Bonsignori
. Nobile famiglia senese; forte di un ingente patrimonio commerciale e fondiario nella città e nel contado, agl'inizi del Duecento dette vita a una banca - la " Gran Tavola " - che raggiunse, entro la metà del secolo, una potenza finanziaria tale da aver peso determinante nella vita economica di Siena, del papato, nonché della Francia e dell'Inghilterra.
La formazione della banca, il cui nucleo originario è da ricercare nel patrimonio familiare dei B., si fa risalire al 1209; la sua attività andò rapidamente estendendosi (dal 1235 i B. erano " campsores " della Camera Apostolica) e raggiunse il suo apice sotto la direzione di Bonifacio e Orlando, figli del capostipite Bonsignore. Per quanto legati al papato i B. non furono fedeli alla causa guelfa, anzi Orlando, acceso ghibellino, nel 1255 fu inviato presso Manfredi e nel 1260 partecipò a Montaperti. Anche quattro suoi figli e Niccolò di Bonifacio furono ghibellini, anzi dei più intransigenti e inviati al confino dal podestà Matteo Rosso Orsini (1281). Essi, quando già da alcuni anni i B. erano esclusi dal governo di Siena per il prevalere della fazione antimagnatizia, tentarono un colpo di mano sulla città allo scopo d'instaurarvi un governo ghibellino democratico. Ma tale moto non riuscì e questi B. restarono in esilio fino al 1286, allorché furono revocate le pene loro inflitte. In queste circostanze la potenza della " Gran Tavola " decadde, pur rimanendo pressoché intatta la consistenza patrimoniale della famiglia; quando nel 1289 si ricorse alla fondazione di una nuova banca detta " Società dei figli di Bonsignore ", che, pur conservando le caratteristiche della precedente era aperta a più ampie partecipazioni, vari membri della famiglia, tra cui Niccolò, vi impiegarono somme cospicue. Ma la nuova compagnia ebbe breve vita, probabilmente anche per il fondamentale contrasto fra i vecchi proprietari e i nuovi membri, tanto che nel 1238 la banca dei B. fallì.
I B. non hanno un posto particolare nel mondo di D.; sono da ricordare soltanto perché in Niccolò di Bonifacio alcuni antichi commentatori (Iacopo, Pietro, Guido da Pisa, lo pseudo Boccaccio, Benvenuto) hanno identificato il Niccolò che la costuma ricca / del garofano prima discoverse / ne l'orto dove tal seme s'appicca (If XXIX 127-129). Questa interpretazione può. essere convalidata da un passo di Orlando Malavolti (Historia di Siena II 45) che ricorda come il B. festeggiò la sua nomina a cavaliere con sontuosi banchetti. La maggioranza dei commentatori tuttavia, al luogo, identifica Niccolò in Niccolò dei Salimbeni, contemporaneo del Bonsignori. Il Del Lungo, esaminate le testimonianze intorno ai due personaggi, optò per l'identificazione dello scialacquatore col Salimbeni, mentre, più recentemente, P. Rossi, vagliando il racconto di Benvenuto e la testimonianza del Malavolti, concluse che il Niccolò dantesco fosse B.; la critica più recente tuttavia, pur tenendo presenti le due identificazioni, è orientata verso la prima ipotesi.
Bibl. - Per una completa informazione anche bibliografica sui B. si vedano le voci sui vari membri della famiglia B. a c. di G. Catoni, in Dizion. biogr. degli Ital. XII; si veda inoltre C. Mazzi, documenti senesi intorno a persone o avvenimenti ricordati da D.A., in " Giorn. d. " I (1894) 31 ss.; I. Del Lungo, Niccolò Salimbeni e Niccolò B., in Dino Compagni e la sua Cronica, II, Firenze 1879, 596-604; P. Rossi, D. e Siena, in " Bull. Senese St. Patria " XXVIII (1921) 43-47; e infine la lettura di G. Mariani, in Lect. Scaligera 11053.