BONONE o BONONI, Carlo
Pittore, nato a Ferrara nel 1569, morto ivi nel 1632. Fanciullo, entrò nella bottega del Bastaruolo, e all'influenza di questo primo debole maestro si collega il quadro con S. Tommmso d'Aquino, in San Domenico di Ferrara. Ben presto il B., entrato nell'orbita carraccesca, passò a Bologna ove rimase due anni; più tardi andò a Roma, intento a studî caravaggeschi, e infine passò a Venezia, ove l'attrassero le grandi composizioni del Veronese. Ritornato a Bologna, seppe far sua sì bene la maniera di Lodovico Carracci, che le sue opere, secondo il Baruffaldi, venivano scambiate con quelle di lui. Dopo aver dipinto (1610-1611) un'Annunciazione, ora scomparsa, per S. Bartolomeo di Modena, ritornò a Ferrara forse verso il 1615, e subito vi eseguì un'Incoronazione di Maria per la chiesa della Trinità; alla quale successe probabilmente il Festino d'Assuero pel refettorio di S. Salvadore, ora sulla porta centrale del duomo di Ravenna, considerato il suo capolavoro. La nobile inquadratura architettonica, l'aggruppamento elegante delle figure, la franca spigliatezza dell'esecuzione mostrano come il B. ricordasse, oltre l'accademia carraccesca, anche il Veronese. Questo ricordo lo si ritrova anche nelle Nozze di Cana della Galleria di Ferrara (1632), e nella tavola dello stesso soggetto di S. Maria in Vado, pure a Ferrara. Nel 1626, a Modena, eseguiva varî lavori, ora dispersi, per la chiesa di S. Domenico. Fra il 1624-27 terminava la grande tela col Miracolo della Vergine del Carmine, ora nella Galleria estense di Modena. Questa tela, facilmente divisibile in due parti, chiaramente rappresenta le due maniere dell'artista, e fa ben distinguere il vero B., franco e risoluto della parte inferiore, dal fiacco e accademico imitatore della parte superiore. Di un periodo egualmente maturo si può ritenere anche l'Angelo custode della Pinacoteca comunale di Ferrara. Accanto alla celebrata S. Chiara dell'Accademia di Mantova, vanno anche ricordati il ciclo di affreschi e le tavole di S. Maria in Vado di Ferrara, cui largamente collaborarono gli aiuti (1630-32): in particolar modo Alfonso Rivarola detto il Chenda, e Lionello Bonone, nipote di Carlo. Questi lavori ammirati dai contemporanei sono invece oggi considerati come le cose più deboli del maestro. Altre opere del B. si conservano nelle campagne ferraresi ed emiliane, a Bologna, Fano, Ferrara, Milano e Vienna. Il S. Pietro liberato dal carcere degli Uffizî, e la S. Cecilia e l'Angelo della Galleria nazionale di Roma, sono rivendicati a Orazio Gentileschi. L'oscillazione fra le varie tendenze, e soprattutto il preponderante influsso accademico, impedirono al B. di crearsi una personalità propria o almeno, di mettere in luce le sue qualità migliori.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IV, Lipsia 1910 (con la bibliografia precedente); R. Longhi, Gentileschi padre e figlia, in L'Arte, XIX (1916), pp. 254 e 263; U. Ojetti, L. Dami, N. Tarchiani, La pittura ital. del '600 e '700, Milano 1924.