BONVICINO
Frate dell'Ordine militare dei templari, l'inizio della sua attività come persona di fiducia di Gregorio IX è collegato probabilmente con la sua origine perugina o assisana e con la cessione ai templari dell'abbazia di S. Giustino d'Arna, nei pressi di Perugia, decretata da Gregorio IX nel 1237, in seguito alla grave decadenza dell'antico monastero benedettino; documenti d'archivio perugini, più tardi, chiamano S. Giustino addirittura "domus fratris Bonvicini". Da alcune lettere di Innocenzo IV risulta che un fratello di B. abitava nella diocesi d'Assisi, ma anche a Perugia B. aveva familiari e parenti. In ambedue le città comunque poteva contare su una clientela devota.
L'operosità di B. al servizio dei papi si colloca nel periodo più drammatico del sec. XIII, negli anni cioè della lotta tra la Chiesa e la dinastia sveva. Anche in Umbria, dopo l'ultima rottura tra Gregorio IX e Federico II (1239), Molti Comuni si schierarono dalla parte dell'Impero, mentre Perugia innalzava la bandiera guelfa. Nel 1240 il vecchio Gregorio IX incaricò B. di far punire dai Perugini gli abitanti di Foligno, Spello, Bevagna e di altri Comuni fautori di Federico II, confiscandone i beni a favore dei Perugini danneggiati dai ribelli. Asceso al pontificato Innocenzo IV, nella primavera del 1244 B. fu incaricato dal papa, mediante un'ambasciata ad Acquapendente, dove sostava Federico II, di compiere l'ultimo tentativo per appianare il dissidio. Fallita la missione, B. fu tra i pochi fedeli che scortarono il pontefice nella rischiosa fuga da Sutri a Civitavecchia. Anche durante l'esilio di Innocenzo IV in Francia e dopo il suo ritorno in Italia (1251), B. continuò a difendere la causa della Chiesa nell'Italia centrale e, forte della sua posizione, favorì presso il pontefice parenti e amici, distribuendo benefici, ricompense e premi di fedeltà; sorvegliò, contemporaneamente, anche l'attività economica delle case dei templari della Tuscia, del ducato di Spoleto e della Marca Anconitana. Quantunque nei registri vaticani di Alessandro IV e di Urbano IV non figurino né il nome di B. né l'ufficio di cubiculario, del quale era investito già durante il pontificato di Gregorio IX e di Innocenzo IV, tuttavia le fonti perugine lo mostrano particolarmente attivo sotto quei primi due papi, con la qualifica di "cubicularius domini pape".
Nel 1256 B. iniziò a Perugia, fuori del borgo di porta Sole, la costruzione della chiesa di S. Bevignate, forse ultimata nel 1262, insigne monumento di architettura gotica, importante anche per gli affreschi duecenteschi che costituiscono la prima documentazione iconografica del moto dei flagellanti, sorto a Perugia stessa nel 1260. In questo medesimo anno B. si interessò presso la Curia romana per la canonizzazione di san Bevignate, legando così indirettamente il suo nome a quello del misterioso eremita protagonista della Lezenda di fra Raniero Fasani.
Durante il conflitto tra Alessandro IV e Manfredi, B. funse da tramite nei rapporti diplomatici tra Perugia e il pontefice. Nel 1259, con la presenza di Enrichetto da Ventimiglia e di Percivalle Doria ai confini dell'Umbria e di Guido Novello I in Toscana, si profilò la grande riscossa dei ghibellini, e diventò quanto mai delicata la posizione di Perugia, la quale cominciava ad essere guardinga e a gettare acqua sul suo guelfismo. In una lettera dell'11 genn. 1259, Alessandro IV con minacce e lusinghe scongiurò i Perugini di soccorrere la Chiesa contro Manfredi, di difendere il ducato, d'aver fiducia in B. che aveva dal papa tutta l'autorità per trattare con loro. Dopo la battaglia di Montaperti (4 sett. 1260) Alessandro IV, costretto a spostarsi da una città all'altra del Patrimonio, mandò B. a Perugia per esplorare le intenzioni e i sentimenti politici della città e rendersi conto del grado di affidamento delle autorità, qualora volesse rifugiarsi a Perugia. La mancata unanimità nella votazione del Consiglio speciale e generale che doveva decidere sulla venuta del papa costituì probabilmente ragione sufficiente per indurre il pontefice e B. a desistere dal viaggio. Più delicata ancora fu la fase delle trattative svolte sotto la diretta responsabilità di B. nel dicembre del 1260 tra Perugia e Alessandro IV perché la città guelfa capeggiasse la lega dei Comuni umbri contro Manfredi. Perugia si diceva pronta a difendere la Chiesa, ma di lega non voleva saperne, col pretesto che l'alleanza avrebbe messo in crisi i suoi rapporti di egemonia sugli altri Comuni. In effetti la lega non si realizzò. All'indomani della morte di Alessandro IV (maggio 1261), otto cardinali si lamentarono conPerugia dei suoi tentennamenti e addirittura dei suoi tentativi di approcci con Manfredi.
Sotto il pontificato di Urbano IV, B. è ancora occupato in maneggi politici. Verso la fine del 1262 scrisse ai Perugini invitandoli a riportare il Comune di Cagli, sottomessosi in precedenza a Percivalle Doria, all'obbedienza della Chiesa. È questa l'ultima volta che B. è ricordato dalle fonti. I magistrati di Perugia, che avevano eletto fin dal 1256 i loro rappresentanti nella Curia pontificia su designazione di B., non fecero più il suo nome quando li rinnovarono nel maggio del 1266.
L'ufficio di cubiculario pontificio ricoperto per tanti anni mise B. nelle condizioni ideali per estendere sempre più la rete di protezioni, operazioni finanziarie e influenze politiche del suo Ordine a servizio della Sede apostolica nelle terre dello Stato della Chiesa. Come si può arguire dalle spicciole raccomandazioni per la distribuzione di benefici ecclesiastici alla più intensa attività diplomatica segreta, B. sembra aver svolto una parte non trascurabile nella politica che i papi condussero contro l'Impero, politica che si concluse con la completa disfatta della casa sveva e con l'inizio della fortuna angioina in Italia.
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