BONSIGNORE di Guezzo
Nato a Modena intorno alla metà del sec. XIII, vi esercitò la professione notarile fino al dicembre del 1279, come dimostrano alcuni atti privati da lui rogati, l'ultimo dei quali porta la data del 6 dicembre. Poco dopo abbandonò la sua città natale per assumere l'ufficio di notaio delle Riformagioni presso il Comune fiorentino. La presenza di B. a Firenze è attestata per la prima volta l'8 genn. 1280.
In seguito alla nuova costituzione fiorentina del 1282 anche l'ufficio coperto da B. fu regolato da appositi statuti; il notaio delle Riformagioni era eletto ogni anno nel mese di ottobre per entrare in carica nel gennaio seguente; doveva essere forestiero e per giunta, con ogni probabilità, proveniente da una terra diversa da quella del podestà. Il suo compito principale era quello di presenziare ai consigli per annotare sugli appositi quaderni le proposte dei presenti e di metterle in seguito in buona copia. I suoi compiti secondari, molteplici, andavano dalla registrazione di procure e sindacati alle licenze di accettare podesterie forestiere e così via.
Il lavoro svolto da B. come notaio delle Riformagioni (è da notare che nella cancelleria fiorentina egli lavorò per molti anni alle dirette dipendenze di Brunetto Latini) dovette essere soddisfacente, perché fu regolarmente riconfermato, in quell'ufficio quasi ogni anno fino al 1295 e poi ancora nel 1297, 1298, 1299, 1303 e nel 1305; che fosse riuscito a conquistarsi una notevole stima è provato anche dal fatto che figura come partecipante ad un consiglio del podestà riunito il 28 nov. 1285 per decidere di alcuni statuti particolari. Nel 1290 ottenne di essere aiutato nel suo lavoro dal figlio Antonio; ma alla sua esclusiva competenza restarono riservate le funzioni più delicate, come i resoconti dei consigli dei Savi.
Il salario di B. si aggirava, secondo quanto risulta almeno relativamente al 1289, sulle 150 lire, e in più egli era esentato dal versare i 4 denari per lira ordinariamente dovuti alla Camera dagli alti ufficiali del Comune. Altri guadagni poteva poi realizzare rogando atti privati o eseguendo lavori particolari, a parte il fatto, non improbabile, che lo stipendio gli sia stato elevato nel corso degli anni. Insomma, dovette raggiungere abbastanza presto una discreta posizione economica.
Sul piano professionale, B. pare essere stato un notaio abile e corretto, adatto al lavoro cancelleresco che conduceva: oltre alla pluriennale fiducia accordatagli dal Comune fiorentino, lo testimoniano anche la qualità della sua scrittura, un gotico cancelleresco eseguito con una certa raffinatezza, e la solennità con la quale egli amava adornare i suoi periodi. È inoltre da notare che egli importò dalla sua patria d'origine nella cancelleria fiorentina usi diplomatici dell'Italia settentrionale, quali la consuetudo bononiensis nella datatio.
Dopo il 1305 non abbiamo più notizia della rielezione di B. a notaio delle Riformagioni: ciononostante, la sua mano continua a scorgersi nei registri delle Provvisioni fino al 10 ott. 1313, e nei protocolli delle medesime, dove possiamo vedere strumenti di suo pugno fino al 12 luglio 1314 e altri sottoscritti, anche se non redatti da lui, fino al 3 dicembre del medesimo anno. Il fatto che B. firmasse carte che non redigeva potrebbe farci pensare non solo che il ritmo di lavoro imposto dalla cancelleria era troppo vorticoso ormai per un solo funzionario, ma anche che egli era ormai troppo avanzato negli anni per assolvere a compiti faticosi; tuttavia, si teneva probabilmente ad assicurarsi la sua presenza in un ufficio, nelle funzioni del quale la sua lunga esperienza l'aveva reso indispensabile.
Dopo il dicembre 1314 non si hanno più tracce di lui; è verosimile che sia morto poco tempo dopo. Ebbe un sepolcro in S. Croce con la scritta: "Buonsignoris Guezzi de Mutina et suorum heredum Not. et Scribe Reformationum Communis et Populi Florentini".
Suo figlio Antonio, che era rimasto ad aiutarlo almeno fino al 1300 con uno stipendio di 80 lire, non ebbe a quanto pare fortuna. Nel 1325 lo vediamo, cieco e ridotto in povertà, presentare alla Signoria una supplica affinché fossero concesse 200 lire al figlio Folco, allora imprigionato. Morì nel 1333.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Archivio Generale, 10 apr. 1294; Ibid., Capitoli, prot. XVII, cc. 84 ss.; Ibid., Diplomatico,Cestello, cc. 481, 503; Ibid., Provvisioni,Protocolli, III, cc. 228 ss.; V, cc. 57-60; Ibid., Provvisioni,Registri, I-XIV, Ibid., Sepoltuario Rosselli, I, V. 418 n. 191; Delizie degli eruditi toscani, IX, Firenze 1777, pp. 68 s.; A. Gherardi, Le Consulte della Repubblica fiorentina dall'anno MCCLXXX al MCCXCVIII, Firenze 1896-98, passim;D.Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, ad Indicem; V.Salavert y Roca, Cerdeña y la expansión mediterranea de la Corona de Aragón (1297-1314), II, Madrid 1956, ad Indicem; Il notariato nella civiltà italiana, Milano 1961, p. 108; G. Salvemini, Magnati e popolani, Milano 1966, p. 127.