi; col riconoscimento ufficiale da parte del priore di S. Saturnino (una delle più importanti filiazioni sarde dell'abbazia di S. Vittore) della sua dipendenza gerarchica dall'ordinario cagliaritano; con l'autorità, infine, cui devolvere i proventi delle decime raccolte in quei distretti dove i monaci avevano cura di anime.
Tali questioni traevano origine essenzialmente dall'ambigua posizione in cui si trovavano i monaci che, ordinati sacerdoti, esercitavano il loro ministero nelle parrocchie cittadine e nelle campagne cagliaritane. Costoro infatti, se come monaci, dipendevano, per privilegio di esenzione, soltanto dal loro abate, per essere sacerdoti con cura d'anime erano tuttavia sottoposti gerarchicamente all'autorità del vescovo nella cui diocesi essi operavano. A queste ragioni di attrito si aggiungevano le crescenti limitazioni del potere episcopale connesse con l'esercizio, da parte dei diversi insediamenti monastici, delle immunità loro proprie, ed il progressivo impoverimento dei redditi fiscali implicito nel moltiplicarsi delle comunità monastiche e nella loro continua espansione economica, dovuta soprattutto alla ricchezza dei lasciti privati ed alla importanza ed ampiezza delle donazioni e dei privilegi che erano stati rilasciati dalle autorità civili e religiose.
Nel tentativo di difendere le prerogative della giurisdizione episcopale, ma soprattutto con la volontà di stroncare gli abusi e le usurpazioni originate da una sistemazione giuridicamente tanto complessa, B. cercò di sottoporre a controllo i beni dei monaci cassinesi, facendo compiere innanzi tutto un'accurata ricognizione delle proprietà ecclesiastiche da loro a vario titolo amministrate, in seguito alla quale avocò a favore del clero diocesano secolare alcuni patrimoni da loro usurpati. I monaci, tuttavia, ricorsero a Roma, sollecitando l'intervento della Sede apostolica, e papa Adriano IV si vedeva costretto, in seguito alle loro pressioni, ad affidare all'arcivescovo Villano di Pisa l'incarico di recarsi in Sardegna per condurvi, come legato pontificio, un'accurata inchiesta e risolvere, sulla base dei dati in essa acquisiti, la vertenza. Prima che Villano avesse raggiunto qualche risultato concreto, Adriano IV morì (1º sett. 1159); ma il nuovo pontefice, Alessandro III, sollecitato dai monaci cassinesi, rinnovò all'arcivescovo di Pisa l'incarico, pregandolo di arrivare nel più breve tempo possibile ad una soluzione del problema. Ciò nonostante Villano poté imbarcarsi per la Sardegna solo nel 1162, e quando si presentò nell'isola la sua missione era stata ormai superata dagli avvenimenti.
B., dimostrando con questo di possedere indubbie capacità diplomatiche ed una profonda conoscenza della situazione politica generale, aveva infatti compreso che non era nei suoi interessi attendere la soluzione che sarebbe stata imposta dal legato pontificio, e che, anzi, avrebbe potuto trattare con la speranza di ottenere qualche vantaggio solo fino a quando si fosse trovato, nei confronti dei monaci cassinesi, in una posizione di forza. Dopo laboriosi contatti con i rappresentanti delle diverse filiazioni, B. aveva stipulato con i monaci un accordo diretto che, sebbene implicasse alcune concessioni da parte della sede episcopale, costituiva già di per sé un riconoscimento del suo buon diritto e della validità dell'azione svolta dal presule sardo. Difatti, se B. prometteva di rendere tutti i beni di cui aveva spossessato i monaci cassinesi e si impegnava a non avanzare ulteriori richieste, obbligandosi altresì a tutelare i diritti delle fondazioni monastiche, il priore di S. Saturnino riconosceva, dal canto suo, la propria dipendenza gerarchica dall'ordinario cagliaritano e gli faceva restituire la chiesa di S. Maria di Leni, assieme a tutti i suoi possedimenti e alle sue rendite.
A Villano non restava dunque altro da fare, se non ratificare l'accordo stipulato tra B. ed i monaci cassinesi, accordo che, confermato dal giudice di Cagliari, Costantino (marzo 1163), fu approvato due anni dopo da papa Alessandro III. La situazione interna della diocesi non si era per questo normalizzata. Oltre alle violente ripercussioni che essi avevano sulle condizioni politiche interne dell'isola, i contrasti fra Pisa e Genova per il predominio nell'alto Mar Tirreno causavano continui riflessi negativi anche sulle strutture ecclesiastiche sarde, del resto già notevolmente turbate dall'intraprendenza delle fondazioni monastiche, favorite e protette da privilegi ed immunità civili e religiose. Sempre fedele, comunque, al proposito di difendere l'autorità episcopale stroncando abusi ed usurpazioni, nel 1179 B. riprese l'iniziativa contro il prepotere delle filiazioni cassinesi, sollecitando l'immediata applicazione, anche nella sua diocesi, dei decreti relativi alla pastorale monastica, che erano stati promulgati in quell'anno nel corso del III concilio lateranense (5-22 marzo 1179).
Per ovviare appunto agli inconvenienti ed agli arbitrii, ai quali si poteva prestare, con tutte le sue implicazioni, il privilegio di esenzione proprio degli ordini monastici in un contesto sociale instabile e politicamente precario, il concilio aveva fatto solenne e tassativo divieto a tutti gli ordini monastici, pena la scomunica, di amministrare chiese, di dispensare sacramenti, di esigere censi e decime per il tramite di chierici - sacerdoti o diaconi - soggetti alla sola autorità monastica (costituzione IX). Tali ecclesiastici, infatti, pur esercitando una notevole influenza tra i fedeli, nella loro attività pastorale sfuggivano in tutto, appunto per il privilegio di esenzione, alla sorveglianza dei vescovi, che non li potevano controllare nemmeno attraverso la concessione di rendite o di benefici, perché i vari ordini monastici si erano arrogati il diritto di provvedere essi stessi direttamente all'esazione delle decime e all'amministrazione dei beni, delle cui rendite erano usufruttuari.
Di fronte alla decisa presa di posizione di B., i monaci cassinesi si rivolsero ancora una volta al pontefice, e dopo notevoli pressioni riuscivano ad indurre Alessandro III ad inviare a tutti i vescovi della Sardegna una lettera circolare, nella quale veniva vietato loro di interferire ulteriormente nel libero esercizio delle prerogative e dei privilegi, di cui godevano i monaci residenti nelle diocesi dell'isola (25febbr. 1180). Non conosciamo, per il silenzio delle fonti a noi note, le reazioni di B. a questo nuovo intervento del pontefice: dopo questa data, infatti, perdiamo le tracce di questo vescovo di Cagliari, che dovette morire, tuttavia, prima del 1183, anno in cui viene citato per la prima volta dalle fonti il suo successore, di nome Ricco.
Fonti e Bibl.: Acta conciliorum et epistulae decretales ac constitutiones summorum conciliorum, VI, 2, Lutetiae Parisiorum 1706, col. 1676; Sacrosanta concilia ad regiam editionem exacta…, XIII, a cura di N. Coleti, col. 423; C.-J. Hefele-H. Leclercq, Histoire des conciles d'après les documents originaux, V, 2, Paris 1913, pp. 1095 s.; P. F. Kehr, Italia pontificia, III, Berolini 1908, p. 326, nn. 36 e 38; A. F. Mattei, Sardinia sacra seu de episcopis Sardis historia, Romae 1758, ff. 88 e 89; E. Gattola, Historia abbatiae Cassinensis…, I, Venetiis 1733, p. 430; P. Martini, Storia ecclesiastica di Sardegna, I, Cagliari 1839, p. 264; D. Scano, Boll. bibl. sardo, IV, Cagliari 1903, p. 98; D. Filia, La Sardegna cristiana..., II, Sassari 1913, pp. 46 s.; A.Boscolo, L'abbazia di S. Vittore,Pisa e la Sardegna, Padova 1958, pp. 49-59; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini ill. di Sardegna, I, Torino 1837, p. 137 sub voce (con l'indicazione delle fonti); P. B. Gams, Series episcoporum..., p. 835; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, col. 987.